TAR PUGLIA – LECCE, II – sentenza 07.03.2022 n. 379
MASSIMA
In materia di poteri di autotutela della P.A., a seguito di aggiudicazione definitiva nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica il reiterato e ingiustificato rifiuto alla stipulazione del contratto da parte dell’impresa aggiudicataria autorizza legittimamente l’Amministrazione appaltante a procedere alla revoca ex art. 32 D.Lgs 50/2016. Infatti, il rifiuto alla stipulazione del contratto dell’aggiudicataria giustifica la revoca come misura sanzionatoria per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, arrecando ciò un grave pregiudizio economico e finanziario alla pubblica amministrazione appaltante.
- Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente lamenta la violazione dell’art. 32 del D. Lgs n. 50/2016, sostenendo che la mancata stipulazione del contratto comporterebbe non la revoca dell’aggiudicazione, quale espressione del generale potere di autotutela, bensì la sua decadenza.
1.1. Il motivo è infondato.
- Dalle evenienze fattuali sopra richiamate emerge l’ambiguità del contegno assunto dalla società ricorrente, la quale, invitata a sottoscrivere il contratto, ha dapprima manifestato un’indisponibilità dovuta ad impegni precedentemente assunti e poi è rimasta inerte rispetto alla reiterazione dell’invito, in tal modo dimostrando disinteresse all’affidamento della concessione.
2.2. L’Amministrazione, quindi, si è legittimamente determinata all’adozione del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione, nell’esercizio del potere di autotutela “quale diretta ed esclusiva conseguenza del comportamento dell’aggiudicatario che […] non si è reso ripetutamente disponibile alla sottoscrizione del contratto”; l’Ente ha infatti rilevato che “da parte dell’aggiudicatario viene ulteriormente perpetrato, anche nel corso del presente procedimento, un contegno ambiguo e tale per cui per un verso non si fornisce un chiaro rifiuto (con le modalità ex lege previste) alla stipula del contratto, e per l’altro si rassegnano una serie di doglianze relative alle vicende pregresse senza da esse trarre alcuna specifica conseguenza” (v. motivazioni del provvedimento n. 838 del 22.10.2021).
2.3. Detto potere di revoca è espressamente consentito dall’art. 32, comma 8, D. Lgs. n. 50/2016, il quale fa salvo l’esercizio dei poteri di autotutela della P.A. dopo che è divenuta efficace l’aggiudicazione, come avvenuto nella fattispecie all’esame.
2.4. A tal proposito, secondo condivisibile giurisprudenza, tra i “sopravvenuti motivi di pubblico interesse” che giustificano l’adozione del provvedimento di revoca “ben possono rientrare anche comportamenti scorretti dell’aggiudicatario che si siano manifestati successivamente all’aggiudicazione definitiva. In detti casi la revoca assume quella particolare connotazione di revoca – sanzione, poiché la caducazione degli effetti del provvedimento è giustificata da condotte scorrette del privato beneficiario di precedente provvedimento favorevole dell’amministrazione; tuttavia si tratta pur sempre di “motivi di pubblico interesse”, successivi al provvedimento favorevole (o successivamente conosciuti dalla stazione appaltante, e per questo “sopravvenuti”) che giustificano la revoca” (cfr. T.A.R. Sardegna, Sez. I, 3.1.2019, n. 2); è stato inoltre affermato – in una fattispecie di rifiuto espresso alla sottoscrizione del contratto – che “Nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica, il rifiuto di stipulare il contratto di concessione di un pubblico servizio è un elemento che può giustificare la revoca dell’aggiudicazione per superiori motivi d’interesse pubblico essendo forte di un pregiudizio economico e patrimoniale per l’amministrazione pubblica” (v. Cons. Stato, Sez. V, sentenza n. 5780 del 22 agosto 2019).
3.9. In termini ancor più generali, nell’ambito delle gare pubbliche, la sopravvenuta scadenza del termine per la sottoscrizione del contratto di appalto o di concessione (termine stabilito dal bando ovvero, in mancanza di previsioni ad hoc, dall’art. 32 comma 8, del D. Lgs. n. 50/2016) determina, in capo all’aggiudicatario, la possibilità di disimpegnarsi da ogni vincolo negoziale senza incorrere in alcuna sanzione, ovvero di “confermare” anche tacitamente l’offerta stessa, accettando la stipula contrattuale; non sussiste, invece, alcun obbligo per l’Amministrazione di rivalutare l’offerta a suo tempo presentata dall’aggiudicatario mediante rinegoziazioni e/o adeguamenti di sorta, in contesti peraltro caratterizzati dal formalismo dell’evidenza pubblica e dalla conseguente cristallizzazione degli esiti della gara ormai ultimata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 24 giugno 2010, n. 4019; TAR Abruzzo, Sez. I, 31 maggio 2011, n. 299).
