<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Massima</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Appare difficile affermare che una condotta – si compendi essa in un’azione o in un’omissione – è rimproverabile al relativo autore quando nessun nesso può a lui avvincerla, e dunque quando non sia ad esso riconducibile: tale riconducibilità può essere intesa in senso naturalistico, quale vera e propria coscienza e volontà della condotta medesima, ovvero normativo, allorché si ha coscienza che può accadere qualcosa che è difficile dominare e, ciononostante, si decide volontariamente di tenere un (pericoloso) atteggiamento contrario a quanto la precauzione del caso concreto richiederebbe.</em></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Crono-articolo</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Nel <strong>diritto romano</strong>, pur essendo impossibile rintracciare gli estremi di quella che i moderni studiosi del diritto penale chiamano <strong><em>suitas</em></strong>, non mancano sin dall’epoca <strong>arcaica</strong> chiari riferimenti alla necessità che il fatto illecito sia assistito dall’<strong>elemento cosciente-intenzionale</strong>, come dimostra la differenza di trattamento (riconducibile tradizionalmente alla legislazione di <strong>Numa Pompilio</strong>) riservata all’<strong>omicidio doloso</strong> (commesso <strong><em>dolo sciens</em></strong>), che autorizzava la vendetta dei parenti della vittima, rispetto a quella prevista per l’<strong>omicidio involontario</strong>, laddove era richiesto il solo sacrificio di un ariete in favore degli agnati del defunto. In futuro, oltre alla necessità dell’elemento intenzionale per l’<strong><em>iniuria</em></strong> a partire dalle XII Tavole, si parlerà di <strong><em>dolus</em></strong>, <strong><em>culpa</em></strong>, <strong><em>fraus</em></strong>, <strong><em>animus</em></strong>, <strong><em>voluntas</em></strong> e così via per rappresentare la imprescindibile necessità di un <strong>nesso di riconducibilità</strong> tra la condotta ed il soggetto che se ne predicasse autore.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1889</strong></p> <p style="text-align: justify;">La codificazione liberale Zanardelli all’art. 46 c.p. prevede che non sia punibile colui che, nel momento in cui ha commesso il fatto, sia in tale stato di infermità di mente da togliergli la coscienza o la libertà dei propri atti: una sorta di sintesi tra l’imputabilità e la c.d. <em>suitas</em>, siccome successivamente sistematizzate.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1930</strong></p> <p style="text-align: justify;">Nel codice penale Rocco il concetto di “<em>suitas</em>” trova una collocazione sua propria all’art.42, laddove si richiede per la configurabilità del reato-inadempimento la coscienza e volontà (oltre che del nesso eziologico e dell’evento, quale inadempimento-reato strettamente inteso) della condotta (azione od omissione) che conduce all’evento (medesimo). Nella relazione al codice si parla di volontà che è capace di dominare la condotta e dunque di condotta dominabile o di signoria del volere.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1948</strong></p> <p style="text-align: justify;">Viene varata la Costituzione che prevede la natura personale della responsabilità penale, cui è connessa la funzione tendenzialmente rieducativa della pena (art.27): il condannato deve percepire la pena come tendenzialmente rieducativa per la commissione di un fatto penalmente rilevante che gli viene rimproverato, circostanza da escludersi in presenza di fattispecie in cui la condotta (azione od omissione) non è in nessun modo riconducibile alla coscienza e volontà del relativo autore.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1976</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 febbraio esce la sentenza della Cassazione sul caso <em>Rapetti</em> che – accanto al contegno che trae origine da una cosciente determinazione, come tale sicuramente cosciente e volontario ex art.42, comma 1, c.p. – colloca quello che deriva da una inerzia del volere, e che è del pari cosciente e volontario potendo il soggetto agente, con le facoltà di impulso (per attivare) o di inibizione (per bloccare) di cui è dotato, comunque esercitare il proprio dominio volitivo (c.d. sforzo del volere).