Ai fini della declaratoria di nullità del matrimonio per incapacità di intendere e di volere (art 120 cod. civ.) è sufficiente l’accertamento della mera incapacità naturale, intesa quale capacità di discernere le conseguenze giuridiche dell’atto, mentre non risulta necessaria la dimostrazione del pregiudizio al contraente il vincolo e la malafede dell’altro prevista dall’art 428 cod. civ. in materia contrattuale. Ed invero in materia matrimoniale l’ordinamento ha interesse alla formazione di un consenso libero e consapevole in ordine alle conseguenze giuridiche del vincolo senza che assumano rilievo l’affidamento della controparte o la circolazione giuridica, interessi questi che connotano la materia contrattuale.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
*Famiglia – Firme carpite con inganno, incapacità d’intendere e di volere e matrimonio nullo – Fattispecie
Il primo motivo di ricorso denuncia ultrapetizione per avere dichiarato la nullità del matrimonio, in accoglimento di una domanda che si assume formulata tardivamente, in sede di precisazione delle conclusioni, avendo la parte attrice proposto originariamente una domanda di annullamento del matrimonio con D.E. . Il motivo è inammissibile. È sufficiente rilevare che la O. ha “impugnato” il matrimonio per incapacità di intendere e volere al momento della celebrazione, che è quanto richiesto dall’art. 120 c.c., essendo inequivoca la sua richiesta di invalidare il matrimonio per quella causa e non avendo rilievo la formula (di nullità o annullamento) utilizzata nell’atto introduttivo del giudizio. Del resto, nell’ipotesi (contestata dalla resistente) che quella proposta originariamente fosse una domanda di annullamento, l’interpretazione della stessa da parte del giudice di merito, in termini di nullità, non sarebbe censurabile in questa sede. Il secondo motivo denuncia, a dimostrazione della validità del matrimonio, omesso esame di fatti decisivi dimostrativi della capacità di giudizio della O. al momento del matrimonio: il rilascio della procura per le pubblicazioni di matrimonio da parte della stessa a una zia del D. (che pare fosse l’Ufficiale di stato civile) tramite un cugino di lei; l’assenza di pregiudizi da lei subiti in conseguenza del matrimonio e di profitti da lui ottenuti dalla frequentazione pubblica con la O. nel periodo precedente al matrimonio; l’assoluzione in sede penale del D. dal reato di falso in atto pubblico e i danni a livello affettivo da lui subiti in conseguenza del procedimento penale promosso nei suoi confronti, per avere visti frustrati i suoi buoni propositi. Il motivo è inammissibile. I giudici di merito hanno accertato, anche tramite consulenza tecnica d’ufficio, l’incapacità di intendere e di volere della O. al momento della celebrazione del matrimonio, cui il ricorrente contrappone una valutazione dei fatti in senso opposto, nel tentativo improprio di indurre questa Corte a operare una nuova valutazione di circostanze e questioni già esaminate nella fase di merito, non più riesaminabili in questa sede (nel senso che il giudizio sulla capacità di intendere e di volere costituisce, in generale, apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata motivazione, cfr., in materia contrattuale, Cass. n. 112 del 1982, n. 3137 del 1980). Premesso che il matrimonio può essere invalidato per la mera sussistenza dell’incapacità di intendere e volere del coniuge al momento della celebrazione (art. 120 c.c.), intesa come menomazione della sfera intellettiva e volitiva di tale grado da impedire di fare comprendere il significato e le conseguenze giuridiche dell’impegno matrimoniale assunto e che, nella specie secondo l’incensurabile apprezzamento dei giudici di merito – è mancata persino la consapevolezza della materialità della stipulazione dell’atto matrimoniale, non sono rilevanti le questioni dell’asserita assenza del pregiudizio per la O. o del vantaggio per il D. in conseguenza dell’assunzione del vincolo matrimoniale, nè è rilevante il dolo o la malafede dell’altro coniuge (diversamente da quanto previsto dall’art. 428 c.c., comma 2, in materia contrattuale), essendo il matrimonio dell’incapace nullo, in nome della tutela dell’integrità del consenso matrimoniale che l’ordinamento vuole che si formi in piena libertà e consapevolezza. Peraltro, il pregiudizio (quantomeno) sul piano dell’equilibrio emotivo e della serenità di vita può essere conseguenza diretta del vincolo matrimoniale di cui rimane vittima colui il cui consenso è viziato per la mancanza di capacità di intendere e, dunque, di autodeterminazione nella importante decisione di contrarre il matrimonio. Nella doglianza riguardante la condanna alle spese nei gradi di merito non è percepibile la formulazione di un motivo di ricorso. In conclusione, il ricorso è inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Cass. civ., I, ord. del 21.07.2021, n. 20862