<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Massima</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Il contratto preliminare è una figura generalmente collocata, assieme all’opzione e alla prelazione (e, secondo taluni, assieme anche al contratto normativo) nell’orbita dei contratti c.d. preparatori, stipulati in vista di un contratto definitivo. La relativa evoluzione normativa e giurisprudenziale, ispirata alla prassi della c.d. anticipazione dei relativi effetti, sospinge nondimeno verso una sorta di qual “definitività” del preliminare medesimo, assumendolo come il vero baricentro di un programmato assetto di interessi nell’economia del quale le parti, più che promettersi il mero scambio di definitivi consensi, si obbligano già alle prestazioni che illuminano la concreta causa della pertinente sequenza contrattuale.</em></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Crono-articolo</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Diritto romano (vedi articolo dedicato in Cittadinanza consapevole).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1865</strong></p> <p style="text-align: justify;">La codificazione liberale non prevede la possibilità di stipulare un contratto preliminare, nel quadro di una disciplina che, più in generale, sconosce i contratti c.d. preparatori, ispirandosi al modello del codice francese napoleonico e con esso, da un lato, al principio – di ispirazione giusnaturalistica groziana e collegato all’imperativo categorico della morale - onde “<em>promessa di vendita vale vendita</em>”; dall’altro, al canone del consenso traslativo ed alla connessa elisione di ogni distinzione tra <em>titulus</em> e <em>modus adquirendi</em> (presente invece nella tradizione giuridica tedesca).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1942</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il codice civile, agli articoli 1351 e 2932, si occupa del contratto preliminare per disciplinarne la forma, da un lato, e la sentenza costitutiva che surroga il mancato consenso al definitivo, dall’altro: l’intensificarsi dei traffici commerciali richiede infatti che si configuri uno schema contrattuale in cui le parti non si trasferiscono immediatamente la proprietà di un bene, ma si promettono solo tale trasferimento, anche al fine di governare le eventuali sopravvenienze: il <em>titulus</em> ed il <em>modus adquirendi</em> tendono dunque con il preliminare nuovamente a scindersi, sul modello tedesco. Altre norme rilevanti sono gli articoli 1679 e 1680 in tema di obbligo di contrarre nel trasporto e l’art.2597 in tema di obbligo di contrarre del monopolista legale, in relazione ai quali si pone il problema della applicabilità dell’art.2932 c.c. in caso di mancato consenso alla stipula. L’applicabilità dell’art.2932 c.c. ad una notevole e variegata gamma di fattispecie relative alla “<em>imposta conclusione del contratto</em>” (o dell’accordo) merita un crono articolo ad esso <em>ex professo</em> dedicato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1968</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 2 aprile esce la legge n.482 in tema di assunzioni obbligatorie dei lavoratori invalidi: laddove viene imposta l’assunzione, si pone il problema di avvalersi (o meno) della tutela in forma specifica ai sensi dell’art.2932 c.c.</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 dicembre esce la sentenza della Cassazione n. 3914 secondo la quale al monopolista legale che rifiuta di contrarre (art. 2597 c.c.) si applica l’art.2932 c.c. La giurisprudenza successiva si adeguerà a questa presa di posizione.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1985</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 25 febbraio esce la sentenza delle SSUU n. 1720 che, inaugurando la tesi del c.d. “<em>doppio contratto</em>”, individua nel preliminare un negozio che obbliga non già solo alla prestazione del consenso per la stipula del definitivo, ma già – ed altresì - alle prestazioni di cui all’assetto di interessi divisato dalle parti, avendo il contratto definitivo mera funzione di controllo delle sopravvenienze; in sostanza, con il preliminare le parti si obbligano sia a prestare il consenso per il definitivo (<em>facere</em>), sia già alle medesime prestazioni che saranno consacrate nel definitivo (<em>dare, facere</em>), dal momento che il preliminare ha già un oggetto e un contenuto ben delineati: il definitivo è allora lo strumento che consente alle parti di valutare l’incidenza di eventuali fatti nuovi (sopravvenienze) rispetto all’assetto di interessi già programmato in senso obbligatorio con il preliminare. Stessa funzione di governo delle sopravvenienza va riconosciuta alla sentenza costitutiva ex art.2932 c.c., che tiene luogo del contratto definitivo producendone i relativi effetti, e che è idonea ad operare – <em>ope iudicis</em> – una riduzione del prezzo di acquisto del bene promesso in vendita laddove il medesimo si sia <em>medio tempore</em> rivelato affetto da vizi. In sostanza, per le SSUU non appare predicabile una perfetta corrispondenza tra il programma contrattuale divisato con il preliminare ed il concreto assetto degli interessi realizzato con il definitivo (o con la sentenza che tiene luogo dei relativi effetti), proprio perché al contratto definitivo (o alla sentenza ex art.2932 c.c.) va riconosciuta la funzione di governo delle sopravvenienze.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1989</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 28 aprile esce la sentenza della Cassazione n.1993 onde, premessa la natura generale della previsione del contratto a favore di terzo ex art. 1411 c.c., é da assumersi in primo luogo ammissibile la stipulazione di un contratto preliminare (nella specie, di lavoro subordinato) a favore di un terzo, non ostandovi né la mancata corrispondenza tra il soggetto che si impegna e quello che ha diritto di avvalersi dell'esecuzione ex art. 2932 c.c., né la circostanza che il terzo non sia determinato, purché‚ sia determinabile, onde secondo la Corte la prestazione può esser prevista anche a beneficio di un soggetto non ancora giuridicamente esistente, quale una società da costituirsi su iniziativa degli stessi contraenti, che viene ad acquistare i diritti derivanti dal contratto medesimo solo al momento della relativa costituzione. La pronuncia si occupa anche dell’assetto di interessi programmato attraverso il preliminare e l’eventuale diverso assetto realizzato con il definitivo, assumendo in tal caso – secondo un orientamento pretorio consolidato – che il definitivo non può assumersi viziato, in quanto esso “<em>assorbe</em>” il preliminare facendo prevalere il diverso assetto di interessi in esso formalizzato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1990</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 28 agosto esce la sentenza della SSUU n.8878 che si occupa tra l’altro della forma del contratto preliminare e degli atti che su di esso incidono: occorre partire dal fatto che le parti contraenti, con il preliminare, non si promettono solo il consenso alla stipula del definitivo, ma anche specifiche prestazioni ad effetti reali, sicché anche l’eventuale atto contrario (recesso, risoluzione) andrà ad incidere su tali prestazioni ad effetti reali: la conseguenza è che anche la risoluzione o il recesso rispetto ad un preliminare che precede un definitivo ad effetti reali dovranno rivestire la medesima forma del preliminare medesimo (articoli 1350 e 1351 c.c.) e, dunque, dovranno giocoforza essere formali anch’essi.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1993</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’8 luglio esce la sentenza delle SSUU n.7481 che si occupa di preliminare di vendita di bene in comunione. Secondo le SSUU la promessa di vendita di un bene in comunione è, di norma, considerata dalle parti attinente al bene medesimo come un <em>unicum</em> inscindibile e non come somma delle singole quote che fanno capo ai singoli comproprietari, onde questi ultimi - salvo che l'unico documento predisposto per il detto negozio venga redatto in modo tale da farne risultare la volontà di scomposizione in piú contratti preliminari in base ai quali ognuno dei comproprietari si impegna esclusivamente a vendere la propria quota al promissario acquirente, con esclusione di forme di collegamento negoziale o di previsione di condizioni idonee a rimuovere la reciproca insensibilità dei contratti stessi all'inadempimento di uno di essi - costituiscono un'unica parte complessa e le loro dichiarazioni di voler vendere si fondono in un'unica volontà negoziale. Ne consegue che, quando una di tali dichiarazioni manchi (o sia invalida), non si forma (o si forma invalidamente) la volontà di una delle parti del contratto preliminare, escludendosi, pertanto, <em>in toto</em> la possibilità del promissario acquirente di ottenere la sentenza costitutiva di cui all'art. 2932 cod. civ. nei confronti dei soli comproprietari promittenti (sull'assunto di una mera inefficacia del contratto stesso rispetto a quelli rimasti estranei).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1994</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 17 novembre esce la sentenza della Sezione II della Cassazione n.9710 onde, in tema di <em>negotiorum gestio</em> non rappresentativa, laddove il gestore acquisti beni immobili o mobili registrati in nome proprio ma nell’interesse del <em>dominus</em>, questi può attivare la tutela in forma specifica orientata al ritrasferimento di tali beni da parte del gestore ai sensi dell’art.2932 c.c. (in combinato disposto con l’art.1706, comma 2, c.c.) anche in assenza di un obbligo in tal senso in forma scritta, purché previamente ratifichi i negozi posti in essere dal gestore in nome proprio.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1996</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 31 dicembre viene varato il decreto legge n. 669, recante disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997, il cui articolo 3 incide, novellandoli, sugli articoli 2645 e seguenti del codice civile, prevedendo un regime di trascrizione per i contratti preliminari stipulati per atto pubblico, ovvero per scrittura privata autenticata o con sottoscrizione accertata in via giudiziale. Invalsa la prassi dei c.d. preliminari ad effetti anticipati, alla stregua dei quali il promissario acquirente anticipa una parte o tutto il prezzo al promittente venditore senza tuttavia divenire proprietario del bene già pagato (magari perché ancora in costruzione), si pone il problema di tutelarlo quale contraente debole rispetto ad eventuali scorrettezze perpetrabili dal promittente venditore (che in quanto ancora proprietario può disporre del bene verso terzi in pregiudizio del promissario acquirente). La trascrizione del preliminare viene collegata a quella del definitivo: le due trascrizioni si saldano e la trascrizione del preliminare viene così ad acquisire un effetto prenotativo a vantaggio del promissario acquirente, e ciò in quanto eventuali trascrizioni eseguite contro il promittente alienante dopo la trascrizione del preliminare non possono essere opposte al promissario acquirente, il cui contratto definitivo, la cui sentenza di esecuzione in forma specifica ex art.2932 c.c., ed i cui atti orientati a dare esecuzione al preliminare prevarranno in ogni caso. Gli effetti prenotativi della trascrizione del preliminare non sono tuttavia <em>sine die</em>: essi hanno efficacia fino ad un anno dopo la scadenza del termine per la conclusione del definitivo ed in ogni caso per un massimo di 3 anni dalla data di trascrizione medesima del preliminare. Si tratta di effetti prenotativi che vengono prodotti anche con riguardo alla sentenza costitutiva ex art.2932 c.c.: laddove sia stata trascritta la relativa domanda, gli effetti costitutivi o traslativi di detta sentenza, ove trascritta, retroagiscono fisiologicamente alla data di trascrizione della relativa domanda, ma se è stato trascritto il preliminare, essi retroagiscono invece (come anche quelli della trascrizione del definitivo o di qualunque atto che dia esecuzione al preliminare) alla precedente data della trascrizione del preliminare, con un effetto prenotativo maggiore: ciò ha rafforzato la tesi di quella parte della dottrina che vede nel preliminare un contratto definitivo ad effetti obbligatori. Resta fermo che il gioco delle trascrizioni riguarda la tutela del promissario acquirente verso i terzi, mentre tra le due parti del preliminare (promittente alienante e promissario acquirente) gli effetti reali si producono alla stipula del definitivo o alla data della sentenza ex art.2932 c.c. La riforma del 2006 operata con questo decreto legge è importante anche laddove – identificando nel promissario acquirente un creditore rispetto al promittente alienante – prevede a relativo favore un privilegio speciale sull’immobile oggetto del contratto, attraverso il nuovo articolo 2775.bis c.c.: un privilegio speciale che, tuttavia, soffre dei limiti di opponibilità, in quanto il promissario acquirente non può opporlo né ai propri creditori ipotecari mutuanti, e cioè a coloro che gli abbiano erogato un mutuo, garantito da ipoteca, per l’acquisto del bene stesso; né ai creditori ipotecari del promittente alienante che lo abbiano finanziato, ai sensi del nuovo art.2825.bis c.c.. Quest’ultimo limite riguarda il caso in cui il promissario acquirente di un immobile in fase di costruzione si sia accollato il mutuo erogato al promittente alienante (normalmente da una banca) per procedere nella costruzione medesima e completarla: in questa ipotesi il principio <em>prior in tempore, potior in iure</em> viene derogato in modo conclamato, in quanto anche nel caso in cui il preliminare sia stato anteriormente trascritto, l’iscrizione successiva dell’ipoteca che assiste il credito per mutuo erogato al promittente alienante a titolo di credito fondiario (art.38 del decreto legislativo n.385.93) ed accollatosi dal promissario acquirente è come tale opponibile al promissario acquirente medesimo e dunque prevale sul privilegio speciale ad esso garantito dall’art.2775.bis c.c.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1997</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 28 febbraio viene varata la legge n.30 che converte con modificazioni il decreto legge 669.96.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2000</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 28 giugno esce la sentenza della Cassazione n.8796 che si occupa del preliminare ad effetti anticipati, ed in particolare degli effetti della consegna anticipata della <em>res</em> al promissario acquirente, abbracciando la tesi della mera detenzione: il preliminare, pur promettendosi le parti le prestazioni finali (e non il semplice consenso) è comunque un contratto ad effetti obbligatori, onde il promissario acquirente sa di non essere ancora proprietario della <em>res</em> e dunque di avere la disponibilità della cosa (ancora) nell’interesse di altri (il promittente alienante): in difetto di <em>animus rem sibi habendi</em>, si tratta dunque di detenzione e non di possesso.</p> <p style="text-align: justify;">Il 7 luglio esce la sentenza della Cassazione n. 9106 che, in tema di preliminare ad effetti anticipati, assume il promissario acquirente cui sia stata già consegnata la <em>res</em> promessa in vendita come vero e proprio possessore, e non già mero detentore della <em>res</em> medesima: le parti si sono promesse l’effetto traslativo, lo hanno programmato e si sono obbligate a realizzarlo, sicché rivalutando tale elemento dalla parte dell’acquirente, egli è pienamente consapevole che è destinato a diventare proprietario della cosa, e dunque è configurabile in capo a lui l’<em>animus possidendi</em>. In sostanza, il possesso viene trasferito in modo strettamente avvinto ad un programmato trasferimento della proprietà, e dunque si tratta di vero e proprio possesso e non già di mera detenzione.</p> <p style="text-align: justify;">Il 23 novembre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.15139 in tema di prescrizione breve (annuale) dell’azione di rescissione del contratto ex art.1449 c.c.: occorre tutelare i contraenti nel modo più efficace ed effettivo possibile, onde il termine di prescrizione decorre sia dalla stipula del preliminare, sia nuovamente dalla stipula del definitivo, laddove lo stato di bisogno permanga nell’intervallo di tempo che va dal primo al secondo. Si tratta di un orientamento pretorio che, con i medesimi fini di più efficace tutela delle parti contrattuali, si spinge ad interpretare l’art.1449 c.c. anche, in qualche modo, <em>contra legem</em> dal momento che, dal punto di vista dell’eccezione di prescrizione, anche essa sarebbe in realtà annuale dalla stipula del preliminare (stesso termine per azione ed eccezione di prescrizione), ma dal momento che con il preliminare la lesione di una delle parti è ancora solo potenziale, laddove oltre il termine annuale la parte lesa sia convenuta in giudizio ex art.2932 per la stipula del definitivo, essa potrà in ogni caso opporre la ridetta eccezione di prescrizione in quanto la lesione, solo potenziale al momento della stipula del preliminare, diviene attuale quando la controparte (che approfitta dello stato di bisogno) chieda l’esecuzione del contratto in forma specifica.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2003</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 10 novembre esce la sentenza della cassazione n. 16822 in materia di esatta interpretazione dell’art. 2932, comma 2, c.c.. La Corte ribadisce il principio secondo cui il contraente che chieda, a norma dell'art. 2932 c.c., l'esecuzione specifica di un contratto preliminare di vendita è tenuto ad eseguire la prestazione a suo carico o a farne offerta nei modi di legge se tale prestazione sia già esigibile al momento della domanda giudiziale, mentre non è tenuto a pagare il prezzo quando, in virtù delle obbligazioni nascenti dal preliminare, il pagamento del prezzo risulti dovuto all'atto della stipula del contratto definitivo. Inoltre, costituisce seria manifestazione della volontà di adempiere la stessa proposizione, da parte del promissario acquirente, della domanda di adempimento in forma specifica del contratto preliminare, perché il verificarsi degli effetti della sentenza di accoglimento, sostitutiva del contratto e costitutiva del trasferimento di proprietà, deve essere condizionato dal giudice all'adempimento della sua prestazione.</p> <p style="text-align: justify;">Il 01 dicembre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.18321 onde è ammissibile il contratto preliminare di compravendita a favore di terzo, nonché quello di opzione a favore di terzo nel caso in cui il soggetto promittente (nel caso di specie, promittente venditore), piuttosto che obbligarsi soltanto, nella forma del contratto preliminare bilaterale o unilaterale, con l’altro stipulante a prestare il consenso alla definitiva vendita di un suo bene a favore di un terzo, resti già vincolato alla propria dichiarazione di irrevocabile proposta contrattuale, sicché al terzo beneficiario, libero di accettarla, basta la semplice accettazione perché a suo favore si producano gli effetti del contratto, per la conclusione del quale l’opzione è stata accordata</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2004</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 5 maggio esce la sentenza n.8568 che ritiene applicabile l’art.2932 c.c. alla ipotesi di obbligo di costituire un rapporto di lavoro, che dunque può essere eseguito in forma specifica attraverso sentenza costitutiva.</p> <p style="text-align: justify;">Il 22 giugno esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.11572, che si occupa – in caso di preliminare di vendita di cosa altrui – della possibilità per il promissario acquirente di avvalersi del rimedio di cui all’art.2932 c.c., escludendone tuttavia l’operatività: tale rimedio non è esperibile nei confronti del terzo proprietario, in quanti questi non si è obbligato a vendere il proprio bene; e non è esperibile nei confronti del promittente alienante, in quanto non è proprietario del bene e dunque non può invocarsi nei relativi confronti una sentenza che produca i medesimi effetti del contratto non concluso. Si tratta di un orientamento assai rigido che verrà col tempo temperato ammettendo la possibilità per il promissario acquirente di agire nei confronti del promittente alienante ex art.2932 c.c. in modo da sollecitare quest’ultimo – nelle more tra la notifica della citazione e la pronuncia della sentenza costitutiva degli effetti del contratto non concluso - a procurarsi la proprietà del bene, consentendo ad un tempo la trascrizione della domanda giudiziale ex art.2932 c.c. ed i connessi effetti prenotativi.</p> <p style="text-align: justify;">Il 7 luglio esce la sentenza delle SSUU n. 12505. con la quale per la prima volta – in tema di rapporti tra potere di scelta del curatore fallimentare di sciogliersi dal contratto preliminare (nel caso di specie, di permuta), da un lato, ed azione spiccata ex art.2932 c.c. dal promissario acquirente per la relativa esecuzione, dall’altro - viene enunciato un principio di diritto opposto rispetto all’orientamento consolidatosi in materia: qualora la domanda diretta a ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto oggetto del preliminare sia stata trascritta dal promissario acquirente anteriormente alla dichiarazione di fallimento, la sentenza di accoglimento di detta domanda, anche se trascritta successivamente al fallimento, è opponibile alla massa dei creditori, onde viene impedito al curatore di avvalersi del proprio generale potere di sciogliersi da un contratto ai sensi dell’art. 72 l.fall.</p> <p style="text-align: justify;">Il 29 luglio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n. 14378 che si inserisce nel solco della giurisprudenza alla stregua della quale la parte che sia stata convenuta ex art.2932 c.c. per l’esecuzione in forma specifica e giusta sentenza di un contratto preliminare può ottenere che il giudice subordini gli effetti traslativi (reali) della sentenza alla esecuzione della controprestazione da parte dell’attore, al fine di scongiurare al convenuto l’eventuale nuovo ricorso al giudice laddove l’attore, ottenuta la titolarità del bene promesso, si faccia egli stesso inadempiente non eseguendo la propria controprestazione (es., il pagamento del prezzo del bene).</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 agosto viene varata la legge n. 210 con la quale viene conferita la delega al Governo per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire.</p> <p style="text-align: justify;">Il 15 ottobre esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.20310 alla cui stregua non è oggetto di azione revocatoria un contratto preliminare (peraltro, nel caso di specie non eseguito giusta stipula del pertinente definitivo), in quanto tale tipo di contratto non produce effetti traslativi e, per conseguenza, non è configurabile come atto di disposizione del patrimonio del debitore, come tale aggredibile dal creditore con azione revocatoria ordinaria.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2005</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 20 giugno esce il decreto legislativo n.122 che, attuando la delega di cui alla legge 210.04, detta una specifica disciplina per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, che intercetta la disciplina del contratto preliminare pertinente. Si tratta di una normativa che tutela il promissario acquirente in vario modo, iniziando col prevedere un contenuto necessario <em>ex lege</em> del contratto preliminare che garantisca al promissario acquirente medesimo trasparenza e completezza informativa; nel caso in cui il promissario acquirente abbia versato già delle somme al costruttore prima del trasferimento della proprietà (e dunque dopo il preliminare c.d. ad effetti anticipati), egli può recuperare dette somme attraverso l’escussione di una fideiussione esplicitamente imposta al promittente venditore costruttore: escussione che, in caso di fallimento di quest’ultimo, è possibile fino al momento in cui il curatore fallimentare abbia effettuato la scelta tra l’esecuzione e lo scioglimento del contratto. Sempre in caso di fallimento del promittente alienante costruttore o comunque di procedura concorsuale seguita da vendita all’incanto, laddove l’immobile sia stato consegnato anticipatamente al promissario acquirente e questi lo abbia adibito ad abitazione principale, viene previsto in relativo favore un diritto di prelazione: laddove poi l’immobile sia stato trasferito al promissario acquirente al giusto prezzo e questi lo abbia adibito a propria abitazione principale, viene esclusa la operatività della revocatoria.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2006</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 16 marzo esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.5875 che si occupa della esperibilità dell’azione di surrogazione in tema di contratto preliminare, con particolare riguardo al caso dei c.d. preliminari a catena nei quali chi è promissario acquirente in un preliminare è contestualmente promittente venditore del medesimo bene in altro preliminare collegato. In questa peculiare ipotesi, il promissario acquirente finale del bene per la Cassazione può chiedere l’esecuzione in forma specifica ex art.2932 c.c. del preliminare che lo avvince al suo promittente venditore e – contestualmente e in via surrogatoria nei confronti di questi (che è suo debitore) – chiedere anche l’esecuzione in forma specifica ex art.2932 c.c. del primo preliminare rispetto al quale egli è terzo.</p> <p style="text-align: justify;">Il 18 maggio esce la sentenza delle SSUU n. 11624 in tema di preliminare di cosa altrui, che abbraccia in primo luogo la tesi del c.d. doppio contratto, onde il preliminare compendia un negozio che obbliga le parti alla prestazione del consenso per la stipula del definitivo, ma obbliga già - altresì – le parti stesse alle prestazioni di cui all’assetto di interessi divisato dalle parti medesime, avendo il contratto definitivo mera funzione di controllo delle sopravvenienze; in sostanza, con il preliminare le parti si obbligano sia a prestare il consenso per il definitivo (<em>facere</em>), sia già alle medesime prestazioni che saranno consacrate nel definitivo (<em>dare, facere</em>), dal momento che il preliminare ha già un oggetto e un contenuto ben delineati: il definitivo è allora lo strumento che consente alle parti di valutare l’incidenza di eventuali fatti nuovi (sopravvenienze) rispetto all’assetto di interessi già programmato in senso obbligatorio con il preliminare. Per quanto riguarda in particolare il preliminare di cosa altrui, le SSUU – superando precedenti atteggiamenti contrari della giurisprudenza, per lo più legati alla infungibilità delle prestazioni di futuro consenso assunte dalle parti attraverso il preliminare - ammettono la possibilità che al definitivo partecipi il terzo proprietario del bene, con effetti reali dal terzo direttamente nei confronti del promissario acquirente: occorre infatti muovere dall’obbligazione del promittente alienante quale obbligazione di risultato, laddove il risultato è proprio il trasferimento della proprietà della cosa in capo al promissario acquirente, quale prestazione finale che è lo scopo ultimo del medesimo obbligo assunto dalle parti di prestarsi reciproco consenso. Da questo punto di vista, il promittente alienante può egli stesso acquistare il bene dal terzo nelle more tra preliminare o definitivo, ovvero può far partecipare il terzo al definitivo, in ogni caso garantendo al promissario acquirente il risultato divisato. Il terzo, concludendo il definitivo, realizza tuttavia il solo effetto traslativo: per tutte le altre obbligazioni legate all’operazione di compravendita, infungibile controparte contrattuale del promissario acquirente resta il solo promittente alienante. Un altro problema che risolvono le SSUU è quello concernente il caso in cui il promissario acquirente, al momento della stipula del preliminare, non sappia dell’altruità della cosa promessa in vendita dal promittente venditore: il problema è quello di vedere se è applicabile in questa fattispecie l’art.1479 c.c. che, per il caso di vendita ad effetti reali immediati (di cosa altrui), consente all’ignaro compratore di ottenere la risoluzione del contratto (se nel frattempo il venditore non gli abbia procurato la proprietà della cosa). Secondo le SSUU l’art.1479 c.c. si applica solo alla vendita ad effetti reali, e non anche al preliminare di vendita: ciò in quanto, anche laddove il promissario acquirente ignori che la cosa promessa in vendita non appartiene al promittente venditore, il contratto preliminare produce solo effetti obbligatori, ed è dunque già un contratto ad effetti obbligatori (mentre nella fattispecie della vendita traslativa di cosa apparentemente propria, il contratto apparentemente ad effetti reali si trasforma in contratto ad effetti obbligatori). Fino alla scadenza del termine per la conclusione del definitivo, il promittente alienante è in grado di procurare al promissario acquirente la proprietà della cosa, onde per le SSUU va esclusa l’applicabilità dell’art.1479 c.c.