Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, sentenza 14 dicembre 2021 (causa C-490/20)
PRINCIPIO DI DIRITTO
Nel caso di un minore cittadino dell’Unione il cui atto di nascita rilasciato dalle autorità competenti dello Stato membro ospitante designi come suoi genitori due persone dello stesso sesso, lo Stato membro di cui tale minore è cittadino è tenuto, da un lato, a rilasciargli una carta d’identità o un passaporto, senza esigere la previa emissione di un atto di nascita da parte delle sue autorità nazionali e, dall’altro, a riconoscere, come ogni altro Stato membro, il documento promanante dallo Stato membro ospitante che consente a detto minore di esercitare, con ciascuna di tali due persone, il proprio diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)
1 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 2, TUE, degli articoli 20 e 21 TFUE nonché degli articoli 7, 9, 24 e 45 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).
2 Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra V.M.A. e la Stolichna obshtina, rayon «Pancharevo» (Comune di Sofia, distretto di Pancharevo, Bulgaria) (in prosieguo: il «Comune di Sofia»), in merito al rifiuto di quest’ultimo di rilasciare un atto di nascita della figlia di V.M.A. e di sua moglie.
Sulle questioni pregiudiziali
26 Il giudice del rinvio nutre invece dubbi riguardo alla questione se il rifiuto, da parte delle autorità bulgare, di registrare la nascita di un cittadino bulgaro, avvenuta in un altro Stato membro e attestata da un atto di nascita che indica due madri, rilasciato dalle autorità competenti di quest’ultimo Stato membro, violi i diritti conferiti a detto cittadino dagli articoli 20 e 21 TFUE, nonché dagli articoli 7, 24 e 45 della Carta.
Infatti, il rifiuto da parte delle autorità bulgare di rilasciare un atto di nascita – anche se non avrebbe alcun impatto giuridico sulla cittadinanza bulgara del minore interessato e, di conseguenza, sulla cittadinanza dell’Unione di quest’ultimo – potrebbe rendere più difficile il rilascio di un documento d’identità bulgaro e, di conseguenza, ostacolare l’esercizio da parte del minore del diritto alla libera circolazione e quindi il pieno godimento dei suoi diritti di cittadino dell’Unione.
27 Inoltre, poiché l’altra madre di S.D.K.A., K.D.K., è cittadina del Regno Unito, lo stesso giudice si chiede se le conseguenze giuridiche derivanti dall’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (GU 2020, L 29, pag. 7; in prosieguo: l’«accordo sul recesso»), e in particolare il fatto che tale minore non possa più godere dello status di cittadino dell’Unione in virtù della cittadinanza di K.D.K., siano pertinenti per la valutazione di tale questione.
28 Inoltre, chiosa ancora la Corte, l’Administrativen sad Sofia-grad (Tribunale amministrativo di Sofia) si chiede se l’obbligo eventualmente imposto alle autorità bulgare, nell’ambito dell’emissione di un atto di nascita, di menzionare in tale atto due madri come genitori del minore in questione, sia tale da pregiudicare l’ordine pubblico e l’identità nazionale della Repubblica di Bulgaria, poiché tale Stato membro non ha previsto la possibilità di menzionare in un atto di nascita due genitori dello stesso sesso per tale minore. Detto giudice rileva, a tal riguardo, che le disposizioni che disciplinano la filiazione di tale minore assumono un’importanza fondamentale nella tradizione costituzionale bulgara, nonché nella dottrina bulgara in materia di diritto di famiglia e delle successioni, sia sotto il profilo puramente giuridico sia sotto il profilo dei valori, tenuto conto dello stadio attuale di evoluzione della società in Bulgaria.
29 Pertanto, l’Administrativen sad Sofia-grad (Tribunale amministrativo di Sofia) ritiene necessario trovare un equilibrio tra, da un lato, l’identità costituzionale e nazionale della Repubblica di Bulgaria e, dall’altro, gli interessi del minore, e, in particolare, il suo diritto alla vita privata e alla libera circolazione.
