La sentenza, che rinvia alle Sezioni Unite per dirimere definitivamente la questione, illustra il percorso legislativo e giurisprudenziale in materia di divorzio, morte dell’ex-coniuge e pensione di reversibilità; specificando la presenza di due orientamenti della Corte di Cassazione distinti ed antitetici
Cass. civ., I, ord. interlocutoria, 29.10.2021, n. 30750
Testo rilevante della decisione
- Con il primo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6 e art. 9 bis nonché degli artt. 81 c.p.c., artt. 300 e 303 c.p.c.
- Con il secondo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6 e art. 9 bis nonché degli artt. 303 e 183 c.p.c., per avere rigettato il motivo di appello relativo alla novità della domanda di riassunzione per diversità del petitum tra la domanda di mantenimento e la domanda di mantenimento in riassunzione, poiché funzionale ad acquisire la pensione di reversibilità.
- Con il terzo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, in riferimento all’onere della prova sullo stato di bisogno.
- Con il quarto motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, per avere la Corte omesso il giudizio comparativo tra le posizioni personali, economiche e patrimoniali degli ex coniugi.
5.1 La censura proposta con il primo motivo, che assume rilievo decisivo e assorbente, implica l’esame della questione controversa, che è stata oggetto di contrasto nella giurisprudenza di questa Corte concernente le sorti del giudizio di separazione o divorzio quando intervenga, nel corso del loro svolgimento (come nel caso in esame), la morte di una parte e se, dunque, un evento simile determini la cessazione della materia del contendere, sia con riferimento al rapporto di coniugio, sia a tutti i profili economici connessi.
5.2 I legislatore si è preoccupato di disciplinare gli effetti della morte di uno dei coniugi affermando il principio generale che l’obbligo dell’assegno divorzile cessa, oltre che con il passaggio a nuove nozze del coniuge beneficiario, anche con la morte dell’uno o dell’altro e che, nel caso di morte di quello obbligato, sorgono altri diritti sulla pensione di cui era titolare il coniuge deceduto a favore del beneficiario del precedente assegno. Qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell’assegno di cui allo art. 5. Se in tale condizione si trovino più persone, il tribunale provvede a ripartire fra tutti la pensione e gli altri assegni, nonché a ripartire tra i restanti le quote attribuite a chi sia successivamente morto o passato a nuove nozze”.
5.4.1 Secondo un primo orientamento giurisprudenziale (quello richiamato dai giudici di primo e secondo grado con i provvedimenti di questa Corte 11 aprile 2013, n. 8874 e 24 luglio 2014, n. 16951), che pure riconosce il fatto che il diritto al mantenimento abbia natura patrimoniale speciale, poiché, come previsto dall’art. 447 c.c., esso è indisponibile e incedibile e ha un carattere strettamente personale, la morte del soggetto obbligato, avvenuta durante il corso del giudizio, non determina la cessazione della materia del contendere, permanendo l’interesse della parte richiedente l’assegno al credito avente ad oggetto le rate scadute anteriormente alla data del decesso, credito che risulterebbe trasmissibile nei confronti degli eredi, con la conseguenza che il requisito della intrasmissibilità dell’obbligo di corresponsione dell’assegno divorzile non troverebbe applicazione, una volta proposta la domanda giudiziale, per il periodo successivo all’inizio del procedimento e fino alla data del decesso dell’ex coniuge obbligato, periodo nel quale permarrebbe l’interesse della parte richiedente l’assegno alla definitiva regolamentazione del suo diritto.
5.4.2 In particolare, nella sentenza n. 8874 del 2013, i giudici di questa Corte non hanno condiviso l’assunto che il decesso del ricorrente determinasse la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso, “in quanto, se è vero che la morte di uno dei coniugi determina la cessazione della materia del contendere nel giudizio di separazione e di divorzio in conseguenza del venir meno, per ragioni naturali, dello status, in quanto tale intrasmissibile agli eredi, deve osservarsi, con riferimento al caso di specie, che la pronuncia sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio religioso integra un capo autonomo della sentenza che, in difetto di impugnazione, passa in giudicato anche in pendenza di gravame contro le statuizioni sull’attribuzione e sulla quantificazione dell’assegno (cfr. Cass., 9 giugno 1992, n. 7089). Nel caso di specie il giudizio di legittimità (non interessato dal citato eventi interruttivo: Cass. 23 gennaio 2006, n. 1257), così come il precedente grado di appello, proseguiva unicamente per la determinazione dell’assegno, così comportando la necessità di definire una questione di rilevanza esclusivamente patrimoniale, non priva di riflessi sulla sfera giuridica delle parti e dei loro eredi”.Si è affermato, quindi, il principio secondo cui, ferma restando la pronuncia dichiarativa della cessazione degli effetti civili del matrimonio, ormai passata in giudicato, rimane da definire, nella sostanza, una questione di rilevanza esclusivamente patrimoniale ma non priva di riflessi sulla sfera giuridica delle parti e dei loro eredi.