</p> <p style="text-align: justify;">Il 10 maggio esce la sentenza della Cassazione sul caso <em>Benigni</em> che ribadisce quanto già affermato nel caso Rapetti del precedente di febbraio. Muovendo da questo punto, uno sforzo doveroso del volere può evitare - degli atti automatici – quelli abituali (getto della sigaretta) e quelli omissivi per dimenticanza, mentre più complessa è la questione per quanto concerne gli atti istintivi (braccia protese in caduta) e quelli riflessi (strarnuto): qui campeggia una forza psichica o fisiologica che sospinge verso l’atto istintivo o verso quello riflesso, e occorre accertare se il soggetto agente nel caso concreto è dotato del sufficiente potere di controllo o di arresto, dovendosene predicare la <em>suitas</em> nel primo caso, e dovendola invece escludere nel secondo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1979</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 26 novembre esce la sentenza della Cassazione Togneri, che riconduce il malore improvviso ad una causa di esclusione non già della <em>suitas</em>, quanto piuttosto della imputabilità del soggetto agente.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1980</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 14 giugno esce una importante sentenza delle SSUU n.12093, <em>Felloni</em>, che si occupa della c.d. <em>suitas</em> della condotta in caso di malore improvviso alla guida che colpisca il conducente. Stando alle SSUU, in simili ipotesi fa difetto ogni coefficiente psichico, dovendo pertanto ritenere applicabile l’art.42, comma 1, c.p. laddove enuncia le condizioni essenziali affinché un fatto umano che astrattamente costituisce reato divenga in concreto penalmente rilevante (si potrebbe dire: quale fatto “<em>dell’uomo</em>”, e non già solamente umano). Diverso è il caso fortuito, previsto e disciplinato dall’art.45, che fa riferimento all’intervento di un fattore causale imprevedibile: in questo caso il soggetto agente, pur essendosi realizzato un fatto a lui riferibile, psicologicamente e materialmente, non ne risponde per l’operare del predetto fattore causale imprevedibile sopraggiunto, intromettendosi questo tra l’azione od omissione cosciente e volontaria dell’agente e l’evento reato (imprevedibile) che ne discende. Nella medesima pronuncia, la Corte opera la distinzione tra <em>suitas</em> e imputabilità: mentre la <em>suitas</em> consente di ritenere “<em>umana</em>” una condotta, riferendola all’autore, sicché ove essa difetti si è in presenza di una condotta non umana (di un fatto “<em>umano</em>”, ma “<em>non dell’uomo</em>”), l’accertamento della imputabilità è successivo in quanto si tratta certamente di condotta umana (“<em>dell’uomo</em>”), ma l’agente (cui essa è riferibile) non è in grado di correttamente intendere il valore sociale dell’atto che realizza quando si determina a compierlo. Per le SSUU la <em>suitas</em> compendia la volontà concreta del fatto, considerata al momento della relativa attuazione: l’azione o l’omissione appartiene, è riferibile all’agente; il difetto di <em>suitas</em> implica non appartenenza della condotta all’agente. La condotta potrebbe tuttavia, pur appartenendo all’agente, intersecare uno <em>status</em> peculiare dell’agente medesimo, la inimputabilità, che non gli consente di valutare coscientemente – e dunque di volere coscientemente – quella determinata azione od omissione. La Corte si sofferma anche, in particolare, sul concetto di malore improvviso: nessun segno premonitore lo annuncia, insorgendo esso repentinamente e compendiando uno scompenso prevalentemente collegato ad una alterazione organica ovvero funzionale; ne risulta impedita o notevolmente compromessa la stessa funzione motoria del soggetto agente, della cui condotta va dunque esclusa la <em>suitas</em>. Laddove un contegno improntato a diligenza e prudenza consenta tuttavia di prevedere il malore improvviso, la <em>suitas</em> non può dirsi esclusa quando esso concretamente insorga.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1984</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 10 aprile esce la sentenza della Cassazione Cagno, che riconduce il malore improvviso ad una causa di esclusione non già della suitas, quanto piuttosto della imputabilità del soggetto agente.