La sentenza delle Sezioni Unite analizza la questione di giurisdizione inerente alle controversie riguardanti minori residenti all’estero (fuori dall’UE) ed ai principi di diritto applicabili in tali casi, per quanto concerne le modalità di mantenimento del minore.
Cass. civ., unite, sent., 19.10.2022, n. 30903
Testo rilevante della decisione
- Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione della L. n. 218 del 1995, artt. 36 bis, 37 e 42, e dell’art. 5 della Convenzione dell’Aja, sostenendo che, nel ripartire la giurisdizione tra giudici diversi, la Corte territoriale non ha considerato che la L. n. 218 del 1995, nell’affermare la sussistenza della giurisdizione italiana quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia, prevede specifiche deroghe, soprattutto in tema di rapporti familiari e protezione dei minori. Premesso che gli artt. 36 bis e 37 cit. si limitano ad individuare la legge sostanziale applicabile e il giudice cui spetta la giurisdizione in ordine alle azioni di stato, osserva che in materia di protezione dei minori l’art. 5 della Convenzione, applicabile ai sensi dell’art. 42 della medesima legge, prevede la competenza esclusiva dell’autorità dello Stato di residenza abituale del minore, la quale opera anche in deroga ai criteri generali, e trova applicazione a tutte le controversie riguardanti la responsabilità genitoriale, ivi comprese quelle aventi ad oggetto il mantenimento della prole. Premesso che non sussiste alcuna norma generale che consenta di derogare al predetto principio nell’ipotesi in cui la domanda di mantenimento sia proposta separatamente da quella di affidamento, rileva che le domande proposte dall’attrice si pongono in rapporto di consequenzialità rispetto a quelle precedentemente avanzate dinanzi all’Autorità giudiziaria russa, riguardando aspetti del rapporto genitoriale tanto personali quanto patrimoniali, in ordine ai quali eventuali modifiche vanno disposte dal Giudice che ha reso le precedenti pronunce.
- Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione della L. n. 218 del 1995, art. 45,censurando il decreto impugnato per aver escluso l’applicabilità della Convenzione dell’Aja, senza tenere conto dell’accessorietà della domanda di determinazione dell’assegno di mantenimento rispetto a quella riguardante la responsabilità genitoriale, e della conseguente operatività della competenza esclusiva prevista dall’art. 3, lett. d), del regolamento CE n. 4/2009.
- Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 38 disp. att. c.p.c., dell’art. 709 ter c.p.c., e dell’art. 15del regolamento CE n. 2201/2003, osservando che tali disposizioni, operanti nell’ordinamento interno, individuano il foro del minore, per ogni provvedimento che lo riguardi, nel luogo di residenza abituale dello stesso o comunque nel luogo in cui è domiciliato il soggetto della cui situazione giuridica si discute. Premesso che, nel rigettare la domanda di rientro da lui proposta, il Tribunale moscovita non si è limitato ad escludere l’illiceità della permanenza del minore nel territorio russo, ma ne ha individuato la residenza presso la madre, determinando le modalità di frequentazione con l’altro genitore, afferma che l’attribuzione all’Autorità giudiziaria italiana della giurisdizione in ordine alla domanda di determinazione dell’assegno di mantenimento comporterebbe la violazione delle predette disposizioni.
- I tre motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto aventi ad oggetto profili diversi della medesima questione, sono infondati.
Il riparto di giurisdizione tra l’Autorità giudiziaria italiana e quella straniera nella materia in esame è disciplinato infatti dalla L. n. 218 del 1995, artt. 37 e 42, il primo dei quali, riguardante il rapporto di filiazione e i rapporti personali tra genitori e figli, stabilisce che “la giurisdizione italiana sussiste, oltre che nei casi previsti rispettivamente dagli artt. 3 e 9, anche quando uno dei genitori o il figlio è cittadino italiano o risiede in Italia”, mentre il secondo, riguardante la protezione dei minori, richiama la Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, resa esecutiva con L. 24 ottobre 1980, n. 742 ed oggi sostituita dalla Convenzione del 19 ottobre 1996, resa esecutiva con L. n. 101 del 2015.