30 Tale giudice si chiede se, nel caso di specie, un tale equilibrio possa essere raggiunto in applicazione del principio di proporzionalità e, in particolare, se la menzione, nella rubrica «Madre», del nome di una delle due madri che compaiono nell’atto di nascita emesso dalle autorità spagnole, dal momento che la stessa può essere sia la madre biologica del minore sia quella divenuta tale per altra via, ad esempio tramite l’adozione, senza compilare la rubrica «Padre», costituirebbe un equilibrio adeguato tra tali diversi legittimi interessi. Esso osserva che, sebbene una tale soluzione potrebbe anche comportare alcune difficoltà, a causa di eventuali differenze tra l’atto di nascita emesso dalle autorità bulgare e quello emesso dalle autorità spagnole, tale soluzione permetterebbe così il rilascio di un atto di nascita da parte delle autorità bulgare, eliminando così, o almeno attenuando, eventuali ostacoli alla libera circolazione del minore interessato. Tuttavia, detto giudice si chiede se questa soluzione sia compatibile con il diritto di tale minore alla vita privata e familiare, sancito dall’articolo 7 della Carta.
31 Infine, qualora la Corte giunga alla conclusione che il diritto dell’Unione esige che entrambe le madri del minore in questione siano menzionate nell’atto di nascita emesso dalle autorità bulgare, il giudice del rinvio si chiede come debba essere attuato tale obbligo, non potendo detto giudice sostituire il modello di atto di nascita figurante nei modelli di atti di stato civile in vigore a livello nazionale.
32 In tali circostanze, soggiunge la Corte, l’Administrativen sad Sofia-grad (Tribunale amministrativo di Sofia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
1) Se gli articoli 20 e 21 TFUE nonché gli articoli 7, 24 e 45 della [Carta] debbano essere interpretati nel senso che non consentono alle autorità amministrative bulgare, presso le quali è stata presentata una domanda di certificazione della nascita di un bambino, cittadino bulgaro, avvenuta in un altro Stato membro dell’Unione, e attestata da un atto di nascita spagnolo, nel quale due persone di sesso femminile sono state registrate come madri, senza precisare ulteriormente se una di esse, e in caso affermativo quale, sia la madre biologica del bambino, di rifiutare il rilascio di un atto di nascita bulgaro con la motivazione che la ricorrente si rifiuta di indicare chi è la madre biologica del bambino.
2) Se l’articolo 4, paragrafo 2, TUE e l’articolo 9 della Carta debbano essere interpretati nel senso che la salvaguardia dell’identità nazionale e dell’identità costituzionale degli Stati membri [dell’Unione] significa che questi ultimi dispongono di un’ampia discrezionalità con riferimento alle disposizioni per l’accertamento della filiazione. In particolare: se l’articolo 4, paragrafo 2, TUE debba essere interpretato nel senso che consente agli Stati membri di richiedere informazioni sulla discendenza biologica del bambino; se l’articolo 4, paragrafo 2, TUE, in combinato disposto con l’articolo 7 e con l’articolo 24, paragrafo 2, della Carta, debba essere interpretato nel senso che è imprescindibile ponderare, da una parte, l’identità nazionale e l’identità costituzionale di uno Stato membro e, dall’altra, l’interesse superiore del bambino, tenuto conto del fatto che attualmente non esiste consenso né dal punto di vista dei valori né dal punto di vista giuridico sulla possibilità di far registrare come genitori, in un atto di nascita, persone dello stesso sesso, senza precisare ulteriormente se uno di essi, e in caso affermativo quale, sia il genitore biologico del bambino. In caso di risposta affermativa a tale domanda, come si possa realizzare concretamente detto bilanciamento di interessi.