4.1. In definitiva, il lasso di tempo trascorso prima dell’invito alla stipulazione del contratto (ed il conseguente mancato rispetto del termine previsto dall’art. 32, comma 8, del D. Lgs. n. 50 del 2016 ) non è idoneo ad inficiare gli esiti della procedura di evidenza pubblica conclusasi con l’aggiudicazione (che si colloca logicamente e cronologicamente in una fase antecedente), sicché l’asserita e – come detto – indimostrata sopravvenuta insostenibilità del piano economico-finanziario posto a base dell’offerta potrebbe consentire all’aggiudicatario, al più, di “sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto”, prevedendo la succitata norma che allo stesso “non spetta alcun indennizzo, salvo il rimborso delle spese contrattuali documentate”.
4.2. Il mancato adempimento dell’obbligo di rinegoziazione, quindi, non integra, per espressa previsione normativa, un vizio di validità e/o efficacia del contratto da stipulare, ma può consentire a una delle parti, nel caso di mancato accordo, di recedere unilateralmente dal vincolo.
- Ferme restando le dirimenti considerazioni sopra illustrate, per completezza osserva il Collegio che le circostanze addotte dalla parte non integrano comunque delle sopravvenienze, tali da poter innescare – a seguito della conclusione del contratto – la necessità di una revisione del piano economico-finanziario posto a base del rapporto concessorio.
- Con il terzo motivo di ricorso, parte ricorrente si duole del comportamento tenuto dal Comune di Ugento nella vicenda all’esame, a suo dire contrastante con i canoni di buona fede contrattuale e precontrattuale, che avrebbero imposto all’Amministrazione comunale di tenere in adeguata considerazione l’interesse dell’aggiudicataria e di salvaguardarlo in maniera appropriata, anche alla stregua dei principi fissati nella sentenza n. 5/2018 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.
7.1. In particolare, la ricorrente stigmatizza il deficit istruttorio e la violazione dei principi di adeguatezza e di proporzionalità in cui sarebbe incorsa la P.A., avendo disatteso le sue istanze di revisione delle condizioni di equilibrio economico-finanziario, compromesse sia dalla indisponibilità di una parte degli immobili, sia dalla sopravvenuta emergenza epidemiologica.
7.2. Anche tali doglianze non colgono nel segno, perché, dalla disamina dei fatti come sopra ricostruiti, risulta che, al contrario di quanto sostenuto dalla difesa attorea, il Comune ha tenuto un comportamento improntato a correttezza e buona fede, fornendo puntuale riscontro alle richieste della ricorrente e comunicando con trasparenza e tempestività – fin dalla predisposizione del bando di gara e poi nel corso della interlocuzione intrattenuta dopo l’aggiudicazione – le circostanze rilevanti ai fini della reciproca utilità dell’instaurando rapporto concessorio.
7.3. Merita peraltro di essere evidenziato che – come rilevato dalla P.A. nel provvedimento gravato – “il lasso di tempo intercorso tra l’aggiudicazione e l’invito alla stipula è stato, altresì, conseguenza della situazione pandemica da Covid – 19 e dei relativi provvedimenti con i quali, da marzo 2020, erano stati sospesi, su tutto il territorio nazionale, i servizi di apertura al pubblico degli istituti e luoghi della cultura, nonché gli spettacoli di qualsiasi natura, inclusi quelli teatrali e cinematografici; situazione, questa, perdurata, seppur con specifiche e limitate aperture, sino al mese di aprile 2021”.
7.4. Come già sopra rimarcato, la decisione di differire, in tale contesto storico, il momento di conclusione del contratto, si è rivelata, in realtà, misura idonea a preservare anche l’interesse dell’aggiudicataria, attivando la concessione nel momento in cui – anche in ragione dei provvedimenti governativi di riespansione delle attività museali – risultava concretamente attuabile la fruizione della quasi totalità degli immobili oggetto di concessione (con la sola eccezione, come detto, del Museo Colosso).
7.5. Anche in relazione alla perdurante indisponibilità del suddetto bene culturale, peraltro, il comportamento dell’Ente è stato trasparente, nel richiamare la possibilità del successivo riallineamento temporale della durata della concessione, ai sensi dell’art. 7 dello schema di contratto trasmesso il 21/05/2021 (ove era previsto che “[…] con riferimento al Museo Colosso, si precisa che… la durata della concessione dello stesso immobile coinciderà con la durata indicata nel contratto stesso”).