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1989</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 10 maggio esce la sentenza della Cassazione, Tanganelli, che riconduce il malore improvviso non già alla <em>suitas</em> della condotta, quanto piuttosto al caso fortuito.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1997</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 19 maggio esce la sentenza della Cassazione n.8264 che – accanto al contegno che trae origine da una cosciente determinazione, come tale sicuramente cosciente e volontario ex art.42, comma 1, c.p. – ribadisce come vada collocato quello che deriva da una inerzia del volere, e che è del pari cosciente e volontario potendo il soggetto agente, con le facoltà di impulso (per attivare) o di inibizione (per bloccare) del quale è dotato, comunque esercitare il proprio dominio volitivo (c.d. sforzo del volere). Muovendo da questo punto, secondo la dottrina uno sforzo doveroso del volere può evitare – tra gli atti automatici – quelli abituali e quelli omissivi per dimenticanza, mentre più complessa è la questione per quanto concerne gli atti istintivi e quelli riflessi: qui campeggia una forza psichica o fisiologica che sospinge verso l’atto istintivo o verso quello riflesso, e occorre accertare se il soggetto agente nel caso concreto è dotato del sufficiente potere di controllo o di arresto, dovendosene predicare la <em>suitas</em> nel primo caso, e dovendola invece escludere nel secondo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2013</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 14 febbraio esce la sentenza della Cassazione n.9172 in tema di circolazione stradale e di malore improvviso del conducente del veicolo: secondo la Corte si versa in tema di incapacità di intendere e di volere del soggetto agente e, dunque, di non imputabilità, dovendosi invece escludere in queste ipotesi qualunque rilevanza al caso fortuito. Sempre secondo la Corte si configura infatti una infermità, o comunque uno stato morboso – quand’anche transitorio – che rientra sotto l’egida precettiva dell’art.88 del codice penale: da questo punto di vista, il caso fortuito non rileva perché presuppone sempre una azione od una omissione cosciente e volontaria dell’uomo, che tuttavia non gli viene attribuita anche dal punto di vista psicologico per il sopravvenire di un fattore causale imprevedibile. Nel malore improvviso devono invece assumersi escluse quelle condizioni minime che consentono di ascrivere una condotta alla coscienza e volontà del relativo autore: un fatto umano, astrattamente costitutivo di reato, diviene davvero penalmente rilevante se la condotta di chi lo pone in essere sottende coscienza e volontà, che nel malore improvviso sono escluse da una situazione di infermità che elide l’imputabilità. In questo caso il percorso logico seguito dalla Corte, a differenza di quanto accaduto nel contesto letterale della sentenza delle SSUU del 1980, sembra essere quello secondo il quale – per lo meno nel caso del malore improvviso - la non imputabilità e la <em>suitas</em> si intercettano, dovendo la seconda essere considerata come un effetto della prima, onde se per infermità viene a difettare l’imputabilità, va esclusa anche la <em>suitas</em> della condotta.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2018</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 5 aprile esce la sentenza della IV sezione della Cassazione penale n.15215 alla cui stregua <a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=9%3dLXJXP%26E%3dDe%269%3dUIXMV%262%3dWLXFaS%26N%3duPEI_5wns_F7_Ctfv_M9_5wns_EBHP0.04KvPEHrC4N6P4Sv7.4M_5wns_EB980O_Ctfv_M9Da_Ctfv_M9MfUcMdSZFa_Ctfv_M9PK9789zG7A_84y7EH_vJG86Pz_F2NE4yIzG7A_4E_pExEvOE4_pK99rN8477_74_pK97nJ94_3AC_HzExBqE0.A7I7_Kdyk_VsQEF_6KFKpA_Ctfv_N7QAb_GrSDErPE85_Nlvc_XQN7I_88qEFF_5wns_F0zFnE7_Kdyk_UIQEF_p78InE7v4n2G_5wns_F0Y8T%260%3d%264L%3dFbTWF">la scelta di porsi alla guida di un veicolo in condizioni psico-fisiche inidonee a garantire il controllo del mezzo può costituire condotta colposa causalmente determinante nella verificazione di un sinistro mortale.