Cass. pen., V, ud. dep. 06.11.2024, n. 40747
PRINCIPIO DI DIRITTO
Va configurata l’ipotesi aggravata di atti persecutori di cui all’art. 612-bis, comma secondo, cod. pen., e non il reato di maltrattamenti in famiglia, quando le reiterate condotte moleste e vessatorie siano perpetrate dall’imputato dopo la cessazione della convivenza “more uxorio” con la persona offesa.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Il ricorso risulta nel suo complesso infondato.
- Il primo motivo risulta infondato.
La censura avanzata dalla difesa investe gli elementi caratterizzanti e distintivi il delitto di maltrattamenti e il delitto di atti persecutori.
- La giurisprudenza di questa Corte attuale e prevalente, ad avviso del collegio pienamente condivisibile, ha ribadito che, in tema di rapporti fra il delitto di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori, il divieto di interpretazione analogica delle norme incriminatrici impone di intendere i concetti di “famiglia” e di “convivenza” di cui all’ 572 cod. pen.nell’accezione più ristretta.
Si intende, pertanto, quale comunità connotata da una radicata e stabile relazione affettiva interpersonale e da una duratura comunanza di affetti implicante reciproche aspettative di mutua solidarietà ed assistenza, fondata sul rapporto di coniugio o di parentela o, comunque, su una stabile condivisione dell’abitazione, ancorché non necessariamente continuativa.
Di conseguenza, è configurabile l’ipotesi aggravata di atti persecutori di cui all’art. 612-bis, comma secondo, cod. pen., e non il reato di maltrattamenti in famiglia, quando le reiterate condotte moleste e vessatorie siano perpetrate dall’imputato dopo la cessazione della convivenza “more uxorio” con la persona offesa (Sez.6 n. 31390 del 30/03/2023, P., Rv. 285087).
Se è vero – come evidenziato dal ricorrente- che in alcune decisioni la giurisprudenza di questa Corte ha diversamente valorizzato la cessazione della convivenza more uxorio, tuttavia si è anche chiarito che, nelle ipotesi di cessazione della convivenza “more uxorio”, è configurabile il delitto di maltrattamenti in famiglia, e non invece quello di atti persecutori, solo quando tra i soggetti permanga un vincolo assimilabile a quello familiare.
Quanto sopra, in ragione di una mantenuta consuetudine di vita comune o dell’esercizio condiviso della responsabilità genitoriale ex art. 337-ter cod. civ. (Sez. 6, n. 7259 del 26/11/2021, dep.2022, L., Rv. 283047 relativa ad una ipotesi in cui l’imputato era quotidianamente presente nella vita e nell’abitazione della ex convivente e della figlia minore, persone offese, per attendere ai compiti educativi e di assistenza inerenti alla genitorialità).
1.2. La sentenza impugnata (p. 4 e ss.), con motivazione in fatto non manifestamente illogica, né contraddittoria, ma conforme alle indicazioni giurisprudenziali richiamate ha:
- evidenziato che, quando B.J. ha realizzato le condotte a lui contestate al capo B), la convivenza era definitivamente cessata; dopo l’episodio del 19 dicembre 2020, allorquando l’imputato si era presentato presso la ludoteca ubriaco e aveva minacciato e offeso S.P., quest’ultima si era allontanata trovando ospitalità per un giorno presso un’amica e poi presso un centro antiviolenza sino al termine del mese.
Era rientrata in casa alla fine di dicembre, ma solo perché l’imputato si era trasferito presso un amico;
– valorizzato la circostanza in base alla quale, a seguito dell’allontanamento dall’abitazione, la donna aveva portato con sé la figlia minore che aveva in quel periodo a sua volta interrotto i rapporti con il padre; erano chiaramente venuti meno tra i due ex conviventi i reciproci vincoli di solidarietà morale e affettiva.
- Il secondo motivo è generico nonché manifestamente infondato.
- Nel reiterare il medesimo motivo già proposto in sede di appello e disatteso dalla Corte territoriale con motivazione immune da vizi, la difesa genericamente si duole di una mancanza di motivazione quanto alla coscienza e volontà di realizzare condotte persecutorie,.
In tal modo, però, la difesa non si è confrontata con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui nell’ipotesi di delitto di atti persecutori, l’elemento soggettivo è integrato dal dolo generico, il cui contenuto richiede la volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell’abitualità del proprio agire.
Non postula, invece, la preordinazione di tali condotte – elemento non previsto sul fronte della tipicità normativa – potendo queste ultime, invece, essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne presenti l’occasione (Sez. 1, n. 28682 del 25/09/2020, S., Rv. 279726).
Anche in tal caso, la Corte territoriale (p. 5/6) ha valorizzato – in punto di elemento soggettivo – il contenuto e il tenore di plurimi messaggi inviati dall’imputato alla persona offesa con la chiara intenzione di molestarla e incuterle timore, a prescindere dal movente che lo spingeva ad adottare siffatta condotta.
- Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
- In relazione alla richiesta di parte civile di liquidazione delle spese del presente giudizio, va sottolineato che le Sezioni unite di questa Corte (S.U. n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, Sacchettino, Rv. 283886) hanno affermato che, nell’Ipotesi in cui il giudizio in cassazione si celebri nelle forme del rito camerale non partecipato e il ricorso dell’imputato sia dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, va disposto il pagamento delle spese processuali in favore della parte civile solo in una ipotesi.
Vale a dire nella ipotesi in cui la stessa “[..], abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un’attività diretta a contrastare la pretesa dell’imputato per la tutela dei propri interessi (..) anche solo attraverso memorie scritte (..) fornendo un utile contributo alla decisione [..]”.
Nel caso di specie la memoria pervenuta si è limitata a chiedere il rigetto del ricorso, non offrendo un contributo utile alla decisione.
- Il titolo di reato e i rapporti di ex conviventi intercorrenti tra le parti impongono che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/03in quanto imposto dalla legge.