</p> <p style="text-align: justify;">Il 4 luglio esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.15625, che si occupa della possibilità di fare oggetto di una azione revocatoria da parte del creditore un contratto definitivo, che sia stato stipulato dal debitore in adempimento di un contratto preliminare. Dal momento che l’<em>eventus damni</em>, visto dal punto di vista del creditore, si compendia in una diminuzione del patrimonio del debitore alienante, ovvero dal pericolo di un relativo depauperamento con conseguente pregiudizio rispetto ai crediti vantati appunto da terzi creditori, tale <em>eventus damni</em> può essere compiutamente valutato solo all’atto della stipula del definitivo, e non già del preliminare. Guardando alla natura stessa dell’azione revocatoria, volta a rimuovere un effetto pregiudizievole per i creditori derivante da un atto dispositivo del patrimonio del debitore, ad essere lesivo delle ragioni creditorie non è il preliminare di vendita, che ha una portata lesiva solo potenziale e futura, onde dalla relativa stipula non scaturisce l’interesse a spiccare azione revocatoria, che andrà piuttosto promossa eventualmente nei confronti della stipula del definitivo, che è l’atto negoziale che – col ridurre il patrimonio immobiliare del debitore – concreta il pericolo di un effetto lesivo per i creditori ancora meramente potenziale quando si stipula il preliminare. Ciò ancorché dunque il definitivo sia “<em>dovuto</em>” rispetto al contratto preliminare, tale caratteristica non essendo tale da sottrarlo, quale evento concretizzatore del c.d. <em>eventus damni</em>, all’azione revocatoria dei creditori. Se questo vale dal punto di vista oggettivo, occorre tuttavia tenere anche conto, per la Corte, del profilo soggettivo della fattispecie. In proposito, per quanto riguarda il <em>consilium fraudis</em> del debitore e la <em>partecipatio fraudis</em> del terzo, la Corte svolge un discorso equilibrato che muove dal forte impatto che l’azione revocatoria spiega sull’autonomia privata, rendendo inefficaci gli atti che ne sono scaturigine al precipuo fine di tutelare il creditore: tale finalità di tutela non può tuttavia del tutto pretermettere le ragioni di coeva tutela dell’affidamento del terzo che contrae con il debitore. Laddove il <em>consilium fraudis</em> proprio del debitore – che sottrae consapevolmente beni al proprio patrimonio, diminuendo le garanzie patrimoniali in modo pregiudizievole per il creditore – non sia riconoscibile, in termini di <em>partecipatio fraudis</em>, anche in capo al terzo contraente-acquirente, che si palesi piuttosto in buona fede soggettiva, il relativo affidamento va adeguatamente tutelato, non potendosi impedire al terzo medesimo di addivenire ad un contratto di acquisto in relazione alla cui stipula egli abbia maturato interesse. E se il requisito soggettivo della buona fede va – in caso di compravendita istantanea – accertato al momento del pertinente acquisto, laddove si sia al cospetto di una sequenza preliminare-definitivo è al momento della stipula del contratto preliminare che, secondo la Corte, occorre guardare per verificare se il promissario acquirente è in buona fede o meno. Si tratta infatti da un lato di garantire il creditore rispetto agli atti eventualmente pregiudizievoli posti in essere nei relativi confronti dal debitore infedele e, dall’altro, di garantire la conservazione degli effetti della scelta negoziale operata dal terzo: proprio per questo motivo, non è coerente con la stessa <em>ratio</em> dell’istituto della revocatoria, quale strumento rimediale tipico posto a disposizione del creditore contro le frodi, ma che fa ad un tempo i conti con l’affidamento del terzo contraente di buona fede, imporre a quest’ultimo – laddove fosse appunto in buona fede all’atto della stipula del preliminare, acquisendo consapevolezza delle potenzialità lesive dell’atto che lo vede prossimo acquirente solo nelle more della stipula del definitivo – di esercitare l’azione di risoluzione del preliminare al fine di sottrarsi alla cooperazione con il debitore infedele (partecipazione al <em>consilium fraudis</em>, o <em>partecipatio fraudis</em>) nella realizzazione dell’<em>eventus damni</em> (pericolo per le ragioni creditorie a cagione della intervenuta diminuzione patrimoniale in capo al debitore); in simili fattispecie, nel momento in cui il terzo si rende conto della lesività dell’atto egli - che ha stipulato il preliminare quando era in buona fede - si ritrova titolare del diritto acquisito al trasferimento del bene divisato (quale promissario acquirente) da parte del debitore infedele (promittente alienante), ed è proprio per questo che le ragioni del creditore passano in secondo piano, l’inefficacia degli atti siccome scaturente dall’azione revocatoria presupponendo un <em>consilium fraudis</em> anche in capo al terzo acquirente (c.d. <em>partecipatio fraudis</em>) che, in simili ipotesi, non può dirsi riscontrabile (quand’anche in sede di stipula del definitivo il terzo sia ormai consapevole della potenzialità lesiva per il creditore dell’atto di disposizione del debitore in relazione al quale egli si rende definitivo acquirente).</p> <p style="text-align: justify;">Il 31 luglio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.17304 che – in tema di preliminare di compravendita ad effetti anticipati – nega al promissario acquirente che si sia avveduto di vizi della cosa promessa in vendita la possibilità di esperire le azioni edilizie (risoluzione del contratto o riduzione del prezzo) previste per il caso di compravendita definitiva: in realtà gli articoli 1490 e seguenti, secondo la Corte, sono applicabili solo in caso di realizzato effetto traslativo del bene, in quanto l’obiettivo è quello del riequilibrio delle posizioni delle parti laddove – a traslazione del bene avvenuta – una di esse, e segnatamente il compratore, si trovi in posizione di utilità preclusa o ridotta dai vizi della cosa acquistata. Laddove si tratti di mero preliminare, la scoperta del vizio della cosa promessa in vendita legittima il promissario acquirente a tutelarsi assumendo ad oggetto della tutela il preliminare, sicché se il venditore gliene chiede l’adempimento, potrà spiccare eccezione di inadempimento, e potrà egli stesso chiedere la risoluzione del preliminare per inadempimento del venditore, ovvero potrà chiedere la condanna del venditore all’esatto adempimento (trasferire in sede definitivo una <em>res</em> non viziata). Anche se viene esclusa l’operatività del regime previsto per i vizi della cosa venduta (di natura oggettiva e che non richiede la prova della colpa del venditore), nondimeno il promissario acquirente può utilizzare l’azione di esatto adempimento senza, nondimeno, soggiacere ai rigidi termini previsti per la denuncia dei vizi o per la prescrizione dell’azione proprio dalle norme sui vizi della cosa venduta.</p> <p style="text-align: justify;">L’11 ottobre esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.21813, che si riferisce alla particolare ipotesi in cui un preliminare sia stato eseguito coattivamente ai sensi dell’art.2932 c.c., e dunque con una sentenza costitutiva che abbia tenuto luogo del definitivo non concluso: poiché si tratta di una pronuncia giurisdizionale (e non negoziale, ancorché producente effetti negoziali), non è possibile spiccare avverso essa azione revocatoria, né ordinaria né fallimentare.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2007</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 10 gennaio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.233 che si occupa della divergenza tra l’assetto di interessi divisato nel preliminare e quello concretamente realizzato con il definitivo: abbracciando la tesi della doppia causa del definitivo, autonoma e solutoria, la Corte afferma come la prevalenza tra preliminare e definitivo vada giudicata attraverso una interpretazione della singola fattispecie e degli eventuali fatti sopravvenuti dopo il preliminare e prima del definitivo: in questo caso, il definitivo realizza la relativa funzione di controllo delle sopravvenienze assorbendo il preliminare e prevalendo su di esso. Al contrario, laddove non si configurino sopravvenienze (fatti nuovi o nuove concordi valutazioni dei reciproci interessi) la discordanza tra preliminare e definitivo concreta un vero e proprio inadempimento, onde è il preliminare a dover prevalere sul definitivo.</p> <p style="text-align: justify;">Il 14 novembre esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.23571 onde, applicando la disciplina del c.d. <em>contrarius actus</em>, laddove debba sciogliersi su iniziativa delle parti per mutuo dissenso un contratto preliminare formale ex art.1350 e 1351 c.c., anche tale mutuo dissenso andrà espresso in modo formale.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 giugno esce la sentenza della sezione lavoro della Cassazione n.13273 alla cui stregua il bando di concorso per l'assunzione di lavoratori non è riconducibile alla previsione dell'art. 1989 c.c. - che configura la promessa al pubblico come negozio unilaterale dotato di efficacia in deroga alla regola generale stabilita dall'art. 1987 dello stesso codice e perciò vincolante per il promittente a prescindere da manifestazione di consenso da parte dei beneficiari - ma, essendo preordinato alla stipulazione di contratti di lavoro, che esigono il consenso delle controparti, costituisce, ove contenga gli elementi del contratto alla cui conclusione è diretto, un'offerta al pubblico, ai sensi dell'art. 1336 c.c., la quale è revocabile solo finché non sia intervenuta l'accettazione da parte degli interessati.</p> <p style="text-align: justify;">Tale offerta può essere di un contratto di lavoro definitivo, il quale si perfeziona con l'accettazione del lavoratore che risulti utilmente inserito nella graduatoria dei candidati idonei; oppure preliminare, il quale si perfeziona con la semplice accettazione del candidato che chiede di partecipare al concorso ed ha per oggetto l'obbligo per entrambe le parti o per il relativo offerente, nel caso di preliminare unilaterale, della stipulazione del contratto definitivo con chi risulti vincitore.</p> <p style="text-align: justify;">Per il Collegio dunque, nella specie, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del ridetto principio laddove ha fatto scaturire dal costituito rapporto di formazione e lavoro tutte le conseguenze derivanti dalla condotta di Ferrovie dello Stato s.p.a. in termini risarcitori, anche per il lamentato danno per mancata formazione.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2008</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 27 marzo esce la sentenza delle SSUU n. 7930 che si occupa della natura del c.d. preliminare ad effetti anticipati, annoverandolo quale peculiare ipotesi di collegamento negoziale. Il contratto definitivo presenta come effetto tipico e principale quello traslativo: un effetto che le parti decidono concordemente di posticipare attraverso la stipula di un preliminare in cui, tuttavia, taluni effetti normalmente propri del definitivo (prestazioni tipiche) vengono tosto realizzati: pagamento del prezzo (parziale o integrale); consegna del bene promesso in vendita. Tali effetti tuttavia non derivano direttamente dal preliminare (che obbliga alla prestazione del consenso per il definitivo), quanto piuttosto da due contratti reali collegati al medesimo, vale a dire un comodato (che giustifica la consegna anticipata del bene promesso in vendita da parte del promittente venditore) ed un mutuo garantito (che giustifica il parziale o integrale pagamento del prezzo del bene promesso in vendita da parte del promissario acquirente). Proprio il fatto che è sulla scorta di un comodato – stipulato contemporaneamente o subito dopo il preliminare – che il promissario acquirente acquista la disponibilità della cosa promessa in vendita fa dire alle SSUU che si tratta di detenzione qualificata che il promissario acquirente esercita in nome altrui, anche se nell’interesse anche proprio: non viene infatti anticipato l’effetto traslativo del contratto, ma viene semplicemente consentito al promissario acquirente di usare il bene nelle more della realizzazione del detto effetto traslativo.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 16 aprile esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.9970, che si occupa della possibilità di fare oggetto di una azione revocatoria da parte del creditore un contratto definitivo, che sia stato stipulato dal debitore in adempimento di un contratto preliminare. Dal momento che l’<em>eventus damni</em>, visto dal punto di vista del creditore, si compendia in una diminuzione del patrimonio del debitore alienante, ovvero dal pericolo di un relativo depauperamento con conseguente pregiudizio rispetto ai crediti vantati appunto da terzi creditori, tale <em>eventus damni</em> può essere compiutamente valutato solo all’atto della stipula del definitivo, e non già del preliminare. Guardando alla natura stessa dell’azione revocatoria, volta a rimuovere un effetto pregiudizievole per i creditori derivante da un atto dispositivo del patrimonio del debitore, ad essere lesivo delle ragioni creditorie non è il preliminare di vendita, che ha una portata lesiva solo potenziale e futura, onde dalla relativa stipula non scaturisce l’interesse a spiccare azione revocatoria, che andrà piuttosto promossa eventualmente nei confronti della stipula del definitivo, che è l’atto negoziale che – col ridurre il patrimonio immobiliare del debitore – concreta il pericolo di un effetto lesivo per i creditori che è ancora meramente potenziale quando si stipula il preliminare. Ciò ancorché dunque il definitivo sia “<em>dovuto</em>” rispetto al contratto preliminare, tale caratteristica non essendo tale da sottrarlo, quale evento concretizzatore del c.d. <em>eventus damni</em>, all’azione revocatoria dei creditori. Se questo vale dal punto di vista oggettivo, occorre tuttavia tenere anche conto, per la Corte, del profilo soggettivo della fattispecie. In proposito, per quanto riguarda il <em>consilium fraudis</em> del debitore e la <em>partecipatio fraudis</em> del terzo, la Corte svolge un discorso equilibrato che muove dal forte impatto che l’azione revocatoria spiega sull’autonomia privata, rendendo inefficaci gli atti che ne sono scaturigine al precipuo fine di tutelare il creditore: tale finalità di tutela non può tuttavia del tutto pretermettere le ragioni di coeva tutela dell’affidamento del terzo che contrae con il debitore. Laddove il <em>consilium fraudis</em> proprio del debitore – che sottrae consapevolmente beni al proprio patrimonio, diminuendo le garanzie patrimoniali in modo pregiudizievole per il creditore – non sia riconoscibile, in termini di <em>partecipatio fraudis</em>, anche in capo al terzo contraente-acquirente, che si palesi piuttosto in buona fede soggettiva, il relativo affidamento va adeguatamente tutelato, non potendosi impedire al terzo medesimo di addivenire ad un contratto di acquisto in relazione alla cui stipula egli abbia maturato interesse. E se il requisito soggettivo della buona fede va – in caso di compravendita istantanea – accertato al momento del pertinente acquisto, laddove si sia al cospetto di una sequenza preliminare-definitivo è al momento della stipula del contratto preliminare che, secondo la Corte, occorre guardare per verificare se il promissario acquirente è in buona fede o meno. Si tratta infatti da un lato di garantire il creditore rispetto agli atti eventualmente pregiudizievoli posti in essere nei relativi confronti dal debitore infedele e, dall’altro, di garantire la conservazione degli effetti della scelta negoziale operata dal terzo: proprio per questo motivo, non è coerente con la stessa <em>ratio</em> dell’istituto della revocatoria, quale strumento rimediale tipico posto a disposizione del creditore contro le frodi, ma che fa ad un tempo i conti con l’affidamento del terzo contraente di buona fede, imporre a quest’ultimo – laddove fosse appunto in buona fede all’atto della stipula del preliminare, acquisendo consapevolezza delle potenzialità lesive dell’atto che lo vede prossimo acquirente solo nelle more della stipula del definitivo – di esercitare l’azione di risoluzione del preliminare al fine di sottrarsi alla cooperazione con il debitore infedele (partecipazione al <em>consilium fraudis</em>, o <em>partecipatio fraudis</em>) nella realizzazione dell’<em>eventus damni</em> (pericolo per le ragioni creditorie a cagione della intervenuta diminuzione patrimoniale in capo al debitore); in simili fattispecie, nel momento in cui il terzo si rende conto della lesività dell’atto egli - che ha stipulato il preliminare quando era in buona fede - si ritrova titolare del diritto acquisito al trasferimento del bene divisato (quale promissario acquirente) da parte del debitore infedele (promittente alienante), ed è proprio per questo che le ragioni del creditore passano in secondo piano, l’inefficacia degli atti siccome scaturente dall’azione revocatoria presupponendo un <em>consilium fraudis</em> anche in capo al terzo acquirente (c.d. <em>partecipatio fraudis</em>) che, in simili ipotesi, non può dirsi riscontrabile (quand’anche in sede di stipula del definitivo il terzo sia ormai consapevole della potenzialità lesiva per il creditore dell’atto di disposizione del debitore in relazione al quale egli si rende definitivo acquirente).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2009</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 2 aprile esce la sentenza della II sezione della Cassazione n. 8038 che si pone nel solco della giurisprudenza orientata ad assumere nullo per difetto di causa il c.d. preliminare di preliminare, che configurerebbe nella sostanza un contratto inutile. La sentenza parla di inconcludente superfetazione e di difetto di interessi meritevoli di tutela, in quanto sarebbe privo di senso pratico l’obbligarsi a nuovamente obbligarsi. Ciò sarebbe dimostrato anche dallo stesso art.2932 c.c. alla stregua del quale tra preliminare e definitivo deve scorgersi un diretto e necessario collegamento strumentale, attraverso il quale le parti perseguono un dato assetto di interessi finale, onde un preliminare non potrebbe che essere collegato ad un definitivo.</p> <p style="text-align: justify;">Il 18 giugno viene varata la legge n.69 recante disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile, che tra le altre cose introduce nel codice di procedura civile l’art.614 bis in tema di c.d. <em>astreinte</em>, onde con il provvedimento di condanna all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento. Si pone il problema di capire se tale tipo di pressione sul debitore sia esercitabile anche con riguardo ad obblighi c.d. fungibili, nonché in particolare all’obbligo di concludere il definitivo, siccome scaturente dal preliminare e già eseguibile coattivamente attraverso l’azione costitutiva ex art.2932 c.c.</p> <p style="text-align: justify;">Il 01 ottobre esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n.21045, che si occupa del privilegio speciale immobiliare concesso dall’art.2775.bis c.c. al promissario acquirente allorché questo trascriva il preliminare, ed assunto da parte della dottrina prevalente rispetto alle iscrizioni ipotecarie anteriori a favore di altri creditori del promittente alienante (massime, della banca che lo ha finanziato consentendogli di costruire l’immobile). Secondo la Corte occorre partire dall’art.2748 c.c., che prevede la preferenza dei creditori assistiti da privilegio speciale immobiliare (come è appunto il promissario acquirente in un preliminare trascritto) rispetto ai creditori ipotecari, anche anteriori, ma sempre “<em>salvo che la legge disponga altrimenti</em>”. Le deroghe che la legge prevede alla preferenza del creditore privilegiato speciale possono essere esplicite, come nel caso degli articoli 2772, comma 4, e 2774, comma 2, c.c. (privilegio che assiste i crediti dello Stato per tributi indiretti o per canoni di concessione di acque), in cui prevalgono invece i creditori ipotecari; ma possono essere anche implicite e ritraibili dal sistema complessivamente inteso, senza farsi fuorviare dal microsistema di volta in volta considerato (in questo caso, quello collegato al finanziamento ed alla costruzione di immobili fatti oggetto di preliminare di compravendita), specie quando si tratti di interpretare norme, come appunto l’art.2775.bis c.c., che non sono originarie nell’impianto codicistico, ma vi sono state innestate successivamente al relativo varo, al fine di dare seguito ad esigenze socio-economiche siccome via via emerse dalla trama del commercio. In questo prisma ermeneutico, occorre procedere per le SSUU ad una interpretazione che non guardi semplicemente ai rapporti tra creditore promissario acquirente e banca finanziatrice del promittente alienante, ma si elevi ad un inquadramento della fattispecie nell’ambito della complessiva disciplina della pubblicità immobiliare in rapporto alle cause di prelazione. L’art.2745 c.c. prevede che alcuni privilegi siano subordinati a particolari forme di pubblicità, ed il privilegio di che trattasi rientra proprio in questa categoria, in quanto è connesso alla trascrizione del preliminare: esso si profila dunque come strettamente avvinto alla pubblicità immobiliare (ed al relativo regime), assai più che alla causa del credito, come dimostra il fatto che esso è operativo contemporaneamente all’efficacia di tale trascrizione e cessa di spiegare effetti quando tale trascrizione a propria volta cessa di spiegare effetti (risoluzione del preliminare, domanda giudiziale di risoluzione del preliminare, trascrizione del pignoramento dell’immobile, intervento nella esecuzione promossa da terzi). Si tratta poi di un privilegio speciale immobiliare che, a differenza degli altri previsti dal codice civile, non garantisce interessi pubblici, quanto piuttosto un interesse nettamente privato quale è quello del promissario acquirente: già l’art.1953 del codice del 1865 prevedeva una forma di ipoteca privilegiata - quella che poi sarebbe diventato il privilegio speciale ex art. 2748 c.c. - accordata a preferenza di ipoteche normali anche anteriori, senza tuttavia prevedere una possibile deroga (esplicita o implicita) da parte della legge: i creditori privilegiati venivano (ipoteca privilegiata) e vengono (privilegio speciale attuale) preferiti ai creditori ipotecari perché mentre i primi sono creditori che si collegano direttamente alla creazione (conservazione od incremento) del bene oggetto di privilegio e del relativo valore economico di produzione, quelli ipotecari si collegano invece al valore di scambio del ridetto bene. Nel caso di cui all’art.2745 c.c., il privilegio speciale immobiliare assiste non già un credito connesso alla “<em>creazione</em>” del bene immobile divisato (circostanza predicabile, all’opposto, per il credito della banca finanziatrice del costruttore promittente alienante) quanto piuttosto al relativo scambio, in quanto garantisce il promissario acquirente in caso di mancata realizzazione della operazione traslativa programmata col preliminare trascritto: questo è il motivo per il quale deve ravvisarsi nel caso di specie uno di quei “<em>casi previsti dalla legge</em>” ai sensi dell’art.2748 c.c. in cui il privilegio speciale sull’immobile non prevale sulle iscrizioni ipotecarie anteriori, palesandosi piuttosto operativa la disciplina della pubblicità immobiliare ex art.2644 e seguenti c.c. e la connessa regola <em>prior in tempore, potior in iure</em>. Del resto, in caso di pluralità di privilegi iscrizionali su beni mobili, l’art.2762, ultimo comma, c.c. prevede doversi applicare la regola della priorità della trascrizione; mentre con riguardo alle fattispecie di privilegio speciale immobiliare, gli articoli 2772 e 2774 c.c. prevedono la prevalenza delle iscrizioni ipotecarie anteriori anche laddove rapportate ad una peculiare causa del credito, afferente ad interessi (pubblici) di natura non individuale, e ciò per le SSUU impone di applicare <em>a fortiori</em> il principio della priorità della trascrizione in un caso in cui interessi individuali (dei creditori ipotecali anteriori) fronteggino un interesse del pari individuale (del promissario acquirente che abbia trascritto il preliminare). Una soluzione che non può assumersi inficiata da pregiudiziali interpretazioni dell’art.2775 .bis, comma 2, c.c., che - nel prevedere la cedevolezza del privilegio speciale immobiliare riconosciuto in capo al promissario acquirente rispetto a due specifiche categorie di creditori ipotecari, ovvero a) coloro che hanno concesso un mutuo al medesimo promissario acquirente per l’acquisto dell’immobile in parola (in deroga all’art.2822 c.c., l’ipoteca ricade su un bene che non è ancora di proprietà del debitore, promissario acquirente) e b) coloro che hanno concesso un finanziamento al costruttore promittente alienante, per la parte di mutuo fondiario che il promissario acquirente si sia accollato (in questo caso, la prevalenza è accordata anche se l’ipoteca è posteriore al privilegio) – fa luogo ad un sottosistema ulteriore nell’ambito di quello che è già un sottosistema, vale a dire la trascrizione del contratto preliminare: un sottosistema che, proprio in quanto tale, è speciale e neutro, non avendo la forza né di confermare, né di smentire la soluzione data dalle SSUU sulla base di una visione più ampia e generale delle norme e dei principi che disciplinano la fattispecie. Peraltro si tratta di una soluzione che sortisce importanti effetti di ordine pratico: il promissario acquirente che trascrive il preliminare (e che così acquisisce il privilegio speciale sull’immobile acquistando) è in grado di conoscere le iscrizioni ipotecarie sul medesimo immobile in relazione alle quali non prevarrà; all’opposto, il creditore ipotecario non è in grado di sapere se, successivamente, il proprio debitore (che è il promittente alienante finanziato) concluderà uno o più contratti preliminari trascritti, con conseguente pluralità di possibili creditori (i promissari acquirenti) titolari di un privilegio speciale prevalente su di esso, peraltro con evidente possibilità di frodi giusta simulazione di contratti preliminari da parte dell’imprenditore costruttore finanziato con promissari acquirenti compiacenti. Per le SSUU infine una importante freccia letterale nell’arco della tesi che ritiene applicabile il principio della priorità delle trascrizioni (<em>prior in tempore, potior in iure</em>) si rinviene nell’art.2780 c.c., che colloca il privilegio speciale del promissario acquirente di cui all’art.2775.bis c.c. all’ultimo posto, in un ordine che vede collocati prima i crediti privilegiati dello Stato ai sensi degli articoli 2774 e 2772 c.c.: poiché questi ultimi non prevalgono rispetto alle ipoteche iscritte anteriormente, non può ammettersi che vi prevalga invece il credito del promissario acquirente, che si trova immediatamente dopo essi nel ridetto ordine di preferenza. Le SSUU concludono nel senso onde, laddove il contratto preliminare non venga eseguito (e, dunque, non segua il definitivo), il credito del promissario acquirente, pur godendo di privilegio speciale sull’immobile oggetto dell’operazione in relazione ai crediti in capo a lui nascenti da tale operazione (sequenza preliminare-definitivo rimasta ineseguita), è strettamente connesso ad una forma di pubblicità costitutiva (la trascrizione del preliminare) e come tale non prevale sulle eventuali iscrizioni ipotecarie anteriori a garanzia di altri creditori, primo fra tutti il creditore (banca) che ha finanziato il promittente alienante consentendogli di costruire l’immobile in parola. Nel caso di specie risolto dalle SSUU, il promissario acquirente è creditore della caparra già versata al promittente alienante costruttore (una società), ma il privilegio speciale sull’immobile che ne garantisce il credito è collocato in grado poziore rispetto alle anteriori iscrizioni ipotecarie che garantiscono il credito della banca finanziatrice del promittente alienante costruttore medesimo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2010</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 01 marzo esce la sentenza della I sezione della Cassazione n. 4863 che conferma come il preliminare ad effetti anticipati configuri una particolare forma di collegamento negoziale nella quale il preliminare medesimo si lega ad un contratto di comodato (nella direzione che parte dal promittente venditore e giunge al promissario acquirente, giusta consegna anticipata del bene promesso in vendita) e, contemporaneamente, ad un contratto di mutuo garantito (nella opposta direzione che va dal promissario acquirente al promittente venditore, giusta integrale o parziale pagamento del prezzo). Proprio il fatto che è sulla scorta di un comodato – stipulato contemporaneamente o subito dopo il preliminare – che il promissario acquirente acquista la disponibilità della cosa promessa in vendita fa dire alle SSUU che si tratta di detenzione qualificata che il promissario acquirente esercita in nome altrui, anche se nell’interesse anche proprio: non viene infatti anticipato l’effetto traslativo del contratto, ma viene semplicemente consentito al promissario acquirente di usare il bene nelle more della realizzazione del detto effetto traslativo.</p> <p style="text-align: justify;">Il 3 maggio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n. 10625 che si occupa della peculiare fattispecie in cui le parti di un contratto preliminare non abbiano esplicitamente fissato un termine per concludere il definitivo, attribuendo ad una di esse la facoltà di stabilirlo. Laddove si crei una situazione di incertezza a cagione di un ingiustificato indugio della parte facoltizzata, per la Corte è possibile all’altra parte spiccare <em>actio interrogatoria</em> ex art.1183 c.c. chiedendo che sia il giudice a fissare il termine; in alternativa, egli può spiccare direttamente azione ex art.2932 c.c. per l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto, azione che contiene implicitamente quella di fissazione del termine ex art.1183 c.c. Si tratta di un vero e proprio onere della parte interessata che, laddove trascuri di agire, subirà la prescrizione del proprio diritto di credito alla conclusione del definitivo. Con particolare riguardo al preliminare di compravendita inadempiuto dal promittente alienante, il promissario acquirente matura il proprio diritto al trasferimento della proprietà del bene solo dopo aver versato il prezzo, dovendo peraltro egli provare di aver provveduto a tale versamento non oltre i 10 anni anteriori alla data di notifica della citazione introduttiva del giudizio, dovendosi in caso contrario predicare la prescrizione del relativo diritto.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2012</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 3 agosto esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.14105 alla cui stregua in un contratto preliminare di compravendita immobiliare, la clausola con cui il promissario acquirente si impegna ad acquistare per sé o per persona da nominare comporta la configurabilità o di una cessione del contratto, ai sensi dell'art. 1406 ss. c.c., con il preventivo consenso alla cessione a norma dell'art. 1407 c.c., o di un contratto per persona da nominare, di cui all'art. 1401 c.c., e ciò sia in ordine allo stesso preliminare che con riferimento al contratto definitivo, o, infine, di un contratto a favore del terzo, ai sensi dell'art. 1411 c.c., mediante la facoltà di designazione concessa all'uopo al promissario fino alla stipulazione del definitivo; tale pluralità di configurazioni giuridiche in relazione al regolamento dell'intervento di terzi nella fattispecie contrattuale - preliminare o definitiva - va, tuttavia, riferita necessariamente al contenuto effettivo della volontà delle parti contraenti che l'interprete deve per la Corte ricercare in concreto, anche in correlazione alla funzione - invalsa nella pratica quotidiana degli affari - di impiegare il contratto preliminare per la disciplina intertemporale dei rapporti contrattuali delle parti, al di fuori di una coincidenza (se non meramente nominale) con gli schemi tipici approntati dal legislatore.