</a> Per la Corte, nel caso di specie i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione della normativa concernente la cosiddetta causalità della colpa, per come interpretata nelle sentenze della Corte medesima, che ha ripetutamente riconosciuto la possibilità di ricondurre causalmente l'evento alla condotta colposa dell'imputato anche sulla base del comportamento antecedente la materiale condotta di guida, tale da denotare la violazione di elementari regole di prudenza che devono assistere la stessa scelta di porsi alla guida di un veicolo. La Corte ribadisce come in materia di circolazione stradale possa costituire condotta colposa causalmente determinante nella verificazione di un sinistro - come si può desumere dalla attenzione posta dal legislatore alla pericolosità della guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti - anche la scelta di porsi alla guida di un veicolo in condizioni psico-fisiche non idonee a garantire il controllo del mezzo (viene richiamata la pronunce della Sez. 4, n. 32931 del 20/05/2004), onde va confermato l'orientamento espresso dalla giurisprudenza della Corte medesima (Sez.4, n.41097 del 30/10/2001) secondo il quale il giudice può disattendere la tesi difensiva del malore improvviso ed incontrollabile, in tema di omicidio colposo determinato dalla perdita di controllo di un autoveicolo, in assenza di elementi concreti capaci di renderla plausibile ed in presenza, peraltro, di elementi idonei a far ritenere che la perdita di controllo del veicolo sia stata determinata da altro fattore non imprevedibile che avrebbe dovuto indurre il conducente a desistere dalla guida. A tali considerazioni la Corte aggiunge che l'improvviso malore - quale che sia l'inquadramento teorico da seguire (nell'ambito dell'elemento psicologico del reato, quale «<em>caso fortuito</em>», ovvero nello schema di cui all'art. 42 c.p., come ipotesi di compromissione della coscienza, tale da escludere la ricorrenza nella condotta dell'uomo dei caratteri tipici schematizzati della detta disposizione codicistica), presuppone sempre la imprevedibilità dell'evento causa di perdita della coscienza, cui va riferita l'ingovernabilità della condotta, come tale non più addebitabile a soggetto consapevole e responsabile, il quale, in situazione siffatta, <em>non agit sed agitur</em>. Si tratta, in altre parole, di una accidentalità non conoscibile e non eliminabile con l'uso della comune prudenza e diligenza, che opera imprevedibilmente e non può in alcun modo, nemmeno a titolo di colpa, farsi risalire all'attività psichica dell'agente.</p> <p style="text-align: justify;">Il 15 ottobre esce la sentenza della Corte di Cassazione Penale, sez. III, n. 46684, che si pronuncia sul ricorso per cassazione proposto da un imprenditore condannato dalla Corte d'appello di Milano, che lo aveva ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 10-ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 per aver omesso il versamento dell'IVA, nell'anno d'imposta 2011, per la società cooperativa di cui era legale rappresentante. La Corte di legittimità sostiene che il ricorso non è fondato. Deve in primo luogo osservarsi come non sussista la dedotta violazione dell'art. 45 cod. pen. poiché la situazione rappresentata dal ricorrente - peraltro adeguatamente vagliata dai giudici di merito, consistente in una crisi finanziaria - non integra gli estremi della forza maggiore, giusta il consolidato principio secondo cui, in tema di reati fiscali omissivi, l'inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all'imprenditore che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico (Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014, dep. 2015, Schirosi, Rv. 263128). In detta sentenza questa Corte ha escluso che potesse essere ascrivibile a forza maggiore la mancanza della provvista necessaria all'adempimento dell'obbligazione tributaria per effetto di una scelta di politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità. In particolare, nella motivazione della citata decisione - che richiama numerosi precedenti conformi e che il Collegio integralmente condivide - si legge che «la forza maggiore postula la individuazione di un fatto imponderabile, imprevisto ed imprevedibile, che esula del tutto dalla condotta dell'agente, sì da rendere ineluttabile il verificarsi dell'evento, non