<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"> <strong>Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 13 maggio 2020 n. 8847</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><em>I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono infondati.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Nell’ordinanza con cui la 1 Sezione di questa Corte ha rimesso a queste Sezioni Unite la decisione sull’eccezione di giurisdizione sollevata dalla ricorrente sig.ra M.I.V. (di nazionalità russa, nata il (omissis)) si dà atto: - che con decreto del 7/2/2012 il Trib. Min. Genova ha affidato quest’ultima alla sig. Z.Y.A. , riconoscendole con decreto del 7/2/2011 la qualità di tutrice della medesima attribuitale con provvedimento dell’Autorità municipale di Nagornoe del 2/3/2011; -che con sentenza n. 17 del 2017 il Trib. Min. Genova ha dichiarato l’adozione L. n. 184 del 1983, ex art. 44, lett. d), della predetta minore in favore della suindicata Z. e del convivente sig. F.C. ; - che con sentenza n. 7/2018 la C.A. Genova ha confermato la decisione del giudice di 1^ cure. Decisione assunta benché nel corso del suindicato procedimento di adozione la sig.ra M.I.V. , madre della minore, abbia fatto pervenire all’autorità giudiziaria italiana procedente il provvedimento del Tribunale rionale di Chertanovo del 29/11/2011 di sua reintegra nella responsabilità genitoriale sulla minore, emesso dopo aver scontato la pena detentiva - per spaccio di stupefacenti - che aveva determinato l’affidamento della minore alla nonna paterna e quindi alla Z. .</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Nel rimettere la causa a queste Sezioni Unite la 1^ Sezione ha sottolineato che sulla questione di giurisdizione sollevata dalla ricorrente, concernente l’interpretazione dell’art. 8 dell’Accordo bilaterale tra l’Italia e la Russia del 6/11/2008 (ratificato dall’Italia con L. 18 febbraio 2019) che "attribuisce all’Autorità dello Stato di origine del minore la competenza ad emettere la sentenza di adozione rimanendo non esplicitato nell’Accordo se tale disposizione debba ritenersi circoscritta all’adozione legittimante ovvero debba ritenersi applicabile anche all’adozione non legittimante di cui alla L. n. 184 del 1983, art. 44", non sussistono precedenti di questa Corte. Orbene, come osservato anche dal P.G. presso questa Corte nelle richiamate conclusioni scritte, va escluso che l’Accordo in oggetto si applichi anche all’adozione in casi particolari prevista alla L. n. 184 del 1983, art. 44.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>In tal senso depongono invero sia la lettera che la funzione dello strumento pattizio de quo, come indicato nel Preambolo volto a "offrire al minore i benefici di una famiglia stabile qualora non sia stato possibile reperire una famiglia adeguata nel Paese di ordine", potendo (l’"adozione di un minore in conformità al presente Accordo... realizzarsi solo nel caso in cui non sia risultato possibile affidarlo per la sua educazione o collocarlo in una famiglia che possa assicurare la sua educazione o la sua adozione nello Stato di origine in conformità alla legislazione del predetto Stato" (art. 3, comma 4).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>L’Accordo in argomento, che "si applica nei casi in cui il minore, che non abbia raggiunto l’età di diciotto anni, che sia cittadino e risieda stabilmente nel territorio di una delle Parti contraenti, sia adottato da coniugi che risiedono stabilmente nel territorio di una delle Parti contraenti, sia adottato da coniugi che risiedono stabilmente nel territorio dell’altra parte contraente, della quale almeno uno dei coniugi sia cittadino, o da un singolo individuo che risieda stabilmente nel territorio dell’altra Parte contraente e ne abbia la cittadinanza (in seguito detti "candidati adottanti"), se tale adozione è consentita dalla legge delle Parti contraenti" (art. 3, comma 4), rimette alla "legislazione dello stato di origine" di stabilire: a) "lo stato di adottabilità di un minore", e in particolare "la constatazione del fatto che il minore è rimasto senza la tutela dei genitori e che non è stato possibile affidarlo per la sua educazione o collocarlo presso una famiglia che possa assicurare la sua educazione o la sua adozione nello Stato di origine" (art. 6, comma 1, primo periodo); b) "quali persone fisiche o quali organi debbano dare il consenso all’adozione, la necessità del consenso del minore, nonché la forma di tale consenso" (art. 6, comma 1, secondo periodo); c) "il provvedimento sulle condizioni di vita e sull’idoneità ad adottare (art. 7, comma 3)".</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Atteso che nel Preambolo dell’Accordo pattizio il riferimento alla collocazione volta ad assicurare l’educazione del minore deve avvenire in una famiglia sostitutiva, la previsione e la disciplina dello stato di adottabilità del minore è rimessa alla "legislazione dello Stato di origine" (art. 6, comma 1).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Al riguardo, facendo richiamo all’orientamento della giurisprudenza di legittimità nell’impugnata sentenza la corte di merito sottolinea che "la dichiarazione di adottabilità del minore... è richiesta per l’adozione di tipo legittimante, mentre l’adozione di cui alla L. n. 184 del 1983, art. 44, non presuppone la dichiarazione di adottabilità" (v. Cass., 22/6/2016, n. 12962), non realizza un effetto legittimante e non preclude il mantenimento di rapporti con la famiglia di origine. Mentre l’adozione piena o legittimante presuppone la declaratoria dello stato di adottabilità cui fa seguito l’affidamento preadottivo, e cioè un affidamento sperimentale ai richiedenti adottanti, e costituisce un vincolo di filiazione giuridica che si sostituisce integralmente al rapporto di filiazione di sangue con definitivo ed esclusivo inserimento del minore nella nuova famiglia, l’adozione in casi particolari ex art. 44 L. Adoz. crea un vincolo di filiazione giuridica che si sovrappone a quello di sangue, non estinguendo il rapporto con la famiglia di origine, pur se l’esercizio della responsabilità genitoriale spetta all’adottante.