Corte di Cassazione, Sez. I Civile, ordinanza 2 gennaio 2025 n. 32
PRINCIPIO DI DIRITTO
In materia di mantenimento del figlio maggiorenne e non autosufficiente, i presupposti su cui si fonda l’esclusione del relativo diritto, oggetto di accertamento da parte del giudice del merito e della cui prova è gravato il genitore che si oppone alla domanda di esclusione, sono integrati:
dall’età del figlio, destinata a rilevare in un rapporto di proporzionalità inversa per il quale, all’età progressivamente più elevata dell’avente diritto si accompagna, tendenzialmente e nel concorso degli altri presupposti, il venir meno del diritto al conseguimento del mantenimento;
dall’effettivo raggiungimento di un livello di competenza professionale e tecnica del figlio;
dal suo impegno rivolto al reperimento di una occupazione nel mercato del lavoro (Cass. n. 38366/2021).
L’onere della prova (rigorosa) è a carico del genitore richiedente il mantenimento.
TESTO RILEVANTE DELLE DECISIONE
[…] 2. I motivi primo e secondo, da esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione, sono infondati e in parte inammissibili.
2.1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte che il Collegio condivide, in materia di mantenimento del figlio maggiorenne e non autosufficiente, i presupposti su cui si fonda l’esclusione del relativo diritto, oggetto di accertamento da parte del giudice del merito e della cui prova è gravato il genitore che si oppone alla domanda di esclusione, sono integrati:
dall’età del figlio, destinata a rilevare in un rapporto di proporzionalità inversa per il quale, all’età progressivamente più elevata dell’avente diritto si accompagna, tendenzialmente e nel concorso degli altri presupposti, il venir meno del diritto al conseguimento del mantenimento;
dall’effettivo raggiungimento di un livello di competenza professionale e tecnica del figlio e dal suo impegno rivolto al reperimento di una occupazione nel mercato del lavoro (Cass. n. 38366/2021);
inoltre, l’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento – che è a carico del richiedente il mantenimento – vertendo esso sulla circostanza di avere il figlio curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica o di essersi, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro, richiede una prova particolarmente rigorosa per il caso del “figlio adulto”.
Ciò in ragione del principio dell’autoresponsabilità delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendano giustificato il mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa (Cass. n. 26875/2023; Cass. 12123/2024).
2.2. La Corte d’Appello si è attenuta ai suesposti principi, scrutinando tutti i profili di rilevanza, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, ed ha accertato, con motivazione congrua, sulla base delle risultanze istruttorie, che la condizione di persistente mancanza di autosufficienza economico reddituale del figlio maggiorenne fosse dipesa, in via diretta ed in modo incolpevole, da peculiari e specifiche ragioni individuali di salute, che avevano, di fatto, impedito al ragazzo, fino al momento della decisione, di reperire una attività lavorativa.
In particolare la Corte di merito ha rimarcato che C.C. (nato nel (Omissis)) era affetto da depressione maggiore cronicizzata, disturbo post traumatico da stress e insonnia reattiva, causate dagli episodi di aggressività fisica e verbale posti in essere dal padre nei confronti della madre, che avevano profondamente turbato il ragazzo.
A quest’ultimo era stata riconosciuta nel 2021 una provvidenza in base alla legge regionale n. 15/1992 proprio in relazione alla suddetta infermità, in quanto rientrante tra quelle indicate nell’allegato A della citata legge come invalidante.
Infine la Corte territoriale ha rilevato che la patologia psichiatrica era stata diagnosticata nel febbraio 2020, ossia pochi mesi dopo la sentenza di separazione, pronunciata tra le parti nel settembre 2019, quando C.C. aveva già compiuto 20 anni, e che con la suddetta sentenza era stato riconosciuto per il figlio il contributo di mantenimento a carico del padre, per l’importo mensile di Euro 250,00, pari a quello riconosciuto con la sentenza ora impugnata.
La Corte d’Appello ha, quindi, ritenuto che fosse incolpevole la persistente mancanza di autosufficienza economica del figlio, “allo stato, anche tenuto conto dell’età del ragazzo e del breve tempo intercorso dalla sentenza di separazione e dalla diagnosi medica”, così facendo corretta applicazione dei principi suesposti.
Neppure coglie nel segno il rilievo del ricorrente circa l’asserita contraddittorietà della motivazione in quanto resa “allo stato”, poiché all’evidenza si tratta di una decisione emessa rebus sic stantibus, per essere la situazione del figlio rivalutabile nel futuro, ad esempio anche in ipotesi di miglioramento della sua infermità psichica.
2.3. Le censure sono inammissibili nella parte in cui si risolvono in una critica alla valutazione delle risultanze probatorie, in ordine alla natura invalidante della patologia, che la Corte di merito ha accertato in fatto con motivazione adeguata, mediante richiamo delle certificazioni mediche e di quanto risultante per effetto della concessione al ragazzo di provvidenze spettanti in base alla legge regionale citata.
- Il terzo motivo è inammissibile.
La doglianza è generica e difetta di autosufficienza, poiché nel ricorso non si indica compiutamente quando, come e dove sia stato allegato nei giudizi di merito il peggioramento, non menzionato nella sentenza impugnata, delle condizioni economiche dell’odierno ricorrente. Inoltre neppure è precisato in che termini ed in quale entità il suddetto peggioramento si sarebbe concretizzato, atteso che il ricorrente si limita a richiamare le dichiarazioni dei redditi ” in atti” […].
Altrettanto vaghe sono le deduzioni critiche circa l’assegnazione della casa familiare alla madre, che correttamente è stata disposta dalla Corte d’Appello, in quanto la casa familiare deve essere assegnata tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli minorenni e dei figli maggiorenni non autosufficienti a permanere nell’ambiente domestico in cui sono cresciuti, per garantire il mantenimento delle loro consuetudini di vita e delle relazioni sociali che in tale ambiente si sono radicate (Cass. 25604/2018).
- In conclusione, il ricorso va complessivamente rigettato. Nulla va disposto in ordine alle spese di lite del presente giudizio, stante il mancato svolgimento di attività difensiva della parte intimata.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.