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2014</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 marzo esce l’ordinanza della II sezione della Cassazione n.5779 che rimette alle SSUU la questione della ammissibilità di un preliminare di preliminare. A chi ritiene tale contratto privo di pratica utilità e dunque nullo per difetto di causa, si oppone altro orientamento che – collocando i due preliminari in due diverse fasi di sviluppo delle trattative negoziali – vede nel secondo preliminare, da stipularsi in adempimento del primo, un accordo più preciso e particolareggiato che si pone in vista del definitivo: proprio la possibilità di favorire uno sviluppo graduale delle trattative consente di riconoscere una qualche funzione economico sociale al preliminare di preliminare. Peraltro tale figura non obbligherebbe solo alla stipula del preliminare “<em>intermedio</em>”, ma anche (e già) alla stipula del definitivo (seppure con l’intermediazione di un secondo preliminare più particolareggiato), onde non potrebbe affermarsi la nullità del preliminare di preliminare ai sensi dell’art.1419, comma 1, c.c. in quanto – anche a voler assumere nulle le clausole che obbligano alla stipula di un secondo preliminare – tale nullità non potrebbe travolgere anche quelle che obbligano da subito le parti (anche) alla stipula del definitivo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2015</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 6 marzo esce la sentenza delle SSUU n.4628 in tema di preliminare di preliminare, figura particolarmente suggestiva e presente in specie nella prassi delle compravendite immobiliari, dove è labile il confine tra atto negoziale (già propriamente) obbligatorio e mero atto preparatorio non vincolante. Le parti elaborano un nucleo di interessi che viene via via trasfuso in vari passaggi contrattuali e, da questo punto di vista, occorre guardare (non già alla astratta funzione economico sociale, quanto piuttosto) alla causa concreta, allo scopo pratico perseguito dai contraenti e dunque, in ultima analisi, alla dinamica dei concreti interessi che le parti intendono con azione reciproca perseguire attraverso la singola vicenda contrattuale, e che consentono tanto di qualificare un dato contratto (sussumendolo sotto un determinato tipo) quanto di correttamente interpretarlo. Di sicuro va assunto nullo un preliminare che rinvii ad altro preliminare di contenuto identico, mentre il discorso cambia allorché il primo preliminare obblighi a stipularne un secondo il cui contenuto sarà (o potrà essere) ulteriore e/o differenziato. Quando sono indicate le parti, il bene promesso in vendita e il relativo prezzo, per le SSUU si è al cospetto di un potenziale preliminare, anche laddove questo rinvii ad altro preliminare intermedio rispetto al definitivo, in quanto i concreti interessi delle parti possono aver spinto le parti medesime a far luogo a questa fase intermedia proprio per soddisfare loro specifici e concreti interessi come, ad esempio, la comune volontà di escludere, rispetto al primo preliminare, l’applicabilità dell’art.2932 c.c.; la comune volontà di concedere al promissario acquirente, verso caparra penitenziale, un diritto di recesso; la comune volontà delle parti, già fondamentalmente d’accordo sull’intera operazione, di sottoporla in ogni caso ad una condizione (così facendo entrare nella causa concreta uno specifico motivo). In tutti questi casi in cui il primo preliminare presenta tutti gli elementi essenziali per riconoscerlo tale (parti, oggetto, prezzo) e palesa ad un tempo l’interesse concreto delle parti a rinviare ad un successivo obbligo più puntuale, per le SSUU non può parlarsi di nullità che, al limite, potrebbe affettare il secondo preliminare (da sostituirsi direttamente col definitivo) e non il primo. Quando si parla genericamente di “<em>preliminare di preliminare</em>” si è in realtà al cospetto talvolta di uno stadio prenegoziale molto avanzato, in cui la consacrazione in un atto obbligatorio orientato ad un successivo preliminare implica maggiore pregnanza degli obblighi di buona fede nelle trattative ex art.1337 c.c.; talaltra, di veri e propri contratti atipici con causa concreta meritevole di tutela, come nell’ipotesi del preliminare che veda convenzionalmente esclusa l’esecuzione in forma specifica ex art.2932 c.c. (potendo in tali casi le parti pretendere reciprocamente, in caso di inadempimento, il solo risarcimento del danno). In realtà, il contratto preliminare tradizionale è comunque un accordo vincolante, che orienta al definitivo, e le parti potrebbero assumere di non padroneggiare ancora, a livello di conoscenza, tutti gli elementi di fatto idonei a suggerire simile vincolo, onde con un primo preliminare si obbligano “<em>a contrattare</em>”, mentre con il secondo si obbligano al vero e proprio “<em>contrarre</em>” (ovvero alla stipula del definitivo). Le SSUU danno anche conto della posizione della dottrina sul punto, con particolare riguardo alla tripartizione della complessa operazione negoziale ed al fenomeno della formazione progressiva del contratto: sarebbe tuttavia inammissibile per parte della dottrina parlare di un preliminare “<em>aperto</em>”, di uno “<em>chiuso</em>” e di un successivo definitivo, in quanto si è in presenza di una trattativa complessa in cui il primo accordo – derivante dalla diffidenza di parti contrattuali che ancora non si conoscono bene – non è in realtà un preliminare, proprio perché obbliga a contrattare (ulteriormente, se del caso escludendo l’operatività dell’art.2932 c.c.) e non a contrarre. Le SSUU muovono invece da un approccio maggiormente ispirato alla proteiforme casistica, che corrisponde al sempre diverso atteggiarsi degli interessi delle parti che trattano nel caso concreto: vi sono casi in cui il primo accordo non sembra doversi qualificare come preliminare (pur in presenza di tutti i relativi elementi essenziali), in quanto le parti ancora non si conoscono, non sono ancora in grado di valutare le reciproche qualità soggettive (in un contesto di società complessa, di fenomeni criminosi pervasivi, di pericolose nullità minori) e dunque tendono a vincolarsi in modo labile, poco consistente, soggetto al solo rimedio risarcitorio (e non anche a quello di cui all’art.2932 c.c.); e vi sono invece casi in cui, pur escludendo esplicitamente l’operatività dell’art.2932 c.c., le parti hanno in effetti voluto un vero e proprio preliminare di preliminare, in quanto esiste l’interesse meritevole di tutela delle parti medesime ad una negoziazione progressiva, consapevole ed informata (c.d. procedimento contrattuale graduale), senza dover far luogo, giocoforza, alla secca diade preliminare-definitivo, con necessità in tali casi di colmare eventuali lacune con il solo strumento integrativo di cui all’art.1374 c.c. e con sostanziale amputazione delle possibili forme dell’autonomia privata connesse al concreto atteggiarsi degli interessi di volta in volta perseguiti. Per le SSUU occorre allora scongiurare sia la tesi di chi vede in ogni accordo iniziale un preliminare (di preliminare), sia chi esclude <em>a priori</em> ed in modo pregiudiziale la configurabilità di un preliminare di preliminare, ammettendo che esista un solo preliminare di tipo chiuso rispetto al quale il definitivo rappresenterebbe una mera riproduzione notarile. Alla base dell’operazione negoziale procedimentalizzata in fasi può dunque porsi un complesso di interessi meritevoli di tutela che allontanano ogni disvalore e lo annullano. Le SSUU riassumono infine schematicamente sul punto, muovendo dall’ipotesi più semplice (e meno vincolante) della mera puntuazione di clausole tra le parti: esse iniziano a discutere e fissano una possibile traccia di trattative, senza contrarre alcun vincolo, e qui non si è ancora al cospetto di un preliminare (di preliminare), anche perché si tratta di terminologia della quale occorre scongiurare un uso poco sorvegliato e disinvolto. Mano mano che la puntuazione si fa più precisa, nondimeno, si giunge alla stipula di un vero e proprio accordo che, anche quando non è ancora un preliminare per difetto dei relativi elementi essenziali, presenta profili in relazione ai quali l’accordo medesimo risulta irrevocabilmente raggiunto e che – in ossequio al canone della buona fede – non possono più essere messi in discussione, costituendo la base per l’ulteriore e più specifica trattativa, del pari in buona fede; tale accordo “<em>preliminare</em>” (rispetto al preliminare vero e proprio) potrebbe scaturire anche dal fatto che non si è ancora al cospetto di una situazione conoscitiva in capo alle parti tale da far maturare un accordo consapevole, e tuttavia esse sono decise a bloccare l’affare. Quando dalla mera puntuazione si passa a simili accordi, essi – pur non atteggiandosi ancora a contratti (preliminari) – sono fonte atipica di obbligazione ex art.1173 c.c. e 1337 c.c., e dal relativo inadempimento discende l’obbligo di risarcire il danno, anche se non si applica ancora quel meccanismo cogente, tipico del preliminare, di cui agli articoli 1351 e 2932 c.c. (meccanismo che si applica solo se, in adempimento a tali accordi, si perviene al preliminare vero e proprio). La necessità di una verifica caso per caso, guidata dal concreto assetto degli interessi perseguiti dalle parti (causa in concreto), viene agevolata - nella ipotesi frequente delle vicende alienative di immobili - dall’obbligo della forma, che consente di meglio osservare la fattispecie contrattuale procedimentalizzata nelle relative, singole fasi che la compongono, e con gli effetti che possono scaturirne. Le SSUU riassumono il tutto facendo riferimento a) alla contrattazione preliminare relativa a compravendita immobiliare; b) alla relativa scissione in due fasi; c) al compendiarsi di tali due fasi in un previo accordo ed in un successivo preliminare; d) alla necessità in simili ipotesi di verificare se il primo accordo è già un preliminare assistito (in vista del definitivo) dal meccanismo cogente di cui all’art.2932 c.c., ovvero un accordo ad effetti meramente obbligatori e non eseguibile coattivamente; e) in questa seconda ipotesi, a ritenere valido e produttivo di effetti il preliminare di preliminare solo laddove affiori e sia configurabile l’interesse delle parti ad una progressiva formazione del contratto che si fondi su contenuti negoziali diversificati e progressivi, con una area di assetto di interessi (più ristretta) già assistita da vincolo negoziale attraverso il primo accordo (preliminare A), ed una seconda area di assetto di interessi (più ampia) e vincolate giusta secondo accordo (preliminare B, in vista del definitivo); f) a ritenere responsabile a titolo “contrattuale” per rottura del rapporto obbligatorio assunto nella fase precontrattuale (art.1173 e 1337 c.c.) chi, entrando in frizione con il principio di buona fede, violi il primo accordo.</p> <p style="text-align: justify;">Il 9 marzo esce la sentenza delle SSUU n. 4683 che trova una soluzione alla questione afferente la tutela delle situazioni giuridiche soggettive vantate dal privato a fronte di un accordo stipulato con una PA ai sensi dell’art. 11 della l. 241/1990, essendo registrabile un acceso dibattito in dottrina e giurisprudenza in ordine a quale sia la tutela accordabile al privato dopo la stipula dell’accordo (pubblicistico), qualora la PA non ne rispetti il contenuto così rendendosene inadempiente. Secondo una tesi, il privato sarebbe in tali fattispecie titolare di un mero diritto soggettivo al risarcimento del danno da responsabilità contrattuale; una opzione ermeneutica che è stata tuttavia criticata da chi ritiene che il privato non possa trovare una tutela meramente risarcitoria in un’ottica ordinamentale orientata ad una tutela piena anche nei confronti della PA, dovendosi invece invocare proprio l’azione ex art. 2932 cc, giusta assimilazione della sequenza accordo-provvedimento alla sequenza preliminare-definitivo, tipicamente civilistica. Una soluzione quest’ultima che in un primo momento ha trovato forti resistenze sulla scorta della tradizionale argomentazione onde il giudice amministrativo non potrebbe sostituirsi alla PA nell’adozione di un provvedimento amministrativo, con l’ulteriore conseguenza per cui, nel caso di specie, anche la sentenza costitutiva ex art. 2932 cc si porrebbe come inammissibile surrogato dell’accordo (con valore provvedimentale) non stipulato, tenuto anche conto che l’adozione del provvedimento finale (cui è assimilabile la prestazione del consenso all’accordo, quale modalità di esercizio del potere pubblicistico) investe (proprio) l’esercizio di un potere pubblicistico, ben diverso dal potere privato connesso all’autonomia negoziale e che si sostanzia nella conclusione del contratto definitivo. La tesi prevalente in giurisprudenza (massime amministrativa) è tuttavia quella pubblicistica onde il privato, a seguito dell’accordo ex art. 11, deve assumersi titolare di un interesse legittimo, che può essere tutelato con l’azione risarcitoria (per equivalente), ma anche con l’azione demolitoria (per eccesso di potere o violazione di autolimiti) in caso di adozione di provvedimento difforme rispetto a quanto divisato nell’accordo, nonché col ricorso avverso il c.d. silenzio in caso di mancata adozione del provvedimento di recepimento (tutela in forma specifica). Per le SSUU, nondimeno, deve assumersi invece esperibile l’azione ex art. 2932 c.c., e ciò a mente degli artt. 1 e 7, comma 7, c.p.a., laddove enunciano il principio di effettività della tutela, per cui, nell’ambito della giurisdizione esclusiva, rientra nei poteri del giudice amministrativo erogare ogni forma di tutela giurisdizionale prevista dalla legge per i diritti soggettivi, ivi compresa appunto quella compendiantesi nella sentenza costitutiva che tiene luogo del contratto (accordo) non concluso.</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 agosto viene varata la legge n.132 che, nell’incidere sul processo civile esecutivo, riforma anche l’art.614.bis c.p.c. in tema di <em>astreintes</em>. La dottrina di commento prende ad interrogarsi sull’ambito di operatività dell’astreinte siccome disciplinata dal nuovo art. 614 bis in relazione agli obblighi di negoziare/rinegoziare ed agli obblighi di contrarre: con l’ammettere l’operatività dell’astreinte anche in relazione alla condanna ad adempiere ad obblighi fungibili (purché diversi dal pagamento di somme di denaro), sembrano infatti ormai superati i residui dubbi, avanzati da parte della dottrina, in ordine all’operatività della misura coercitiva indiretta anche in fattispecie di inadempimento dell’obbligo di concludere il contratto definitivo, uscendone all’opposto avvalorata la proposta – formulata da altra parte della dottrina sin dal 2009 - di consentire il cumulo non alternativo tra domanda ex art. 2932 c.c. e domanda di condanna ad adempiere al preliminare assistita da <em>astreinte</em> facendosi perno, tra le altre cose, sul vantaggio di consentire al creditore della prestazione del consenso di ottenere soddisfazione in tempi più rapidi rispetto a quelli propri dalla tutela costitutiva ex art. 2932 c.c.</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 settembre esce la sentenza delle SSUU n.18131 che torna sul problema di conciliare la facoltà di scelta concessa al curatore dall’art.72 della legge fallimentare (sciogliersi dal contratto preliminare sottoscritto dall’imprenditore poi fallito, in veste di promittente venditore, ovvero subentrare ad esso) con gli effetti prenotativi della trascrizione del preliminare. In proposito, la Corte ribadisce che occorre porre attenzione alla cadenza temporale che intercorre tra la domanda di esecuzione del preliminare in forma specifica ex art.2932 c.c. e l’iscrizione della sentenza dichiarativa di fallimento. Va premesso che il curatore è terzo rispetto al rapporto controverso (quello nascente dal preliminare) ma è parte nel processo ex art.2932 c.c. in quanto, a seguito del fallimento, esso viene riassunto nei relativi confronti. Occorre in proposito distinguere il caso in cui il promissario acquirente abbia spiccato domanda ex art.2932 c.c. senza trascriverla, da quello in cui la abbia invece trascritta: nel primo caso (mancata trascrizione), la iscrizione della sentenza dichiarativa di fallimento consente al curatore di esercitare la scelta prevista dall’art.72 della legge fallimentare e di opporla al promissario acquirente; laddove invece il promissario acquirente abbia trascritto la propria domanda ex art.2932 c.c. anteriormente alla iscrizione della sentenza dichiarativa di fallimento, il curatore avrà ancora a disposizione tale scelta, ma non potrà opporla al promissario acquirente e dovrà giocoforza subentrare nel contratto preliminare con conseguente operatività della sentenza poi emessa ex art.2932 c.c., laddove il promissario acquirente sia intenzionato ad ottenere il bene promessogli in vendita: in simile ipotesi, la trascrizione della sentenza ex art.2932 c.c., ai sensi dell’art. 2652, n.2, c.c., retroagisce alla data (prenotativa) della trascrizione della relativa domanda, consentendo al promissario acquirente di sottrarre il bene dalla massa attiva del fallimento. Tutto questo se il promissario acquirente è in buona fede, mentre laddove sia in mala fede e dunque concorra nel far luogo ad una frode ai danni del ceto creditorio del fallito, resta impregiudicata la chance della revocatoria (fallimentare).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2016</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 31 agosto esce la sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n.3755 alla cui stregua, premesso che costituisce principio generale dell’ordinamento quello per cui, allorquando l’aggiudicatario non stipula, in difetto di idonea giustificazione, il contratto, è danno risarcibile quello conseguente ai maggiori esborsi di denaro conseguenti alla aggiudicazione disposta dalla PA in base allo scorrimento della graduatoria, in sede di giurisdizione amministrativa esclusiva la PA o un soggetto ad essa equiparato possono agire a tutela di un proprio diritto soggettivo ai sensi dell’art.2932 c.c. (esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre) atteso come gli articoli 103 e 113 della Costituzione, ancorché formulati con riferimento alla tutela riconosciuta al privato nelle diverse giurisdizioni, non limitino detta tutela esclusivamente al privato, né dispangono che la giustizia amministrativa non possa essere attivata dalla PA piuttosto che dal privato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2017</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 24 gennaio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.1797 onde, affinché, in un contratto preliminare per persona da nominare, l’<em>electus</em> possa godere degli effetti prenotativi del preliminare – anche quanto alle ipoteche iscritte contro il promittente alienante tra la trascrizione del preliminare suddetto e quella del contratto definitivo – è necessario, ma sufficiente, che la dichiarazione di nomina sia trascritta entro il termine stabilito nel preliminare, e comunque, entro quello ex art. 2645-bis, comma 3, c.c. (che lega la trascrizione del preliminare a quella del definitivo), non occorrendo, altresì, che la riserva di nomina risulti dalla nota di trascrizione del preliminare. La Corte conferma dunque la natura integrativa della nomina rispetto al regolamento contrattuale divisato tra promittente e stipulante, che resta quello, potendo solo (eventualmente) mutare – sul crinale soggettivo – una delle parti contrattuali. Per la Corte la certezza del collegamento tra il preliminare ed il definitivo è assicurata dalla menzione, nel primo, della riserva di nomina, nonché dalla trascrizione del preliminare, del definitivo e della dichiarazione di nomina, la quale ha solo l’effetto di far acquistare <em>ex tunc</em> all’eletto la qualifica di soggetto negoziale del contratto, già perfezionato in tutti i suoi elementi.</p> <p style="text-align: justify;">Il 29 marzo esce la sentenza della II sezione della Cassazione penale n.15815 alla cui stregua non integra il delitto di appropriazione indebita, ma un mero inadempimento di natura civilistica, la condotta del promittente venditore che, a seguito della risoluzione del contratto preliminare, non restituisca al promissario acquirente l’acconto sul prezzo del bene promesso in vendita.</p> <p style="text-align: justify;">Il 18 maggio esce la sentenza della Cassazione Civile, sez. III, n 12482, che si pronuncia sulla responsabilità del notaio in ipotesi di redazione di contratto preliminare. Chiarisce la Corte che il notaio incaricato della redazione ed autenticazione di un contratto preliminare per la compravendita di un immobile, non può limitarsi a procedere al mero accertamento della volontà delle parti ed a sovraintendere alla compilazione dell’atto, occorrendo anche che egli si interessi delle attività preparatorie e successive necessarie ad assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici dell’atto medesimo e del risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti stesse. (Nella specie, in cui le parti avevano pattuito un termine di nove anni per la stipula del definitivo, la S.C. ha ritenuto che rientrava nel c.d. “dovere di consiglio”, gravante sul notaio ex art. 42, comma 1, lett. a), del codice di deontologia notarile, avvertire le parti della durata triennale degli effetti della trascrizione del preliminare, ai sensi dell’art. 2645 bis,comma3, c.c., e, conseguentemente, degli ulteriori adempimenti necessari a garantire la sicurezza dell’operazione). La sentenza della Cassazione ha messo in rilievo come il ruolo del notaio nella moderna realtà ordinamentale non sia più limitabile alla registrazione della volontà delle parti,ma sia connotato anche e soprattutto da doveri professionali di adeguata informazione e consulenza.</p> <p style="text-align: justify;">Il 31 maggio esce l’ordinanza della III sezione della Cassazione n.13707, onde – per orientamento consolidato della Corte - nel caso in cui le parti di un contratto preliminare di vendita immobiliare abbiano convenuto che il pagamento del residuo prezzo debba essere effettuato all'atto della stipulazione del contratto definitivo, l'offerta di cui al secondo comma dell'art. 2932 cod. civ. è da ritenersi soddisfatta con la domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto, essendo essa necessariamente implicita nella domanda, così che, in tale ipotesi, deve senz'altro essere emessa la sentenza produttrice degli effetti del contratto non concluso ed il pagamento del residuo prezzo deve essere imposto come condizione per il verificarsi dell'effetto traslativo derivante dalla pronuncia del giudice. Ne consegue, per la Corte, che il contraente che chieda l'esecuzione specifica di un contratto preliminare di vendita è tenuto ad eseguirne la prestazione o a farne offerta se questa sia esigibile al momento della domanda giudiziale, mentre non è tenuto a pagare il prezzo quando, in virtù delle obbligazioni nascenti dal preliminare, il pagamento di esso o del residuo risulti dovuto all'atto della stipulazione del definitivo (così Cass., 14 gennaio 2010, n. 477; nello stesso senso, tra le altre, già Cass. 10 novembre 2003, n. 16822; Cass. 21 aprile 2005, n. 8368; Cass. 31 luglio 2007, n. 16881; nonché, più recentemente, Cass. 19 dicembre 2013, n. 28454 e Cass. 23 maggio 2016, n. 10605). Corollario del principio di diritto sopra enunciato è quello per il quale, ai sensi del secondo comma dell'art. 2932 cod. civ., non solo non è richiesta nessuna offerta formale, ma nemmeno è necessaria la manifestazione espressa della volontà o della disponibilità di corrispondere la controprestazione, poiché questa si ritiene implicita nella domanda di sentenza costitutiva (cfr., oltre alle sentenze su citate, anche Cass. 30 agosto 2013, n. 19984). La Corte rappresenta anche come, per propria prevalente giurisprudenza, si può proporre, cumulativamente e contestualmente, una domanda di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto di vendita e una domanda di riduzione del prezzo per vizi della <em>res</em> (cfr., tra le altre, Cass. 26 gennaio 2010, n. 1562 secondo cui, in presenza di difformità non sostanziali e non incidenti sull'effettiva utilizzabilità del bene, ma soltanto sul relativo valore, il promissario acquirente non resta soggetto alla sola alternativa della risoluzione del contratto o dell'accettazione senza riserve della cosa viziata o difforme, ma può esperire l'azione di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto definitivo a norma dell'art. 2932 cod. civ., chiedendo cumulativamente e contestualmente l'eliminazione delle accertate difformità o la riduzione del prezzo), l'offerta del prezzo, prevista dal secondo comma dell'art. 2932 cod. civ., non essendo necessaria ove il pagamento, quale che risulti il prezzo ancora dovuto all'esito dell'accertamento sull'esistenza dei vizi della cosa venduta, non sia esigibile prima della conclusione del contratto definitivo (così Cass. 30 agosto 2013, n. 19984). Analogamente, nel caso di specie, va affermato per la Corte che l'offerta del prezzo prevista dal secondo comma dell'art. 2932 cod. civ. non è necessaria, ove il pagamento non sia esigibile al momento della domanda, quale che risulti il prezzo ancora dovuto all'esito dell'accertamento dell'importo complessivo da corrispondere, contestualmente richiesto dall'attore, promissario acquirente, che contesti la pretesa di maggior prezzo avanzata dal convenuto, promittente alienante. La Corte richiama un ulteriore principio di diritto per il quale l'offerta ex art. 2932 cod. civ. della prestazione corrispettiva da parte del contraente che abbia proposto la domanda di esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare avente per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, costituendo una condizione dell'azione (che è necessario ma anche sufficiente che sussista al momento della decisione), può essere validamente fatta in tutto il corso del giudizio (così già Cass. 30 gennaio 1995, n. 3077 e, di recente, Cass. 29 agosto 2011, n. 17717, precisando entrambe che a nulla rileva nemmeno che il convenuto abbia intanto proposto in via riconvenzionale la contrapposta domanda di risoluzione del preliminare per inadempimento dell'attore). L'offerta della prestazione corrispettiva ai sensi dell'art. 2932 cod. civ., non solo non presuppone apposita domanda, ma ben può essere avanzata anche in grado di appello (così testualmente Cass. 9 agosto 1996, n. 7352).</p> <p style="text-align: justify;">Il 01 giugno esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.13877 che scandaglia una fattispecie in cui il ricorrente qualifica un patto parasociale in termini di contratto preliminare allo scopo specifico di predicare la forma pubblica del detto patto parasociale: dato che il definitivo, conseguente al preliminare, viene individuato in una «<em>modifica statutaria</em>», atto necessariamente notarile, anche il pertinente preliminare per conseguenza dovrebbe assumere per il ricorrente la forma pubblica ex art.1351 c.c.. Per la Corte tuttavia è principio comunemente ricevuto che i patti parasociali debbono essere tenuti distinti dagli atti di estrinsecazione e realizzazione dell'organizzazione societaria, quali appunto quelli di modificazione del contratto sociale (modifica dello statuto), giacché i patti parasociali propriamente detti attengono non al piano organizzativo dell'ordinamento sociale, bensì a quello dei rapporti interindividuali tra soci. Posti questi rilievi, il richiamo, che il ricorso rivolge alla norma dell'art. 1351 cod. civ. in punto di forma del preliminare si manifesta per la Corte non pertinente.</p> <p style="text-align: justify;">L’8 giugno esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.14262, che riafferma la illegittimità del c.d. preliminare di donazione, da assumersi nullo per essere la donazione <em>actus legitimus</em> che non ammette appunto un preliminare. La Corte precisa peraltro ancora una volta come <a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=0%3dBY7YF%26F%3d1f%26y%3dU5YEa%26o%3dXBY3bI%26O%3dhQ5J_rxdt_38_3uSw_C0_rxdt_2C8Qw.AtLiQ5IeDtOsQtTi8.tN_rxdt_2Cy9wP_3uSw_C01X_3uSw_C00gKd0eEY7d_3uSw_C0IIw9gF5NiJz_Cl_M39lFxCn839_dF_oIn8ACoKp.BtJw_LQza_WfR5G_sL6LcB_3uSw_D8DBR_HeT4FeQ59r_Ob8l5awP_YGOtJ_x9dF6G_rxdt_3ApGaFw_LQza_V6R5G_c8xJaFrH_rxdt_3AO9G%26A%3d%26tM%3d2YJd2">la causa, quale elemento essenziale del contratto, non debba essere intesa come mera ed astratta funzione economico sociale del negozio bensì come sintesi degli interessi reali che il contratto è diretto a realizzare, e cioè come funzione individuale del singolo, specifico contratto, a prescindere dal singolo stereotipo contrattuale astratto, fermo restando che detta sintesi deve riguardare la dinamica contrattuale e non la mera volontà delle parti.</a></p> <p style="text-align: justify;">Il 19 giugno esce la sentenza della X sezione del Tribunale di Roma n.12341 alla cui stregua <a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=3%3d7WMRA%26D%3dGY%26t%3dSMVEX%265%3dQ7WIUD%26M%3dxJzH_8qYr_I1_xsip_88_8qYr_H63OC.4oJyJzGu7oM9JoRy1.oL_8qYr_H6t7CI_xsip_88GQ_xsip_88PZFbPXAWNV_xsip_88b_9tLuHkK95_j72Bk_HqHzA_q_Kt3_vExEqPoG45_vJ57x79IoNq_4kD_sEtL81zL5_HkFt5_k8v9i3s5_oD_s_4_vJuBoEyDgJu_4o_H85rA39t385.nL3B_xsip_98AJs_K5Kx5u_HWuf_Sjfug_t7CIr70JkJ_8qYr_HV1L3_Ck6yKs_1g3qJgsV_Ut5s3yB_xsip_8XAJs_5qCv3y7t_JgsV_Utdki%26t%3d%269y%3dTKW9Y">l'interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto rende efficace il c.d. <em>'preliminare di preliminare</em>'</a>, il quale <a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=4%3d8Y7SB%26F%3d1Z%26u%3dU7WFZ%26o%3dR8Y3VE%26O%3dhK1J_rrZt_32_yuSq_90_rrZt_274Qw.5pLiK1Ie8pOsKpTi2.pN_rrZt_27u9wJ_yuSq_901R_yuSq_900aGd0YBY8W_yuSq_90L_0uNeIlMs6_k9lCl_JaI1C_a_Lu5_fFyGaQpIn6_wLo8y9sJpPa_5lF_cFuNr21No_IlHd6_l0f0j5c6_pF_c_5_wLeCpGiEhLe_5p_Jr6sCm0u5r6.oNmC_yuSq_00uKt_MoLy7e_IXwP_Tkheh_u9wJs9tKlL_rrZt_2W2Nm_Dl8iLt_2h5aLQtW_Wd6t5iC_yuSq_9ZuKt_7aDw5i8u_LQtW_Wdelk%26d%3d%260z%3dV5X0a">non è dunque nullo per difetto di causa, ma deve piuttosto assumersi valido ed efficace ove sia configurabile per l’appunto un interesse delle parti, meritevole di tutela, a una formazione progressiva del contratto che sia fondata su una differenziazione dei contenuti negoziali e a condizione che sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare.</a></p> <p style="text-align: justify;">Il 16 agosto esce la sentenza della I sezione del Tar Abruzzo, Pescara, n.236, onde va dichiarato inammissibile un ricorso proposto innanzi al G.A. dal promissario acquirente di un immobile, nel caso in cui oggetto dell’impugnazione sia il provvedimento con il quale il Comune ha rilasciato al dante causa del ricorrente il certificato di agibilità relativo al medesimo immobile; infatti, la relazione che il promissario acquirente ha con l’oggetto dell’azione amministrativa non è diretta, bensì mediata dal contratto preliminare di compravendita, sicché gli effetti dell’attività provvedimentale amministrativa che ha ad oggetto l’immobile continuano a prodursi unicamente sul titolare di diritti sul medesimo, che perciò rimane l’unico soggetto che può essere direttamente leso dal provvedimento della P.A. Poiché il contratto definisce la situazione soggettiva del promissario esclusivamente in rapporto alla controparte, non è idoneo a differenziare la relativa posizione nei confronti dell’azione amministrativa.