<p style="text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, ordinanza 29 aprile 2021 n. 1129</strong><strong>0</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><em>Considerato che:</em></p> <ol style="text-align: justify;"> <li><em> La presente pronuncia interviene nell'ambito di una ricostruzione dell'evoluzione, indubbiamente complessa, della normativa in tema di servizio di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, e di qualificazione della natura dei relativi costi, che può dirsi ormai aver trovato, per quanto in questa sede rileva, un duplice approdo: l'uno, preceduto da pronunce contrastanti, in punto di affermazione, da parte delle Sezioni Unite di questa Corte, con la succitata sentenza 7 maggio 2020, n. 8631, della natura privatistica, con conseguente assoggettabilità ad IVA, ai sensi degli artt. 1, 3, 4, commi 2 e 3 del d. P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, della tariffa integrata ambientale (c.d. TIA2), di cui all'art. 238 del d. Igs. 3 aprile 2006, n. 152; l'altro, viceversa, oggetto d'indirizzo interpretativo univoco, relativo all'affermata natura tributaria della tassa rifiuti (cd. TARI), introdotta, in origine, quale componente della imposta unica municipale (IUC), dall'art. 1, comma 639, della I. n. 147/2013, con decorrenza dal primo gennaio 2014, destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti (tra le molte, cfr. Cass., S.U., ord.18 giugno 2019, n. 16341; Cass., S.U., 23 novembre 2018, n. 30426, nonché la costante giurisprudenza della sezione tributaria: cfr., ex multis, Cass., sez. 5, 19 agosto 2020, n. 17334; Cass. sez. 5, ord. 15 maggio 2019, n. 12979; Cass. sez. 5, 22 settembre, 2017, n. 22130); a tale conclusione, in particolare, pervenendosi, nel solco di quanto, già a suo tempo, indicato da Corte cost. 16 luglio 2009, n.2.</em></li> <li><em> Quest'ultima, nell'affermare, allora, la natura tributaria della tariffa di igiene ambientale (cd. TIA1), quale disciplinata dall'art. 49 del d. Igs. 22 settembre 1997, n.22, quale mera variante della TARSU (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani), di cui agli artt. 58 e ss. del d. Igs. 15 novembre 1993, n. 507, evidenziò, quali parametri che debbono indefettibilmente sussistere perché una fattispecie sia qualificata come avente natura tributaria, indipendentemente dal nomen iuris assegnato alla fattispecie, i seguenti elementi: a) la disciplina legale deve essere diretta, in via prevalente, a procurare una definitiva decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo (doverosità della prestazione); b) la decurtazione non deve integrare una modifica di un rapporto sinallagmatico tra le parti (mancanza di detto rapporto sinallagmatico); c) le risorse, connesse ad un presupposto economicamente rilevante e derivante dalla suddetta decurtazione, debbono essere destinate a sovvenire pubbliche spese (collegamento della prestazione alla pubblica spesa in relazione ad un presupposto economicamente rilevante).</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>2.1. Detti criteri sostanziali, ai fini della qualificazione di una determinata prestazione come avente natura tributaria, sono stati ancora, di recente, ribaditi, relativamente a diverse fattispecie, dalla giurisprudenza costituzionale (si vedano, tra le altre, Corte cost. 26 aprile 2018, n. 89 e Corte cost. 14 dicembre 2017, n. 269).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>2.2. La succitata Cass. S.U. n. 8631/2020, sempre muovendo dalla condivisione delle anzidette premesse, ha ritenuto — in ciò ridimensionando la portata della precedente ordinanza delle stesse Sezioni Unite 11 luglio 2017, n. 17113 - nell'affermare la natura privatistica della cd. TIA2, che non assume rilievo decisivo, ai fini dell'attribuzione, in contrario avviso, della natura tributaria della prestazione, quale espresso anche dall'ordinanza interlocutoria Cass. sez. 3, 25 settembre 2019, n. 23949, la circostanza che il relativo pagamento sia obbligatorio per legge, atteso che l'art. 3 del d.P.R. n. 633/1972 prevede che le prestazioni verso corrispettivo dipendenti dai contratti d'opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere