Corte di Cassazione civile sezione II, ordinanza 24 novembre 2023, n. 32724
PRINCIPIO DI DIRITTO
L’operazione negoziale posta in essere in concreto in termini di simulazione postula che i soggetti pattuiscano che il negozio costituisca una mera apparenza, non li vincoli e sia quindi privo di qualsiasi funzione (simulazione assoluta) ovvero che il negozio apparentemente posto in essere serva ad occultare un diverso ed effettivo impegno negoziale dei soggetti, che abbia una funzione autonoma (simulazione relativa): nel primo caso l’operazione mira a creare, di fronte ai terzi, l’apparenza di un regolamento negoziale; nel secondo l’operazione è più complessa e mira a creare, oltre all’apparenza di un negozio, la sostanza di un negozio diverso, ma che si preferisce mantenere occulto davanti ai terzi (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 34024 del 19/12/2019; Sez. 2, Sentenza n. 25055 del 27/11/2009).
Per l’effetto, la controdichiarazione o accordo simulatorio è il necessario elemento di collegamento tra situazione apparente e situazione reale e consente di stabilire quale sia l’intento pratico perseguito dai soggetti: se esso cioè si limiti alla creazione di una finzione di atto (simulare, infatti, significa fingere) o se esso lasci residuare un diverso ed effettivo impegno negoziale; si descrive, pertanto, la simulazione come procedimento complesso.
A sua volta, la simulazione relativa può essere oggettiva o soggettiva, in base alla circostanza che la simulazione cada sul contenuto del contratto ovvero sui suoi soggetti. In tale ultima ipotesi si realizza una fattispecie di interposizione fittizia. La simulazione relativa oggettiva può riguardare il tipo negoziale o la prestazione e, più in generale, l’oggetto o le modalità accessorie.
La simulazione, sia essa assoluta o relativa, può essere anche parziale, quando l’accordo simulatorio investe soltanto alcuni elementi del contratto (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4901 del 02/03/2007; Sez. 3, Sentenza n. 10009 del 24/06/2003; Sez. 2, Sentenza n. 3857 del 24/04/1996; Sez. 3, Sentenza n. 4366 del 02/10/1978) ovvero soltanto uno dei negozi contemplati in un atto (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1751 del 13/02/1992).
In sede nomofilattica, si evidenzia che la simulazione individua un’ipotesi di dissociazione concordata tra volontà e dichiarazione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21995 del 19/10/2007 ; Sez. 3, Sentenza n. 614 del 17/01/2003; Sez. 2, Sentenza n. 3501 del 09/04/1987). Pertanto, la peculiarità dell’istituto va considerata in relazione alla funzione negoziale. Quest’ultima è manipolata dai soggetti in vista di scopi pratici della più diversa natura, a fronte del dato costante della creazione di una situazione apparente e, quindi, non vincolante. Invece, il dato variabile è sostanziato dall’esistenza di un sottostante e diverso vincolo effettivo. E ciò con l’intento di creare l’apparenza di un negozio, con o senza l’intento di occultare un negozio diverso.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la falsa applicazione dell’art. 1414 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che la compravendita di partecipazioni societarie integrasse una simulazione oggettiva parziale, in ragione del fatto che il corrispettivo della cessione in realtà avrebbe rappresentato il pagamento, da parte della società, di quanto dovuto a carico del coniuge B.B., ai fini della definizione anticipata dei rapporti patrimoniali tra coniugi separandi e, in particolare, delle condizioni di mantenimento e relative all’assegno divorzile.
Al riguardo, l’istante obietta che le somme concordate quale corrispettivo della cessione sarebbero rientrate nel più ampio finanziamento dei soci per oltre 15 milioni di Euro, che B.B. avrebbe concesso alla sua holding, onde consentire alla medesima di compiere ulteriori operazioni societarie, come sarebbe stato rinvenibile nei bilanci di esercizio della predetta società.