</p> <p style="text-align: justify;">Il 30 agosto esce l’ordinanza della II sezione della Cassazione n.20541 alla cui stregua <a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=A%3d7aDZA%26H%3d8g%26t%3dWDcBc%26v%3dY7a0cD%26Q%3doRzL_yyYv_09_xwZx_8B_yyYv_9D3S4.BoNpRzKlEoQzRoVp9.oP_yyYv_9DtA4Q_xwZx_8B8Y_xwZx_8BGhFfGfAaBg_xwZx_8BJMsA_3Gt9lPk_Hh_NxAzStVpMtA_kG_iKuDuNtGz7_kCr_9vLzNhRzK_kClEuGzE3M_g_M2CrHv_NxAsGsEu9xA.oRsH_yyYv_0D1Pt_QuQyAk_NX1V_Yklkm_uC3OsCzPlP_xwZx_8b2Rs_IlBoQt_PWyW_ajAt9oH_yyYv_9d1Pt_AgIw9g7h9oCu_PWyW_ajjlo%26j%3d%26Ez%3dZAaFa">qualora le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, concludano in seguito il </a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=A%3d7aDZA%26H%3d8g%26t%3dWDcBc%26v%3dY7a0cD%26Q%3doRzL_yyYv_09_xwZx_8B_yyYv_9D3S4.BoNpRzKlEoQzRoVp9.oP_yyYv_9DtA4Q_xwZx_8B8Y_xwZx_8BGhFfGfAaBg_xwZx_8BJMsA_3Gt9lPk_Hh_NxAzStVpMtA_kG_iKuDuNtGz7_kCr_9vLzNhRzK_kClEuGzE3M_g_M2CrHv_NxAsGsEu9xA.oRsH_yyYv_0D1Pt_QuQyAk_NX1V_Yklkm_uC3OsCzPlP_xwZx_8b2Rs_IlBoQt_PWyW_ajAt9oH_yyYv_9d1Pt_AgIw9g7h9oCu_PWyW_ajjlo%26j%3d%26Ez%3dZAaFa">contratto definitivo</a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=A%3d7aDZA%26H%3d8g%26t%3dWDcBc%26v%3dY7a0cD%26Q%3doRzL_yyYv_09_xwZx_8B_yyYv_9D3S4.BoNpRzKlEoQzRoVp9.oP_yyYv_9DtA4Q_xwZx_8B8Y_xwZx_8BGhFfGfAaBg_xwZx_8BJMsA_3Gt9lPk_Hh_NxAzStVpMtA_kG_iKuDuNtGz7_kCr_9vLzNhRzK_kClEuGzE3M_g_M2CrHv_NxAsGsEu9xA.oRsH_yyYv_0D1Pt_QuQyAk_NX1V_Yklkm_uC3OsCzPlP_xwZx_8b2Rs_IlBoQt_PWyW_ajAt9oH_yyYv_9d1Pt_AgIw9g7h9oCu_PWyW_ajjlo%26j%3d%26Ez%3dZAaFa">, quest’ultimo costituisce </a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=A%3d7aDZA%26H%3d8g%26t%3dWDcBc%26v%3dY7a0cD%26Q%3doRzL_yyYv_09_xwZx_8B_yyYv_9D3S4.BoNpRzKlEoQzRoVp9.oP_yyYv_9DtA4Q_xwZx_8B8Y_xwZx_8BGhFfGfAaBg_xwZx_8BJMsA_3Gt9lPk_Hh_NxAzStVpMtA_kG_iKuDuNtGz7_kCr_9vLzNhRzK_kClEuGzE3M_g_M2CrHv_NxAsGsEu9xA.oRsH_yyYv_0D1Pt_QuQyAk_NX1V_Yklkm_uC3OsCzPlP_xwZx_8b2Rs_IlBoQt_PWyW_ajAt9oH_yyYv_9d1Pt_AgIw9g7h9oCu_PWyW_ajjlo%26j%3d%26Ez%3dZAaFa">l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni</a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=A%3d7aDZA%26H%3d8g%26t%3dWDcBc%26v%3dY7a0cD%26Q%3doRzL_yyYv_09_xwZx_8B_yyYv_9D3S4.BoNpRzKlEoQzRoVp9.oP_yyYv_9DtA4Q_xwZx_8B8Y_xwZx_8BGhFfGfAaBg_xwZx_8BJMsA_3Gt9lPk_Hh_NxAzStVpMtA_kG_iKuDuNtGz7_kCr_9vLzNhRzK_kClEuGzE3M_g_M2CrHv_NxAsGsEu9xA.oRsH_yyYv_0D1Pt_QuQyAk_NX1V_Yklkm_uC3OsCzPlP_xwZx_8b2Rs_IlBoQt_PWyW_ajAt9oH_yyYv_9d1Pt_AgIw9g7h9oCu_PWyW_ajjlo%26j%3d%26Ez%3dZAaFa"> inerenti al particolare negozio voluto e </a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=A%3d7aDZA%26H%3d8g%26t%3dWDcBc%26v%3dY7a0cD%26Q%3doRzL_yyYv_09_xwZx_8B_yyYv_9D3S4.BoNpRzKlEoQzRoVp9.oP_yyYv_9DtA4Q_xwZx_8B8Y_xwZx_8BGhFfGfAaBg_xwZx_8BJMsA_3Gt9lPk_Hh_NxAzStVpMtA_kG_iKuDuNtGz7_kCr_9vLzNhRzK_kClEuGzE3M_g_M2CrHv_NxAsGsEu9xA.oRsH_yyYv_0D1Pt_QuQyAk_NX1V_Yklkm_uC3OsCzPlP_xwZx_8b2Rs_IlBoQt_PWyW_ajAt9oH_yyYv_9d1Pt_AgIw9g7h9oCu_PWyW_ajjlo%26j%3d%26Ez%3dZAaFa">non mera ripetizione</a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=A%3d7aDZA%26H%3d8g%26t%3dWDcBc%26v%3dY7a0cD%26Q%3doRzL_yyYv_09_xwZx_8B_yyYv_9D3S4.BoNpRzKlEoQzRoVp9.oP_yyYv_9DtA4Q_xwZx_8B8Y_xwZx_8BGhFfGfAaBg_xwZx_8BJMsA_3Gt9lPk_Hh_NxAzStVpMtA_kG_iKuDuNtGz7_kCr_9vLzNhRzK_kClEuGzE3M_g_M2CrHv_NxAsGsEu9xA.oRsH_yyYv_0D1Pt_QuQyAk_NX1V_Yklkm_uC3OsCzPlP_xwZx_8b2Rs_IlBoQt_PWyW_ajAt9oH_yyYv_9d1Pt_AgIw9g7h9oCu_PWyW_ajjlo%26j%3d%26Ez%3dZAaFa"> del primo.</a> Nello stesso giorno esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.20539 onde , in tema di rapporti tra preliminare ad effetti anticipati ed usucapione, <a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=5%3dCaSTG%26H%3dMa%26z%3dWSWHc%26A%3dSCaOWJ%26Q%3d4L6L_Dsev_O3_4wor_DB_Dsev_N89SI.6uN5L6K19uQELuV53.uP_Dsev_N8zAIK_4wor_DBT_Jcyl_TrfVbLfTWGaP_Jcyl_Trg05tA_E7_8E_1_K67F3_x7_yGzO19z7_z7xHw_JqO_8_GzAD7_pE_BJ1RwJzA_5D_2KEKqOEG_5L1L67_wD_pAF7zPAJq.DFEx_Nmub_Y2M6I_EG7Ny7_4wor_E0Z7S_J1O5H1L6AD_Jcyl_THQFE_yAzA7I_Dsev_O6qIwAx_Nmub_XRM6I3m7w_y3yLwAsJ_Dsev_O6PAc%266%3d%26uO%3dNWGeO">anche se vi è stata la consegna della res dal promittente alienante al promissario acquirente, l'onere di provarne il possesso spetta al secondo, quale detentore</a>. In sostanza per la Corte <a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=6%3d4bMU8%26I%3dGb%26q%3dXMX9d%265%3dT4bIXA%26R%3dxMwM_8tVw_I4_uxis_5C_8tVw_H9zTC.7lOyMwLu0lR9MlWy4.lQ_8tVw_H9qBCL_uxis_5CN_KTzf_UigPcCgNX8bJ_KTzf_Uih46kB_98_yF_u_Lw804_o8_sHqPu0q8_t8oIq_KhP_2_HqB88_gF_6KrSqKqB_yE_sL9LhP9H_vMuMw8_qE_gB08qQ5Kh.E0Fo_OgvS_ZvNwJ_9HxOs8_uxis_6AT8J_KuPvIuMwB8_KTzf_U9R0F_pBtBxJ_8tVw_I7hJqBo_OgvS_YLNwJ4d8q_s4pMqBjK_8tVw_I7GBW%267%3d%26lP%3dHX8fI">in fattispecie di preliminare, quando viene convenuta la </a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=6%3d4bMU8%26I%3dGb%26q%3dXMX9d%265%3dT4bIXA%26R%3dxMwM_8tVw_I4_uxis_5C_8tVw_H9zTC.7lOyMwLu0lR9MlWy4.lQ_8tVw_H9qBCL_uxis_5CN_KTzf_UigPcCgNX8bJ_KTzf_Uih46kB_98_yF_u_Lw804_o8_sHqPu0q8_t8oIq_KhP_2_HqB88_gF_6KrSqKqB_yE_sL9LhP9H_vMuMw8_qE_gB08qQ5Kh.E0Fo_OgvS_ZvNwJ_9HxOs8_uxis_6AT8J_KuPvIuMwB8_KTzf_U9R0F_pBtBxJ_8tVw_I7hJqBo_OgvS_YLNwJ4d8q_s4pMqBjK_8tVw_I7GBW%267%3d%26lP%3dHX8fI">consegna del bene</a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=6%3d4bMU8%26I%3dGb%26q%3dXMX9d%265%3dT4bIXA%26R%3dxMwM_8tVw_I4_uxis_5C_8tVw_H9zTC.7lOyMwLu0lR9MlWy4.lQ_8tVw_H9qBCL_uxis_5CN_KTzf_UigPcCgNX8bJ_KTzf_Uih46kB_98_yF_u_Lw804_o8_sHqPu0q8_t8oIq_KhP_2_HqB88_gF_6KrSqKqB_yE_sL9LhP9H_vMuMw8_qE_gB08qQ5Kh.E0Fo_OgvS_ZvNwJ_9HxOs8_uxis_6AT8J_KuPvIuMwB8_KTzf_U9R0F_pBtBxJ_8tVw_I7hJqBo_OgvS_YLNwJ4d8q_s4pMqBjK_8tVw_I7GBW%267%3d%26lP%3dHX8fI"> </a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=6%3d4bMU8%26I%3dGb%26q%3dXMX9d%265%3dT4bIXA%26R%3dxMwM_8tVw_I4_uxis_5C_8tVw_H9zTC.7lOyMwLu0lR9MlWy4.lQ_8tVw_H9qBCL_uxis_5CN_KTzf_UigPcCgNX8bJ_KTzf_Uih46kB_98_yF_u_Lw804_o8_sHqPu0q8_t8oIq_KhP_2_HqB88_gF_6KrSqKqB_yE_sL9LhP9H_vMuMw8_qE_gB08qQ5Kh.E0Fo_OgvS_ZvNwJ_9HxOs8_uxis_6AT8J_KuPvIuMwB8_KTzf_U9R0F_pBtBxJ_8tVw_I7hJqBo_OgvS_YLNwJ4d8q_s4pMqBjK_8tVw_I7GBW%267%3d%26lP%3dHX8fI">prima della stipula del contratto definitivo</a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=6%3d4bMU8%26I%3dGb%26q%3dXMX9d%265%3dT4bIXA%26R%3dxMwM_8tVw_I4_uxis_5C_8tVw_H9zTC.7lOyMwLu0lR9MlWy4.lQ_8tVw_H9qBCL_uxis_5CN_KTzf_UigPcCgNX8bJ_KTzf_Uih46kB_98_yF_u_Lw804_o8_sHqPu0q8_t8oIq_KhP_2_HqB88_gF_6KrSqKqB_yE_sL9LhP9H_vMuMw8_qE_gB08qQ5Kh.E0Fo_OgvS_ZvNwJ_9HxOs8_uxis_6AT8J_KuPvIuMwB8_KTzf_U9R0F_pBtBxJ_8tVw_I7hJqBo_OgvS_YLNwJ4d8q_s4pMqBjK_8tVw_I7GBW%267%3d%26lP%3dHX8fI">, non si realizza un’anticipazione degli effetti traslativi, fondandosi la disponibilità conseguita dal promissario acquirente sull’esistenza di un contratto di </a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=6%3d4bMU8%26I%3dGb%26q%3dXMX9d%265%3dT4bIXA%26R%3dxMwM_8tVw_I4_uxis_5C_8tVw_H9zTC.7lOyMwLu0lR9MlWy4.lQ_8tVw_H9qBCL_uxis_5CN_KTzf_UigPcCgNX8bJ_KTzf_Uih46kB_98_yF_u_Lw804_o8_sHqPu0q8_t8oIq_KhP_2_HqB88_gF_6KrSqKqB_yE_sL9LhP9H_vMuMw8_qE_gB08qQ5Kh.E0Fo_OgvS_ZvNwJ_9HxOs8_uxis_6AT8J_KuPvIuMwB8_KTzf_U9R0F_pBtBxJ_8tVw_I7hJqBo_OgvS_YLNwJ4d8q_s4pMqBjK_8tVw_I7GBW%267%3d%26lP%3dHX8fI">comodato funzionalmente collegato</a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=6%3d4bMU8%26I%3dGb%26q%3dXMX9d%265%3dT4bIXA%26R%3dxMwM_8tVw_I4_uxis_5C_8tVw_H9zTC.7lOyMwLu0lR9MlWy4.lQ_8tVw_H9qBCL_uxis_5CN_KTzf_UigPcCgNX8bJ_KTzf_Uih46kB_98_yF_u_Lw804_o8_sHqPu0q8_t8oIq_KhP_2_HqB88_gF_6KrSqKqB_yE_sL9LhP9H_vMuMw8_qE_gB08qQ5Kh.E0Fo_OgvS_ZvNwJ_9HxOs8_uxis_6AT8J_KuPvIuMwB8_KTzf_U9R0F_pBtBxJ_8tVw_I7hJqBo_OgvS_YLNwJ4d8q_s4pMqBjK_8tVw_I7GBW%267%3d%26lP%3dHX8fI"> al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori. Sicché la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, è qualificabile esclusivamente come </a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=6%3d4bMU8%26I%3dGb%26q%3dXMX9d%265%3dT4bIXA%26R%3dxMwM_8tVw_I4_uxis_5C_8tVw_H9zTC.7lOyMwLu0lR9MlWy4.lQ_8tVw_H9qBCL_uxis_5CN_KTzf_UigPcCgNX8bJ_KTzf_Uih46kB_98_yF_u_Lw804_o8_sHqPu0q8_t8oIq_KhP_2_HqB88_gF_6KrSqKqB_yE_sL9LhP9H_vMuMw8_qE_gB08qQ5Kh.E0Fo_OgvS_ZvNwJ_9HxOs8_uxis_6AT8J_KuPvIuMwB8_KTzf_U9R0F_pBtBxJ_8tVw_I7hJqBo_OgvS_YLNwJ4d8q_s4pMqBjK_8tVw_I7GBW%267%3d%26lP%3dHX8fI">detenzione qualificata</a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=6%3d4bMU8%26I%3dGb%26q%3dXMX9d%265%3dT4bIXA%26R%3dxMwM_8tVw_I4_uxis_5C_8tVw_H9zTC.7lOyMwLu0lR9MlWy4.lQ_8tVw_H9qBCL_uxis_5CN_KTzf_UigPcCgNX8bJ_KTzf_Uih46kB_98_yF_u_Lw804_o8_sHqPu0q8_t8oIq_KhP_2_HqB88_gF_6KrSqKqB_yE_sL9LhP9H_vMuMw8_qE_gB08qQ5Kh.E0Fo_OgvS_ZvNwJ_9HxOs8_uxis_6AT8J_KuPvIuMwB8_KTzf_U9R0F_pBtBxJ_8tVw_I7hJqBo_OgvS_YLNwJ4d8q_s4pMqBjK_8tVw_I7GBW%267%3d%26lP%3dHX8fI"> e </a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=6%3d4bMU8%26I%3dGb%26q%3dXMX9d%265%3dT4bIXA%26R%3dxMwM_8tVw_I4_uxis_5C_8tVw_H9zTC.7lOyMwLu0lR9MlWy4.lQ_8tVw_H9qBCL_uxis_5CN_KTzf_UigPcCgNX8bJ_KTzf_Uih46kB_98_yF_u_Lw804_o8_sHqPu0q8_t8oIq_KhP_2_HqB88_gF_6KrSqKqB_yE_sL9LhP9H_vMuMw8_qE_gB08qQ5Kh.E0Fo_OgvS_ZvNwJ_9HxOs8_uxis_6AT8J_KuPvIuMwB8_KTzf_U9R0F_pBtBxJ_8tVw_I7hJqBo_OgvS_YLNwJ4d8q_s4pMqBjK_8tVw_I7GBW%267%3d%26lP%3dHX8fI">non come possesso utile <em>ad usucapionem</em></a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=6%3d4bMU8%26I%3dGb%26q%3dXMX9d%265%3dT4bIXA%26R%3dxMwM_8tVw_I4_uxis_5C_8tVw_H9zTC.7lOyMwLu0lR9MlWy4.lQ_8tVw_H9qBCL_uxis_5CN_KTzf_UigPcCgNX8bJ_KTzf_Uih46kB_98_yF_u_Lw804_o8_sHqPu0q8_t8oIq_KhP_2_HqB88_gF_6KrSqKqB_yE_sL9LhP9H_vMuMw8_qE_gB08qQ5Kh.E0Fo_OgvS_ZvNwJ_9HxOs8_uxis_6AT8J_KuPvIuMwB8_KTzf_U9R0F_pBtBxJ_8tVw_I7hJqBo_OgvS_YLNwJ4d8q_s4pMqBjK_8tVw_I7GBW%267%3d%26lP%3dHX8fI"> ove non sia dimostrata una </a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=6%3d4bMU8%26I%3dGb%26q%3dXMX9d%265%3dT4bIXA%26R%3dxMwM_8tVw_I4_uxis_5C_8tVw_H9zTC.7lOyMwLu0lR9MlWy4.lQ_8tVw_H9qBCL_uxis_5CN_KTzf_UigPcCgNX8bJ_KTzf_Uih46kB_98_yF_u_Lw804_o8_sHqPu0q8_t8oIq_KhP_2_HqB88_gF_6KrSqKqB_yE_sL9LhP9H_vMuMw8_qE_gB08qQ5Kh.E0Fo_OgvS_ZvNwJ_9HxOs8_uxis_6AT8J_KuPvIuMwB8_KTzf_U9R0F_pBtBxJ_8tVw_I7hJqBo_OgvS_YLNwJ4d8q_s4pMqBjK_8tVw_I7GBW%267%3d%26lP%3dHX8fI">interversio possessionis</a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=6%3d4bMU8%26I%3dGb%26q%3dXMX9d%265%3dT4bIXA%26R%3dxMwM_8tVw_I4_uxis_5C_8tVw_H9zTC.7lOyMwLu0lR9MlWy4.lQ_8tVw_H9qBCL_uxis_5CN_KTzf_UigPcCgNX8bJ_KTzf_Uih46kB_98_yF_u_Lw804_o8_sHqPu0q8_t8oIq_KhP_2_HqB88_gF_6KrSqKqB_yE_sL9LhP9H_vMuMw8_qE_gB08qQ5Kh.E0Fo_OgvS_ZvNwJ_9HxOs8_uxis_6AT8J_KuPvIuMwB8_KTzf_U9R0F_pBtBxJ_8tVw_I7hJqBo_OgvS_YLNwJ4d8q_s4pMqBjK_8tVw_I7GBW%267%3d%26lP%3dHX8fI"> nei modi previsti dall’art. 1141 c.c.</a></p> <p style="text-align: justify;">Il 6 settembre esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.20846, alla cui stregua, anche in caso di inadempimenti reciproci nell’economia di un contratto preliminare <a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=4%3dMY0SQ%26F%3d4Z%260%3dU0YPY%26r%3dRMY6VT%26O%3dkKFJ_urot_62_DuVq_N0_urot_57IQz.55LlKFIh85OvK5Tl2.5N_urot_5709zJ_DuVq_N04R_DuVq_N0CaVdCYQZ7Z_DuVq_N0LEw8hDBCp60Nl_I17lGDIf0_zC_xE_yIqKD5wKA_Ju68Cp005u6_wF_J0G8l41_Fd_MwFxKwTlF09_vL8F_lEw8hDBCp60Nr_55_Gd83CrI1_Au2HCw2.4NpC_DuVq_O0xK9_MrLD7h_ImwS_Tzhhh_09zJ89wK1L_urot_5WGNp_D18lL92w5d_LTtl_Wg695lC_DuVq_NZxK9_7dDB5l80_LTtl_Wge1k%26g%3d%260E%3dV8ZOX">il giudice, ove venga proposta da una delle parti </a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=4%3dMY0SQ%26F%3d4Z%260%3dU0YPY%26r%3dRMY6VT%26O%3dkKFJ_urot_62_DuVq_N0_urot_57IQz.55LlKFIh85OvK5Tl2.5N_urot_5709zJ_DuVq_N04R_DuVq_N0CaVdCYQZ7Z_DuVq_N0LEw8hDBCp60Nl_I17lGDIf0_zC_xE_yIqKD5wKA_Ju68Cp005u6_wF_J0G8l41_Fd_MwFxKwTlF09_vL8F_lEw8hDBCp60Nr_55_Gd83CrI1_Au2HCw2.4NpC_DuVq_O0xK9_MrLD7h_ImwS_Tzhhh_09zJ89wK1L_urot_5WGNp_D18lL92w5d_LTtl_Wg695lC_DuVq_NZxK9_7dDB5l80_LTtl_Wge1k%26g%3d%260E%3dV8ZOX">l'eccezione "<em>inadimplenti non est adimplendum</em>"</a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=4%3dMY0SQ%26F%3d4Z%260%3dU0YPY%26r%3dRMY6VT%26O%3dkKFJ_urot_62_DuVq_N0_urot_57IQz.55LlKFIh85OvK5Tl2.5N_urot_5709zJ_DuVq_N04R_DuVq_N0CaVdCYQZ7Z_DuVq_N0LEw8hDBCp60Nl_I17lGDIf0_zC_xE_yIqKD5wKA_Ju68Cp005u6_wF_J0G8l41_Fd_MwFxKwTlF09_vL8F_lEw8hDBCp60Nr_55_Gd83CrI1_Au2HCw2.4NpC_DuVq_O0xK9_MrLD7h_ImwS_Tzhhh_09zJ89wK1L_urot_5WGNp_D18lL92w5d_LTtl_Wg695lC_DuVq_NZxK9_7dDB5l80_LTtl_Wge1k%26g%3d%260E%3dV8ZOX">, deve procedere ad una valutazione comparativa degli opposti adempimenti avuto riguardo anche alla loro </a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=4%3dMY0SQ%26F%3d4Z%260%3dU0YPY%26r%3dRMY6VT%26O%3dkKFJ_urot_62_DuVq_N0_urot_57IQz.55LlKFIh85OvK5Tl2.5N_urot_5709zJ_DuVq_N04R_DuVq_N0CaVdCYQZ7Z_DuVq_N0LEw8hDBCp60Nl_I17lGDIf0_zC_xE_yIqKD5wKA_Ju68Cp005u6_wF_J0G8l41_Fd_MwFxKwTlF09_vL8F_lEw8hDBCp60Nr_55_Gd83CrI1_Au2HCw2.4NpC_DuVq_O0xK9_MrLD7h_ImwS_Tzhhh_09zJ89wK1L_urot_5WGNp_D18lL92w5d_LTtl_Wg695lC_DuVq_NZxK9_7dDB5l80_LTtl_Wge1k%26g%3d%260E%3dV8ZOX">proporzionalità</a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=4%3dMY0SQ%26F%3d4Z%260%3dU0YPY%26r%3dRMY6VT%26O%3dkKFJ_urot_62_DuVq_N0_urot_57IQz.55LlKFIh85OvK5Tl2.5N_urot_5709zJ_DuVq_N04R_DuVq_N0CaVdCYQZ7Z_DuVq_N0LEw8hDBCp60Nl_I17lGDIf0_zC_xE_yIqKD5wKA_Ju68Cp005u6_wF_J0G8l41_Fd_MwFxKwTlF09_vL8F_lEw8hDBCp60Nr_55_Gd83CrI1_Au2HCw2.4NpC_DuVq_O0xK9_MrLD7h_ImwS_Tzhhh_09zJ89wK1L_urot_5WGNp_D18lL92w5d_LTtl_Wg695lC_DuVq_NZxK9_7dDB5l80_LTtl_Wge1k%26g%3d%260E%3dV8ZOX"> rispetto alla </a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=4%3dMY0SQ%26F%3d4Z%260%3dU0YPY%26r%3dRMY6VT%26O%3dkKFJ_urot_62_DuVq_N0_urot_57IQz.55LlKFIh85OvK5Tl2.5N_urot_5709zJ_DuVq_N04R_DuVq_N0CaVdCYQZ7Z_DuVq_N0LEw8hDBCp60Nl_I17lGDIf0_zC_xE_yIqKD5wKA_Ju68Cp005u6_wF_J0G8l41_Fd_MwFxKwTlF09_vL8F_lEw8hDBCp60Nr_55_Gd83CrI1_Au2HCw2.4NpC_DuVq_O0xK9_MrLD7h_ImwS_Tzhhh_09zJ89wK1L_urot_5WGNp_D18lL92w5d_LTtl_Wg695lC_DuVq_NZxK9_7dDB5l80_LTtl_Wge1k%26g%3d%260E%3dV8ZOX">funzione economico-sociale</a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=4%3dMY0SQ%26F%3d4Z%260%3dU0YPY%26r%3dRMY6VT%26O%3dkKFJ_urot_62_DuVq_N0_urot_57IQz.55LlKFIh85OvK5Tl2.5N_urot_5709zJ_DuVq_N04R_DuVq_N0CaVdCYQZ7Z_DuVq_N0LEw8hDBCp60Nl_I17lGDIf0_zC_xE_yIqKD5wKA_Ju68Cp005u6_wF_J0G8l41_Fd_MwFxKwTlF09_vL8F_lEw8hDBCp60Nr_55_Gd83CrI1_Au2HCw2.4NpC_DuVq_O0xK9_MrLD7h_ImwS_Tzhhh_09zJ89wK1L_urot_5WGNp_D18lL92w5d_LTtl_Wg695lC_DuVq_NZxK9_7dDB5l80_LTtl_Wge1k%26g%3d%260E%3dV8ZOX"> del contratto e alla loro rispettiva incidenza sull'equilibrio sinallagmatico, sulle posizioni delle parti e sugli </a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=4%3dMY0SQ%26F%3d4Z%260%3dU0YPY%26r%3dRMY6VT%26O%3dkKFJ_urot_62_DuVq_N0_urot_57IQz.55LlKFIh85OvK5Tl2.5N_urot_5709zJ_DuVq_N04R_DuVq_N0CaVdCYQZ7Z_DuVq_N0LEw8hDBCp60Nl_I17lGDIf0_zC_xE_yIqKD5wKA_Ju68Cp005u6_wF_J0G8l41_Fd_MwFxKwTlF09_vL8F_lEw8hDBCp60Nr_55_Gd83CrI1_Au2HCw2.4NpC_DuVq_O0xK9_MrLD7h_ImwS_Tzhhh_09zJ89wK1L_urot_5WGNp_D18lL92w5d_LTtl_Wg695lC_DuVq_NZxK9_7dDB5l80_LTtl_Wge1k%26g%3d%260E%3dV8ZOX">interessi </a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=4%3dMY0SQ%26F%3d4Z%260%3dU0YPY%26r%3dRMY6VT%26O%3dkKFJ_urot_62_DuVq_N0_urot_57IQz.55LlKFIh85OvK5Tl2.5N_urot_5709zJ_DuVq_N04R_DuVq_N0CaVdCYQZ7Z_DuVq_N0LEw8hDBCp60Nl_I17lGDIf0_zC_xE_yIqKD5wKA_Ju68Cp005u6_wF_J0G8l41_Fd_MwFxKwTlF09_vL8F_lEw8hDBCp60Nr_55_Gd83CrI1_Au2HCw2.4NpC_DuVq_O0xK9_MrLD7h_ImwS_Tzhhh_09zJ89wK1L_urot_5WGNp_D18lL92w5d_LTtl_Wg695lC_DuVq_NZxK9_7dDB5l80_LTtl_Wge1k%26g%3d%260E%3dV8ZOX">delle stesse, onde qualora rilevi che l'inadempimento della parte nei cui confronti è opposta l'eccezione non è grave ovvero ha scarsa importanza, in relazione all'interesse dell'altra parte a norma dell'art. 1455 c.c., deve ritenere il rifiuto di quest'ultima di adempiere la propria obbligazione non conforme a buona fede e, quindi, non giustificato ai sensi dell'art. 1460, secondo comma, c.c..</a></p> <p style="text-align: justify;">Il 18 settembre esce la sentenza della sez. VI n. 21575 della Corte di Cassazione che si pronuncia sul diritto del mediatore al compenso anche se l’affare, o meglio il contratto definitivo, non si sia concluso. Sostiene la Corte di legittimità che perché sorga il diritto del mediatore al compenso, è sufficiente che la conclusione dell’affare possa ricollegarsi all’opera dallo stesso svolta per l’avvicinamento dei contraenti, purché, però, tale attività costituisca il risultato utile della condotta posta in essere dal mediatore stesso e, poi, valorizzata dalle parti. Ne consegue che il fondamento del diritto al compenso è da ricercarsi nella circostanza che l’attività di mediazione, che si concreta nella messa in relazione delle parti, costituisca l’antecedente indispensabile per pervenire, attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione dell’affare. Nella sentenza de quo, la Cassazione ha accolto il ricorso di un mediatore immobiliare riconoscendogli il diritto alla provvigione nonostante la mancata conclusione dell’affare. Secondo la Corte la clausola “ad affare fatto”, inserita nel contratto di mediazione, non fa venir meno il diritto al compenso del mediatore nel caso in cui la vendita non si perfezioni. Il fondamento del diritto al compenso deve ricercarsi nella circostanza che l’attività di mediazione costituisca l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione dell’affare. Nella fattispecie sottoposta al vaglio della Corte la conclusione dell’affare viene individuata nella conclusione del contratto preliminare di vendita intervenuta tra le parti; ai fini del riconoscimento del diritto alla provvigione restano, infatti, indifferenti le successive vicende che hanno dissuaso le parti dalla stipula del contratto definitivo.</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 ottobre esce l’ordinanza della II sezione della Cassazione n.24325 alla cui stregua, laddove non si abbia la stipula del definitivo, <a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=A%3dHWOZL%26D%3dIg%265%3dSQaHZ%267%3dYHWKcO%26M%3dzRAH_0yjr_K9_9skx_I8_0yjr_JDDOE.BzJ1RAGwEzMARzR19.zL_0yjr_JD57EQ_9skx_I8IY_9skx_I8RhQbRfMTOh_9skx_I8k93Ls_G3_J7EzL7_G3_H0M4AAQrJ1M_r59SzJwLA7_wLAJsR6_A6_N6KAC0K7_BvD4_G4E70zDw_BvNw_Nr9sPv_M6_ArF7Lv_61_J65sXzG6C.yL5J_9skx_J8CR4_K7S95w_Phuh_aufwo_57EQ37BRvJ_0yjr_JdBL5_Kv61S4_Ji1g_9r3sUvC431J_9skx_IXCR4_5sK731E5_Ji1g_Uvlvi%26v%3d%26G0%3dTOdKX">il promissario acquirente entrato in possesso dell'immobile deve pagare un canone di locazione</a> al promittente alienante. Secondo la Corte poi, <a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=7%3dBUIVF%26B%3dCc%26y%3dQKWBX%261%3dUBUEYI%26K%3dtN5F_4udp_E5_3qet_C6_4udp_D08M9.8tHuN5EqAtK5NtPu5.tJ_4udp_D0y59M_3qet_C6CU_3qet_C6LdKZLbGRId_3qet_C6e5wJm_Cw_H1AtJ1_Cw_F4Ix95MlHuI_l33OtHqH55_qH5HmNz_9z_JzI594I1_8pBx_CxC16tBq_8pLq_Jl7mLp_Kz_7lD1Hp_4u_Fz3mTtEz9.sJyF_3qet_D67Nx_I1O33q_Lbsb_Wodqk_y59Mw56NpH_4udp_DZ6Jy_Gp4uOx_Hcwa_5l1mSp9x1uF_3qet_CV7Nx_3mG11uAy_Hcwa_Sphpg%26p%3d%26C4%3dRIZEV">a fronte della risoluzione di un contratto preliminare di compravendita, le regole sulla ripetizione dell’indebito impongono ad entrambe le parti di restituire le prestazioni ricevute, rimaste prive di causa.</a> La Corte precisa innanzi tutto come in caso di inadempimenti reciproci vada assunto prevalente l’inadempimento dei promittenti alienanti a causa del carattere abusivo dell’immobile, con la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento di questi ultimi. L’efficacia retroattiva della risoluzione per inadempimento di un contratto preliminare comporta peraltro, chiosa la Corte, l’insorgenza, a carico di ciascun contraente, dell’obbligo di restituire le prestazioni ricevute, rimaste prive di causa, secondo i principi sulla ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c. Alla restituzione delle prestazioni ricevute vanno aggiunti i frutti dell’anticipato godimento del bene nel caso in cui il promissario acquirente abbia ottenuto la consegna e la detenzione anticipate del bene promesso in vendita per cui deve non solo restituire l’immobile al promittente alienante ma, altresì, corrispondergli per l’appunto i frutti per l’anticipato godimento dello stesso.</p> <p style="text-align: justify;">Il 17 ottobre esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.24467 che statuisce come - <a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=0%3d2UKY6%26B%3dEf%26o%3dQMZ8U%263%3dX2UGb9%26K%3dvQuF_6xTp_G8_sqgw_36_6xTp_FCxMA.AjHwQuEsDjK7QjPw8.jJ_6xTp_FCo5AP_sqgw_36EX_sqgw_36NgAZNe7RMf_sqgw_36Z_Bt5qR193Kf_92_CpH18_tFs0j6w0b_4w_Ro_33KuHoQuE_4OfBwJjDoOf_F9L_fI7Bs5_6Fd8wBtJo_8o3vB_e1_9K_tEzL_qH3JjI78s93_8dG9Fs52Qf.88Jm_HezQ_StRuC_7LvHqB_sqgw_44RBH_DsTtBsQu56_ORsd_Y7K8J_n58b1orFvC_6xTp_GAfCoFm_HezQ_RJRuC_q8nFoFhD_6xTp_GAE5U%26A%3d%26jI%3dFd8QF">nel caso di contratto preliminare con pluralità di promissari acquirenti di un unico fondo considerato nella sua interezza - la relativa obbligazione è indivisibile, per cui tanto l'adempimento quanto l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre, a norma dell'art. 2932 c.c., possono anche essere chiesti da uno solo di detti promissari, a norma dell'art. 1319 c.c..</a></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2018</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’8 gennaio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.196 alla cui stregua va riaffermato il principio per cui la nullità della cessione di alloggio di edilizia economia e popolare da parte dell'assegnatario con patto di riscatto, stipulata in violazione dell'art. 26 d.P.R. n. 1265 del 1956, non toglie che l'assegnatario medesimo possa validamente stipulare un preliminare di vendita, che pur se effettuato in pendenza del termine di assegnazione, anche eventualmente accompagnato dall'anticipata attribuzione del possesso dell'immobile, richiede ulteriore manifestazione della volontà negoziale dopo l'acquisto della proprietà, al fine di produrre effetti traslativi, quando il giudice di merito, interpretando la volontà negoziale, abbia ritenuto la stessa, anche in relazione al principio di conservazione del negozio, diretta ad operare in tempo successivo (Cass., Sez. I, 18 maggio 2007, n. 11664; Cass., Sez. III, 27 gennaio 2010, n. 1701).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">L’11 gennaio esce l’ordinanza della VI sezione della Cassazione n.537 che assume <a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=7%3dOUOVS%26B%3dIc%26B%3dRJWXU%267%3dUOUKYV%26K%3dzNHF_0uqp_K5_Fqkt_P6_0uqp_J0KME.87H1NHEwA7KAN7P15.7J_0uqp_J0B5EM_Fqkt_P6IU_Fqkt_P6RdXZRbUTMW_Fqkt_P6d5_G56N3DH5_1EAN7JCN7Ls_HCD_8OC_5AM3Hw_9A5AMy_Iw_H3B_8L3B1G7DsL3_CsH116I_7_4sN7_3sNyIB509_v90B_1GAEtC05.zNAB_0uqp_K0IJ5_MCK073_Hiwn_Svh3g_69KI49HJwL_Fqkt_PVCNA_Cw87K5_Losh_W25557B5y1s_0uqp_JZIJ5_7yC85776_Losh_W2dwk%262%3d%269A%3dWOROZ">viziato da nullità per indeterminabilità dell’oggetto il contratto preliminare avente ad oggetto alcuni degli appartamenti da realizzare sul lotto già di proprietà del promissario acquirente, la cui individuazione sia rimessa a quest’ultimo, in epoca successiva alla stipula. La sentenza ex art. 2932 c.c. deve per la Corte corrispondere esattamente al contenuto del contratto, non potendo trarre elementi da altra documentazione per la specificazione del bene oggetto di trasferimento.</a></p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 18 aprile esce la sentenza della II sezione della Cassazione n. 9550, onde la clausola che preveda la risoluzione di un contratto preliminare di compravendita immobiliare in caso di mancata approvazione di un progetto di lottizzazione deve essere qualificata come condizione risolutiva e non come condizione potestativa (c.d. unilaterale), in quanto la prima si limita a subordinare l'efficacia del contratto ad un evento, futuro e incerto, il cui verificarsi priva automaticamente il negozio di effetti <em>ab origine</em>, mentre la seconda (condizione potestativa unilaterale) esige una specifica ed inequivoca, pertinente pattuizione, senza che rilevi il mero interesse della parte alla relativa realizzazione.</p> <p style="text-align: justify;">Più nel dettaglio, la pertinente clausola non è qualificabile nel caso di specie come condizione cosiddetta unilaterale, e perciò non implica - a differenza di quanto sostiene il ricorrente, il quale sottolinea la propria permanente disponibilità all'operazione immobiliare nonostante l'adozione della variante urbanistica - la possibilità per il promissario acquirente di reclamare la stipulazione del definitivo indipendentemente dal relativo verificarsi (rinunciando dunque alla “<em>condizione</em>”), in relazione al solo interesse del promissario medesimo rispetto all'evento, atteso che la suddetta condizione unilaterale esige una specifica ed inequivoca pattuizione, che nel caso in esame mancava (per un analogo precedente, Cass. Sez. 2, 30/10/1992, n. 11816; arg. anche da Cass. Sez. 2, 17/11/2017, n. 27320). La pattuizione della condizione risolutiva del contratto preliminare di compravendita di un terreno in caso di mancata approvazione del piano di lottizzazione, con l'obbligo di restituzione del prezzo, realizza in effetti, per la Corte, un equilibrio tra le prestazioni e le aspettative economiche dei contraenti frutto dell'autonomia privata (vedi Cass. Sez. 2, 27/11/2009, n. 25047).</p> <p style="text-align: justify;">La ricorrenza di una c.d. condizione unilaterale può essere affermata – prosegue il Collegio - solo sulla base di una inequivoca formulazione del contratto, non potendosi desumere dal semplice fatto che una sola delle parti possa essere interessata al verificarsi dell'evento dedotto in condizione. L'avverarsi dell'evento dedotto in condizione opera, invero, automaticamente sull'efficacia del negozio originariamente stipulato e soltanto la previsione in favore di una parte di un diritto potestativo, che consenta di dar vita, successivamente al verificarsi dell'evento dedotto in condizione, ad un nuovo negozio di contenuto identico (previa rinuncia agli effetti della condizione), consente di ravvisare una condizione (ad interesse) unilaterale.</p> <p style="text-align: justify;">Si trattava dunque per la Corte nel caso di specie di condizione - avendo le parti espressamente previsto di attribuire efficacia risolutiva ad un evento futuro e incerto, quale la mancata approvazione del progetto di lottizzazione - e non di "<em>presupposizione</em>", la quale è configurabile, piuttosto, quando, da un lato, una obiettiva situazione di fatto o di diritto (passata, presente o futura) possa ritenersi che sia stata tenuta presente dai contraenti nella formazione del loro consenso - pur in mancanza di un espresso riferimento ad essa nelle clausole contrattuali - come presupposto condizionante la validità e l'efficacia del negozio (cosiddetta condizione non sviluppata o inespressa), e, dall'altro, il venir meno o il verificarsi della situazione stessa sia del tutto indipendente dall'attività e volontà dei contraenti e non corrisponda, integrandolo, all'oggetto di una specifica obbligazione dell'uno o dell'altro (cfr. Cass. Sez. 2, 23/09/2004, n. 19144; Cass. Sez. 2, 28/08/1993, n. 9125; Cass. Sez. 2, 17/12/1991, n. 13578; Cass. Sez. 2, 11/08/1990, n. 8200).</p> <p style="text-align: justify;">Spetta all'attività interpretativa del giudice di merito, e dunque alla Corte di Venezia, individuare entro quale termine dovesse intendersi risolutivamente condizionata l'efficacia del contratto preliminare di vendita immobiliare alla mancata approvazione del piano di lottizzazione (si veda Cass. Sez. 2, 05/02/2015, n. 2119). Si spiega dalla Corte, invero, che pure nel caso in cui le parti abbiano condizionato l'efficacia di un contratto al verificarsi di un evento senza indicare espressamente il termine entro il quale questo possa utilmente avverarsi, può essere ottenuta la dichiarazione giudiziale di inefficacia del contratto stesso per l'avveramento della condizione risolutiva, senza che neppure ricorra l'esigenza della previa fissazione di un termine, ai sensi dell'art. 1183 c.c., quando il giudice (come appunto ha fatto la Corte d'Appello di Venezia al fine di accogliere la domanda di risoluzione, perciò non incorrendo in alcuna ultrapetizione) ritenga essere comunque trascorso un lasso di tempo congruo entro il quale l'evento previsto dalle parti si sarebbe dovuto verificare (cfr. Cass. Sez. 3, 10/11/2010, n. 22811; Cass. Sez. 2, 16/12/1991, n. 13519).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 14 maggio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.11659, che rappresenta come nel caso di specie la Corte di appello si sia orientata sulla base di un'applicazione particolarmente rigorista della normativa urbanistica, che ravvisa ex art. 1418 c. 1 c.c. una nullità contrattuale in ogni caso in cui vi sia violazione di norma imperativa. Tale inquadramento sottovaluta tuttavia che quella norma pone la sanzione di nullità per contrarietà a norme imperative salvo il caso in cui la legge disponga diversamente. La regola della nullità come sanzione, abbracciata espressamente in sentenza, va quindi affiancata, e dal punto di vista logico per la Corte preceduta, dalla verifica della esistenza di norme che consentono alla fattispecie di sfuggire alla norma imperativa apparentemente applicabile. Ora, in tema di vendita di immobili, il sovrapporsi della legislazione speciale introdotta a partire dal 1985 impone di tener conto in primo luogo di un orientamento giurisprudenziale che è alquanto prudente nell'uso dello strumento della incommerciabilità del bene quale riflesso della nullità negoziale di immobile irregolare urbanisticamente. La Corte cita i propri precedenti n. 20258 del 2009 e Cass. 8081 del 2014 secondo i quali in tema di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto di compravendita, ai sensi dell'art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, può essere pronunciata sentenza di trasferimento coattivo ex art. 2932 cod. civ. nel caso in cui l'immobile abbia un vizio di regolarità urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformità rispetto alla concessione. Trattasi di sentenze, precisa la Corte, che sono riflesso dell'orientamento che distingue tra ipotesi di abuso primario, relativo a beni immobili edificati o resi abitabili in assenza di concessione e alienati in modo autonomo rispetto all'immobile principale di cui in ipotesi facevano parte; e abuso secondario, caratterizzato dalla circostanza che solo una parte di unità immobiliare già esistente abbia subito modifica o mutamento di destinazione d'uso. La distinzione è stata costantemente propugnata negli studi del Consiglio del Notariato e dalla dottrina in genere, attenta a impedire che le spinte all'uso dello strumento civilistico della nullità quale indiretta forma di controllo amministrativo sulla regolarità urbanistica degli immobili giungesse a paralizzare di fatto la circolazione di gran parte del patrimonio immobiliare italiano, risalente nel tempo e sovente affetto da difformità trascurabili rispetto al permesso edilizio.