3) Se le conseguenze giuridiche del[l’accordo di recesso] siano rilevanti per la risposta alla prima questione, in quanto una delle madri, che è indicata nell’atto di nascita rilasciato in un altro Stato membro, è cittadina del Regno Unito, e l’altra madre è cittadina di uno Stato membro dell’Unione, se si considera in particolare che il rifiuto di rilasciare un atto di nascita bulgaro del bambino rappresenta un ostacolo per il rilascio di un certificato di identità del bambino da parte di uno Stato membro [dell’Unione] e, di conseguenza, rende eventualmente più difficile il pieno esercizio dei suoi diritti come cittadino dell’Unione.
4) Se, in caso di risposta affermativa alla prima questione, il diritto dell’Unione, in particolare il principio di effettività, obblighi le competenti autorità nazionali a discostarsi dal modello per la redazione di un atto di nascita [figurante nei modelli di atti di stato civile], che è parte costitutiva del diritto nazionale vigente.
Procedimento dinanzi alla Corte
33 Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede che la causa sia trattata con procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte. Tale giudice sostiene, in particolare, che il rifiuto delle autorità bulgare di rilasciare a S.D.K.A., che sarebbe cittadina bulgara, un atto di nascita causerebbe a tale minore serie difficoltà per ottenere un documento d’identità bulgaro e, di conseguenza, per esercitare il suo diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, garantito all’articolo 21 TFUE. 34 L’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura prevede che, su domanda del giudice del rinvio o, in via eccezionale, d’ufficio, il presidente della Corte, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, può decidere di sottoporre un rinvio pregiudiziale a procedimento accelerato quando la natura della causa richiede un suo rapido trattamento. 35 Nella fattispecie, il 19 ottobre 2020, il presidente della Corte ha deciso, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, di accogliere la domanda di procedimento accelerato menzionata al punto 33 della presente sentenza. Tale decisione è stata motivata con il fatto che S.D.K.A., una minore in tenera età, è attualmente priva di un passaporto, mentre risiede in uno Stato membro di cui non è cittadina. Poiché le questioni poste sono volte a determinare se le autorità bulgare siano tenute a rilasciare un atto di nascita per tale minore e poiché dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che tale atto è necessario, secondo il diritto nazionale, per poter ottenere un passaporto bulgaro, una risposta della Corte entro un breve periodo di tempo può contribuire a che tale minore ottenga più rapidamente un passaporto (v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte del 3 luglio 2015, Gogova, C-215/15, non pubblicata, EU:C:2015:466, punti da 12 a 14).
Sulle questioni pregiudiziali
36 Con le sue questioni, che devono essere esaminate congiuntamente, il giudice nazionale chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione obblighi uno Stato membro a rilasciare un atto di nascita, al fine di ottenere un documento d’identità secondo le norme di tale Stato membro, per un minore, cittadino di tale Stato membro, la cui nascita in un altro Stato membro è attestata da un atto di nascita emesso dalle autorità di tale altro Stato membro, conformemente alla sua legislazione nazionale, e che designa, quali madri di tale minore, una cittadina del primo di tali Stati membri e sua moglie, senza precisare quale delle due donne abbia dato alla luce la bambina. In caso affermativo, detto giudice si chiede se il diritto dell’Unione esiga che un tale atto includa, come quello emesso dalle autorità dello Stato membro in cui il minore è nato, i nomi di tali due donne in qualità di madri.
37 Il suddetto giudice desidera anche sapere se il fatto che l’altra madre del minore in questione sia cittadina del Regno Unito, che non è più uno Stato membro, abbia una qualche influenza sulla risposta a tale questione.
38 In via preliminare, precisa la Corte, è importante ricordare che, da un lato, la determinazione dei modi di acquisto e di perdita della cittadinanza rientra, in conformità al diritto internazionale, nella competenza di ciascuno Stato membro, e che, dall’altro, in situazioni ricadenti nell’ambito del diritto dell’Unione, le norme nazionali di cui trattasi devono rispettare quest’ultimo (sentenze del 2 marzo 2010, Rottmann, C-135/08, EU:C:2010:104, punti 39 e 41, nonché del 12 marzo 2019, Tjebbes e altri, C-221/17, EU:C:2019:189, punto 30).