La giurisdizione prevista dall’art. 5, par. 1 cit. non si estende tuttavia alle controversie riguardanti la determinazione delle modalità di contribuzione del genitore al mantenimento del figlio, le quali, in quanto aventi un oggetto riconducibile all'”obbligo degli alimenti”, nell’ampia accezione emergente dalla giurisprudenza comunitaria (cfr. Corte di Giustizia UE 27 febbraio 1997, in causa C-220/95, van den Boogaard; 6/03/1980, in causa C-120/79, de Cavel; 17/03/1979, in causa C-143/78, de Cavel) e di legittimità (cfr. Cass., Sez. Un., 1/10/2009, n. 21053; 24/07/2003, n. 11526), e quindi non limitato alle obbligazioni alimentari strettamente intese nel senso previsto dal nostro ordinamento, restano escluse dall’ambito applicativo della Convenzione, come espressamente previsto dall’art. 4, lett. e) della stessa. Tali obbligazioni costituivano invece oggetto della Convenzione dell’Aja del 2 ottobre 1973, resa esecutiva con L. 24 ottobre 1980, n. 745, e richiamata dal testo originario della L. n. 218 del 1995, art. 45, la quale, tuttavia, oltre a non essere più applicabile, per effetto della modificazione dell’art. 45 disposta dal D.Lgs. 19 gennaio 2017, n. 7, art. 1, comma 1, lett. b), che ha sostituito il predetto rinvio con quello al regolamento CE n. 4/2009, non si occupava del riparto di giurisdizione, limitandosi a disciplinare la legge applicabile alle obbligazioni alimentari.
Nella specie, nonostante la residenza abituale del minore in Russia, entrambi i criteri di collegamento previsti dalla predetta disposizione debbono ritenersi convergenti in favore dell’attribuzione all’Autorità giudiziaria italiana della giurisdizione in ordine alla domanda di determinazione delle modalità con cui il padre deve contribuire al mantenimento del figlio, avendo il ricorrente la propria residenza in Italia ed essendo, al tempo stesso, in possesso della cittadinanza italiana.
Nessun rilievo può assumere, in contrario, il menzionato richiamo alla disciplina dettata dal regolamento CE n. 4/2009 contenuto nella L. n. 218 del 1995, art. 45, dal momento che tale disposizione, pur avendo specificamente ad oggetto le obbligazioni alimentari scaturenti da rapporti familiari, non si occupa del riparto di giurisdizione tra l’Autorità giudiziaria italiana ed il giudice straniero, ma si riferisce esclusivamente alla disciplina sostanziale, limitandosi ad individuare la legge applicabile alle predette obbligazioni
Non pertinente deve ritenersi infine il richiamo del ricorrente alla Convenzione sull’assistenza giudiziaria in materia civile, firmata il 25 gennaio 1979 tra Italia e URSS e resa esecutiva con L. 11 dicembre 1985, n. 766, la quale, nel disporre all’art. 1, par. 2, che “i cittadini di una Parte Contraente hanno il diritto di rivolgersi liberamente e senza impedimenti ai tribunali, alle procure e ad altre istituzioni dell’altra Parte Contraente, nella cui giurisdizione in conformità con la legislazione di quest’ultima rientrino cause civili (ivi comprese quelle di famiglia), possono comparire presso di esse, presentare istanze e sporgere querele, alle stesse condizioni dei cittadini dell’altra Parte Contraente”, non disciplina il riparto di giurisdizione, limitandosi a riconoscere, in coerenza con l’oggetto della Convenzione, il diritto dei cittadini di ciascuno Stato firmatario di adire gli uffici giudiziari dell’altro, a condizione, ovviamente, che, in base ai criteri di collegamento previsti dalle norme di volta in volta applicabili, l’autorità giudiziaria adìta sia dotata di giurisdizione in ordine alla controversia sottoposta al suo esame.
Com’è noto, il principio di prossimità ha trovato ampio spazio nella giurisprudenza di legittimità in materia di rapporti familiari, e soprattutto in riferimento all’individuazione del giudice competente nell’ordinamento interno o di quello dotato di giurisdizione nei confronti dello straniero in tema di provvedimenti riguardanti i minori, essendosi ritenuto che il giudice del luogo in cui il minore risiede abitualmente sia quello maggiormente idoneo a valutare le sue esigenze, in ragione non solo del suo stretto collegamento con il luogo in cui è stabilmente collocato il centro degli affetti, degl’interessi e delle relazioni del minore, ma anche della possibilità, che egli ha, di procedere in qualsiasi momento all’ascolto di quest’ultimo, adempimento ormai ritenuto imprescindibile in tutti i procedimenti riguardanti i minori, e della capacità dello stesso di verificare più direttamente la situazione del minore e di provvedere più efficacemente a tutela di quest’ultimo, attraverso gli strumenti d’indagine e d’intervento di cui dispone (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. I, 7/06/2021, n. 15835, Cass., Sez. VI, 20/10/2015, n. 21285, in tema d’individuazione del giudice competente ad adottare i provvedimenti di cui all’art. 337 bis c.c. e ss.; Cass., Sez. I, 14/12/2017, n. 30123, 11/01/2006, n. 397, in tema di sottrazione internazionale di minori; Cass., Sez. Un., 5/11/2019, n. 28239, 2/10/2019, n. 24608, 27/11/2018, n. 30657, in tema di responsabilità geni-toriale).
- Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.