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 21 maggio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n. 12527 alla cui stregua, come spiegato da Cass. SSUU, n. 4628/15, nell'evoluzione della contrattazione immobiliare e dell'attività di mediazione professionalmente gestita, le esigenze legate alla complessità delle convenzioni ed alle verifiche da effettuare per saggiare la serietà ed affidabilità dei proponenti, nonché la consistenza del bene, hanno portato ad una frequente moltiplicazione delle fasi contrattuali. Succede di regola che dapprima l'aspirante venditore dà incarico ad un intermediario per l'alienazione di un immobile di sua proprietà. Quindi l'intermediario reperisce l'aspirante acquirente, il quale offre un certo corrispettivo per l'acquisto del bene, di solito sottoscrivendo (come avvenuto nella specie) un modulo definito proposta irrevocabile di acquisto. A ciò fa ancora seguito l'accettazione dell'aspirante venditore. Quindi le parti pervengono alla stipula del contratto preliminare propriamente detto, ed, infine, al rogito notarile recante il contratto definitivo. Le SSUU del 2015 hanno chiarito – prosegue la Corte - come la stipulazione di un contratto preliminare di preliminare, ossia di un accordo in virtù del quale le parti si obblighino a concludere un successivo contratto che preveda anche solamente effetti obbligatori (e con l'esclusione dell'esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento) è valida ed efficace, e dunque non è nulla per difetto di causa, ove sia configurabile un interesse delle parti, meritevole di tutela, ad una formazione progressiva del contratto, fondata su una differenziazione dei contenuti negoziali, e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare. La violazione di tale accordo, in quanto contraria a buona fede, è idonea a fondare, per la mancata conclusione del contratto stipulando, una responsabilità contrattuale da inadempimento di una obbligazione specifica sorta nella fase precontrattuale. Secondo le Sezioni Unite, dunque, ravvisata la valida pattuizione di un vincolo contrattuale finalizzato ad un ulteriore accordo, il rifiuto di contrattare opposto nella seconda fase, se immotivato e contrario a buona fede, dà luogo ad un inadempimento di un rapporto obbligatorio già perfezionatosi. Peraltro, può pure darsi in concreto una più articolata procedimentalizzazione delle fasi contrattuali, che consente di individuare nel corso delle trattative una convenzione che non sia ancora un vero preliminare (perché mancano ancora elementi essenziali), ma una puntuazione vincolante sui profili in ordine ai quali l'accordo è irrevocabilmente raggiunto, restando da concordare secondo buona fede ulteriori punti. Questi procedimenti di formazione contrattuale graduali – prosegue la Corte - lasciano trasparire l'interesse perseguito dalle parti a una negoziazione consapevole e informata. In tali fattispecie la formazione del vincolo è limitata, quindi, a una parte del regolamento e la violazione dell'intesa raggiunta, perpetrata in una fase successiva, rimettendo in discussione questi obblighi <em>in itinere</em> che erano già determinati, dà parimenti luogo a responsabilità contrattuale da inadempimento..</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 29 maggio esce l’ordinanza della III sezione della Cassazione n.13386 che, in tema di dismissione di immobili pubblici, assume come la tesi difensiva onde l’ente pubblico dismettente non dispone di margini di discrezionalità nella determinazione del prezzo e nella qualificazione dell'immobile offerto in vendita appaia del tutto indifferente rispetto allo schema di diritto civile, applicabile anche nella procedura di dismissione degli immobili degli enti pubblici previdenziali (art. 1323 c.c. : in difetto di norme di legge derogative), riguardante la conclusione dell'accordo produttivo di effetti giuridici reali ed obbligatori mediante lo scambio del consenso delle parti (principio consensualistico: artt. 1321, 1326, 1372, 1376 c. c.), atteso che l’eventuale vincolo imposto all'ente pubblico si colloca in un momento cronologicamente anteriore al perfezionamento del contratto, ed esattamente nella fase della formazione 'procedimentale' della volontà del soggetto pubblico, destinata poi a manifestarsi all'esterno attraverso il compimento dell'atto preparatorio del contratto, costituito dalla proposta, la quale per il fatto di provenire dall'ente pubblico non per questo diverge per struttura, funzione e contenuto da quella che è una dichiarazione ricettizia diretta alla conclusione del negozio e produttiva dei limitati effetti previsti dal codice civile. La Corte richiama in proposito il precedente delle SSUU n. 6023/2016 onde in tema di dismissione di immobili pubblici, quando il conduttore accetta l'offerta in opzione contenente gli elementi essenziali della vendita, si perfeziona un contratto preliminare che gli attribuisce il diritto di acquistare al prezzo fissato, esercitabile anche con azione ex art. 2932 c.c. davanti al GO, essendo ormai uscita la determinazione del prezzo dalla discrezionalità tecnica dell'offerente (pubblico) ed essendo irrilevante il successivo mutamento della qualifica dell'immobile (nella specie, riclassificato come “<em>di pregio</em>”).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 30 maggio esce la sentenza n. 13577 della sezione II della Cassazione Civile, che si pronuncia sulle questioni involgenti il contratto preliminare, sentenza costitutiva non trascritta e diritti dei terzi di buona fede . Sostiene la Corte che “l'art. 2652 n. 1 c.c. che specificamente si occupa della trascrizione della domanda di risoluzione dei contratti, ma con previsione che deve reputarsi estesa anche alla risoluzione degli effetti della sentenza traslativa ex art. 2932 c.c., prevede poi che le sentenze che accolgono la domanda di risoluzione non possono pregiudicare i diritti acquistati dai terzi in base ad un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda stessa. Tornando al caso in esame, in primo luogo, pur vertendosi in materia di atti traslativi della proprietà immobiliare, non risulta che sia stata trascritta la domanda di risoluzione degli effetti della sentenza n. 161/1999, mentre a contrario, si riscontra che i ricorrenti principali avevano anteriormente rispetto alla stessa proposizione della domanda di risoluzione, trascritto la loro domanda giudiziale, che ricomprendeva anche l'accertamento dell'autenticità della sottoscrizione della scrittura di vendita di cosa altrui del 1/9/1997, potendo in tal caso valersi degli effetti di cui all'art. 2652 n. 3 c.c. quanto alla retroattività della sentenza di accertamento dell'autenticità delle sottoscrizioni alla data della trascrizione. Il conflitto tra le pretese degli originari proprietari e quello degli aventi causa della società, divenuti, come visto proprietari del bene in conseguenza dell'avvenuto acquisto della proprietà da parte della stessa società, giusta gli effetti della sentenza ex art. 2932 c.c., va quindi risolto facendo applicazione dei principi espressi dalla norma di cui all'art. 1458 c.c., non potendosi a tal fine risolvere la questione richiamando il ricordato brocardo, avendo il legislatore dettato tale specifica disposizione tesa a salvaguardare gli acquisti dei terzi, a determinate condizioni, pur in caso di accoglimento della domanda di risoluzione del titolo del loro dante causa. Risulta poi del tutto improprio, al fine del rigetto della pretesa dei ricorrenti, il richiamo alla regola della continuità delle trascrizioni in ragione della mancata trascrizione della sentenza costitutiva di trasferimento della proprietà in favore della società, posto che nel caso in esame la regola di risoluzione del conflitto, come si ricava dal combinato disposto degli artt. 1458 e 2652 c.c. si fonda sul principio della priorità della trascrizione dell'acquisto del terzo rispetto alla trascrizione, peraltro mai avvenuta, della domanda di risoluzione, ponendosi eventualmente la necessità di ripristinare il principio di continuità delle trascrizioni, con la conseguente trascrizione anche della sentenza de qua, nel diverso caso in cui si debba risolvere il conflitto tra gli odierni ricorrenti e gli eventuali aventi causa del Dionisi, poiché solo in tale ipotesi l'assenza di un anello della catena delle trascrizioni in favore dei primi ne determinerebbe la soccombenza rispetto all'acquisto compiuto da chi appare essere tuttora proprietario in base alle risultanze dei registri immobiliari.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 giugno esce l’ordinanza n. 14470 della sottosezione VI della sezione tributaria della Corte di Cassazione, che si pronuncia sulla questione relativa alla possibile tassazione, a prescindere della impugnabilità della sentenza che abbia costituito gli effetti del contratto definitivo tra le parti, ex art. 2932 c.c., che subordini il trasferimento del bene al pagamento del prezzo. La sottosezione VI ha affermato il principio secondo il quale, in materia d’imposta di registro, la sentenza pronunciata ex art. 2932 c.c., con la quale sia stato disposto il trasferimento di un immobile in favore del promissario acquirente subordinatamente al pagamento del corrispettivo pattuito, è soggetta ad imposta proporzionale e non a quella in misura fissa, anche se la pronuncia risulti ancora impugnabile, trovando nella specie applicazione l’art. 27 del d.P.R. n. 131 del 1986, alla stregua del quale non sono considerati sottoposti a condizione sospensiva gli atti i cui effetti dipendano, in virtù di condizione meramente potestativa, dalla mera volontà dell’acquirente, ovvero, nella specie, dall’iniziativa unilaterale del promittente acquirente. Il provvedimento ordinatorio si conforma all’orientamento espresso, in subiecta materia, dalla medesima sezione tributaria con la sentenza 14 settembre 2016, n. 18006 ponendosi tuttavia in consapevole contrasto con quello adottato, in passato, in altre decisioni della Corte con riferimento alla medesima questione di diritto: si legge, difatti, nell’ordinanza 26 luglio 2013, n. 18180 che, in tema di imposta proporzionale di registro, la sentenza emessa ai sensi dell’art. 2932 c.c., che preveda la subordinazione del trasferimento di un immobile alla condizione del previo pagamento del prezzo, comporta l’assoggettamento a tributo solo al verificarsi di tale evento, atteso che solo in tale momento l’atto produce effetti i suoi traslativi: in motivazione, viene poi specificata (attraverso una più corretta ricostruzione della fattispecie della condizione meramente potestativa) la ragione della ritenuta inapplicabilità dell’art. 27, comma 3, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 - secondo il quale non sono considerati sottoposti a condizione gli atti subordinati a condizione meramente potestativa - perché questa ricorre quando l’evento futuro ed incerto consiste nel comportamento attivo od omissivo determinato da mero arbitrio della parte, dovendo invece qualificarsi come potestativa la condizione costituita da un atto di esercizio della volontà dipendente da un complesso di motivi connessi ad apprezzabili interessi, che, pur essendo rimessi all’esclusiva valutazione di una parte, incidano sulle sue scelte, come quando la decisione attenga al pagamento di un conguaglio del prezzo convenuto nel preliminare che, nella specie, non era mai stato versato.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 20 giugno esce l’ordinanza della Cassazione Civile, sez. VI, n. 16192, che afferma il principio per cui la società di gestione aeroportuale in relazione alla fornitura di servizi degli scali aeroportuali non ha alcun obbligo a contrarre nei confronti delle compagnie aeree rilevante ai fini della deroga dell'art. 67, comma 2, l. fall. Nel caso concreto, la Corte ritiene il ricorso di parte infondato, alla stregua dei principi affermati nella recentissima pronuncia del 24/4/2018, n. 10117. Detta pronuncia, richiamati i principi di cui alla sentenza Sez. U. 23/1/2004, n. 1232, e delle successive pronunce delle sezioni semplici, del 20/12/2007, n. 26977, 5/4/2013, n. 8418, 8/2/2018, n. 3085, ed avuto riguardo altresì agli arresti del Giudice delle Leggi, 110/1995 e 379/2000, ne ha tratto che: «... nella fattispecie concreta non si tratta tanto della adottabilità o meno delle misure di autotutela previste dagli artt. 1460 ("Eccezione di inadempimento") e 1461 ("Mutamenti nelle condizioni patrimoniali dei contraenti") del cod. civ., dal momento che esse sono chiaramente incentrate sul «pericolo» di (non) «conseguimento della controprestazione», mentre nel caso di specie Aeroporti di Roma s.p.a. ha usufruito di una forma di autotutela ben più forte e radicale, consistita nell'imporre per circa un anno al vettore Volare Airlines s.p.a. - che versava in evidente stato di insolvenza - il pagamento anticipato della controprestazione per i servizi aeroportuali forniti (dunque in una prospettiva diametralmente opposta a quella considerata nella sentenza n. 1232/04, ove si muoveva dal presupposto che, di regola, il monopolista è tenuto ad erogare preventivamente le prestazioni di servizi per le quali è poi legittimato a richiedere il corrispettivo). Il punto decisivo è dunque stabilire, in primo luogo, se i pagamenti imposti a Volare Airlines s.p.a. e ricevuti da Aeroporti di Roma s.p.a. nel periodo sospetto possano ritenersi esenti da revocatoria in forza di una disposizione normativa di (più o meno esplicita) deroga all'art. 67, comma 2, legge fall.; la risposta a tale quesito risulta negativa sulla base delle stesse allegazioni di parte, non potendo certo risiedere nell'art. 802 cod. nav. vigente all'epoca dei fatti, il quale si limitava a condizionare l'autorizzazione alla partenza dell'aeromobile - tra l'altro - all'avvenuto pagamento delle tasse e diritti aeroportuali</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 luglio esce l’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. II civile, n. 18835, che si pronuncia sul termine per la stipula del contratto definitivo che sia fissato nel contratto preliminare. La Corte ribadisce il seguente principio di diritto "il termine per l'adempimento può essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti dell'art. 1456 c.c. solo quando, all'esito dell'indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell'oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine medesimo; tale volontà non può desumersi solo dall'uso dell'espressione "entro e non oltre" quando non risulti dall'oggetto del negozio o da specifica indicazione delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l'utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata".</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 18 luglio esce l’ordinanza n. 19101/18 della Corte di Cass. VI Sez. civile, che si pronuncia circa il danno non patrimoniale risarcibile in caso di inadempinento del contratto preliminare. La Corte conferma la sentenza impugnata, poiché la corte d'appello non ha infatti inteso discostarsi dai consolidati principi in base ai quali il danno morale, inteso come sofferenza soggettiva, rappresenta una voce dell'ampia categoria del danno non patrimoniale e ben può derivare da un inadempimento contrattuale che pregiudichi un diritto inviolabile della persona (nella specie, il diritto alla salute) (Cass. n. 21999 del 2011); ha ritenuto al contrario non provato da parte dei ricorrenti che il disagio sicuramente derivante dalla situazione di incertezza in cui si sono venuti a trovare a seguito dell'inadempimento di controparte sia stato di tale afflittività da costituire un pregiudizio per la salute e per altro diritto costituzionalmente garantito.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 25 luglio esce la sentenza della Cassazione civile, sez. I, n. 19743, che statuisce sulla responsabilità dei sindaci che omettono di valutare il contenuto economico dei contratti preliminari stipulati dalla società. Al riguardo, la Corte richiama la giurisprudenza a tenore della quale in tema di responsabilità degli organi sociali, la configurabilità dell'inosservanza del dovere di vigilanza, imposto ai sindaci dall'art. 2407, secondo comma, cod. civ., non richiede l'individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, ma è sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l'incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente anche segnalando all'assemblea le irregolarità di gestione riscontrate o denunziando i fatti al Pubblico Ministero per consentirgli di provvedere ai sensi dell'art. 2409 cod. civ. (Cass., n. 13517/14; ord. n. 16314/17). Nel caso concreto, la sentenza della Corte d'appello viene confermata, poichè ha correttamente applicato tale orientamento, nel confermare la decisione del Tribunale, rilevando con chiarezza che non era stata imputata ai sindaci l'inopportunità della stipula dei contratti preliminari, ma l'omessa valutazione del contenuto dei contratti e la mancata iniziativa diretta ad evitare atti dannosi per la società, con motivazione esaustiva e rispettosa dei criteri di legge.</p> <p style="text-align: justify;">Lo stesso giorno esce la sentenza n. 35446 della sez. II Penale, che si pronuncia in tema momento consumativo del delitto di circonvenzione di incapace. La Corte di legittimità confermando la sentenza impugnata afferma che “anche la doglianza proposta con riguardo alla natura esclusiva del preliminare ai fini della individuazione del momento consumativo, proposta in entrambi i ricorsi, è manifestamente infondata; appare infatti evidente che la giurisprudenza di questa corte abbia certamente ricollegato già alla stipula del contratto preliminare possibili effetti pregiudizievoli idonei ad essere valutati ai sensi dell'art. 643 c.p., ma, ciò, senza negare la natura traslativa e quindi ulteriormente dannosa di un contratto definitivo di vendita. Deve infatti essere ribadito che in presenza di stipula da parte di soggetto ritenuto incapace di preliminare e successivo definitivo, il delitto di circonvenzione di persone incapaci assume la forma tipica del delitto a consumazione frazionata poichè più episodi dannosi si consumano in danno della medesima vittima ad opera dello stesso autore. E poichè ciascuno dei suddetti negozi giuridici comporta effetti dannosi per la vittima incapace, il preliminare perchè da esso sorgono obblighi, ed il definitivo poichè ad esso è collegato l'effetto traslativo della proprietà ove si tratti di vendita, ciascuno di essi è idoneo ad integrare l'ipotesi di cui all'art. 643 c.p., con la conseguenza che ove vengano stipulati entrambi si profila una prosecuzione della condotta delittuosa in distinti momenti entrambi poi rilevanti ai fini della individuazione della data del commesso reato e quindi del momento iniziale da cui far decorrere il termine prescrizionale.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 31 luglio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.20226 alla cui stregua nel rapporto giuridico che si costituisce per effetto della sentenza di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto preliminare di compravendita, il pagamento del prezzo ancora dovuto dal promissario acquirente, pur conservando la propria originaria natura di prestazione essenziale del compratore, assume anche il valore e la funzione di una condizione sospensiva dell'effetto traslativo, destinata ad avverarsi, nel caso di adempimento, o a divenire irrealizzabile, precludendo l'effetto condizionato, nell'ipotesi opposta di omesso pagamento del prezzo medesimo nel termine fissato dalla sentenza o, in mancanza, nel congruo lasso di tempo necessario perché la mora del promissario acquirente assuma i caratteri dell'inadempimento di non scarsa importanza per il creditore, rendendo non più possibile l'adempimento tardivo contro la volontà di quest'ultimo.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">L’11 settembre esce la sentenza n. 22046 della sez. II civile, che si pronuncia dichiarando che è ammissibile il preliminare di compravendita condizionato all'erogazione del mutuo. Infatti, qualora le parti abbiano subordinato gli effetti di un contratto preliminare di compravendita immobiliare alla condizione che il promissario acquirente ottenga da un istituto bancario un mutuo per poter pagare in tutto o in parte il prezzo stabilito, la relativa condizione è qualificabile come "mista", ovvero rimessa in parte alla volontà di uno dei contraenti ed in parte ad un apporto causale esterno, in quanto la concessione del mutuo dipende non solo dall'istituto bancario, ma anche dal comportamento del promissario acquirente nell'approntare la relativa pratica.</p> <p style="text-align: justify;">Il 3 settembre esce l’ordinanza n. 21548 della Cassazione Civile, Sez. II, con cui la Corte di legittimità, confermando la sentenza impugnata, ribadisce che, pur considerando la natura costitutiva della sentenza ex art. 2932 cod. civ., la cui efficacia quindi decorre dal suo passaggio in giudicato, quando come nel caso di specie il trasferimento della proprietà era stato giudizialmente subordinato al verificarsi delle due condizioni sopra viste e il ricorrente non aveva neppure allegato l'avveramento delle stesse, non vi era stato assolvimento della prova sui fatti costitutivi della domanda proposta e pertanto si giustificava il rigetto della stessa. La Corte conferma che la Corte distrettuale avesse giudicato in linea con i principi giurisprudenziali espressi in materia, che in particolare escludono che, in caso di trasferimento condizionato al pagamento del prezzo, il promissario acquirente possa non adempiere od offrire di adempiere (cfr. Cass. 11195/1994</p> <p style="text-align: justify;">Il 9 ottobre esce l’ordinanza della Cassazione, Sez. VI civile, n. 24824, che si pronuncia sull’esercizio del <a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=5%3d2XFT6%26E%3d0a%26o%3dVIU3Y%26x%3dS2XBW9%26N%3dqLuI_1sTs_B3_stbr_39_1sTs_A8xP6.6jKrLuHn9jN2LjSr3.jM_1sTs_A8o86K_stbr_390S_stbr_39IbAcIa2T0X_stbr_39RD_eB1AuMx_6fE_yJpFrKt41Ap_4lIvB17oMn_6j_Kn5f7nJf_7jD_dHwLs43Lp_Ln_Db_6xKb_OnFeN33_f_013w433_e4_5Ao6xDj.A3Em_KZuQ_VoMuF_2GvKl7_stbr_47M7H_GnOtEnLu81_JRvY_T7N3E_n8mAvF_1sTs_B6fFjAm3b4j_KZuQ_UEMuF_l3nIjAhG_1sTs_B6E8P%266%3d%26jL%3dCS8cC"> diritto del promissario acquirente di recedere dal contratto se la cosa venduta è gravata da vincoli</a>. La Corte afferma il principio per cui <a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=A%3dMYHZQ%26F%3dBg%260%3dWKaNZ%26z%3dYMYDcT%26O%3dsRFJ_3yot_D9_Dudx_N0_3yot_CDIQ8.B5LtRFIpE5O4R5Tt9.5N_3yot_CD098Q_Dudx_N0BY_Dudx_N0KhVdKgMUBd_Dudx_N0TJ_zC3GFNz_B1F_1PAGtQE53GA_5nOGC3C0Np_B5_LpA18pP1_8lJ_yIyRD55RA_Mp_Jw_7zQw_PpLzO59_1_A39H559_z5_7G07zJ5.B5K8_Lb1l_WqSFG_4MGLnC_Dudx_O8OCc_HpUEFpRF93_Pmwa_ZRO5K_99oGGG_3yot_DB1GlG89w5l_Lb1l_VGSFG_n99JlG3H_3yot_DBZ9R%26B%3d%265M%3dEYSdE">ai sensi dell’art. 1482, comma 1, c.c. il compratore può sospendere il pagamento del prezzo, se la cosa venduta risulta gravata da garanzie reali o da vincoli derivanti da pignoramento o da sequestro, non dichiarati dal venditore e dal compratore stesso ignorati.</a> E’ pur vero che l'art. 1482 c.c., mentre attribuisce al compratore la facoltà di sospendere il pagamento del prezzo, <strong>subordina tuttavia la risoluzione del contratto per inadempimento all'inutile decorso del termine stabilito dal giudice per liberare la cosa dai vincoli, </strong>da ciò derivando che la domanda giudiziale di risoluzione, in deroga alla disposizione dell'art. 1453, comma 3, c.c., <strong>non ha l'effetto immediato di precludere alla parte inadempiente la possibilità di adempiere la propria obbligazione, cioè di liberare la cosa dal vincolo</strong> (Sez. 2, n. 16388, 5/8/2015, Rv. 636169; ma anche lo stesso lontano precedente - n. 5300/1977 - citato dalla ricorrente), ma ciò non significa affatto che il contraente adempiente (qui il promissario acquirente) non possa sciogliersi dal contratto, ma, ben diversamente, che il contraente inadempiente (qui la prominente alienante), ove avesse liberato il bene (cosa che non ha fatto) avrebbe avuto il diritto di mantenere il contratto.</p> <p style="text-align: justify;">Il 23 novembre esce la sentenza della sez. II della Cassazione Civile, n. 30446, secondo cui il giuramento decisorio non può essere ammesso per provare la risoluzione consensuale di un preliminare di compravendita immobiliare, perché anche tale contratto è soggetto al requisito della forma scritta. Sostiene la corte, in motivazione, respingendo il ricorso della parte privata, che “circa il giuramento, volto a dimostrare che le parti, dopo la conclusione del contratto preliminare, avrebbero convenuto di risolverlo per mutuo consenso, la Corte d'appello correttamente osserva che la risoluzione consensuale di un contratto riguardante il trasferimento, la costituzione o l'estinzione di diritti reali immobiliari è soggetta al requisito della forma scritta ad substantiam non soltanto quando il contratto da risolvere sia definitivo, ma anche quando sia preliminare (cfr. al riguardo, da ultimo Cass. 13290/2015). Con la conseguenza che, ai sensi dell'art. 2739 c.c., il giuramento non può essere ammesso. Né al riguardo è conferente l'osservazione dei ricorrenti secondo cui, attraverso il giuramento, essi non intendevano far emergere "situazioni modificative od obblighi scaturenti" dal contratto preliminare, in quanto - cfr. i capitoli riportati a p. 18 del ricorso - oggetto del giuramento era appunto la risoluzione del contratto, risoluzione che deve rivestire la forma scritta ad substantiam”.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2019</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 5 febbraio esce l’ordinanza della sez. II della Corte di Cassazione, n. 3305/2019, che si pronuncia in tema di preliminare ad effetti anticipati (con consegna dell’immobile al promissario acquirente prima della stipula del contratto definitivo). Sostiene la Corte di legittimità che è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui, nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un'anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull'esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori; pertanto, la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile ad usucapionem, salvo la dimostrazione di un'intervenuta interversio possesionis nei modi previsti dall'articolo 1141 c.c. (Cassazione civile, sez. un., 21/03/2017, n. 7155; Cassazione civile, sez. II, 30/08/2017, n. 20539). La corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tale principio, avendo escluso che la disponibilità del terreno da parte della ricorrente, in virtù di consegna anticipata in esecuzione di un contratto preliminare, fosse idonea ad integrare una situazione di possesso ad usucapionem, poiché la disponibilità del bene era fondata sulla detenzione. Ad abundantiam, va rilevato che la corte territoriale ha escluso l'animus possidendi poiché, in altro giudizio, le ricorrenti avevano chiesto il riconoscimento delle addizioni, riconoscendo, quindi, di non avere il possesso del bene. La corte territoriale ha correttamente escluso che integrasse un atto di interversio possessionis l'edificazione, da parte della ricorrente, di una villa sul terreno, non potendo l'interversione nel possesso avvenire mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in un fatto esterno, da cui sia consentito desumere che il possessore nomine alieno ha cessato di possedere in nome altrui e ha iniziato un possesso per conto e in nome proprio; il mutamento del titolo in base al quale il soggetto deve derivare da un atto di opposizione univocamente rivolta contro il possessore, e cioè contro colui per cui conto la cosa è detenuta, in guisa da rendere esteriormente riconoscibile all'avente diritto che il detentore intende sostituire alla preesistente intenzione di subordinare il proprio potere a quello altrui l'animus di vantare per sé il diritto esercitato, convertendo così in possesso la detenzione precedentemente esercitata (Cassazione civile, sez. II, 21/02/2017, n. 4417).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">L’ 8 febbraio esce l’ordinanza n. 3736 della Corte di Cassazione, sez. Tributaria, che respingendo il ricorso promosso dall’Agenzia delle Entrate, sostiene il principio di diritto per cui il prelievo fiscale al 60% del prezzo dell’immobile non è legittimo, se il preliminare di vendita non è andato a buon fine. (nel caso concreto, l’Agenzia vede respinta la propria tesi difensiva, per cui nella sentenza d’appello sussisteva la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1385 cod. civ., nonché degli artt. 6 e 21 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., poiché la corretta interpretazione della clausola contrattuale contenuta in un contratto preliminare di compravendita immobiliare - secondo cui il pagamento del prezzo della futura vendita è regolato mediante la corresponsione di somme da versare prima della stipulazione del definitivo a titolo di caparra confirmatoria e di un'ultima tranche a saldo - comporta che i pagamenti avvenuti prima della stipulazione del definitivo costituiscono anche acconti sul prezzo della vendita e, pertanto, vanno fatturati ai sensi degli artt. 6 e 21 del d.P.R. n. 633 del 1972).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 15 febbraio esce l’ordinanza della Corte di Cassazione sez. II civile, n. 4595, che afferma che ricostruisce il quadro normativo, in tema di acquisto (e di preliminare di acquisto) di case popolari. Così si evince dalla parte motiva della sentenza: “per risolvere i dubbi interpretativi in ordine all'individuazione del momento in cui potesse considerarsi concluso il contratto, nei casi di mancata formale sottoscrizione dell'atto di cessione, è poi intervenuta la L. 5 agosto 1978, n 457, che, con l'art. 52 ha previsto che si considera stipulato e concluso il contratto di compravendita quando l'ente proprietario o gestore abbia accettato la domanda di riscatto e comunicato all'assegnatario il relativo prezzo di cessione, qualora non previsto per legge. Restava salva la facoltà degli Istituti Autonomi per le Case Popolari di stipulare un contratto preliminare di vendita sulla base di un prezzo provvisorio stabilito mediante valutazione per campione in pendenza della valutazione dell'Ufficio Tecnico Erariale per i singoli alloggi. Ulteriore norma interpretativa è stata infine dettata dalla L. 2 aprile 2001, n. 136, art. 2, comma 3, secondo cui la L. 8 agosto 1977, n. 513, art. 27, e tutte le disposizioni di legge che prevedono facoltà di riscatto degli alloggi di edilizia residenziale pubblica si interpretano nel senso che, in caso di decesso del soggetto avente titolo al riscatto che abbia presentato la domanda nei termini prescritti, l'Amministrazione ha comunque l'obbligo di provvedere nei confronti degli eredi disponendo la cessione dell'alloggio indipendentemente dalla conferma della domanda stessa. Nell'interpretazione della disciplina transitoria, la giurisprudenza prevalente è giunta gradualmente alla conclusione che la mera presentazione della domanda non è sufficiente a ritenere concluso il contratto nell'inerzia dell'Amministrazione, non potendo attribuirsi alcuna rilevanza a un comportamento concludente dell'ente e che neppure la sua accettazione, a seguito della comunicazione all'assegnatario del prezzo di cessione, è determinante ai fini del trasferimento della proprietà dell'alloggio, poichè da essa deriva solo la costituzione di un rapporto di carattere personale con l'ente che produce l'unico effetto di rendere incontestabile il diritto alla stipulazione del contratto di compravendita. Tale rapporto, essendo caratterizzato da connotazioni pubblicistiche, non integra gli estremi di un contratto preliminare di compravendita di diritto privato, suscettibile di esecuzione specifica attraverso il ricorso all'art. 2932 cod. civ., sicchè l'assegnatario ha solo un'azione di risarcimento dei danni derivanti dal comportamento colposo dell'Amministrazione, la quale, sino al trasferimento della proprietà dell'alloggio, conserva i suoi poteri di controllo e può pur sempre disporre la revoca o la decadenza dell'assegnazione nei confronti dell'assegnatario che abbia perduto i requisiti richiesti dalla legge o sia inadempiente agli obblighi assunti. Va ribadito al riguardo, secondo quanto precisato da questa Corte (Cass. 26 settembre 2005, n. 18732), che la disciplina transitoria - la quale ha previsto che si considera stipulato e concluso il contratto di compravendita qualora l'ente proprietario abbia accettato la domanda di riscatto e comunicato all'assegnatario il prezzo dell'alloggio - non solo non ha eliminato al necessità della formale stipulazione dell'atto di compravendita, ma ha mantenuta ferma la necessità che nell'ambito dell'integrale e compiuto esaurimento del procedimento amministrativo sia intervenuto un atto di formale accettazione della domanda da parte dell'Amministrazione, previa verifica della sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge in relazione alla domanda di riscatto originariamente presentata. In coerenza con i principi generali che presiedono alla formazione e alla manifestazione della volontà della Pubblica Amministrazione, va esclusa ogni possibilità di conclusione del contratto per facta concludentia; conseguentemente, non può conferirsi rilievo, a tal fine, ad una mera dichiarazione di avvenuta ricezione della domanda di riscatto, ancorchè contenente l'indicazione del prezzo di cessione. La corte territoriale ha correttamente applicato il principio espresso da questa Corte, escludendo che il contratto di compravendita si fosse perfezionato con il pagamento integrale del prezzo e con la comunicazione IACP del 27.10.1995, con cui l'ente prendeva atto della proposta di acquisto e determinava il prezzo. La comunicazione dell'IACP del 27.5.1995 e la fattura emessa dall'ente, peraltro non allegate né trascritte nel ricorso, in violazione del requisito di specificità ex art.366 n.6 c.p.c., non costituiscono atti negoziali idonei al trasferimento del bene, che andava effettuato con atto pubblico di trasferimento della proprietà. Tale principio non è affatto derogato, ma confermato dalle L.R. 43/94 e 37/95, con le quali la Regione Sicilia, recependo e dando attuazione alla L. 24.12.1993 n.560, ha espressamente previsto la possibilità di stipulare " contratto preliminare di acquisto, purchè accompagnato da un'anticipazione del prezzo non inferiore al 75% dello stesso, salvo conguaglio da determinare in sede di stipulazione di contratto definitivo" ( art.2 comma 2° L.R. N.37/95.) Ne consegue che nel 2001, anno in cui il Paino acquistava un altro immobile, IACP era ancora proprietaria del bene ed il perfezionamento dell'atto di vendita era subordinato alla ricorrenza delle condizioni previste dall'art. 2 lettera C) del DPR 1035/72, ovvero alla non disponibilità, da parte del beneficiario, di altro immobile idoneo alle sue esigenze abitative. Detto requisito doveva sussistere sia al momento della presentazione della domanda sia al momento dell'assegnazione (Cons. St. Sez. IV 16 marzo 1987 n. 141; 7 febbraio 1985 n. 33; 28 marzo 1990 n. 206; 14 giugno 2001 n. 3166; 21 maggio 2008 n. 2418). La giurisprudenza amministrativa ha, infatti, affermato che, qualora, prima della consegna dell'alloggio, si accerti la mancanza, nell'assegnatario, di alcuno dei requisiti prescritti dall'art. 2 o di alcuna delle condizioni che avevano influito sulla sua collocazione in graduatoria, la consegna deve essere sospesa in vista dell'eventuale pronuncia di annullamento del provvedimento di assegnazione (Cass. civ., Sez. I, 20 ottobre 1993, n. 10377; 24 luglio 1993, n. 8319; 18 gennaio 1988, n. 315).