39 Secondo gli accertamenti effettuati dal giudice del rinvio, che è l’unico competente in materia, S.D.K.A. è cittadina bulgara per nascita ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 1, della Costituzione bulgara.
40 Ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, TFUE, è cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. Ne consegue che, in quanto cittadina bulgara, S.D.K.A. gode dello status di cittadino dell’Unione ai sensi della disposizione di cui trattasi.
41 A tale riguardo, la Corte ha ripetutamente affermato che lo status di cittadino dell’Unione è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri [v. sentenze del 20 settembre 2001, Grzelczyk, C-184/99, EU:C:2001:458, punto 31 e del 15 luglio 2021, A (Assistenza sanitaria pubblica), C-535/19, EU:C:2021:595, punto 41].
42 Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, un cittadino di uno Stato membro che, nella sua qualità di cittadino dell’Unione abbia esercitato la propria libertà di circolare e di soggiornare in uno Stato membro diverso dal suo Stato membro d’origine, può avvalersi dei diritti connessi a tale qualità, in particolare di quelli previsti dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, anche, eventualmente, nei confronti del suo Stato membro d’origine (sentenza del 5 giugno 2018, Coman e a., C-673/16, EU:C:2018:385, punto 31 e la giurisprudenza ivi citata). Anche i cittadini dell’Unione che sono nati nello Stato membro ospitante dei loro genitori e che non si sono mai avvalsi del diritto alla libera circolazione possono invocare tale disposizione e le disposizioni adottate per la sua applicazione (sentenza del 2 ottobre 2019, Bajratari, C-93/18, EU:C:2019:809, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).
43 Ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi. Per permettere ai loro cittadini di esercitare tale diritto, l’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2004/38 impone agli Stati membri, conformemente alla loro legislazione, di rilasciare ai loro cittadini una carta d’identità o un passaporto che indichi la loro cittadinanza.
44 Pertanto, chiarisce la Corte, poiché S.D.K.A. è una cittadina bulgara, le autorità bulgare sono obbligate a rilasciarle una carta d’identità o un passaporto che indichi la sua cittadinanza e il suo cognome come risulta dall’atto di nascita emesso dalle autorità spagnole, in quanto la Corte ha già dichiarato che l’articolo 21 TFUE osta a che le autorità di uno Stato membro, in applicazione del diritto nazionale, rifiutino di riconoscere il cognome di un figlio così come esso è stato determinato e registrato in un altro Stato membro in cui tale figlio è nato e risiede sin dalla nascita (v., in tal senso, sentenza del 14 ottobre 2008, Grunkin e Paul, C-353/06, EU:C:2008:559, punto 39).
45 Occorre inoltre precisare che l’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2004/38 impone alle autorità bulgare di rilasciare una carta d’identità o un passaporto a S.D.K.A. indipendentemente dall’emissione di un nuovo atto di nascita per tale minore. Così, nei limiti in cui il diritto bulgaro esige l’emissione di un atto di nascita bulgaro prima del rilascio di una carta d’identità o di un passaporto bulgaro, tale Stato membro non può invocare il suo diritto nazionale per rifiutare l’emissione di tale carta d’identità o passaporto per S.D.K.A.
46 Tale documento, da solo o in combinazione con altri documenti, eventualmente con un documento rilasciato dallo Stato membro ospitante del minore interessato, deve permettere a un minore in una situazione come quella di S.D.K.A di esercitare il proprio diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, garantito all’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, con ciascuna delle sue due madri, il cui status di genitori di tale minore sia stato accertato dallo Stato membro ospitante delle medesime nel corso di un soggiorno conforme alla direttiva 2004/38.
47 Occorre ricordare che i diritti riconosciuti ai cittadini degli Stati membri all’articolo 21, paragrafo 1, TFUE includono il diritto di condurre una normale vita familiare sia nello Stato membro ospitante sia nello Stato membro del quale essi possiedono la cittadinanza, al ritorno in tale Stato membro, ivi beneficiando della presenza, al loro fianco, dei loro familiari (sentenza del 5 giugno 2018, Coman e a., C-673/16, EU:C:2018:385, punto 32 e giurisprudenza citata).