potendo ricollegarsi in alcun modo ad un'azione od omissione cosciente e volontaria dell'agente», sicché questa Suprema Corte «ha sempre escluso, quando la specifica questione è stata posta, che le difficoltà economiche in cui versa il soggetto agente possano integrare la forza maggiore penalmente rilevante</p> <p style="text-align: justify;">Il 14 giugno esce la sentenza della Cassazione penale, n. 27410 che, respingendo il ricorso dell’imputato, conferma la sentenza della Corte d'Appello di Firenze, che aveva condannato il conducente di un veicolo per il reato di omicidio colposo ai danni del trasportato, deceduto mentre si trovava quale trasportato a bordo dell'autoambulanza condotta dall'imputato. I giudici di merito, considerata credibile la dichiarazione dell'imputato di aver avuto un "colpo di sonno", tanto da essere finito fuori strada senza alcun tentativo di frenata, ritenevano integrata la violazione dell'art.140, comma 1, CdS sul rilievo che il conducente si era posto alla guida dell'autoambulanza colposamente sottovalutando le proprie condizioni psicofisiche, di spossatezza dovuta al caldo o a stanchezza, in mancanza di qualsivoglia patologia che lo avesse indotto al sonno. La Corte di Cassazione, confermando detta pronuncia, ribadisce il principio già affermato da questa Corte di legittimità, secondo il quale in tema di omicidio colposo determinato dalla perdita di controllo di un autoveicolo, nel caso in cui venga prospetta dalla difesa la tesi del malore improvviso - da inquadrarsi nella nozione di infermità incidente sulla capacità intellettiva e volitiva del soggetto, come prevista dall'art.88 cod.pen. - il giudice di merito può correttamente disattenderla quando manchino elementi concreti capaci di renderla plausibile e siano presenti elementi idonei a far ritenere che la perdita di controllo del veicolo sia stata determinata invece da un altro fattore non imprevedibile, che avrebbe dovuto indurre il conducente a desistere dalla guida (Sez.4, n.11142 del 24/2/2015, Rv.262712; Sez.4, n.32931 del 20/5/2004, n.229082, fattispecie nella quale è stata affermata la responsabilità del conducente di un veicolo per un improvviso colpo di sonno dovuto a stanchezza, nonostante la quale, imprudentemente, si era posto alla guida).</p> <p style="text-align: justify;"><strong>2020</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 17 gennaio esce la sentenza n. 1732 che afferma che va sospesa la patente a chi guida dopo aver assunto stupefacenti. L'alterazione richiesta per l'integrazione del reato di guida sotto l'influenza di sostanze stupefacenti, previsto dall'art. 187 cod. strada, esige l'accertamento di uno stato di coscienza semplicemente. Afferma la Corte che ai fini della configurabilità della contravvenzione di guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti (art. 187 C.d.S.), lo stato di alterazione del conducente dell’auto non deve essere necessariamente accertato attraverso l’espletamento di una specifica analisi medica, ben potendo il giudice desumerla dagli accertamenti biologici dimostrativi dell’avvenuta precedente assunzione dello stupefacente, unitamente all’apprezzamento delle deposizioni raccolte e del contesto in cui il fatto si è verificato (cfr. Cass. pen. 13.6.2017, n. 43486). Al contempo l’alterazione richiesta per l’integrazione del reato di guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti, previsto dall’art. 187 C.d.S., esige l’accertamento di uno stato di coscienza semplicemente modificato dall’assunzione delle predette sostanze, che non coincide necessariamente con una condizione di intossicazione (cfr. Cass. pen. 14.3.2017, n. 19035; Cass. sez. pen. 27.3.2012, n. 16895).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Questioni intriganti</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>In cosa consiste la c.d. suitas della condotta?