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 7 marzo esce l’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. II civile, n. 6685 che affronta la questione se il preliminare di vendita di un immobile abusivo debba qualificarsi come nullo. Accogliendo il ricorso della parte privata, la Corte cassa la sentenza con cui la Corte territoriale ha affermato la nullita' del contratto preliminare per violazione degli artt. 17 e 40 1.47/1985, rilevando che il fabbricato in oggetto risultava edificato in assenza di concessione edilizia e per di piu' in violazione dello strumento urbanistico vigente. Il giudice di appello ha al riguardo affermato di aderire all'orientamento secondo cui la nullita' per violazione dell'art. 40 1.47/1985, sebbene riferita agli atti di trasferimento ad efficacia reale, si estendesse al contratto preliminare. Tale statuizione non e' conforme a diritto. Sostiene la Cassazione che “a monte della questione, sulla quale questa sezione con l'ordinanza n. 20061 del 31 luglio 2018 ha chiesto al Primo Presidente l'eventuale assegnazione del relativo ricorso alle sezioni unite, circa la natura della nullita' per violazione degli artt. 17 e 40 1.47/85 ( ora art. 46 dpr 380/2001) - vale a dire se si tratti di nullita' sostanziale (o virtuale) in relazione all'art. 1418 comma 1, ovvero di nullita' testuale, riconducibile alla violazione dell'art. 1418 u.c. - il piu' recente indirizzo di questa Corte esclude l'applicabilita' della nullita' suddetta ai preliminari ed ai contratti obbligatori in genere. L'orientamento alla base dell'estensione della nullita' ex artt. 17 e 40 legge 47/1985 ai contratti preliminari, espresso nelle sentenze n.23591/13 e 28194/13 di questa Corte, non ha trovato seguito nella successiva giurisprudenza di legittimita'( slavo che nella sentenza n.18621/2015) mentre l'esclusione dei contratti obbligatori dall'ambito di operativita' della nullita' ex art. 40 1.47/85, costantemente affermata nella giurisprudenza di legittimita' anteriore alle citate sentenza- n.23591/13 e 28194/13 e' stata ribadita nelle sentenze di questa Corte n. 28456/2013, 9318/16, 21942/2017 e 11659/18. A tale indirizzo questo Collegio ritiene di uniformarsi. Deve dunque affermarsi che la sanzione della nullità, prevista dall'art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 con riferimento a vicende negoziali relative ad immobili privi della necessaria concessione edificatoria, trova applicazione nei soli contratti con effetti traslativi e non anche con riguardo ai contratti con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita, come si desume dal tenore letterale della norma, nonché dalla circostanza che successivamente al contratto preliminare può intervenire la concessione in sanatoria degli abusi edilizi commessi o essere prodotta la dichiarazione prevista dalla stessa norma”</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 14 marzo esce la sentenza della Cassazione civile, sez. Tributaria, n. 7240 , che in materia di prova del reddito imponibile, afferma il principio per cui è utilizzabile, quale elemento indiziario ai fini della prova del maggior reddito imponibile, un contratto preliminare di compravendita, disconosciuto dal legale rappresentante della società. Questa è la ricostruzione resa dalla Corte: “ i ricorrenti assumono che la sentenza impugnata, nel porre a base della decisione impugnata, quale elemento indiziario di primario rango, il preliminare di vendita relativo ad una delle due villette bifamiliari cedute dalla società a terzi nell'anno 2005, da cui sarebbe emerso un prezzo di vendita superiore a quello risultante dall'atto definitivo di compravendita, abbia sostanzialmente eluso l'esame del principale motivo di appello avverso la sentenza di primo grado, che a sua volta riprendeva il motivo d'impugnazione dell'atto impositivo emesso nei confronti della società secondo cui, essendo stata detta scrittura oggetto di disconoscimento da parte dell'amministratore della società Bombieri sin dalla fase amministrativa, disconoscimento ribadito in sede giurisdizionale, detta scrittura non poteva assumere alcun rilievo probatorio, dal momento che l'Amministrazione finanziaria non aveva proposto istanza di verificazione della scrittura medesima, ex art. 216 cod. proc. civ. Nell'esame della censura occorre premettere che in questa sede non è in discussione il principio secondo il quale «Nel processo tributario, in forza del rinvio operato dall'art. 1, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, alle norme del codice di procedura civile, trova applicazione l'istituto del disconoscimento delle scritture private, con la conseguenza che, in presenza del disconoscimento della firma, il giudice ha l'obbligo di accertare l'autenticità delle sottoscrizioni, essendogli altrimenti precluso tenerne conto ai fini della decisione» (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 20 marzo 2006, n. 6184; Cass. sez. 5, 31 marzo 2011, n. 7355; Cass. sez. 5, 8 giugno 2018, n. 14965; Cass. sez. 5, 19 ottobre 2018, n. 26402), riferite a fattispecie in cui vi era appunto l'interesse dell'Amministrazione finanziaria a proporre istanza di verificazione al fine di avvalersi di scritture disconosciute dal contribuente. Ciò che va invece approfondito, in relazione alla peculiarità della fattispecie in esame, è se il disconoscimento così come effettuato dalla parte nelle forme di seguito precisate sia idoneo a precludere l'utilizzabilità ai fini probatori della relativa scrittura a sostegno della fondatezza dell'accertamento dell'Ufficio, quale confermata dalla sentenza impugnata. Premesso che nulla è precisato in ricorso dai ricorrenti in ordine all'eventuale sussistenza di diversa pattuizione, deve ritenersi operante, ex art. 2257, comma 1, cod. civ., il principio dell'amministrazione disgiuntiva tra i soci, cui consegue che anche l'altro socio avrebbe dovuto disconoscere le sottoscrizioni apposte sulle pagine dell'anzidetto preliminare”.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Lo stesso giorno esce la sentenza n. 6223 della Cassazione Civile, sez. II, che chiarisce i rapporti tra contratto preliminare e definitivo, per quanto riguarda la regolamentazione del rapporto contrattuale. Chiarisce la corte che nel caso in cui le parti, dopo avere concluso il contratto preliminare, hanno stipulato il contratto definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al rapporto tra le parti, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che le parti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 20 marzo esce la sentenza del Tar Veneto, Sez. II, n. 341, che si pronuncia su ricorso proposto dal promissario acquirente, avverso il provvedimento del Comune che aveva disposto la voltura del permesso di costruire, su richiesta del promittente alienante, a favore di un terzo, a sua volta promissario acquirente in forza di altro contratto preliminare di compravendita. Il Tar Si pronuncia dichiarando che è legittimo il provvedimento con il quale un Comune ha disposto la voltura di un permesso di costruire, nel caso in cui il trasferimento del titolo edilizio sia stato richiesto dai proprietari del complesso immobiliare interessato, che abbiano stipulato un contratto preliminare di compravendita del medesimo complesso senza, tuttavia, perdere la disponibilità giuridica del bene; infatti, ai sensi del secondo comma dell’art. 11 DPR 380/2001 <em>“Il permesso di costruire è trasferibile, insieme all’immobile, ai successori o aventi causa”. </em>Condizione per la voltura del permesso di costruire – che costituisce, peraltro, atto dovuto per il Comune – è il trasferimento della situazione giuridica soggettiva che ha legittimato il rilascio del titolo originario. Il permesso di costruire, infatti, segue il destino del bene immobile, con carattere di realità e la sua titolarità muta con il mutare del soggetto al quale è attribuita la facoltà di edificare.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Lo stesso giorno esce l’ordinanza della Cassazione, sez. VI civile, n. 7868, che conferma la sentenza della corte di merito, impugnata, che aveva ritenuto sussistente tra le parti un preliminare di compravendita e pertanto condannato il promissario acquirente al rilascio dell’immobile e al risarcimento del danno a favore del promittente alienante, poiché aveva violato l’obbligo di concludere il contratto definitivo. Sostiene la Corte che in presenza di contrattazione preliminare relativa a compravendita immobiliare che sia scandita in due fasi, con la previsione di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione di un primo accordo, il giudice di merito deve preliminarmente verificare se tale accordo costituisca già esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti ex art. 1351 e 2932 c.c., ovvero anche soltanto di effetti obbligatori, ma con esclusione dell’esecuzione in forma speficica in caso di inadempimento. Egli deve ritenere produttivo di effetti l’accordo denominato come preliminare con il quale i contraenti si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare, soltanto qualora emerga la configurabilità dell’interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare. A tali principi risultano essersi conformati i giudici di appello, i quali, previo accertamento in fatto circa il riscontro di un attuale interesse delle parti, meritevole di tutela, alla conclusione di un accordo a carattere preliminare, hanno conseguentemente ravvisato la responsabilità contrattuale dei promissari acquirenti e dichiarato la risoluzione del contratto preliminare.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 21 marzo esce la sentenza n. 8040 della Corte di Cassazione, Sez. II civile, che in tema di esecuzione specifica di contratto preliminare, ex art. 2932 c.c., vi è litisconsorzio necessario del coniuge comproprietario nel procedimento di esecuzione in forma specifica di un preliminare di vendita (che sia stato anche solo stipulato da un coniuge). Nel caso di specie, il ricorrente lamentava che nel giudizio, promosso ex art. 2932 c.c. nei confronti di uno solo dei coniugi in regime di comunione legale ex art. 177 c.c., non sia stato era stato evocato anche l'altro coniuge, litisconsorte necessario ex artt. 102 c.p.c., per cui sia il giudice di primo grado che quello di appello avrebbero dovuto integrare il contraddittorio nei confronti del coniuge pretermesso. La Corte ritiene tale motivo è fondato. Le sezioni unite di questa Corte, risolvendo un contrasto insorto tra le sezioni semplici, hanno affermato che in caso di contratto preliminare stipulato senza il consenso dell'altro coniuge, quest'ultimo deve considerarsi litisconsorte necessario del giudizio per l'esecuzione specifica del contratto (Cass. Sez. Un. 24 agosto 2007 n. 17952) proprio perché detto coniuge è ancora titolare di una situazione giuridica inscindibile, che lo rende litisconsorte necessario nel giudizio di esecuzione specifica dell'obbligo di contrarre e l'eventuale decisione, in assenza di contraddittorio, sarebbe inidonea a spiegare i propri effetti, cioè a produrre un risultato utile e pratico, anche nei riguardi delle sole parti presenti, stante la natura plurisoggettiva e concettualmente unica ed inscindibile del rapporto. Infatti l'essere ciascun coniuge titolare del bene per l'intero, e dell'intero poter disporre, non può implicare, di per sé, che debba escludersi la necessaria partecipazione dell'altro coniuge al giudizio nel quale si discuta della traslazione del bene stesso, evento rispetto al quale non può negarsi l'interesse ad interloquire del detto altro coniuge, pur sempre comproprietario del bene stesso; al momento dell'introduzione del giudizio ex art. 2932 c.c., il coniuge promittente venditore non ha già efficacemente alienato il bene, così che il coniuge rimasto estraneo al negozio non ha perso, contestualmente alla stipulazione del preliminare, la propria contitolarità sul bene, non potendosi attribuire a tale tipo di contratto l'effetto traslativo, estraneo alla sua funzione ed alla sua natura. Nel momento in cui il coniuge promittente venditore si rende inadempiente e costringe il promissario acquirente all'azione d'esecuzione specifica, l'altro coniuge, che non abbia partecipato al negozio né vi abbia prestato altrimenti il proprio consenso, è ancora contitolare del bene e su di esso legittimato ad esercitare i suoi poteri di amministrazione congiunta, atteso l'effetto solo obbligatorio del preliminare, per cui l'attività negoziale posta in essere dal coniuge promittente con l'impegnarsi ad alienare non ha prodotto ancora l'effetto di sottrarre il bene al patrimonio comune ed alla contitolarità su di esso di entrambi i comproprietari, onde il coniuge rimasto estraneo al preliminare è ancora titolare di una situazione giuridica inscindibile che lo rende litisconsorte necessario nel giudizio di esecuzione specifica dell'obbligo di contrarre.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 27 marzo esce la sentenza della Cass. Civile, sez. II, n. 8571, che si pronuncia cassando la sentenza impugnata, che aveva ritenuto legittimo il rifiuto di stipula di contratto definitivo da parte del promissario acquirente, che aveva esercitato la garanzia per evizione, ex art. 1481 c.c.. La Corte ritiene tale recesso dal prelimiare illegittimo. Nel caso di specie la promissaria acquirente, aveva rifiutato di sottoscrivere l'atto di compravendita dell'immobile di cui è causa allegando un pericolo di evizione parziale derivante dal fatto che il bene era stato oggetto, in precedenza, di donazione lesiva delle quote di legittima spettanti agli eredi necessari del donante, tra i quali vi era un interdetto non intervenuto in atto. Il pericolo di evizione allegato dalla Corrado, pertanto, non era attuale, ma soltanto potenziale, poiché al momento fissato per la stipula del rogito definitivo non risultava proposta alcuna azione, da parte del tutore dell'erede pretermesso, tesa ad ottenere l'annullamento o l'inefficacia della vendita del cespite di cui è causa. Sul punto, va ribadito il principio secondo cui "Il diritto previsto dall'art.1481 c.c., per cui il compratore può sospendere il pagamento del prezzo o pretendere idonea garanzia quando abbia ragione di temere che la cosa possa esser rivendicata da terzi, presuppone che il pericolo di evizione sia effettivo e cioè non meramente presuntivo o putativo, onde esso non può risolversi in un mero timore soggettivo che l'evizione possa verificarsi, ma, anche quando si abbia conoscenza che la cosa appartenga ad altri, occorre che emerga da elementi oggettivi o comunque da indizi concreti che il vero proprietario abbia intenzione di rivendicare, in modo non apparentemente infondato, la cosa. Ne consegue che il semplice fatto che un bene immobile provenga da donazione e possa essere teoricamente oggetto di una futura azione di riduzione per lesione di legittima, esclude di per sè che esista un pericolo effettivo di rivendica e che il compratore possa sospendere il pagamento o pretendere la prestazione di una garanzia"(Cass. Sez. 2, Sentenza n.2541 del 17/03/1994, Rv. 485762). Nel caso di specie, quindi, il rifiuto di stipulare il definitivo non poteva essere ritenuto giustificato sulla base della semplice allegazione del timore di una successiva azione da parte dell'erede pretermesso, posto che alla data prevista per la stipula dell'atto detto pericolo non aveva i necessari requisiti di concretezza ed attualità, non risultando proposta alcuna azione da parte del diretto interessato.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">L’11 aprile esce la sentenza della Cassazione civile n. 10186, sez. II, che si pronuncia in ipotesi di contratto preliminare ad effetti anticipati, in cui prima della stipula del definitivo il promissario acquirente sia stato immesso, con la consegna della res, nel godimento dell’immobile da parte del promittente alienante. La corte ribadisce che la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile ad usucapionem. La possibilità di acquistare la proprietà del bene, da parte del promissario acquirente, è possibile se questi dimostri la c.d. <a href="http://www.quotidianogiuridico.it/documents/2019/04/17/interversio-possessionis-esclusa-se-il-promissario-acquirente-si-limita-ad-affermare-di-essere-il-proprietario?utm_medium=email&utm_source=WKIT_NSL_QG-00003083&utm_campaign=WKIT_NSL_QG17.04.2019_LFM&utm_source=nl_qgfree&utm_medium=referral&utm_content=quotidiano%20giuridico%20&utm_campaign=newsletter&elqTrackId=d16be6767fcb4223b09cb25889cbb07a&elq=a2ed827c6ef94ceead35e4091edbc4d9&elqaid=27855&elqat=1&elqCampaignId=13414">interversio possessionis, che va esclusa se il promissario acquirente si limita ad affermare di essere il proprietario</a>. Nel caso concreto, la Cassazione annullando la sentenza di secondo grado, sostiene che non possono, in effetti, configurare quali cause di interversione del possesso, così come previste dalla norma prevista dall'art. 1141, comma 2°, c.c. (che risulta, per l'effetto, violata) né il mero fatto che "sin dal luglio del 1977" e "per tutto il tempo successivo" i promissari acquirenti si erano sempre affermati "proprietari" dei predetti immobili con le altre persone, compresa la promittente venditrice, poi fallita, né che la stessa, a sua volta, sin dal luglio 1977, aveva riconosciuto e riferito ad altre persone che gli stessi erano, appunto, i proprietari di detti immobili. Tali fatti, invero, per come accertati dal giudice di merito, difettano tanto del requisito della specifica direzione dell'opposizione compiuta dal detentore nei confronti del possessore, quanto del presupposto della sua inequivoca valenza di atto con il quale il detentore si oppone all'esercizio del possesso da parte di quest'ultimo. E non solo: in tali fatti, come in precedenza descritti, neppure può rinvenirsi il compimento di un atto tra il detentore ed il possessore mediato che, a prescindere dalla sua validità ed efficacia, sia tuttavia ex se traslativo (sebbene, in ipotesi, nullo) del diritto idoneo a legittimare il possesso del bene in capo all'acquirente.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 maggio 2019 esce l l’ordinanza n. 13241 della Corte di Cassazione, sez. II Civile, la quale afferma il principio secondo cui, in tema di contratto preliminare, il recesso per l’inadempimento della controparte è consentito solo quando l’inadempimento della controparte sia colpevole e di non scarsa importanza, in relazione all’interesse dell’altro contraente, non essendo sufficiente il semplice ritardo. Nel caso specifico, cassando la decisione della Corte d’Appello, che aveva escluso il diritto di recesso dal preliminare poiché il ricorrente - promissario acquirente – era stato inadempiente ( o stesso aveva avuto conoscenza della sfavorevole modificazione dei parametri di edificabilità il 5 marzo 2003, e la decisione di non versare l'acconto in scadenza il 31 gennaio 2003, era priva di una valida giustificazione), afferma che «il contraente che vuole esercitare il diritto di recesso ex art. 1385 c.c. non deve essere a sua volta inadempiente; l'indagine circa il suo inadempimento deve avvenire tenendo conto del valore della parte dell'obbligazione non adempiuta rispetto al tutto, sulla base di un criterio di proporzionalità e, dunque, occorre verificare, a seguito di una valutazione complessiva e globale del comportamento delle parti se, per effetto dell'inadempimento del recedente, si sia verificata ai danni della controparte una sensibile alterazione dell'equilibrio contrattuale o se, invece, tale alterazione non dipenda dall'inadempimento della controparte»</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 27 giugno esce la sentenza della Corte d’Appello di Palermo, n. 1363, che afferma che è legittimo il recesso da preliminare se viene meno la concessione ad edificare nel termine di cinque anni dalla stipula del preliminare. La Corte afferma anche che è legittimo l’ esercizio del recesso anche nel caso in cui la concessione, originariamente concessa, perda successivamente efficacia.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 23 luglio esce l’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. II, n. 19824, che ribadisce che in tema di trascrizione, anche la vendita di cosa futura, ove abbia per oggetto beni immobili, è soggetta, per opporne gli effetti ai terzi, a trascrizione, che grava inizialmente sul terreno e, in virtù del principio dell'elasticità del dominio, potenzialmente sulla costruzione, non rilevando in contrario che la proprietà del bene oggetto del contratto si trasferisca all'acquirente non alla data dell'accordo, bensì nel momento in cui il bene medesimo sia venuto ad esistenza.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 settembre esce l’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. II n. 21947, che in tema di contratto di compravendita immobiliare, si interroga su quando possa dirsi interrotto il termine di prescrizione. Afferma la Corte che qualora l’acquirente agisca per l’esecuzione del contratto preliminare dichiarandosi disponibile al pagamento della parte residua del prezzo, si integra il riconoscimento del diritto che vale a interrompere la prescrizione ai sensi dell’art. 2944 c.c..</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Lo stesso giorno esce la sentenza della Corte di Cassazione, sez. II Civile, n. 21951, che torna a pronunciarsi sul rapporto tra contratto preliminare e definitivo. I giudici di legittimità, ribadiscono, in aderenza al pregresso orientamento, che il contratto definitivo costituisce l'unica fonte dei diritti e delle obbligazioni tra le parti.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 5 settembre esce l’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. III civile, che si pronuncia in tema di esecuzione specifica di contratto preliminare e rapporti con le dichiarazioni necessarie ai fini della validità del definitivo. Afferma la Corte che in tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto di compravendita di un immobile, la sussistenza della dichiarazione sostitutiva di atto notorio, di cui all’art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, rilasciata dal proprietario o da altro avente titolo, attestante l’inizio dell’opera in data anteriore al 2 settembre 1967, non costituisce un presupposto della domanda, bensì una condizione dell’azione, che può intervenire anche in corso di causa e sino al momento delia decisione della lite, con la conseguenza che la carenza del relativo documento non soltanto è rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, con l’ulteriore conseguenza che sia l’allegazione, che la documentazione della sua esistenza, si sottraggono alle preclusioni che regolano la normale attività di deduzione e produzione delle parti e possono quindi avvenire anche nel corso del giudizio di appello, purché prima della relativa decisione. Nel caso in cui il promittente alienante, resosi inadempiente, si rifiuti di produrre i documenti attestanti la regolarità urbanistica dell’immobile ovvero di rendere la dichiarazione sostitutiva di atto notorio di cui all’art. 40 legge 28 febbraio 1985, n. 47, deve essere consentito al promissario acquirente di provvedere a tale produzione o di rendere detta dichiarazione al fine di ottenere la sentenza <em>ex</em> art. 2932 cod. civ., altrimenti venendosi irragionevolmente a privare di ogni effettività la stessa tutela accordata dall’ordinamento al soggetto a favore del quale debbono prodursi gli effetti acquisitivi del diritto reale, prenotati con la stipula del preliminare.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 settembre esce l’ordinanza della Corte di Cassazione, n. 22343, che limita la possibilità di promuovere azione ex art. 2932 c.c.. Afferma la Corte infatti che non è possibile utilizzare la procedura di cui all’art. 2932 c.c. – ossia una sentenza sostitutiva della conclusione di un contratto in caso di inadempimento di una parte – per trasferire un immobile laddove il contratto preliminare di compravendita preveda che l’acquisto si realizzi a seguito dell’avversarsi di una condizione (nella realtà non ancora avveratasi).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 19 settembre esce la sentenza della Corte di Cassazione, sez. II Civile n. 23388, che si pronuncia sulla possibilità per il giudice, in caso di azione di esecuzione in forma specifica del preliminare, ex art. 2932 c.c., di rilevare l’irregolarità urbanistica dell'immobile. Infatti, alla luce dell’interesse pubblico all’ordinata trasformazione del territorio, della natura reale dei permessi edilizi (costituenti atti da trasferire con gli immobili ai quali accedono), della rigidità della norma imperativa dell’art. 40, comma 2, l. n. 47/1985 (che, comminando tout court la sanzione civile della nullità assoluta dei contratti traslativi di diritti reali inerenti edifici interamente o solo in parte abusivi, comprova l’impossibilità giuridica di trasferire gli immobili in tutto o in parte sprovvisti di permessi edilizi), la questione relativa alla regolarità urbanistica dell’immobile promesso in vendita e di cui si chiede l’esecuzione forzata in forma specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c. è rilevabile d’ufficio.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 27 settembre esce la sentenza del Tar Campania, Salerno, sez. II, n. 1672, che afferma, in tema di diritto di accesso, che sussiste in capo al promissario acquirente di un immobile, il diritto di accedere agli atti del permesso di costruire (nella specie si trattava, in particolare, della licenza edilizia, degli atti di condono e consequenziali), in forza del quale il medesimo immobile è stato costruito; in tal caso, infatti, non è revocabile in dubbio la posizione legittimante dell’accedente ad avanzare domanda di accesso, <em>ex</em> art. 22 e segg. <a href="http://www.lexitalia.it/n/1015">l. n. 241 del 1990</a> e s.m.i, in ragione dell’interesse sostanziale dichiaratamente originato dalla rappresentata esigenza di agire in giudizio (anche) contro i soggetti controinteressati, sul presupposto della non regolarità urbanistica ed edilizia dell’immobile compromesso in vendita, la cui valutazione richiede, con assoluta evidenza, la disamina dei documenti richiesti.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 10 ottobre esce la sentenza della Cassazione civile, sez. II, n. 32225, che affronta la questione del contratto preliminare di vendita, parziale difformità dell'immobile rispetto alla concessione edilizia ed emanazione della sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. in caso di rifiuto illegittimo del promittente venditore di stipulare il contratto definitivo. Afferma la Corte che “la giurisprudenza richiamata dal ricorrente, che questo collegio ritiene pertinente, ha, infatti, chiarito che in tema di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto di compravendita, ai sensi dell'art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, non può essere pronunciata sentenza di trasferimento coattivo ex art. 2932 cod. civ. non solo qualora l'immobile sia stato costruito senza licenza o concessione edilizia (e manchi la prescritta documentazione alternativa: concessione in sanatoria o domanda di condono corredata della prova dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione), ma anche quando l'immobile sia caratterizzato da totale difformità della concessione e manchi la sanatoria. Nel caso in cui, invece, l'immobile, munito di regolare concessione e di permesso di abitabilità, non annullati né revocati, abbia un vizio di regolarità urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformità rispetto alla concessione (nella specie, per la presenza di un aumento, non Ric. 2015 n. 11355 sez. 52 consistente, della volumetria fuori terra realizzata, non risolventesi in un organismo integralmente diverso o autonomamente utilizzabile), non sussiste alcuna preclusione all'emanazione della sentenza costitutiva, perché il corrispondente negozio di trasferimento non sarebbe nullo ed è, pertanto, illegittimo il rifiuto del promittente venditore (nella specie, a sua volta acquirente dello stesso immobile in base a precedente rogito notarile) di dare corso alla stipulazione del definitivo, sollecitata dal promissario acquirente (cfr. Cass.20258/2009; id.8081/2014; id.11659/2018). Tale principio di diritto ha, in effetti, come ricaduta, nel caso di specie, che una volta emersa in sede di ctu la realizzazione di opere difformi da quelle autorizzate, dovere della corte territoriale era, al fine di fare corretta applicazione della norma invocata, quello di verificare l'entità di detta difformità, l'eventuale diversa ed autonoma funzionalità dell'opera e l'autonoma possibilità di utilizzo delle opere oggetto delle riscontrate difformità. AI contrario, la corte territoriale ha richiamato i precedenti giurisprudenziali in tema di preclusione della pronuncia ex art. 2932 cod. civ. in assenza della concessione edilizia (Cass.1199/1997; 8170/1998); tuttavia, il richiamo non è pertinente dal momento che la concessione per l'impianto sportivo oggetto del preliminare sussisteva (cfr. terzo capoverso pag. 13 della sentenza)”.