1.1.- Il motivo è fondato nei termini che seguono. In via preliminare si rileva che, quanto alle ragioni della qualificazione del negozio di cessione di partecipazioni societarie del (Omissis) (recte di quota societaria e azioni), quale negozio parzialmente simulato in senso oggettivo, la sentenza d’appello si è limitata a sostenere che il corrispettivo della vendita di azioni e della quota sarebbe stato rappresentato dal pagamento, da parte della società cessionaria, di quanto dovuto alla cedente dal marito, in vista della definizione del contenuto tipico dei rapporti patrimoniali tra coniugi separandi. E ha aggiunto che la conseguente nullità per illiceità della causa sarebbe stata corroborata dalla violazione dei doveri inderogabili di cui all’art. 160 c.c., in quanto il contratto sarebbe stato volto a definire anticipatamente i rapporti patrimoniali tra coniugi.
1.2.- Senonchè nessuna argomentazione è stata sviluppata a supporto della ricostruzione dell’operazione negoziale posta in essere in concreto in termini di simulazione (ossia sul quomodo di integrazione della paventata simulazione, peraltro alla stregua dell’asserito coinvolgimento di un terzo nel complesso programma di obbligazione), la quale postula che i soggetti pattuiscano che il negozio costituisca una mera apparenza, non li vincoli e sia quindi privo di qualsiasi funzione (simulazione assoluta) ovvero che il negozio apparentemente posto in essere serva ad occultare un diverso ed effettivo impegno negoziale dei soggetti, che abbia una funzione autonoma (simulazione relativa): nel primo caso l’operazione mira a creare, di fronte ai terzi, l’apparenza di un regolamento negoziale; nel secondo l’operazione è più complessa e mira a creare, oltre all’apparenza di un negozio, la sostanza di un negozio diverso, ma che si preferisce mantenere occulto davanti ai terzi (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 34024 del 19/12/2019; Sez. 2, Sentenza n. 25055 del 27/11/2009).
Per l’effetto, la controdichiarazione o accordo simulatorio è il necessario elemento di collegamento tra situazione apparente e situazione reale e consente di stabilire quale sia l’intento pratico perseguito dai soggetti: se esso cioè si limiti alla creazione di una finzione di atto (simulare, infatti, significa fingere) o se esso lasci residuare un diverso ed effettivo impegno negoziale; si descrive, pertanto, la simulazione come procedimento complesso.
A sua volta, la simulazione relativa può essere oggettiva o soggettiva, in base alla circostanza che la simulazione cada sul contenuto del contratto ovvero sui suoi soggetti. In tale ultima ipotesi si realizza una fattispecie di interposizione fittizia. La simulazione relativa oggettiva può riguardare il tipo negoziale o la prestazione e, più in generale, l’oggetto o le modalità accessorie.
Ancora, secondo la ricostruzione giurisprudenziale, la simulazione, sia essa assoluta o relativa, può essere anche parziale, quando l’accordo simulatorio investe soltanto alcuni elementi del contratto (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4901 del 02/03/2007; Sez. 3, Sentenza n. 10009 del 24/06/2003; Sez. 2, Sentenza n. 3857 del 24/04/1996; Sez. 3, Sentenza n. 4366 del 02/10/1978) ovvero soltanto uno dei negozi contemplati in un atto (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1751 del 13/02/1992).
In ultimo, attraverso la controdichiarazione, è messo in luce il contrasto tra due manifestazioni entrambe volute, ma per fini diversi. Tali manifestazioni in realtà si coordinano: o nel senso che l’una toglie all’altra ogni valore vincolante tra le parti o nel senso che l’una si compone con l’altra, piegandola a perseguire, ove possibile, dietro la veste apparente, un diverso risultato pratico. E nel caso della simulazione relativa il nesso tra dichiarazione e controdichiarazione comporta una sorta di singolare compenetrazione tra negozio dissimulato e negozio simulato: il primo sarebbe un fatto complementare, destinato a riempire del suo contenuto il secondo.
In proposito, in sede nomofilattica, si evidenzia che la simulazione individua un’ipotesidi dissociazione concordata tra volontà e dichiarazione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21995 del 19/10/2007 ; Sez. 3, Sentenza n. 614 del 17/01/2003; Sez. 2, Sentenza n. 3501 del 09/04/1987). Pertanto, la peculiarità dell’istituto va considerata in relazione alla funzione negoziale. Quest’ultima è manipolata dai soggetti in vista di scopi pratici della più diversa natura, a fronte del dato costante della creazione di una situazione apparente e, quindi, non vincolante. Invece, il dato variabile è sostanziato dall’esistenza di un sottostante e diverso vincolo effettivo. E ciò con l’intento di creare l’apparenza di un negozio, con o senza l’intento di occultare un negozio diverso.