obbligazioni di fare, di non fare e permettere costituiscono prestazioni di servizi, ai fini dell'assoggettabilità ad IVA, ex art. 1 del medesimo decreto, quale ne sia la fonte; rilevando altresì entre, a conforto della natura privatistica della tariffa, come già fosse stato precisato (cfr., tra le altre, Cass. sez. 6-3, ord. 19 luglio 2019, n. 19544 e Cass. sez. 6-3, ord. 18 febbraio 2019, n. 4275) che «nella prospettiva dell'opzione legislativa è ... chiaro che l'individuazione del costo con componenti predeterminate o accessorie è del tutto compatibile trattandosi di contratti di massa, nella cornice dei quali trova idonea spiegazione anche la redistribuzione agevolativa dei costi con modalità che tengano conto anche di indici reddituali».</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>2.3. Dovendo su ciò convenirsi, ne consegue che, avuto riguardo alla tariffa avente natura di corrispettivo, di cui all'art. 1, comma 668, della I. n. 147/2013, la natura privatistica della stessa ne risulti viepiù confermata.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>2.3.1. È pur vero che, in questa sede, diversamente dalla fattispecie esaminata dalla succitata pronuncia n. 8631/2020 di queste Sezioni Unite, non viene in rilievo alcuna norma d'interpretazione autentica riguardo alla qualificazione della natura giuridica della prestazione.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>2.3.2. Nondimeno, di là anche dal nomen iuris assegnato a detta prestazione dal comma in oggetto (tariffa avente natura corrispettiva), appare incontrovertibile che la norma primaria in esame, nello stabilire che «N comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico possono, con regolamento di cui all'art. 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, prevedere l'applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, in luogo della TARI», debba essere intesa nel senso di delineare l'ambito di detta tariffa in termini alternativi alla tassa sui rifiuti, di cui, come si è visto, è pacifica la natura tributaria.</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="3"> <li><em> Detta disposizione va correlata al precedente comma 667 dello stesso art. 1 della citata legge n. 147/2013, che dispone che «[a]l fine di dare attuazione al principio "chi inquina paga", sancito dall'articolo 14 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti criteri per la realizzazione da parte dei comuni di sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico o di sistemi di gestione caratterizzati dall'utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio, finalizzati ad attuare un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati, svolto nelle forme ammesse dal diritto dell'Unione europea».</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>3.1. Il relativo decreto, d.m. 20 aprile 2017, pubblicato in G.U. n. 117 del 22 maggio 2017, per quanto in realtà non abbia chiaramente definito la cd. Tarip (tariffa puntuale), talora indicata anche come Taric (tariffa corrispettiva), in termini di radicale opzione sostitutiva per i Comuni al tributo TARI, secondo quanto risulta evincersi invece dalla menzionata disposizione di cui all'art. 1, comma 668, ha costituito comunque il necessario presupposto perché potesse effettivamente istituirsi detta tariffa.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>3.2. Segnatamente l'art. 4 del citato decreto, in particolare, prevede che «[ha misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti si ottiene determinando, come requisito minimo, il peso o il volume della quantità di RUR» (rifiuto urbano residuo, o indifferenziato), quale definito dall'art. 2 del decreto in esame, cioè il rifiuto residuale dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani e assimilati, «conferito da ciascuna utenza al servizio pubblico di gestione dei rifiuti».</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="4"> <li><em> Il Comune di Gonzaga ha quindi approvato, con delibera del Consiglio comunale n. 11 del 19 marzo 2018, con decorrenza dal primo gennaio 2018, cioè a far tempo dall'annualità oggetto del contenzioso tra le parti oggetto del relativo giudizio di merito, il "Regolamento per la disciplina del corrispettivo per i rifiuti in luogo della TARI".