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 23 ottobre esce l’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. V Civile, n. 27129, che in tema di Irpef, afferma che non è tassabile la somma ricevuta dal promittente venditore a titolo di caparra penitenziale. Sulla caparra pertinenziale il promittente venditore non paga l’IRPEF se il contratto definitivo di compravendita dell’immobile salta per il recesso del promissario acquirente: manca, infatti, la plusvalenza tassabile perché l’atto definitivo di vendita non viene stipulato e la somma incamerata dal primo costituisce soltanto il corrispettivo per l’esercizio del diritto di recesso da parte del secondo; la caparra pertinenziale, d’altronde, non ha funzione risarcitoria e non sostituisce alcun reddito perduto del quale condividere la natura.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 24 ottobre esce l’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. VI Civile, n. 27262, che ribadisce l'incompatibilità tra la domanda di risoluzione e l'azione di recesso per grave inadempimento. La Corte, nell’ambito di una controversia avente ad oggetto la risoluzione di un contratto preliminare di vendita, torna a ribadire che la domanda di risoluzione contrattuale si differenzia nettamente da quella di recesso per inadempimento ex art. 1385 c.c., sussistendo anche un’incompatibilità di tipo strutturale e funzionale tra la ritenzione della caparra e la domanda di risarcimento.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 22 novembre esce la sentenza della Corte di Cassazione, sez. II Civile, n. 30555, che si pronuncia in tema di compravendita e sulla domanda di nullità del preliminare per mancanza della garanzia fideiussoria; segnatamente, la Corte affronta la problematica delela configurabilità in termini di abuso del diritto laddove la garanzia stessa sia stata rilasciata successivamente alla stipula del contratto senza pregiudizio per l'interesse del promissario acquirente. La Corte afferma che la proposizione della domanda di nullità del contratto preliminare per mancanza della garanzia accessoria di cui all’art. 2 d.lgs. n. 122/2005, una volta che sia stata rilasciata la garanzia medesima successivamente alla stipula del contratto, «e senza che nelle more si sia manifestata l’insolvenza del promittente venditore ovvero che risulti altrimenti pregiudicato l’interesse del promissario acquirente alla cui tutela è preposta la nullità di protezione prevista dalla norma in esame», costituisce abuso di diritto e non può pertanto essere accolta.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 28 novembre esce la sentenza della Corte di Cassazione civile, n. 31188, secondo cui in caso di “preliminare del preliminare” occorre valutare la causa concreta. Infatti, il contratto preliminare di compravendita, preceduto da un preventivo accordo alla stipula del preliminare, deve essere valutato come contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti ex art. 1351 e 2932 c.c. In accoglimento del ricorso del privato, la Cassazione argomenta in tal senso: “Vi è stata un'adesione all'orientamento che sanziona come nullo per difetto di causa un contratto che sia propedeutico al "successivo stipulando preliminare", senza verificare la sussistenza di una causa concreta dell'accordo dichiarato nullo tale da renderlo meritevole di tutela da parte dell'ordinamento, in quanto inserito in una sequenza procedimentale differenziata, secondo un programma di interessi realizzato gradualmente. Il ricorso va, pertanto, accolto. Il giudice di rinvio si atterrà al seguente principio di diritto: "In presenza di contrattazione preliminare relativa a compravendita immobiliare che sia scandita in due fasi, con la previsione di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione di un primo accordo, il giudice di merito deve preliminarmente verificare se tale accordo costituisca già esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti ex art.1351 e 2932 c.c., ovvero anche soltanto effetti obbligatori ma con esclusione dell'esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento."</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 10 dicembre esce la sentenza della Corte di Cassazione, sez. II Civile, n. 32224, che afferma che il sollecito del promissario acquirente per la stipula del contratto definitivo impedisce la prescrizione. Nel caso in cui al contratto preliminare di compravendita non sia seguita la stipulazione del contratto definitivo, la ripetuta manifestazione di disponibilità del promissario acquirente alla stipula del definitivo deve essere valutata quale comportamento oggettivamente idoneo ad interrompere il decorso della prescrizione.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 dicembre esce l’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. I civile, n. 33238, che si pronuncia sulla domanda di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare di compravendita e potere del curatore fallimentare di sciogliersi da tale vincolo contrattuale. Afferma la Corte che il curatore fallimentare mantiene, anche in caso di domanda di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare di compravendita immobiliare, il potere di sciogliersi da tale vincolo contrattuale. Laddove però il promissario acquirente/attore abbia trascritto la domanda prima della trascrizione della sentenza dichiarativa di fallimento nel registro delle imprese, la dichiarazione di scioglimento del curatore non avrà effetti nei suoi confronti.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2020</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 16 gennaio esce la sentenza della Corte di Cassazione, sez. II civile, n. 787/20, che sancisce l’impossibilità per il promittente venditore non ancora titolare del bene di avvalersi della clausola risolutiva espressa pattuita per il caso di inutile decorso del termine mancando l'inadempimento del promissario acquirente. Il promittente venditore, che non sia ancora titolare del bene, non può avvalersi della clausola risolutiva espressa eventualmente pattuita per il caso di inutile decorso del termine, perché manca l’essenziale condizione dell’inadempimento del promissario. Invero, i promissari acquirenti ignari dell’altruità del bene, non sono inadempienti se, nonostante la maturazione del termine previsto per la stipula del contratto, il promittente venditore non è ancora proprietario.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 4 marzo esce la sentenza della II sezione della Cassazione n. 6080 che, affrontando il più ampio tema delle regole ermeneutiche degli atti unilaterali, conferma che è impossibile ipotizzare un preliminare di donazione, perché incompatibile con lo spirito di liberalità, che è elemento essenziale della donazione; la presenza di un futuro obbligo negoziale a contrarre comporta, in capo al donante, l'obbligo di manifestare in un successivo definitivo atto la propria determinazione alla liberalità che, viceversa, nel contratto di donazione è frutto di una volontà spontaneamente ed istantaneamente manifestata. La giurisprudenza già da tempo si è inoltre espressa nel senso che una promessa di donazione non è giuridicamente produttiva di obbligo a contrarre, perché la coazione all'adempimento, cui il promittente sarebbe soggetto, contrasta con il requisito della spontaneità della donazione, il quale deve sussistere al momento del contratto. Si è dunque affermato che la cessione della proprietà non può essere legittimamente qualificata "preliminare di donazione" pena la sua insanabile nullità, essendo la donazione <em>actus legitimus</em> che non ammette preliminare.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 marzo esce la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 6459 sulla forma del patto fiduciario con oggetto immobiliare. Nella pronuncia in parola, oltre ad affermare il principio secondo cui per il patto fiduciario con oggetto immobiliare che s'innesta su un acquisto effettuato dal fiduciario per conto del fiduciante non è richiesta la forma scritta <em>ad substantiam</em>, viene anche affrontato il tema del rapporto tra contratto preliminare e patto fiduciario. In particolare, secondo le Sezioni Unite, al di là della affinità legata al fatto che anche nel <em>pactum fiduciae</em>, come nell'obbligo nascente dal contratto preliminare, è ravvisabile un momento iniziale con funzione strumentale rispetto ad un momento finale, la riflessione in sede scientifica ha messo in luce la diversità degli assetti d'interessi perseguiti dall'una e dall'altra figura. Nel preliminare, infatti, l'effetto obbligatorio è strumentale all'effetto reale, e lo precede; nel contratto fiduciario l'effetto reale viene prima, e su di esso s'innesta l'effetto obbligatorio, la cui funzione non è propiziare un effetto reale già prodotto, ma conformarlo in coerenza con l'interesse delle parti. Ne consegue che, mentre l'obbligo di trasferire inerente al preliminare di vendita immobiliare è destinato a realizzare la consueta funzione commutativa, la prestazione traslativa stabilita nell'accordo fiduciario serve, invece, essenzialmente per neutralizzare il consolidamento abusivo di una situazione patrimoniale vantaggiosa per il fiduciario a danno del fiduciante.</p> <p style="text-align: justify;">Inoltre, l'obbligo nascente dal contratto preliminare si riferisce alla prestazione del consenso relativo alla conclusione di un contratto causale tipico (quale la vendita), con la conseguenza che il successivo atto traslativo è qualificato da una causa propria ed è perciò improntato ad una funzione negoziale tipica; diversamente, nell'atto di trasferimento del fiduciario - analogamente a quanto avviene nel mandato senza rappresentanza (art. 1706, secondo comma, cod. civ.) - si ha un'ipotesi di pagamento traslativo, perché l'atto di trasferimento si identifica in un negozio traslativo di esecuzione, il quale trova il proprio fondamento causale nell'accordo fiduciario e nella obbligazione di dare che da esso origina. Le differenze esistenti tra il contratto preliminare e il <em>pactum fiduciae</em> escludono, dunque, la possibilità di equiparare le due figure ai fini di un eguale trattamento del regime formale.</p> <p style="text-align: justify;">Quanto, poi, al collegamento tra la natura immobiliare del bene acquistato dal fiduciario e l'esecuzione specifica dell'obbligo di trasferimento rimasto inadempiuto, le Sezioni Unite hanno chiarito che il rimedio dell'esecuzione in forma specifica non è legato alla forma del negozio da cui deriva l'obbligo di contrattare, potendo l'art. 2932 cod. civ. trovare applicazione anche là dove l'obbligo di concludere un contratto riguardi cose mobili e si trovi pertanto contenuto in un contratto non formale, perché volto, appunto, al trasferimento di beni mobili.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 10 aprile esce l’ordinanza della VI sezione della Cassazione n. 7781 alla cui stregua, poiché il diritto del mediatore alla provvigione deriva dalla conclusione dell'affare, ai fini della relativa insorgenza non è sufficiente un accordo preparatorio, destinato a regolamentare il successivo svolgimento del procedimento formativo del programmato contratto definitivo. Al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l'affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all'art.2932 c.c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato. Va invece escluso il diritto alla provvigione qualora tra le parti non sia stato concluso un "affare" in senso economico-giuridico, ma si sia soltanto costituito un vincolo idoneo a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dell'affare, come nel caso in cui sia stato stipulato un patto di opzione, idoneo a vincolare una parte soltanto, ovvero un cd. "preliminare di preliminare", costituente un contratto ad effetti esclusivamente obbligatori non assistito dall'esecuzione in forma specifica ex art.2932 c.c. in caso di inadempimento che, pur essendo di per sé stesso valido ed efficace e non nullo per difetto di causa, ove sia configurabile un interesse delle parti meritevole di tutela alla formazione progressiva del contratto fondata sulla differenziazione dei contenuti negoziali delle varie fasi in cui si articola il procedimento formativo, non legittima tuttavia la parte non inadempiente ad esercitare gli strumenti di tutela finalizzati a realizzare, in forma specifica o per equivalente, l'oggetto finale del progetto negoziale abortito, ma soltanto ad invocare la responsabilità contrattuale della parte inadempiente per il risarcimento dell'autonomo danno derivante dalla violazione, contraria a buona fede, della specifica obbligazione endoprocedimentale contenuta nell'accordo interlocutorio</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 18 maggio esce l’ordinanza della VI sezione della Cassazione n. 9066 secondo la quale non sussiste rapporto di pregiudizialità tra il processo penale avente ad oggetto i reati di falso e truffa ed il processo civile volto ad ottenere una pronuncia ex art. 2932 c.c.. Infatti, per rendere dipendente la decisione civile dalla definizione del giudizio penale, non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l'effetto giuridico dedotto nel processo civile sia collegato normativamente alla commissione del reato che è oggetto di imputazione nel giudizio penale.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 20 maggio esce l’ordinanza della II sezione della Cassazione n. 9226 che richiama la propria univoca giurisprudenza secondo cui il rifiuto del promissario acquirente di stipulare la compravendita definitiva di un immobile privo dei certificati di abitabilità o di agibilità e di conformità alla concessione edilizia (anche ove il mancato rilascio dipenda da inerzia del Comune, nei cui confronti è obbligato ad attivarsi il promittente venditore) è da ritenersi giustificato perché l'acquirente ha interesse ad ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere la funzione economico-sociale e a soddisfare i bisogni che inducono all'acquisto, e cioè la fruibilità e la commerciabilità del bene, per cui i predetti certificati devono ritenersi essenziali.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 27 maggio esce l’ordinanza della II sezione della Cassazione n. 9953 secondo la quale, in tema di contratto preliminare, la consegna dell’immobile, effettuata prima della stipula del definitivo, non determina la decorrenza del termine di decadenza per opporre vizi noti, né comunque di quello di prescrizione, presupponendo l'onere della tempestiva denuncia l'avvenuto trasferimento del diritto, sicché il promissario acquirente, anticipatamente immesso nella disponibilità materiale del bene, risultato successivamente affetto da vizi, può chiedere l'adempimento in forma specifica del preliminare, ai sensi dell'art. 2932 c.c., e contemporaneamente agire con l'azione <em>quanti minoris</em> per la diminuzione del prezzo, senza che gli si possa opporre la decadenza o la prescrizione</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 22 giugno esce la sentenza della III sezione della Cassazione n. 12120 alla cui stregua, in caso di esercizio dell'azione revocatoria avente ad oggetto il contratto definitivo di compravendita immobiliare concluso nelle forme di cui all'art. 1401 c.c., qualora l'immobile compravenduto sia stato oggetto di pignoramento trascritto anteriormente alla trascrizione del contratto definitivo, ma posteriormente alla trascrizione del preliminare, la verifica della "scientia damni" in capo alla terza nominata (da compiersi solo nell'ipotesi in cui analoga verifica, già effettuata nei riguardi dello stipulante e con riferimento al momento della conclusione del contratto preliminare, abbia dato esito negativo), deve essere diretta ad evidenziare se la colpa della stessa, nel non aver consultato i registri immobiliari, possa assumere i connotati della lievità, idonea a giustificare la tutela del suo affidamento.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 25 giugno esce la sentenza della II sezione della Cassazione n. 12654 secondo la quale, la sentenza di trasferimento coattivo prevista dall’art 2932 c.c. non può essere emanata in assenza delle dichiarazioni sugli estremi della concessione edilizia e di coerenza catastale dell’immobile, le quali costituiscono condizione dell’azione di adempimento in forma specifica dell’obbligo di contrarre. La produzione di tali menzioni deve sussistere al momento della decisione e può intervenire anche in corso di causa.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 18 settembre esce l’ordinanza della II sezione della Cassazione n. 19510 che, con riferimento alla nullità di protezione prevista dall’art. 2 del D.Lgs. n. 122/2005 in tema di compravendita immobiliare, richiama il proprio precedente secondo il quale, una volta che sia stata rilasciata la garanzia prescritta per legge in data successiva alla stipula del preliminare, e senza che nelle more si sia manifestata l'insolvenza del promittente venditore ovvero che risulti altrimenti pregiudicato l'interesse del promissario acquirente, la proposizione della domanda di nullità di protezione prevista dall'art.2 D. Lgs 122/2005 costituisce abuso del diritto. La Suprema Corte, tuttavia, in relazione al caso sottoposto al suo esame, ritiene che la proposizione della domanda di nullità del contratto per la violazione dell'art.2 del D.Lgs. n. 122 del 2005 sia fondata e non sia ravvisabile alcuna forma di abuso del diritto in quanto la garanzia fideiussoria era stata rilasciata per un importo inferiore alle somme versate dal promittente acquirente e senza che i lavori fossero stati ultimati.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 29 settembre esce la sentenza della II sezione della Cassazione n. 20526 alla cui stregua, nel giudizio di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto di trasferimento immobiliare di un fabbricato già esistente - mentre la conformità catastale oggettiva costituisce condizione dell'azione e, pertanto, deve formare oggetto di accertamento da parte del giudice - la conformità catastale soggettiva (ossia l’identità tra l’autore dell’atto e l’intestatario catastale dell’immobile), per contro, non costituisce condizione dell'azione e, pertanto, la sua mancanza non impedisce l’emissione di una sentenza costitutiva di trasferimento del fabbricato ex art. 2932 c.c..</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 ottobre esce l’ordinanza della VI sezione della Cassazione n. 20989 alla cui stregua, un contratto preliminare di locazione ha superato lo stadio precontrattuale, anche se è proteso alla stipulazione di un ulteriore contratto, quello definitivo; pertanto costituendo un accordo perfettamente compiuto non gli è applicabile il paradigma dell’art. 1337 c.c.. Da tali considerazioni discende che il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento del preliminare in parola non è confinabile al solo interesse negativo.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 28 ottobre esce l’ordinanza della II sezione della Cassazione n. 23736 che richiama i principi statuiti dalle Sezioni Unite in tema di ammissibilità del cd. “contratto preliminare di preliminare” alla cui stregua, in presenza di contrattazione preliminare relativa a compravendita immobiliare che sia scandita in due fasi, con la previsione di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione di un primo accordo, il giudice di merito deve preliminarmente verificare se tale accordo costituisca già esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti; ove tale verifica dia esito negativo, potrà ritenere produttivo di effetti l'accordo denominato come preliminare con il quale i contraenti si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare, qualora emerga la configurabilità dell'interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2021</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 5 marzo esce l’ordinanza della II sezione della Cassazione n. 6191 che ribadisce l’indirizzo interpretativo alla cui stregua, la sanzione della nullità prevista dall'art. 40 della I. n. 47 del 1985 per i negozi relativi a immobili privi della necessaria concessione edificatoria trova applicazione ai soli contratti con effetti traslativi e non anche a quelli con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita, non soltanto in ragione del tenore letterale della norma, ma anche perché la dichiarazione di cui all'art. 40, comma 2, della medesima legge, in caso di immobili edificati anteriormente all'i settembre 1967, o il rilascio della concessione in sanatoria possono intervenire successivamente al contratto preliminare. Ne consegue che, in queste ipotesi, rimane esclusa la sanzione di nullità per il successivo contratto definitivo di vendita, ovvero si può far luogo alla pronunzia di sentenza ex art. 2932 c.c.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 marzo esce l’ordinanza della III sezione della Cassazione n. 7281 che ribadisce la propria precedente giurisprudenza secondo la quale l’elemento del pregiudizio, fatto costitutivo dell’<em>actio pauliana</em>, si configura solo al momento della stipula del contratto definitivo perché il contratto preliminare non costituisce atto depauperativo della garanzia patrimoniale del debitore. In coerenza con tale giurisprudenza, la Suprema Corte afferma che, in tema di azione revocatoria fallimentare di compravendita stipulata in adempimento di un contratto preliminare, l’accertamento dei relativi presupposti va compiuto con riferimento alla data del contratto definitivo in quanto l’art. 67 L.F. ricollega la consapevolezza dell’insolvenza al momento in cui il bene, uscendo dal patrimonio del fallito, viene sottratto alla garanzia dei creditori, rendendo irrilevante lo stato soggettivo con cui è assunta l’obbligazione, di cui l’atto finale comporta esecuzione, salvo che ne sia provato il carattere fraudolento.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Questioni intriganti</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>A quali potenziali contratti definitivi è applicabile lo schema del preliminare?</strong></p> <p style="text-align: justify;">Orientativamente <strong>a tutti i contratti</strong> e dunque:</p> <ol style="text-align: justify;"> <li>ai contratti <strong>ad effetti reali</strong>; in caso di inadempimento si applica pacificamente l’esecuzione in forma specifica ex art.2932 c.c.;</li> <li>ai contratti <strong>ad effetti obbligatori</strong>; in caso di inadempimento si applica pacificamente l’esecuzione in forma specifica ex art.2932 c.c.;</li> <li>ai <strong>contratti reali</strong>: ma in caso di inadempimento diviene <strong>più difficile costringere</strong> il contraente preliminare inadempiente <strong>alla consegna della <em>res</em></strong>, palesandosi inutilizzabile all’uopo l’art.2932 c.c.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>E’ ammissibile il contratto preliminare di donazione?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li><strong>no</strong>, dal momento che <strong>verrebbe meno la spontaneità</strong> dell’atto di liberalità che compendia la donazione;</li> <li><strong>si</strong>, in quanto mentre <strong>la liberalità</strong> è predicato necessario della donazione, altrettanto non può dirsi della <strong>spontaneità</strong>, come dimostra l’ammissibilità di una <strong>donazione obbligatoria</strong> ex art.769 c.c.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa accomuna e cosa distingue l’opzione dal preliminare unilaterale?</strong></p> <p style="text-align: justify;">Si tratta in entrambi i casi di <strong>contratti preparatori</strong>, in cui il <strong>definitivo assetto degli interessi</strong>, seppure <strong>prefigurato e divisato</strong>, trova compimento in un <strong>contratto successivo</strong>, <strong>strutturalmente e funzionalmente collegato</strong> ad entrambi; tuttavia:</p> <ol style="text-align: justify;"> <li>nell’<strong>opzione</strong>, appena il beneficiario <strong>la esercita</strong> giusta <strong>manifestazione unilaterale di volontà negoziale</strong> in tal senso, il contratto finale <strong>è concluso</strong>;</li> <li>nel preliminare unilaterale, anche se uno solo dei contraenti <strong>si obbliga a stipulare il definitivo</strong>, occorre per concluderlo <strong>una manifestazione di volontà di entrambi i contraenti</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>In caso di forma del contratto convenzionalmente imposta ex art.1352 c.c., tale forma si estende anche al preliminare?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li><strong>no</strong>: l’estensione al preliminare, come da lettera del codice civile, si applica <strong>solo</strong> alla <strong>forma legalmente imposta</strong>, ex art.1351 c.c.;</li> <li><strong>si</strong>: stante lo <strong>stretto legame</strong> che avvince il preliminare al definitivo, anche nel caso in cui siano <strong>le parti a volere una certa forma</strong> per il definitivo, essa si estende <strong>anche al preliminare</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Come va qualificato il contratto preliminare rispetto a quello definitivo, e con quali effetti?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>Tesi del <strong>definitivo come atto con causa propria</strong> e del <strong>preliminare che obbliga solo a “<em>consentire</em>”</strong>: il preliminare è un <strong>negozio meramente preparatorio</strong> che – pur prevedendo <strong>l’oggetto</strong> poi versato nel definitivo - <strong>obbliga le parti soltanto ad un<em> facere</em></strong>, vale a dire alla <strong>prestazione del consenso</strong> per la stipula del definitivo medesimo, il quale ultimo è <strong>il solo che realizza il concreto assetto di interessi</strong> divisato dalle parti; il preliminare ha <strong>causa meramente preparatoria</strong>, il definitivo ha invece una <strong>causa che si sostanzia</strong>, per l’appunto, nel <strong>definitivo assetto degli interessi divisati</strong> dalle parti, e che varia a seconda del <strong>tipo contrattuale</strong> che le parti di volta in volta si obbligano a stipulare (tesi ormai recessiva); poiché il preliminare si risolve in una <strong>mera promessa di consenso</strong>, esso viene <strong>assorbito dal definitivo</strong>, che è il vero e proprio contratto con causa propria (autonomia funzionale), onde <strong>eventuali vizi o cause di risoluzione del preliminare non si riverberano sul definitivo</strong>; laddove sia invece il <strong>definitivo</strong> ad essere <strong>viziato</strong>, poiché il preliminare obbliga solo alla prestazione del reciproco consenso, tale obbligo deve considerarsi adempiuto <strong>anche</strong>, e per l’appunto, in presenza di un definitivo viziato. Poiché il preliminare è <strong>meramente preparatorio</strong> ed obbliga solo alla prestazione dei reciproci consensi in sede di definitivo, solo ove le parti (o una di esse) <strong>non prestino il consenso</strong> entro il termine prefissato può parlarsi di <strong>inadempimento del preliminare</strong>, a <strong>nulla</strong> rilevando invece i <strong>comportamenti idonei ad eventualmente incidere sulle prestazioni finali</strong>, in quanto esse discendono <strong>esclusivamente dalla stipula del definitivo</strong>; allo stesso modo, laddove si configurino (quali sopravvenienze negative) la <strong>eccessiva onerosità sopravvenuta</strong> o la <strong>impossibilità sopravvenuta</strong> di <strong>una tra le prestazioni promesse</strong>, essa <strong>non rileva in nulla</strong>, in quanto in realtà la prestazione divisata nel preliminare è da ricondursi <strong>al solo definitivo</strong>, onde <strong>occorre stipulare il definitivo</strong> (per adempiere al preliminare) e <strong>poi far valere eventuali sopravvenienze negative</strong> nei confronti del (solo) definitivo. Del resto, <strong>il definitivo “<em>assorbe</em>” il preliminare</strong>, ed il relativo contenuto <strong>può anche discostarsi</strong> da quello divisato nel preliminare, atteggiandosi in questo caso a <strong>mera novella regolazione dei rapporti</strong> tra le parti. Nel caso in cui si tratti di preliminare di <strong>compravendita ad effetti anticipati</strong>, gli eventuali vizi della cosa venduta <strong>non potranno essere fatti valere con le azioni edilizie</strong>, in quanto queste ultime <strong>presuppongono l’effetto traslativo</strong> da ricondursi al solo definitivo. Per quanto concerne la <strong>rescissione</strong> per stato di pericolo o di bisogno, essa <strong>appare solo potenziale</strong> al momento della conclusione del preliminare per <strong>attualizzarsi</strong> allorché si stipula il definitivo, onde <strong>il breve termine di prescrizione</strong> (1 anno) decorre <strong>dalla stipula del definitivo</strong> e non del preliminare. Una volta <strong>concluso</strong> il preliminare, poiché il definitivo è <strong>atto negoziale con causa propria</strong>, vi è <strong>libertà di concluderlo</strong> e <strong>non è ammessa surrogazione</strong> da parte del creditore di chi deve concluderlo; per lo stesso motivo è <strong>solo all’atto del definitivo che il creditore può esercitare l’azione revocatoria</strong>, in quanto è il definitivo ad operare lo <strong>spostamento patrimoniale lesivo</strong> delle relative ragioni. Quanto alla <strong>forma</strong>, poiché il preliminare obbliga <strong>solo e meramente a “<em>consentire</em>”</strong>, laddove le parti si obblighino <strong>a trasferirsi diritti reali</strong>, il <strong>solo preliminare</strong> deve essere <strong>formale</strong> (ex art.1351 c.c.) ma <strong>non anche gli eventuali atti contrari</strong> (risoluzione, recesso) dovranno essere a forma imposta, in quanto esso riveste <strong>meri effetti obbligatori e non traslativi</strong>, e <strong>con recesso o risoluzione si elide un obbligo</strong> senza alcun effetto traslativo.