TAR Lazio, Roma, Sez. III ter, sentenza 30 GENNAIO 2025 n. 2051
PRINCIPIO DI DIRITTO
Il diritto di accesso nell’ambito delle gare pubbliche va negato e la correlativa e preliminare richiesta del concorrente di non ostensione della propria offerta va accolta, in presenza di segreti tecnici e commerciali nelle parti che il concorrente stesso abbia ab origine evidenziato, intendendosi, per tali, in base ad un’interpretazione di tipo evolutivo, anche una tecnica, o una prassi, o, oggi, prevalentemente, un’informazione e, in via sintetica, l’intero patrimonio di conoscenze di un’impresa, frutto di esperienza e ricerca accumulatesi negli anni e capace di assicurare all’impresa un vantaggio competitivo.
TESTO RILEVANTE DELLE DECISIONE
- Il Collegio, anche alla luce dell’esame dell’offerta tecnica depositata in forma cartacea, ritiene di fornire risposta affermativa al predetto dirimente quesito, sicché il ricorso risulta assistito da giuridico fondamento e, pertanto, da accogliere.
- Deve dunque vagliarsi la fondatezza della pretesa della ricorrente all’oscuramento della propria offerta nei termini indicati all’atto della sua presentazione e reiterati in questa sede.
- A tal fine va premesso che, in punto di diritto, sulla nozione di “segreto tecnico o commerciale” rilevante nell’ambito delle gare pubbliche, si ravvisano orientamenti giurisprudenziali non univoci.
- Un più diffuso indirizzo ermeneutico segue un approccio piuttosto restrittivo, sia quanto alla configurabilità del segreto sia per quanto riguarda la sua prova: ex multis, può richiamarsi Cons. Stato, Sez. IV, ord. 6 dicembre 2024, n. 9820, secondo la quale «l’opposizione alla ostensione, ponendosi in un rapporto di eccezione rispetto alla regola dell’accessibilità, non può basarsi su motivazioni generiche o stereotipate, atteso che nella definizione di segreti tecnici o commerciali non può ricadere qualsiasi elemento di originalità dello schema tecnico del servizio offerto, risultando fisiologico che ogni imprenditore abbia una specifica organizzazione; è dunque onere di chi eccepisce la sussistenza di tale qualificata esigenza di riservatezza dimostrare l’esistenza di un vero e proprio segreto tecnico o commerciale mediante elaborazioni o studi specialistici, fornendo altresì allegazioni idonee ad inferire che il modello, ovvero l’idea da mettere al riparo dalla concorrenza, sia passibile di trovare applicazione in una serie indeterminata di appalti, avvantaggiando indebitamente il concorrente che strumentalizza l’istanza di accesso per fini diversi rispetto a quelli difensivi (Consiglio di Stato, sez. III, 19 settembre 2024 n. 7650) […]. L’esistenza di un segreto tecnico – commerciale deve essere dimostrata in coerenza con la definizione normativa contenuta nel d.lgs. 10 febbraio 2005 n. 30, che richiede, ai fini della tutela, che le informazioni aziendali e commerciali e le esperienze sulle applicazioni tecnico – industriali rispondano a requisiti di segretezza e rilevanza economica e siano soggette, da parte del legittimo detentore, a misure di protezione ragionevolmente adeguate. In altre parole, è agli specifici caratteri di cui all’art. 98 del Codice della proprietà industriale che la dichiarazione “motivata e comprovata” circa l’esistenza di un segreto commerciale deve fare riferimento, non potendo viceversa l’operatore limitarsi ad una mera e indimostrata affermazione tesa a ricomprendere certe informazioni nel patrimonio aziendale o riferite alla peculiarità dell’offerta. Inoltre, nella definizione di segreti tecnici o commerciali non può ricadere qualsiasi elemento di originalità dello schema tecnico del servizio offerto, perché è del tutto fisiologico e risponde a criteri di ragionevole gestione aziendale che ogni imprenditore abbia una specifica organizzazione, propri contatti commerciali e idee differenti da applicare alle esigenze della clientela. La qualifica di segreto tecnico o commerciale deve, invece, essere riservata a elaborazioni e studi ulteriori, di carattere specialistico, che trovano applicazione in una serie indeterminata di appalti e sono in grado di differenziare il valore del servizio offerto solo a condizione che i concorrenti non ne vengano a conoscenza. Dunque, l’esercizio del diritto di accesso non può essere impedito adducendo generiche ragioni di riservatezza industriale o commerciale, ma solo in presenza di specifiche informazioni di carattere segreto – da valutare alla luce di quanto disposto dall’art. 98 del d.lgs. n. 30/2005 – ovvero riservato, ove comunque afferenti al know – how aziendale, secondo la comprovata e motivata opposizione all’accesso sollevata dai controinteressati (cfr. T.a.r. Trento, sez. I, 19 aprile 2023 n. 59)».