48 È pacifico che, nel procedimento principale, le autorità spagnole hanno accertato legalmente l’esistenza di un rapporto di filiazione, biologica o giuridica, tra S.D.K.A. e i suoi due genitori, V.M.A. e K.D.K., e hanno attestato il medesimo nell’atto di nascita rilasciato per la figlia di queste ultime. In applicazione dell’articolo 21 TFUE e della direttiva 2004/38, a V.M.A. e K.D.K., in quanto genitori di un cittadino dell’Unione minorenne di cui hanno la custodia effettiva, deve quindi essere riconosciuto da tutti gli Stati membri il diritto di accompagnare quest’ultimo nell’esercizio del suo diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (v., per analogia, sentenza del 13 settembre 2016, Rendón Marín, C-165/14, EU:C:2016:675, punti da 50 a 52 e giurisprudenza ivi citata).
49 Pertanto, osserva la Corte, le autorità bulgare, come quelle di qualsiasi altro Stato membro, sono tenute a riconoscere tale rapporto di filiazione al fine di consentire a S.D.K.A., poiché la medesima ha ottenuto, secondo il giudice del rinvio, la cittadinanza bulgara, di esercitare senza impedimenti, insieme a ciascuno dei suoi due genitori, il proprio diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, garantito all’articolo 21, paragrafo 1, TFUE.
50 Inoltre, per permettere effettivamente a S.D.K.A. di esercitare il proprio diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri con ciascuno dei suoi due genitori, è necessario che V.M.A. e K.D.K. possano disporre di un documento che le menzioni come persone autorizzate a viaggiare con tale minore. Nella fattispecie, le autorità dello Stato membro ospitante sono nella posizione migliore per emettere tale documento, che può consistere nell’atto di nascita. Gli altri Stati membri sono obbligati a riconoscere tale documento.
51 Vero è, come ha notato il giudice del rinvio, che l’articolo 9 della Carta prevede che il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio.
52 A questo proposito, allo stato attuale del diritto dell’Unione, lo status delle persone, in cui rientrano le norme sul matrimonio e sulla filiazione, è una questione di competenza degli Stati membri e il diritto dell’Unione non incide su tale competenza. Gli Stati membri sono quindi liberi di prevedere o meno, nel loro diritto nazionale, il matrimonio tra persone dello stesso sesso e la genitorialità di queste ultime. Tuttavia, nell’esercizio di tale competenza, ciascuno Stato membro deve rispettare il diritto dell’Unione e, in particolare, le disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà riconosciuta a ogni cittadino dell’Unione di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri, riconoscendo, a tal fine, lo status delle persone stabilito in un altro Stato membro conformemente al diritto di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2018, Coman e a., C-673/16, EU:C:2018:385, punti da 36 a 38 e giurisprudenza ivi citata).
53 In tale contesto, il giudice del rinvio chiede alla Corte se l’articolo 4, paragrafo 2, TUE possa giustificare il rifiuto delle autorità bulgare di rilasciare un atto di nascita di S.D.K.A e quindi una carta d’identità o un passaporto per tale minore. In particolare, detto giudice afferma che un eventuale obbligo per siffatte autorità di emettere un atto di nascita che indichi due persone di sesso femminile come genitori di tale minore potrebbe pregiudicare l’ordine pubblico e l’identità nazionale della Repubblica di Bulgaria, in quanto la Costituzione bulgara e il diritto di famiglia bulgaro non prevedono la genitorialità di due persone dello stesso sesso.
54 A tale riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, TUE, l’Unione rispetta l’identità nazionale dei suoi Stati membri, insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale.