5.5 A fronte di tale orientamento, sin dagli anni ottanta, si è affermato un diverso indirizzo secondo cui la morte di uno dei coniugi, sopravvenuta in pendenza del giudizio di separazione personale o di divorzio, anche nella fase di legittimità, comporta la declaratoria di cessazione della materia del contendere, con riferimento al rapporto di coniugio e a tutti i profili economici connessi e l’evento della morte ha l’effetto di travolgere ogni pronuncia in precedenza emessa e non ancora passata in giudicato (Cass., 29 gennaio 1980, n. 661; Cass., 18 marzo 1982, n. 1757; Cass., 3 febbraio 1990, n. 740; Cass., 4 aprile 1997, n. 2944; Cass., 27 aprile 2006, n. 9689; Cass., 20 novembre 2008, n. 27556; Cass., 26 luglio 2013, n. 18130; Cass., 8 novembre 2017, n. 26489; Cass., 2 dicembre 2019, n. 31358).
5.5.1 Successivamente, con la sentenza 20 febbraio 2018, n. 4092, questa Corte, esaminando la questione relativa agli effetti della morte del coniuge in relazione al passaggio in giudicato della sentenza non definitiva di divorzio (così come nel presente giudizio, dove il Tribunale di Macerata ha pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio con sentenza del (OMISSIS) , come è pacifico, ormai passata in giudicato), partendo dal lato letterale della L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 12, (che prevede che, nel caso in cui il tribunale pronunci sentenza non definitiva relativa alla cessazione degli effetti civili del matrimonio, il giudizio può continuare per la decisione relativa all’an e al quantum dell’assegno), ha affermato che, in tema di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, la morte del coniuge, anche nel corso del giudizio di legittimità, fa cessare la materia del contendere sia nel giudizio sullo “status” che in quello relativo alle domande accessorie, compreso il giudizio sulla richiesta di assegno divorzile, non assumendo alcun rilievo, in senso contrario, l’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza non definitiva di divorzio, posto che l’obbligo di corresponsione di tale assegno è personalissimo e non trasmissibile agli eredi, trattandosi di posizione debitoria inscindibilmente legata a uno “status” personale, che può essere accertata solo in relazione alla persona cui detto “status” si riferisce.
Più specificamente, la Corte, nella sentenza da ultimo richiamata, ha ritenuto di aderire al secondo indirizzo, definito prevalente, perché “esso appare più coerente al presupposto indiscusso secondo cui la morte del coniuge, in pendenza di giudizio di separazione o divorzio, anche nella fase di legittimità davanti a questa Corte, fa cessare il rapporto coniugale e la stessa materia del contendere sia sul giudizio relativo allo status che su quello relativo alle domande accessorie. Tale principio legale deve estendersi anche alle domande accessorie”
5.5.2. Ciò con una duplice conseguenza: per un verso deve ritenersi improseguibile, nei confronti degli eredi del coniuge, l’azione intrapresa per il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile; per altro verso, gli eredi non possono subentrare nella posizione processuale del coniuge obbligato al fine di fare accertare l’insussistenza del suo obbligo di contribuire al mantenimento e di ottenere la restituzione delle somme versate sulla base di provvedimenti interinali o non definitivi.
- Alla stregua del quadro normativo esistente e del corredo giurisprudenziale che precede e con riferimento al caso in esame, la questione che si pone è, dunque, se il coniuge divorziato abbia o meno diritto alla pensione di reversibilità, o ad una sua quota, quando il diritto all’assegno divorzile non venga riconosciuto giudizialmente (sia nella sua esistenza, sia nel suo ammontare), per la sopravvenuta morte del coniuge obbligato, pur essendo passata in giudicato la statuizione sullo status di divorziato assunta con sentenza non definitiva, non senza tacere degli ulteriori risvolti in tema di legittimazione processuale e sostanziale dell’altro coniuge e degli eredi del coniuge deceduto e di riassunzione del processo nei loro confronti. Giova ricordare, in proposito, anche alla luce della sentenza interpretativa di rigetto della Corte Costituzionale n. 419 del 4 novembre 1999, che l’attribuzione al coniuge divorziato di una quota della pensione di reversibilità ha una funzione solidaristica, che è la medesima dell’assegno di divorzio, finalizzata alla continuazione del sostegno economico in favore dell’ex coniuge. A tal fine, il giudice deve tenere conto dell’elemento temporale (durata del matrimonio), la cui valutazione non può in nessun caso mancare, ma che, al contempo, non può divenire esclusivo nell’apprezzamento del giudice e deve tenere conto di ulteriori elementi.
6.1 Tali profili della questione di legittimità, da un lato, non risultano definitivamente chiariti (non bastando certo un indirizzo di maggioranza a stabilire quale dei due è il più corretto e perciò debba prevalere); da un altro, lasciano residuare molte incertezze per le parti del giudizio (e i loro eredi o aventi causa), dipendenti da dati fattuali sopravvenuti che non si riassumono soltanto nel decesso dell’obbligato, ma anche nella velocità di accertamento del diritto dei pretesi beneficiari al godimento delle correlate prestazioni solidaristiche.
- Per quanto esposto, il Collegio ritiene necessario inviare gli atti processuali al Primo Presidente perché valuti l’opportunità di rimettere l’esame della questione, per cui è causa, alle Sezioni Unite Civili.