</li> <li>Tesi (maggioritaria) del <strong>definitivo come atto a natura doppia</strong>, <strong>atto dovuto</strong> <strong>di adempimento</strong> e <strong>atto con causa propria,</strong> e del <strong>preliminare che obbliga sia a “<em>consentire”</em> che a “<em>praestare</em>”</strong>: il preliminare è un <strong>negozio ancipite</strong> che obbliga alla <strong>prestazione del consenso</strong> per la stipula del definitivo, ma <strong>obbliga già - altresì - alle prestazioni</strong> di cui all’assetto di interessi divisato dalle parti, avendo il contratto definitivo <strong>mera funzione di controllo delle sopravvenienze</strong>; in sostanza, con il preliminare le parti si obbligano <strong>sia a prestare il consenso per il definitivo</strong> (<em>facere</em>), sia <strong>già alle medesime prestazioni che saranno consacrate nel definitivo</strong> (<em>dare, facere</em>), dal momento che il preliminare <strong>ha già un oggetto e un contenuto ben delineati</strong>: il definitivo è allora lo strumento che consente alle parti di <strong>valutare l’incidenza di eventuali fatti nuovi</strong> (sopravvenienze) rispetto all’assetto di interessi già programmato in senso obbligatorio con il preliminare; in questo prisma ermeneutico il definitivo presenta <strong>una doppia causa</strong>, <strong>interna</strong> e <strong>variabile</strong> da un lato, laddove esso <strong>realizza</strong>, al netto di eventuali sopravvenienze, <strong>gli interessi divisati dalle parti</strong>; <strong>esterna e fissa</strong> dall’altro, laddove si pone come <strong>adempimento degli obblighi contratti dalle parti</strong> con il preliminare (tesi del c.d. doppio contratto, ormai prevalente); in caso di <strong>vizi del preliminare</strong>, o di relativa <strong>risoluzione</strong>, se si ritiene per il definitivo <strong>prevalente la causa esterna</strong> (sicché esso è <strong>meramente solutorio</strong>), la relativa <strong>funzione</strong> si sostanzia nella realizzazione del <strong>programma di interessi già cristallizzato</strong> dalle parti nel preliminare, sicché esso <strong>resta privo di causa</strong> laddove il preliminare <strong>venga meno perché nullo, annullato o risolto</strong>; se invece si ritiene <strong>prevalere la causa interna del definitivo</strong>, lo stesso <strong>resta valido</strong>, ma in queste fattispecie occorre porsi all’atto della stipula del definitivo e distinguere l’ipotesi in cui <strong>le parti conoscono i vizi del preliminare</strong> (nel qual caso il definitivo <strong>varrà convalida</strong> del preliminare laddove annulabile, ex art.1444 c.c.; ovvero sarà in ogni caso una <strong>rinnovata manifestazione di volontà negoziale</strong> che <strong>sana i vizi</strong> del preliminare) dall’ipotesi in cui le parti <strong>non sanno che il preliminare è viziato</strong> (ipotesi in cui, laddove essenziale, può rilevare <strong>l’errore di diritto</strong> afferente all’obbligo di stipulare il definitivo ex art.1429, n.4, c.c.). Nel caso opposto in cui <strong>è il definitivo ad essere viziato</strong>, occorre muovere dalla considerazione onde, in forza della tesi del <strong>d. doppio contratto</strong>, il preliminare non obbliga le parti <strong>alla mera prestazione del consenso</strong>, ma anche <strong>alla realizzazione degli interessi in esso programmati</strong>, sicché se il definitivo <strong>è invalido e inefficace</strong>, occorrerà <strong>stipulare un nuovo definitivo</strong>, dovendo distinguersi i casi: a) di <strong>definitivo nullo</strong>: qui la sentenza dichiara la nullità del definitivo, che è <strong>inefficace <em>ab origine</em></strong>, sicché il preliminare retrostante (se valido) <strong>può essere eseguito nuovamente</strong>, <strong>fisiologicamente</strong> ed a mezzo <strong>nuovo definitivo</strong> se ancora ci sono i termini, ovvero ex art.2932 c.c.; b) di <strong>definitivo annullato o rescisso</strong>: in questo caso occorre <strong>prima l’azione demolitoria di annullamento o rescissione</strong> e, a valle dei relativi effetti costitutivi (annullamento; rescissione) sarà possibile alle parti <strong>stipulare nuovo definitivo</strong> o <strong>invocare l’adempimento del preliminare ancora valido ex art.2932 c.c.</strong> Sotto altro profilo, poiché il preliminare non obbliga solo a contrarre, ma è già la fonte delle obbligazioni le cui prestazioni realizzano gli interessi divisati dalle parti, <strong>eventuali sopravvenienze negative</strong> (<strong>eccessiva onerosità sopravvenuta</strong> di una prestazione, <strong>impossibilità sopravvenuta</strong> di una prestazione) potranno essere fatte valere (azione di risoluzione) <strong>già nei confronti del preliminare</strong>, senza dover attenere la stipula del definitivo. Del resto, <strong>il definitivo non “assorbe” sempre</strong> il preliminare, ed il relativo contenuto può <strong>anche discostarsi</strong> da quello divisato nel preliminare, atteggiandosi in questo caso a <strong>mera novella regolazione</strong> dei rapporti tra le parti, solo nel caso in cui si tratti di <strong>controllare delle sopravvenienze</strong> rispetto alla stipula del preliminare, che impongono alle parti un nuovo assetto di interessi, ovvero comunque le sospingono in tal senso; laddove invece <strong>non si verifichino sopravvenienze</strong>, un assetto di interessi in seno al definitivo <strong>diverso</strong> rispetto a quello divisato col preliminare <strong>si risolve in un inadempimento</strong>. Nel caso in cui si tratti di <strong>preliminare di compravendita ad effetti anticipati</strong>, gli eventuali <strong>vizi della cosa venduta</strong> potranno essere fatti valere <strong>con le azioni edilizie</strong> <strong>già in presenza del preliminare</strong>, in quanto queste ultime <strong>non presuppongono l’effetto traslativo</strong> (da ricondursi al solo definitivo), ma hanno di mira il <strong>concreto assetto degli interessi divisati</strong> dalle parti, che è riconducibile (seppure con effetti solo obbligatori) <strong>già alla stipula del preliminare</strong>. Per quanto concerne la <strong>rescissione</strong> per stato di pericolo o di bisogno, essa <strong>appare già attuale al momento della conclusione del preliminare</strong> per <strong>attualizzarsi vieppiù</strong> (in guisa di conferma) in occasione della stipula il definitivo laddove lo <strong>stato di bisogno</strong> (o di pericolo, ma è più raro) <strong>vi perduri</strong>, onde il breve termine di prescrizione (1 anno) decorre <strong>tanto dalla stipula del preliminare quanto da quella del definitivo</strong>. Una volta concluso il preliminare, poiché il definitivo <strong>è atto negoziale con causa doppia, propria e solutoria</strong>, se nel caso di specie si opta per la <strong>causa propria</strong> vi è <strong>libertà di concluderlo e non è ammessa surrogazione</strong> da parte del creditore di chi deve concluderlo, mentre se si opta per la <strong>causa solutoria</strong> (nel singolo caso di specie) potrà ammettersi <strong>la surrogazione</strong> del detto creditore; medesima ambivalenza va riconosciuta per quanto concerne <strong>la legittimazione del creditore ad esperire azione revocatoria</strong>, dovendosi distinguere i casi in cui la <strong>attitudine lesiva delle ragioni creditorie</strong> si palesi <strong>già in sede di stipula del preliminare</strong> da quelle in cui essa si concretizza <strong>solo al momento del definitivo</strong>. Quanto alla forma, poiché il preliminare <strong>obbliga a consentire e a “<em>praestare</em>”,</strong> laddove le parti si obblighino a trasferirsi diritti reali, non solo <strong>il preliminare</strong> deve essere <strong>formale</strong> (ex art.1351 c.c.) ma <strong>anche gli eventuali atti contrari</strong> (risoluzione, recesso) dovranno in linea di massima considerarsi <strong>formali</strong>.</li> <li>Tesi del <strong>definitivo</strong> con natura di <strong>solo atto adempitivo con causa esterna</strong> e del <strong>preliminare che obbliga solo a “<em>praestare</em>”</strong>: il preliminare <strong>è negozio (già) definitivo</strong> che realizza l’assetto degli interessi divisati dalle parti ma <strong>in via obbligatoria</strong>, ovvero obbligando le parti stesse a realizzarli; il “<strong><em>definitivo</em></strong>”, muovendo da questa prospettiva, ha <strong>natura non negoziale</strong>, <strong>ma solutoria</strong> con <strong>causa esterna</strong>, l’unica causa risiedendo appunto nel preliminare e nell’assetto di interessi in esso scolpito dalle parti. Il sistema giuridico italiano si impronta al <strong>principio consensualistico</strong>, sicché basta l’accordo delle parti per la trasmissione dei diritti, e tuttavia le parti stesse <strong>possono accordarsi nel senso della scissione</strong> tra momento <strong>obbligatorio</strong> (preliminare) e successivo momento <strong>ad effetti reali e traslativi</strong> (definitivo) organizzando una sequenza procedimentale che annovera <strong>un atto negoziale vero e proprio che obbliga</strong> le parti ad un dato assetto di interessi (nei fatti, già realizzandolo) ed <strong>un successivo atto esecutivo non negoziale</strong> (tesi dottrinale e giurisprudenziale minoritaria). Il definitivo <strong>è atto dovuto con causa solutoria</strong>, e compendia sostanzialmente <strong>un adempimento bilaterale</strong>, onde se il preliminare <strong>è nullo o annullabile</strong>, o viene <strong>risolto</strong>, il definitivo <strong>perde la propria causa (esterna)</strong> e deve considerarsi <strong>anch’esso nullo</strong>, il che implica che sono <strong>soggette a ripetizione di indebito</strong> le prestazioni eventualmente operate. Il definitivo, essendo <strong>atto esecutivo</strong> degli obblighi nascenti dal preliminare, laddove <strong>nullo o annullabile</strong>, si risolve in <strong>un inadempimento</strong> degli obblighi medesimi. Anche in questo caso, poiché il preliminare <strong>non obbliga solo a contrarre</strong>, ma <strong>è già la fonte delle obbligazioni</strong> le cui prestazioni realizzano gli interessi divisati dalle parti, <strong>eventuali sopravvenienze negative</strong> (<strong>eccessiva onerosità sopravvenuta</strong> di una prestazione, <strong>impossibilità sopravvenuta</strong> di una prestazione) <strong>potranno essere fatte valere</strong> (azione di risoluzione) <strong>già nei confronti del preliminare</strong>, senza dover attendere la stipula del definitivo (che è atto bilaterale con <strong><em>causa solvendi</em></strong> di mero adempimento rispetto al preliminare). Del resto, <strong>il definitivo non “<em>assorbe</em>”</strong> il preliminare, ed il relativo contenuto <strong>non può mai discostarsi</strong> da quello divisato nel preliminare, atteggiandosi in questo caso <strong>non a novella regolazione</strong> dei rapporti tra le parti, inammissibile, quanto a <strong>vero e proprio inadempimento</strong> e dunque a <strong>fatto illecito</strong>. Nel caso in cui si tratti di <strong>preliminare di compravendita ad effetti anticipati</strong>, gli eventuali vizi della cosa venduta potranno essere fatti valere <strong>con le azioni edilizie già in presenza del preliminare</strong>, in quanto queste ultime <strong>non presuppongono l’effetto traslativo</strong> (da ricondursi al solo definitivo), ma hanno di mira il <strong>concreto assetto degli interessi divisati</strong> dalle parti, che è riconducibile (seppure con effetti solo obbligatori) già alla stipula del preliminare, dal momento che il definitivo <strong>è mero atto esecutivo di adempimento</strong> del preliminare medesimo. Per quanto concerne la <strong>rescissione</strong> per stato di pericolo o di bisogno, essa appare <strong>già attuale al momento della conclusione del preliminare</strong>, che è l’unico atto con natura negoziale (mentre il definitivo a meri effetti adempitivi), onde il <strong>breve termine di prescrizione</strong> (1 anno) decorre <strong>dalla sola stipula del preliminare</strong>. Una volta concluso il preliminare, poiché il definitivo è <strong>atto non negoziale con causa esterna solutoria</strong>, è ammessa <strong>surrogazione</strong> da parte del <strong>creditore</strong> di chi deve concluderlo; per lo stesso motivo, dal momento che le ragioni del creditore <strong>sono già pregiudicate dal preliminare</strong>, è <strong>nei confronti del preliminare</strong> che va esperita l’eventuale azione revocatoria in quanto esso presenta <strong>già attitudine lesiva</strong> delle ragioni creditorie. Quanto alla forma, poiché il preliminare obbliga a “<strong><em>praestare</em></strong>” (e non già meramente a consentire), laddove le parti <strong>si obblighino a trasferirsi diritti reali</strong>, non solo il preliminare deve essere <strong>formale</strong> (ex art.1351 c.c.) ma anche <strong>gli eventuali atti contrari</strong> (risoluzione, recesso) dovranno essere formali.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Se il preliminare è contratto formale, sono necessariamente formali anche gli atti che vi incidono, come la risoluzione o il recesso?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>muovendo dalle <strong>concezioni dottrinali sulla forma</strong>, se si muove dal principio di <strong>libertà delle forme</strong> la risposta deve essere <strong>negativa</strong>, essendo la forma imposta solo per gli atti in relazione ai quali <strong>essa è esplicitamente tale <em>ex lege</em></strong> (articoli 1350 e 1351 c.c.); se invece si muove dal <strong>principio di simmetria</strong> (c.d. <strong><em>contrarius actus</em></strong>), la risposta è <strong>positiva</strong>, in quanto <strong>l’atto eguale e contrario</strong> deve possedere <strong>la medesima forma dell’atto sul quale incide</strong>, dovendosi <strong>applicare in via estensiva</strong> le disposizioni che <em>ex lege</em> impongono una data forma al primo atto (articoli 1350 e 1351 c.c.);</li> <li>muovendo dalle concezioni dottrinali sui <strong>rapporti tra preliminare e definitivo</strong> e sulle rispettive cause e funzioni, la soluzione è diversa a seconda del diverso modello abbracciato in ordine al concreto atteggiarsi di tali rapporti (vedi <em>supra</em>).</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali problemi ha posto il privilegio speciale immobiliare previsto dall’art.2775.bis c.c. rispetto ad altri crediti garantiti da ipoteca prima dell’arresto delle SSUU del 2009?</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il problema si pone tutte le volte in cui il <strong>bene immobile</strong> oggetto di contratto preliminare – sul quale grava <strong>privilegio speciale</strong> in capo al <strong>(creditore) promissario acquirente</strong> - debba essere <strong>venduto</strong> (a livello individuale o di procedura concorsuale fallimentare o analoga) per la <strong>soddisfazione del promissario acquirente</strong> medesimo (a seguito di risoluzione o scioglimento del preliminare) ed <strong>anche di altri creditori del promittente alienante</strong>, alcuni dei quali vantano <strong>ipoteca iscritta</strong> sul ridetto immobile oggetto del contratto preliminare; va <strong>esclusa</strong> l’ipotesi, risolta <strong>direttamente dalla legge</strong>, in cui il promissario acquirente si sia <strong>accollato una parte del mutuo a suo tempo contratto</strong> dal promittente alienante per procedere alla costruzione ed ultimazione dell’immobile (art.2775.bis e 2825.bis c.c.), perché in simili casi <strong>prevale l’ipoteca anche ove successiva</strong>, con deroga al <em>principio prior in tempore, potior in iure</em>. In tutti gli altri casi invece:</p> <ol style="text-align: justify;" start="2825"> <li>secondo una <strong>prima tesi</strong>, <strong>prevale in ogni caso il privilegio speciale</strong> connesso alla trascrizione del preliminare e costituitosi a favore del promissario acquirente, <strong>anche laddove le ipoteche siano state iscritte anteriormente</strong> (e, dunque, anche quando il privilegio speciale di che trattasi è posteriore), dovendo comunque trovare applicazione <strong>la norma generale di cui all’art.2748, comma 2, c.c.</strong> che dispone (salva diversa disposizione di legge) la preferenza dei <strong>creditori privilegiati speciali</strong> su quelli ipotecari. Secondo questa opzione ermeneutica, gli eventuali conflitti tra privilegi e ipoteche <strong>è risolto una volta per tutte</strong> dal ridetto art.2748, comma 2, c.c., mentre l’art.2644 c.c. (in tema di trascrizione e di prevalenza dei diritti secondo l’ordine delle trascrizioni ed iscrizioni) risolve il <strong>diverso conflitto </strong>tra<strong> cause di prelazione del credito </strong>e<strong> diritti reali di godimento</strong>. Del resto, la deroga prevista a favore dei creditori ipotecari (anche posteriori) dall’art.2825.bis c.c. <strong>è esplicita <em>ex lege</em></strong>, sicché in difetto di diverse prese di posizione del pari esplicite del legislatore opera <strong>la regola generale</strong> di cui all’art.2748, comma 2, c.c. Diverso il caso in cui al contratto preliminare <strong>segua il definitivo</strong>: in questa ipotesi, il promissario acquirente <strong>diviene proprietario dell’immobile</strong>, e a quel punto il conflitto si pone tra <strong>cause di prelazione</strong> (degli altri creditori) e <strong>diritto reale</strong> (dell’acquirente attraverso il definitivo) e si risolve <strong>a favore dei primi</strong>, ove l’iscrizione ipotecaria sia anteriore. Del resto le banche, <strong>nel concedere finanziamenti agli imprenditori</strong> per la costruzione (e successiva vendita) di immobili <strong>non devono fare affidamento tanto sul bene costruendo</strong> ed offerto in garanzia tramite ipoteca, quanto piuttosto <strong>sulla solidità economica e finanziaria complessiva</strong> del costruttore destinatario del finanziamento, che esse <strong>possono controllare con strumenti più efficaci ed incisivi</strong> rispetto agli altri creditori;</li> <li>per una <strong>seconda tesi</strong>, l’opzione ermeneutica sub a) <strong>non appare accoglibile</strong>, non solo perché <strong>scoraggia le banche</strong> a concedere finanziamenti ai costruttori di immobili (con ogni evidente precipitato dal punto di vista dell’economia generale), ma anche perché sembra <strong>tutelare eccessivamente il promissario acquirente</strong> proprio laddove questi, <strong>piuttosto che garantirsi una tutela reale</strong> (invocando la stipula del definitivo e chiedendo l’esecuzione in forma specifica ex art.2932 c.c.), <strong>si muova nell’ottica “<em>per equivalente</em>”</strong> della <strong>tutela risarcitoria</strong>, garantendogli in tal caso la prevalenza anche <strong>sull’imprenditore che si indebitò con le banche</strong> <strong>per costruire</strong> l’immobile di che trattasi. Muovendo da questa prospettiva, da un lato c’è chi invoca un <strong>intervento necessario del legislatore o della Corte costituzionale</strong>, assumendo comunque non interpretabile in modo conforme la disciplina pertinente; dall’altro chi invece <strong>valorizza i principi in materia di trascrizione e di pubblicità immobiliare</strong> per giungere a <strong>conclusioni opposte</strong> rispetto alla tesi sub a), rappresentando in primo luogo che il <strong>privilegio speciale</strong> in questione <strong>non è tanto connesso dal legislatore alla causa del credito</strong>, come di consueto, quanto piuttosto <strong>alla trascrizione del preliminare</strong> ed alla efficacia del medesimo (cadendo laddove venga stipulato il definitivo), onde si tratta di un <strong>privilegio “<em>iscrizionale</em>” o “<em>trascrizionale</em>”</strong>, che segue dunque le regole della <strong>pubblicità immobiliare</strong>. Una tesi particolarmente pregnante per quella parte della dottrina che – assimilando <strong>la sequenza “<em>preliminare-definitivo</em>”</strong> a quella di cui al <strong>modello tedesco <em>titulus-modus adquirendi</em></strong> – assume in realtà come il preliminare configuri una <strong>vera e propria vendita ad effetti obbligatori</strong> (non già una mera promessa di vendere), in cui al promissario acquirente viene conferito un <strong><em>ius ad rem</em></strong>, e <strong>non già un mero <em>ius in personam</em></strong>: il promissario acquirente è <strong>non già un mero creditore</strong>, quanto piuttosto <strong>un acquirente anticipato dell’immobile</strong>, e ciò giustifica la sottoposizione del privilegio immobiliare speciale che lo assiste alle <strong>regole generali di cui all’art.2644 c.c.</strong> in quanto non si tratta di risolvere il <strong>conflitto tra diverse cause di prelazione</strong>, quanto piuttosto tra un <strong>diritto sostanzialmente reale</strong>, seppure “<strong><em>anticipato</em></strong>” (quale quello del promissario acquirente) e <strong>vere e proprie cause di prelazione</strong> (quelle riconoscibili in capo ai creditori ipotecari anteriori). Peraltro, l’art.2775.bis c.c. è collocato <strong>dopo gli articoli 2772 e 2774 c.c.</strong> che, nel prevedere anch’essi privilegi, li assumono <strong>non esercitabili</strong> nei confronti di <strong>terzi che abbiano acquisito diritti in data anteriore</strong>; e prevede un <strong>privilegio speciale</strong> che <strong>prevale sulle iscrizioni ipotecarie anteriori solo</strong>, appunto, <strong>se non viene stipulato il definitivo</strong>, perché in tal caso esso <strong>cede anche dinanzi ad iscrizioni ipotecarie posteriori</strong>. Si tratta dunque di una disciplina che, ove interpretata nel senso di cui alla tesi sub a), si paleserebbe <strong>anomala</strong>, oltre che capace di <strong>prestarsi ad abusi da parte del promittente alienante</strong>, il quale potrebbe trovare un <strong>promissario acquirente compiacente</strong> con il quale concludere un contratto preliminare simulato (poi da risolversi) al fine di sottrarre l’immobile in costruzione alla garanzie della banca finanziatrice.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali tesi si contendono il campo in tema di natura del contratto preliminare ad effetti anticipati?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>si tratta in realtà <strong>di un definitivo</strong>, <strong>alcuni dei cui effetti</strong> vengono dalle parti <strong>posticipati</strong>;</li> <li>si tratta della <strong>prima fase di un procedimento contrattuale complesso</strong> nell’economia del quale le parti <strong>ripartono gli effetti contrattuali</strong>, <strong>scindendoli</strong> in un prima e in un dopo;</li> <li>si tratta di un <strong>vero e proprio preliminare</strong> nell’economia del quale le parti, spiegando la loro <strong>autonomia negoziale</strong>, <strong>anticipano (solo) alcuni degli effetti</strong> che sarebbero propri del definitivo: se li anticipassero tutti, si tratterebbe invece di un <strong>definitivo soggetto a successiva, e mera, ripetizione formale</strong>;</li> <li>si tratta di una <strong>peculiare ipotesi di collegamento negoziale</strong>: <strong>contratto preliminare</strong> collegato ad un <strong>comodato</strong> e ad un <strong>mutuo garantito</strong> (tesi giurisprudenziale).</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Come può alternativamente connotarsi il preliminare di cosa altrui?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>preliminare di cosa altrui <strong>collegato a definitivo di cosa altrui</strong>: il definitivo si configura come <strong>vendita obbligatoria di cosa altrui</strong>; può tuttavia configurarsi come <strong>vendita ad effetti reali di cosa altrui</strong>, quando <strong>al definitivo partecipa il terzo proprietario</strong> che <strong>trasferisce direttamente</strong> al promissario acquirente la proprietà della <em>res</em>;</li> <li>preliminare di cosa altrui <strong>collegato a definitivo di cosa propria</strong>: il definitivo si articola come <strong>vendita ad effetti reali di cosa propria</strong>, in quanto tra il preliminare e il definitivo la cosa è stata trasferita in proprietà dal terzo al promittente alienante.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Come si connota alternativamente il preliminare di cosa in comunione?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>la <strong>promessa di vendita di un bene in comunione</strong> è, di norma, considerata dalle parti attinente al <strong>bene medesimo come un <em>unicum</em> inscindibile</strong> e <strong>non come somma delle singole quote</strong> che fanno capo ai singoli comproprietari, onde questi ultimi costituiscono <strong>un'unica parte complessa</strong> e le loro dichiarazioni di voler vendere <strong>si fondono</strong> in <strong>un'unica volontà negoziale</strong>. Ne consegue che, quando una di tali dichiarazioni <strong>manchi</strong> (o sia invalida), non si forma (o si forma invalidamente) <strong>la volontà</strong> di una delle parti del contratto preliminare, escludendosi, pertanto, <strong><em>in toto</em></strong> la <strong>possibilità del promissario acquirente di ottenere la sentenza costitutiva</strong> di cui all'art. 2932 cod. civ. nei confronti dei <strong>soli comproprietari promittenti</strong>, sull'assunto di una <strong>mera inefficacia del contratto</strong> stesso rispetto a quelli rimasti estranei: <strong>manca la volontà della parte complessa</strong> e dunque il contratto va assunto <strong>integralmente nullo</strong>.</li> <li>È fatta salva l’ipotesi in cui <strong>l'unico documento</strong> predisposto per il detto negozio <strong>venga redatto in modo tale</strong> da <strong>farne risultare la volontà di scomposizione in piú contratti preliminari</strong> in base ai quali <strong>ognuno dei comproprietari si impegna esclusivamente a vendere la propria quota</strong> al promissario acquirente, con <strong>esclusione di forme di collegamento negoziale</strong> o di previsione di <strong>condizioni idonee a rimuovere la reciproca insensibilità</strong> dei contratti stessi <strong>all'inadempimento</strong> di uno di essi ed ammettendosi, pertanto, la possibilità del <strong>promissario acquirente di ottenere la sentenza costitutiva</strong> di cui all'art. 2932 cod. civ. nei confronti <strong>dei soli comproprietari promittenti</strong>, stante la <strong>mera inefficacia del contratto</strong> stesso rispetto a <strong>quelli rimasti estranei</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali sono le condizioni in presenza delle quali è attivabile lo speciale rimedio ex art.2932 c.c.?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>che le parti <strong>non lo abbiano esplicitamente escluso</strong> in sede di stipula del contratto preliminare; questa condizione è particolarmente importante in relazione alla <strong>possibilità di configurare un c.d. preliminare di preliminare</strong>, che si connota proprio nel senso di un vincolo tra le parti per il quale <strong>non è ammessa</strong>, per espresso accordo tra loro, una <strong>esecuzione in forma specifica</strong>;</li> <li>che l’esecuzione in forma specifica <strong>sia possibile</strong>, circostanza da escludersi se il bene <strong>è divenuto incommerciabile</strong>, o se <strong>è perito</strong>, se <strong>non è determinato</strong> o se <strong>è stato già alienato a terzi</strong> (salva in quest’ultimo caso la ammissibilità di un preliminare di cosa altrui); da taluni, l’impossibilità viene predicata anche per l’ipotesi in cui il contratto promesso abbia natura reale, in quanto <strong>la consegna non potrebbe essere surrogata dalla sentenza</strong>;</li> <li>che chi se ne avvale <strong>abbia già adempiuto o abbia comunque offerto di adempiere</strong> la propria prestazione, se prevista <strong>prima</strong> della stipula del definitivo (es., pagamento del prezzo nel preliminare c.d. ad effetti anticipati); se invece la prestazione dell’adempiente <strong>debba essere contestuale o successiva</strong> al definitivo del quale si chiede l’esecuzione in forma specifica a mezzo sentenza, qualora egli spicchi azione ex art.2932 c.c., il convenuto <strong>può ottenere che la sentenza</strong> che tiene luogo degli effetti del contratto <strong>sia condizionata alla esecuzione della controprestazione</strong> da parte dell’attore (il quale, del resto, agisce proprio come <strong>parte che intende adempiere</strong>, a fronte del rifiuto dell’altra parte convenuta).</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Come si connota la sentenza ex art.2932 c.c.?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>ha natura <strong>costitutiva</strong>;</li> <li>come tale, produce <strong>i medesimi effetti</strong> che avrebbe dovuto produrre il contratto definitivo non concluso;</li> <li>gli <strong>effetti programmati</strong> dalle parti in sede di contratto preliminare vengono <strong>prodotti dalla sentenza</strong> che spiega effetti <strong>sulle rispettive situazioni giuridiche</strong>, <strong>senza costringerli a prestare il consenso</strong> (che è <strong><em>facere</em> infungibile</strong>);</li> <li>allo stesso modo del contratto definitivo del quale tiene luogo, la sentenza in parola è <strong>idonea a governare le eventuali sopravvenienze</strong>, come nel caso tipico in cui il bene promesso in vendita <strong>si riveli viziato</strong>, con conseguente possibilità per il giudice di <strong>operare la riduzione del relativo prezzo</strong> di acquisto, senza necessità che il contenuto del definitivo assetto di interessi realizzato <strong><em>ope iudicis</em></strong> corrisponda perfettamente al programma contrattuale divisato col preliminare;</li> <li>il <strong>rapporto sorto</strong> attraverso la sentenza (costitutiva) è un <strong>rapporto negoziale</strong>, e come tale <strong>è sottoposto a tutti i rimedi tipici previsti per i negozi giuridici</strong>, che tuttavia <strong>non possono invece essere esperiti</strong> nei confronti della <strong>sentenza</strong> (atto): occorre dunque tenere ben distinto <strong>l’atto</strong> (sentenza costitutiva), soggetto ai <strong>rimedi processuali</strong> normalmente esperibili avverso una sentenza (e suscettibile di passare in giudicato), dal <strong>rapporto (contrattuale)</strong>, soggetto ai <strong>rimedi sostanziali</strong> normalmente esperibili avverso un contratto, come ad esempio la <strong>rescissione</strong> o l’<strong>annullamento</strong>, che possono formare oggetto di <strong>eccezioni</strong> opposte in sede di giudizio ex art.2932 c.c.;</li> <li>una volta <strong>passata in giudicato la sentenza</strong> (atto), secondo una tesi dottrinale <strong>non potrebbero più esperirsi i rimedi “<em>strutturali</em>”</strong> avverso il preliminare, in quanto il giudicato <strong>copre il dedotto ed il deducibile</strong>, mentre secondo altra tesi in questa peculiare ipotesi il giudicato <strong>coprirebbe solo il dedotto</strong>, e non anche il deducibile che potrebbe <strong>ancora essere fatto valere</strong>, nei limiti della <strong>prescrizione</strong> dei diritti;</li> <li>una volta <strong>passata in giudicato la sentenza</strong> (atto), possono invece azionarsi <strong>tutti i rimedi “<em>funzionali</em>”</strong>, come tali tesi a <strong>riequilibrare un sinallagma</strong> in qualche modo vulnerato o alterato, come nel caso dell’<strong>inadempimento</strong> di una parte, ovvero della <strong>sopravvenuta impossibilità</strong> o <strong>eccessiva onerosità</strong> di una prestazione.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p>