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>in una <strong>signoria della volontà</strong> sulla condotta medesima, che distingue l’azione od omissione <strong>cosciente e volontaria</strong> dell’uomo da un <strong>mero accadimento naturale</strong> (quand’anche <strong>umano</strong>);</li> <li>tale signoria fa sì che la condotta <strong>sia riferibile all’agente</strong>, che è <strong>accertamento pregiudiziale</strong> rispetto al <strong>titolo soggettivo della responsabilità penale</strong> (dolo, colpa etc.);</li> <li>secondo la tesi tradizionale, in una <strong>coscienza e volontà reali</strong> – e non già solo <strong>potenziali</strong> - della condotta: si obietta tuttavia che in questo caso <strong>non sarebbero assistiti</strong> da <em>suitas</em> (e dunque <strong>non sarebbero mai punibili</strong>) tutte le condotte <strong>diverse da quella dolosa <em>tout court</em> o con colpa cosciente</strong>, e in particolare le <strong>condotte colpose incoscienti</strong> (specie <strong>omissive da dimenticanza</strong>), con particolare riguardo: agli <strong>atti c.d. abituali</strong> (il getto della sigaretta); agli <strong>atti istintivi</strong> (protendere le braccia per attutire le conseguenze di una caduta); agli <strong>atti riflessi</strong> (uno starnuto o un colpo di tosse). Si tratta di atti che ricadono nella più generale categoria dell’<strong>atto automatico</strong> che, proprio perché tale, non sottende un <strong>impulso cosciente e volontario</strong>;</li> <li>secondo una tesi più recente, in una coscienza e volontà <strong>tanto reale</strong> (come nel classico caso delle fattispecie dolose o quelle con colpa cosciente, dove la coscienza e la volontà sono in qualche modo misurabili in termini psicologici e naturalistici) quanto anche <strong>solo potenziale</strong>, come nell’ipotesi degli <strong>atti c.d. automatici</strong> o delle <strong>dimenticanze omissive</strong> che, laddove <strong>dominabili con uno sforzo della volontà</strong>, possono essere assistiti da <strong><em>suitas</em></strong> e come tali <strong>possono esitare nella punizione</strong> (sono fattispecie tutte riconducibili alla colpa incosciente, dove coscienza e volontà sono solo “<strong><em>normative</em></strong>” e si accertano giusta <strong>giudizio ipotetico <em>ex ante</em></strong> fondato sulla <strong>effettiva dominabilità della condotta</strong> da parte del soggetto agente);</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali sono le cause che possono escludere la suitas?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>la <strong>forza maggiore</strong>;</li> <li>il <strong>costringimento fisico</strong>;</li> <li>lo <strong>stato di incoscienza</strong> che non dipenda dalla <strong>volontà</strong> del soggetto agente (<strong><em>actio libera in causa</em></strong> ex art.87 c.p.) o comunque da una sua <strong>negligenza o imprudenza</strong> (malore improvviso; delirio febbrile; sonnambulismo).</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>A quale elemento del reato può essere ricondotta la suitas?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>all’elemento <strong>materiale</strong> del reato: la condotta va vista da un punto di vista <strong>unitario</strong> che ricomprende <strong>aspetti fisici ed aspetti psichici</strong> (tesi minoritaria);</li> <li>all’elemento <strong>psicologico</strong> del reato: la <em>suitas</em> è prevista all’art.42 del codice in tema di <strong>colpevolezza</strong>, ed è fondamentalmente connotata da <strong>aspetti psichici</strong>; l’agente è legato alla condotta che pone in essere da un <strong>nesso psichico</strong> che non può che far ricondurre la <em>suitas</em>, per l’appunto, al profilo psicologico della fattispecie penale.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>E’ possibile fare un parallelismo tra la <em>suitas</em> penale e un istituto di diritto civile?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li><strong>Civile</strong>: nell’<strong>atto giuridico in senso stretto</strong>, il baricentro dell’attenzione è focalizzato sulla <strong>coscienza e volontà dell’atto</strong>, non dei relativi <strong>effetti</strong>, che sono ad esso ricollegati dalla legge (come nel <strong>negozio giuridico</strong>);</li> <li>Penale: nella <strong><em>suitas</em></strong>, il fuoco dell’attenzione si appunta, del pari in via preliminare, sulla <strong>coscienza e volontà della condotta</strong> (atto positivo o negativo, azione od omissione), e non già <strong>dell’evento</strong> (inadempimento-reato) che – giusta nesso causale – ne discende.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p>