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>L’adozione ex art. 44 L. adoz., e specificamente quella ex lett. d), che può essere richiesta anche da persona non coniugata e facendo leva sull’interesse del minore a vedere riconosciuti i legami sviluppatisi con altri soggetti che se ne prendono cura costituisce una clausola di chiusura del sistema, volta a consentire il ricorso a tale strumento tutte le volte in cui è necessario salvaguardare la continuità della relazione affettiva ed educativa, all’unica condizione della "constatata impossibilità di affidamento preadottivo", da intendersi non già come impossibilità di fatto, derivante da una situazione di abbandono del minore, bensì come impossibilità di diritto di procedere all’affidamento preadottivo (v. Cass., Sez. Un., 8/5/2019, n. 12193).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Pur se volta a sopperire (anche) a situazioni di abbandono, l’adozione particolare L. n. 184 del 1983, ex art. 44, non realizza quel modello di adozione piena e legittimante costitutiva di un rapporto di filiazione sostitutivo di quello di sangue, con definitivo ed esclusivo inserimento in una nuova famiglia, cui è ispirato l’Accordo pattizio in argomento.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Accordo che attribuisce altresì all’"Autorità dello Stato di origine" la competenza: a) "ad emettere la sentenza di adozione" (art. 8, comma 2); b) ad accertare le condizioni legittimanti la pronunzia di adozione (art. 11, comma 1).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Come correttamente affermato dai giudici del merito, ai fini della giurisdizione trova allora nella specie applicazione l’art. 1 Conv. Aja del 5/10/1961 (ratificata con L. n. 742 del 1980), ove si fa riferimento alla "residenza abituale del minore".</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Al riguardo, la corte di merito ha posto in rilievo che "la bambina è entrata legalmente in Italia accompagnata da colei che era all’epoca la sua legittima tutrice ed è residente stabilmente in Italia dal 2011", essendo d’altro canto "da escludere che la minore sia stata illecitamente trattenuta in Italia", divenuta "il Paese di abituale residenza della minore, in tal modo radicandosi la giurisdizione dell’Autorità Giudiziaria italiana in favore della Convenzione dell’Aja 5 ottobre 1961", ulteriormente sottolineando che a tale stregua non vi è pertanto luogo all’applicazione nemmeno "della disciplina in tema di sottrazione internazionale di minori di cui alla Conv. Aja 1980, ratificata con L. n. 64 del 1994).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Si è dai giudici di merito altresì sottolineato trovare nella specie applicazione anche la L. n. 218 del 1995, art. 42, contemplante rinvio alla Convenzione dell’Aja del 1961, nel cui ambito rientrano i provvedimenti con finalità di protezione dei minori, tra cui (anche) quelli incidenti sulla potestà/responsabilità dei genitori, al riguardo ponendo in rilievo come il provvedimento del Tribunale di Chertanovo abbia dato atto della correttezza dell’attività svolta dall’odierna controricorrente Z. , negando il ripristino dell’esercizio della responsabilità genitoriale sulla minore in capo alla madre naturale odierna ricorrente ("la stessa decisione, come sottolineato dal Tribunale, non solo riconosceva la correttezza dell’operato della Z. quale tutrice della minore, ivi compreso, evidentemente, il trasferimento in Italia, ma respingeva la richiesta della M. di estinzione della Z. dall’incarico di tutrice e quindi autorizzandone la prosecuzione. La cessazione della tutela, con revoca del relativo incarico alla Z. , veniva disposta solo in data (OMISSIS). Ne deriva che la decisione non era in contrasto con la permanenza in Italia della minore, ma anzi ne sanzionava la liceità, avendo mantenuto la tutrice nel suo ufficio, fermo restando: a) che nel frattempo il TM aveva disposto l’affidamento di K. alla Z. con provvedimento 7/2/2012 comunicato al Consolato della Federazione Russa; b) che il (OMISSIS) i coniugi F. - Z. avevano presentato istanza di adozione; c) che la decisione del tribunale di Chertanovo è stata resa esecutiva in Italia solo con l’ordinanza della Corte d’Appello n. 798/2015. Si può concludere che la decisione dl tribunale russo non è eppure classificabile come misura di protezione della minore ai sensi dell’art. 7 della convenzione più volte citata, almeno per quanto attiene Alla reintegrazione della M. nella mera titolarità della potestà genitoriale, mentre l’unica misura di protezione concretamente adottata è quella relativa al mantenimento della Z. nel suo ufficio di tutrice. La condizione di abituale residenza della minore in Italia, al momento della presentazione della domanda di adozione da parte dei coniugi F. - Z. , ma anche successivamente, era dunque tutt’altro che illecita, ma pienamente conforme anche alle disposizioni delle Autorità della Federazione Russa. Di qui il definitivo radicamento della giurisdizione del giudice italiano anche in virtù del "principio di irrilevanza delle sopravvenienze" sul piano di fatto o di diritto agli effetti della giurisdizione (c.d. perpetuatio iurisdictionis) stabilito dall’art.5 c.p.c.").</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Va pertanto dichiarata la giurisdizione del giudice italiano.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La causa va rimessa alla 1 Sezione per la disamina degli altri motivi del ricorso.</em></p>