- Non manca, tuttavia, una posizione interpretativa caratterizzata da maggiore apertura: secondo una pronuncia di questo Tribunale, «la prova circa l’esistenza del segreto, almeno in quella parte dell’offerta tecnica in cui vengono illustrati gli aspetti più direttamente espressivi dell’identità dell’impresa, può ritenersi “alleggerita”, in quanto la partecipazione ad una procedura così impostata sollecita, inevitabilmente, in ogni partecipante la proposta di modelli rappresentativi del suo peculiare know-how. La motivazione a giustificazione della tutela del segreto tecnico e commerciale può essere, pertanto, tratta anche per relationem dalla consultazione dei documenti di gara, laddove i profili oggetto di scrutinio da parte della commissione giudicatrice identificano il tipo di informazioni aziendali che l’operatore economico rende visibili con la partecipazione alla competizione e, quindi, il livello di intrusione nei propri affari che subisce in caso di accesso. Una lettura evolutiva della nozione di “segreto tecnico e commerciale” contenuta nell’art. 53, co.5, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016 (e, oggi, nell’art. 35, co.4, lett. a), del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36) non può non tener conto, da un lato, del valore patrimoniale ormai riconosciuto alla contigua categoria dei “dati personali” in ambito consumeristico (vds. art. 135-octies, co.4, del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, introdotto dal d.lgs. 4 novembre 2021, n. 173, in attuazione della Direttiva (UE) 2019/770) e, dall’altro, del rafforzamento della tutela del know-how per effetto del d.lgs. 11 maggio 2018, n. 63, di attuazione della Direttiva (UE) 2016/943, che ha, tra l’altro, sia previsto la fattispecie colposa dell’illecita acquisizione o utilizzazione dei segreti industriali sia arricchito gli strumenti di tutela processuale del segreto mediante l’attribuzione al giudice del potere di inibirne la divulgazione ad ogni soggetto a vario titolo coinvolto nel giudizio (vds. i nuovi artt. 99 e 121-ter del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30). Una puntuale ricostruzione della nozione di know-how è stata compiuta dalla Corte di Cassazione, che lo ha definito come quel “patrimonio cognitivo e organizzativo necessario per la costruzione, l’esercizio, la manutenzione di un apparato industriale (Sez. 5, n. 25008 del 18/05/2001, Rv. 219471). Ci si riferisce, con tale espressione, a una tecnica, o una prassi o, oggi, prevalentemente, a una informazione, e, in via sintetica, all’intero patrimonio di conoscenze di un’impresa, frutto di esperienze e ricerca accumulatesi negli anni, e capace di assicurare all’impresa un vantaggio competitivo, e quindi un’aspettativa di un maggiore profitto economico. Si tratta di un patrimonio di conoscenze il cui valore economico è parametrato all’ammontare degli investimenti (spesso cospicui) richiesti per la sua acquisizione e al vantaggio concorrenziale che da esso deriva, in termini di minori costi futuri o maggiore appetibilità dei prodotti. Esso si traduce, in ultima analisi, nella capacità dell’impresa di restare sul mercato e far fronte alla concorrenza. L’informazione tutelata dalla norma in questione è, dunque, un’informazione dotata di un valore strategico per l’impresa, dalla cui tutela può dipendere la sopravvivenza stessa dell’impresa” (Cass. pen., Sez. V, 4 giugno 2020, n. 16975). D’altra parte, nella trama del d.lgs. n. 50/2016, si rinvengono diverse disposizioni che chiamano la stazione appaltante a valutare “d’ufficio” i rischi per “i legittimi interessi commerciali” degli operatori economici o per la “leale concorrenza tra questi” connessi alla divulgazione di determinate informazioni (art. 76, co. 4, ma, nello stesso senso, vds. anche gli artt. 98, co.5, 153, co.2, nonché, nel vigente d.lgs. n. 36/2023, gli artt. 90, co.3, 111, co.5, 184, co.6), a dimostrazione della presenza, all’interno del sistema di tutela della riservatezza commerciale, di interessi che trascendono quelli, privati, del detentore, e assumono una connotazione pubblicistica, a garanzia della libertà di concorrenza» (così in particolare T.A.R. Lazio, Sez. I-quater, 26 febbraio 2024, n. 3811).
- Può postularsi che, in linea di principio, la complessiva organizzazione aziendale (intesa in senso ampio) e la personalizzazione delle offerte alla clientela che da essa deriva non costituiscono, di per sé ed in quanti tali, segreti tecnici o commerciali; deve però essere altresì considerato che, in determinati settori del mercato di più recente emersione, i due aspetti non sono scindibili, giacché in tali settori la competizione concorrenziale fra le imprese che vi operano si gioca proprio (e soltanto) su una continua personalizzazione delle offerte alla clientela quanto più innovativa, mirata e specifica possibile).
- Seguendo tale lettura, le valutazioni compiute dalla Banca d’Italia sull’offerta tecnica della ricorrente non sono suscettibili di condivisione, in quanto agganciate ad una nozione invece fortemente restrittiva di segreto tecnico e commerciale.
- Invece, tenuto conto di quanto supra rilevato, si deve ritenere che l’intero patrimonio di conoscenze, in uno con il complessivo utilizzo strategico che di esse l’impresa intende effettuare, debba essere ritenuto incluso nell’area della segretezza tecnica e commerciale.
- Risulta perciò meritevole di positivo apprezzamento la richiesta della ricorrente di non ostensione della propria offerta nelle parti ab origine evidenziate, delle quali il Collegio ha preso visione e che ritiene, nel loro insieme, espressione di una strategia aziendale da ricondurre nell’ambito della tutela di cui all’art. 35, comma 4, lett. a), d.lgs. 36/2023.
- Alla luce di tutto quanto precede il ricorso deve dunque trovare accoglimento, con la conseguenza che va ordinato alla Banca d’Italia di provvedere a quanto previsto dall’art. 36, comma 2, d.lgs. 36/2023, vale a dire mettere a disposizione degli altri quattro concorrenti l’offerta tecnica della ricorrente, previo oscuramento di tale offerta nei termini richiesti dalla medesima ricorrente.