</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>4.1. Orbene, non sembra potersi revocare in dubbio, che, con il citato regolamento, allegato in atti, il Comune di Gonzaga abbia inteso effettivamente esercitare, nell'ambito della propria potestà regolamentare, l'opzione di cui all'art. 1, comma 668, delineando la disciplina di tariffa "corrispettivo" per i rifiuti, in luogo della TARI, cioè alternativamente ad essa, secondo l'indicazione emergente dalla citata norma primaria, come da incipit della citata fonte secondaria (si veda l'art. 1, comma 1, del regolamento, che «istituisce e disciplina il Corrispettivo per i rifiuti in luogo della TARI, come previsto dall'art. 1, comma 668 della Legge n. 147 del 27 dicembre 2013...)»</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>4.2. Se è pur vero che resta immutato il presupposto oggettivo del corrispettivo per i rifiuti - d'altronde già comune alla cd. TIA2, della quale, come si è detto, recentemente queste Sezioni Unite hanno affermato la natura privatistica - presupposto che l'art. 5, comma 1 del regolamento individua nel possesso o nella detenzione, a qualsiasi titolo, di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani o assimilati», cui consegue, secondo l'art. 13, comma 3, del regolamento medesimo, che «[l]a non utilizzazione del servizio, ovvero il mancato ritiro dei dispositivi per il conferimento dei rifiuti non comportano alcun esonero o riduzione della tariffa corrispettiva, che viene applicata per la presenza dei presupposti», nondimeno esso s'inserisce in un sistema il cui cardine è costituito dal rapportare la prestazione alla quantità dei rifiuti conferiti dall'utente del servizio.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>4.3. Valenza decisiva va attribuita, segnatamente, all'art. 2, comma 3 del citato regolamento, che prevede che «[i]l servizio è reso secondo modalità che consentano di misurare in peso o in volume, la quantità di rifiuto secco conferito ai fini dell'applicazione del corrispettivo» ed all'art. 11, sulle modalità di calcolo delle varie componenti della tariffa, che, nel disciplinare due quote variabili accanto alla cd. quota fissa, la prima relativa alla raccolta differenziata, in particolare con la seconda prevede la "quota variabile a misura", ragguagliata alla quantità di rifiuto secco indifferenziato prodotto dalla singola utenza e oggetto di specifica misurazione, secondo i criteri di cui al succitato art. 4 del d.m. 20 aprile 2017.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>4.3.1. Anche l'art. 10, al secondo comma, sebbene rimandi, in generale, quanto alla conformazione delle tariffe in base alle quali commisurare il "Corrispettivo per i Rifiuti", ai criteri contenuti nel d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, prevede poi che «[i] coefficienti di produttività specifica e di adattamento sono commisurati alle reali quantità di rifiuti, aggregati per tipologia, conferite al servizio pubblico, nonché al sistema di misurazione della frazione Secca Residua posto in essere.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>4.3.2. Coerente, infine, con la natura di tariffa avente natura di corrispettivo del servizio goduto è altresì la disposizione regolamentare (art. 33), del tutto ignorata dalla ricorrente, che devolve alla cognizione del giudice ordinario «pie controversie relative al Corrispettivo per i rifiuti»; norma secondaria che va intesa come ulteriore indice sintomatico della volontà da parte del Comune di Gonzaga di delineare il sistema normativo della cd. tariffa corrispettivo in termini assolutamente alternativi alla TARI avente natura tributaria.</em></p> <ol start="5"> <li style="text-align: justify;"><em> Alla stregua delle considerazioni che precedono deve essere, pertanto, affermata in materia, la giurisdizione del giudice ordinario.</em></li> <li style="text-align: justify;"><em> La disciplina delle spese del presente regolamento di giurisdizione resta demandata al giudice ordinario territorialmente competente dinanzi al quale vanno rimesse le parti.</em></li> </ol>