1.3.- A fronte di questa impostazione sistematica dell’istituto, nella motivazione della pronuncia impugnata non è dato ravvisare la valorizzazione di alcuna emergenza fattuale idonea ad avvalorarne l’apodittica qualificazione giuridica. Per contro, ai fini dell’invalidità della cessione delle quote societarie è stato genericamente richiamato l’intento di definire, in via anticipata, l’adempimento dei doveri coniugali, in sintonia con l’orientamento a mente del quale gli accordi con i quali i coniugi fissano preventivamente il regime giuridico-patrimoniale in vista della futura separazione o del futuro divorzio sono invalidi per illiceità della causa, perché stipulati in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale, espresso dall’art. 160 c.c. (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 20745 del 28/06/2022; Sez. 1, Sentenza n. 2224 del 30/01/2017; Sez. 1, Sentenza n. 1810 del 18/02/2000). Senza però offrire alcuna contezza degli elementi di raccordo tra la paventata violazione dei doveri inderogabili – di cui non è stato affatto tracciato il substrato realizzativo – e l’integrazione di un’ipotesi di simulazione oggettiva parziale.
Ora, sebbene l’individuazione della causa simulandi, cioè del motivo concreto per il quale le parti abbiano posto in essere un contratto in realtà non voluto, dando vita ad una mera apparenza, sia rilevante (ma non indispensabile) per fornire indizi circa l’esistenza dell’accordo simulatorio (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 2539 del 27/01/2023 ; Sez. 3, Sentenza n. 8428 del 11/04/2006; Sez. 2, Sentenza n. 4865 del 03/04/2001; Sez. 3, Sentenza n. 5541 del 08/06/1994), nella fattispecie non è stato precisato: a) se la cessione delle partecipazioni societarie (recte della quota e delle azioni) sia effettivamente avvenuta nella sua interezza (come sembrerebbe dalla correlata condanna alla restituzione) o solo in parte; b) e, in conseguenza, in quali termini detta traslazione di quota e azioni abbia inciso sulla misura del corrispettivo (ove destinato a far fronte congiuntamente all’ulteriore finalità indicata), ossia quale parte del corrispettivo sia stata destinata a far fronte all’acquisto e quale alla finalità ulteriore programmata; c) a fronte del richiamo alla paventata definizione anticipata delle condizioni di separazione, in quale modo sia stato regolamentato l’assetto dei rapporti coniugali in ragione dell’operazione negoziale effettuata (anche in vista della rinuncia a future pretese da esercitare in sede di separazione o divorzio).
Tanto più che il riferimento alla definizione dei rapporti economico-patrimoniali con il coniuge – che non è stato, almeno formalmente, parte del negozio di cessione (bensì mero rappresentante legale della società cessionaria) – avrebbe presupposto, nella logica dell’integrazione di una fattispecie complessa di simulazione, la sua partecipazione al giudizio o comunque l’integrazione del contraddittorio verso tale parte.
Ebbene, le carenze lamentate sono talmente radicali da escludere che – secondo le scarne indicazioni fornite – sia ravvisabile una fattispecie di simulazione secondo la definizione resa dall’art. 1414 c.c., e, dunque, da implicarne la relativa violazione; e ciò indipendentemente dall’incensurabilità in sede di legittimità dell’accertamento della simulazione, quale oggetto dell’indagine di fatto riservata al giudice di merito, se non per vizio di motivazione, sul presupposto però che si dia atto della riconduzione del programma negoziale concreto allo schema legale astratto prefigurato dalla norma emarginata (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 20748 del 01/08/2019; Sez. 2, Sentenza n. 20020 del 07/10/2004; Sez. 2, Sentenza n. 1034 del 29/01/2000).
Ne discende che il giudice di rinvio dovrà nuovamente esaminare i fatti di causa, allo scopo di addivenire alla corretta qualificazione giuridica della fattispecie, fornendone gli elementi di riscontro e valutando se sia necessario disporre l’integrazione del contraddittorio verso B.B