55 Inoltre, la Corte ha dichiarato in più occasioni che la nozione di «ordine pubblico», in quanto giustificazione di una deroga a una libertà fondamentale, dev’essere intesa in senso restrittivo, di guisa che la sua portata non può essere determinata unilateralmente da ciascuno Stato membro senza il controllo delle istituzioni dell’Unione. Ne consegue che l’ordine pubblico può essere invocato solo in presenza di una minaccia reale e sufficientemente grave che colpisce un interesse fondamentale della società (sentenza del 5 giugno 2018, Coman e a., C-673/16, EU:C:2018:385, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).
56 Orbene, soggiunge la Corte, come ha sottolineato l’avvocato generale ai paragrafi 150 e 151 delle sue conclusioni, l’obbligo per uno Stato membro, da un lato, di rilasciare una carta d’identità o un passaporto a un minore, cittadino di tale Stato membro, nato in un altro Stato membro e il cui atto di nascita rilasciato dalle autorità di quest’altro Stato membro designa come suoi genitori due persone dello stesso sesso, e, dall’altro, di riconoscere il rapporto di filiazione tra tale minore e ciascuna di queste due persone nell’ambito dell’esercizio, da parte del medesimo, dei suoi diritti a titolo dell’articolo 21 TFUE e degli atti di diritto derivato ai medesimi connessi, non viola l’identità nazionale né minaccia l’ordine pubblico di tale Stato membro.
57 Infatti, tale obbligo non impone allo Stato membro di cui il minore interessato ha la cittadinanza di prevedere nel suo diritto interno la genitorialità di persone dello stesso sesso o di riconoscere, a fini diversi dall’esercizio dei diritti che a tale minore derivano dal diritto dell’Unione, il rapporto di filiazione tra tale minore e le persone indicate come genitori di quest’ultimo nell’atto di nascita emesso dalle autorità dello Stato membro ospitante (v., per analogia, sentenza del 5 giugno 2018, Coman e a., C-673/16, EU:C:2018:385, punti 45 e 46).
58 Si deve aggiungere che una misura nazionale idonea ad ostacolare l’esercizio della libera circolazione delle persone può essere giustificata solo se è conforme ai diritti fondamentali sanciti dalla Carta di cui la Corte garantisce il rispetto (sentenza del 5 giugno, Coman e a., C-673/16, EU:C:2018:385, punto 47).
59 Nella situazione oggetto del procedimento principale, precisa la Corte, il diritto al rispetto della vita privata e familiare garantito dall’articolo 7 della Carta e i diritti del minore garantiti dall’articolo 24 della Carta, in particolare il diritto a che si tenga conto dell’interesse superiore del minore come una considerazione primaria in tutti gli atti relativi ai minori e il diritto di mantenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con entrambi i genitori, sono fondamentali.
60 A tale riguardo, come risulta dalle spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17), a norma dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, i diritti garantiti dall’articolo 7 della medesima hanno lo stesso significato e la stessa portata di quelli garantiti dall’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.
61 Orbene, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo risulta che l’esistenza di una «vita familiare» è una questione di fatto dipendente dalla realtà pratica di stretti legami personali e che la possibilità per un genitore e il figlio di essere insieme rappresenta un elemento fondamentale della vita familiare (Corte EDU, 12 luglio 2001, K. e T. c. Finlandia, CE:ECHR:2001:0712JUD002570294, §§ 150 e 151). Inoltre, come la Corte ha avuto modo di constatare, da questa giurisprudenza risulta che la relazione intrattenuta da una coppia omosessuale può rientrare nel concetto di «vita privata» così come in quello di «vita familiare» allo stesso modo di una coppia di sesso opposto nella stessa situazione (v. sentenza del 5 giugno 2018, Coman e a., C-673/16, EU:C:2018:385, punto 50, e giurisprudenza ivi citata).
62 Di conseguenza, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 153 delle sue conclusioni, il rapporto del minore interessato con ciascuna delle due persone con cui ha una vita familiare effettiva nello Stato membro ospitante e che sono menzionate come suoi genitori nell’atto di nascita emesso dalle autorità di tale Stato è protetto dall’articolo 7 della Carta.
