<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, VI Sezione Penale, sentenza 23 giugno 2021, n. 24554</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)</em></strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li><em> I motivi di ricorso sono inammissibili perché manifestamente infondati e afferenti questioni in fatto.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>Essi propongono deduzioni che implicano una rivalutazione nel merito della sentenza da parte di questa Corte, non consentita in sede di legittimità.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>È stato più volte ribadito, precisa la Corte, che il giudice di legittimità non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di giudizio, restando esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova (Sez. 6, n. 25255 del 14/2/2012, Minervini, Rv. 253099).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Le censure dedotte dal ricorrente non evidenziano alcuna palese illogicità della motivazione della sentenza impugnata.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Le argomentazioni della Corte sono state incentrate sulla <strong>mancata allegazione di elementi idonei a far ritenere che l’imputato si sia trovato nell’impossibilità assoluta di versare le somme di denaro dovute</strong>, sebbene l’importo di 600 Euro al mese, stabilito per il <strong>mantenimento delle due figlie minori</strong>, fosse stato concordato in epoca prossima a quella in cui sarebbero insorte le dedotte <strong>difficoltà economiche</strong> correlate alle rate dei finanziamenti a carico dell’imputato per il pagamento del prezzo di acquisto degli immobili dell’abitazione dell’ex convivente.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>L’assunto della Corte, censurato come illogico dal ricorrente, è che non si possa assimilare una situazione di difficoltà economica-finanziaria transitoria con la <strong>condizione di oggettiva impossibilità assoluta ad adempiere ai propri obblighi di assistenza familiare</strong>, richiesta per escludere la sussistenza del reato.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Deve qui richiamarsi, soggiunge la Corte, l’orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui le difficoltà economiche in cui versi l’obbligato non escludono la sussistenza del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, qualora non risulti provato che le difficoltà medesime si siano tradotte in uno stato di vera e propria indigenza economica e nell’impossibilità di adempiere, sia pure in parte, la obbligazione, poiché incombe pur sempre all’imputato - come per tutte le cause di giustificazione del reato - l’<strong>onere di allegazione</strong> di idonei e convincenti elementi indicativi della concreta impossibilità di adempiere.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Le argomentazioni della sentenza impugnata si saldano con quelle della sentenza di primo grado, con riguardo alla ritenuta assenza di una condizione di oggettiva impossibilità ad adempiere, tenuto conto della diversa ipotesi di reato per il quale è stata emessa la condanna, che afferisce alla violazione degli obblighi stabiliti in sede giudiziaria per il mantenimento dei figli, rispetto alla quale si esclude ogni accertamento in sede penale sulla effettiva capacità proporzionale di ciascun coniuge di concorrere al soddisfacimento dei bisogni dei minori, spettando tale verifica al solo giudice civile.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Inoltre, come correttamente già evidenziato nella sentenza di appello, il reato di cui alla L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3, oggi trasfuso nella fattispecie di cui all’art. 570-bis c.p., è integrato non dalla mancata prestazione di mezzi di sussistenza, ma dalla <strong>mancata corresponsione delle somme stabilite in sede civile</strong>, cosicché l’<strong>inadempimento</strong> costituisce di per sé oggetto del precetto penalmente rilevante, non essendo consentito al soggetto obbligato operarne una riduzione e non essendo necessario verificare se per tale via si sia prodotta o meno la mancanza di mezzi di sussistenza (Sez. 6, n. 4677 del 19/01/2021, M., Rv. 280396; Sez. 6, n. 46750 del 18/10/2012, C., Rv. 254273).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Si tratta, quindi, di motivazione che non presenta vizi logici manifesti e decisivi, che risulta coerente con le emergenze processuali e non risulta incrinata dalle doglianze difensive che si limitano ad invocare una diversa ricostruzione di merito, inammissibile in questa sede.</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="2"> <li><em> Manifestamente infondate, prosegue la Corte, sono poi le censure addotte sulla dedotta questione della rilevanza penale dell’<strong>omesso versamento degli assegni dovuti ai figli di genitori non coniugati</strong>, essendosi la corte di appello rifatta al consolidato orientamento secondo cui l’omesso versamento dell’assegno periodico per il mantenimento, l’educazione e l’istruzione dei figli, previsto dall’art. 570-bis c.p., è configurabile anche in caso di violazione degli obblighi di natura patrimoniale stabiliti nei confronti di figli minori nati da genitori non legati da vincolo formale di matrimonio, essendovi continuità normativa tra la fattispecie prevista dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3 e quella prevista dall’art. 570-bis c.p. (Sez. 6, n. 55744 del 24/10/2018, G., Rv. 274943).</em></li> <li><em> Il terzo motivo, riferito alla <strong>dosimetria della pena</strong> è palesemente infondato, oltre che generico.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>Il Giudice d’appello, osserva la Corte, ha applicato correttamente i parametri di cui all’art. 133 c.p. per determinare l’entità della sanzione nei confronti del ricorrente, applicata in misura peraltro molto contenuta e prossima al minimo edittale.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Manifestamente infondata è anche la questione sull’<strong>indulto</strong> applicabile ad una delle condanne per le quali è intervenuta la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, considerato che per la consolidata giurisprudenza di legittimità l’indulto non può essere applicato ad una pena la cui esecuzione sia stata condizionalmente sospesa a norma dell’art. 163 c.p. (Sez. 6, n. 41753 del 17/09/2009, Nolana, Rv. 245013).</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="4"> <li><em> Inammissibili, conclude la Corte, sono anche le censure articolate con riferimento alle statuizioni civili, perché generiche in merito alla dedotta assenza di un danno patrimoniale.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>Inoltre, deve ribadirsi che non è impugnabile con ricorso per cassazione la statuizione pronunciata in sede penale e relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento (Sez. 2, n. 44859 del 17/10/2019, Tuccio Gaetano, Rv.277773).</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="5"> <li><em> Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in tremila Euro.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>Considerato che il procedimento riguarda reati commessi in danno di minori si deve disporre nel caso di diffusione del presente provvedimento l’oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti private a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p>