63 Inoltre, come è stato ricordato al punto 59 della presente sentenza, il diritto al rispetto della vita familiare, quale sancito dall’articolo 7 della Carta, dev’essere letto in combinato disposto con l’obbligo di tener conto dell’interesse superiore del minore, riconosciuto dall’articolo 24, paragrafo 2, della Carta. Orbene, poiché l’articolo 24 della Carta costituisce, come ricordano le spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali, un’integrazione nel diritto dell’Unione dei principali diritti del minore sanciti nella Convenzione sui diritti del fanciullo, che è stata ratificata da tutti gli Stati membri, occorre, nell’interpretazione di detto articolo, tenere debitamente conto delle disposizioni di tale Convenzione [v., in tal senso, sentenze del 14 febbraio 2008, Dynamic Medien, C-244/06, EU:C:2008:85, punto 39, e dell’11 marzo 2021, État belge (Rimpatrio del genitore di un minore), C-112/20, EU:C:2021:197, punto 37].
64 In particolare, l’articolo 2 di tale Convenzione stabilisce il principio di non discriminazione del minore, il quale esige che i diritti enunciati in tale Convenzione, tra cui, all’articolo 7, il diritto di essere registrato alla nascita, di avere un nome e di acquisire una cittadinanza, siano garantiti al minore senza che quest’ultimo subisca discriminazioni al riguardo, comprese quelle basate sull’orientamento sessuale dei suoi genitori.
65 Ciò premesso, sarebbe contrario ai diritti fondamentali che gli articoli 7 e 24 della Carta garantiscono a tale minore privarlo del rapporto con uno dei suoi genitori nell’ambito dell’esercizio del suo diritto di circolare e di soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri o rendergli de facto impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio di tale diritto per il fatto che i suoi genitori sono dello stesso sesso.
66 Infine, il fatto che uno dei genitori del minore interessato sia cittadina del Regno Unito, che non è più uno Stato membro, è irrilevante al riguardo.
67 Inoltre, nel caso in cui, dopo la verifica, S.D.K.A. non dovesse possedere la cittadinanza bulgara, occorre ricordare che, indipendentemente dalla loro nazionalità e a prescindere dal fatto che esse stesse abbiano lo status di cittadine dell’Unione, K.D.K. e S.D.K.A. devono essere considerate da tutti gli Stati membri come, rispettivamente, il coniuge e la discendente diretta ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettere a) e c), della direttiva 2004/38 e, di conseguenza, come familiari di V.M.A. (v., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2018, Coman e. C-673/16, EU:C:2018:385, punto 36 e 51).
68 Infatti, precisa la Corte, un minore il cui status di cittadino dell’Unione non sia stato accertato e il cui atto di nascita rilasciato dalle autorità competenti di uno Stato membro designi come genitori due persone dello stesso sesso, una delle quali sia cittadina dell’Unione, deve essere considerato, da tutti gli Stati membri, come un discendente diretto di tale cittadina dell’Unione, ai sensi della direttiva 2004/38, ai fini dell’esercizio dei diritti conferiti dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE e dagli atti di diritto derivato connessi.
69 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni pregiudiziali dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 2, TUE, gli articoli 20 e 21 TFUE nonché gli articoli 7, 24 e 45 della Carta, letti in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2004/38, devono essere interpretati nel senso che, nel caso di un minore cittadino dell’Unione il cui atto di nascita rilasciato dalle autorità competenti dello Stato membro ospitante designi come suoi genitori due persone dello stesso sesso, lo Stato membro di cui tale minore è cittadino è tenuto, da un lato, a rilasciargli una carta d’identità o un passaporto, senza esigere la previa emissione di un atto di nascita da parte delle sue autorità nazionali e, dall’altro, a riconoscere, come ogni altro Stato membro, il documento promanante dallo Stato membro ospitante che consente a detto minore di esercitare, con ciascuna di tali due persone, il proprio diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.
Sulle spese
70 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.