Corte Costituzionale, sentenza, 4 dicembre 2023, n. 211
PRINCIPIO DI DIRITTO
Vanno considerati costituzionalmente illegittimi per violazione degli artt. 3,31 e 37 Cost. gli artt. 27, comma 2, e 28, comma 4, del d.lgs. n. 443 del 1992, nella parte in cui non prevedono che le vincitrici del concorso per vice ispettori del Corpo di Polizia penitenziaria – che abbiano ottenuto l’idoneità al servizio a seguito della partecipazione al primo corso di formazione successivo all’assenza dal lavoro per maternità – siano immesse in ruolo con la medesima decorrenza, ai fini giuridici, attribuita agli altri vincitori del medesimo concorso.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.– Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Consiglio di Stato, sezione seconda, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 27, comma 2, e 28, comma 4, del d.lgs. n. 443 del 1992, nella parte in cui tali disposizioni non prevedono che le vincitrici del concorso per vice ispettori del Corpo di Polizia penitenziaria – ammesse a partecipare al primo corso di formazione successivo all’assenza dal lavoro per maternità – siano immesse in ruolo con la medesima decorrenza giuridica attribuita agli altri vincitori del medesimo concorso.
Le questioni sono sollevate in riferimento agli artt. 3,31,37 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 23 CDFUE, agli artt. 2, paragrafo 2, lettera c), e 14, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/54/CE, nonché all’art. 11 CEDAW.
2.– Occorre premettere che nell’ordinamento del personale del Corpo di Polizia penitenziaria, stabilito dal d.lgs. n. 443 del 1992, i vincitori del concorso per vice ispettori sono nominati allievi vice ispettori e devono frequentare un apposito corso di formazione (art. 25, comma 1), al termine del quale gli allievi che abbiano superato gli esami e le prove pratiche e abbiano così ottenuto il giudizio di idoneità al servizio sono immessi in ruolo con la qualifica di vice ispettore (art. 25, comma 4).
L’immissione in ruolo dei vincitori del concorso interno avviene secondo analoghe modalità. L’art. 28, al comma 4, stabilisce infatti che i vincitori del concorso interno che abbiano superato gli esami finali del corso semestrale conseguono l’idoneità per la nomina a vice ispettore, secondo l’ordine della graduatoria finale.
L’art. 27, comma 2, regola gli effetti dei periodi di assenza dal lavoro previsti dalle disposizioni sulla tutela delle lavoratrici madri e consente alle allieve ispettrici, assenti dal corso di formazione per maternità, di partecipare al primo corso successivo ai periodi di assenza dal lavoro.
Il richiamo alla «assenza determinata da maternità» contenuto nella disposizione censurata deve intendersi riferito agli istituti disciplinati dal d.lgs. n. 151 del 2001. Esso pone il divieto di adibire al lavoro le donne durante i due mesi precedenti la data presunta del parto – ovvero, ove il parto avvenga oltre tale data, anche per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto – nonché durante i tre mesi dopo il parto (art. 16, comma 1, lettere a, b e c).
È inoltre prevista l’interdizione anticipata dal lavoro, di cui all’art. 17, comma 2, dello stesso d.lgs. n. 151 del 2001, che prevede per le lavoratrici in stato di gravidanza un ulteriore periodo di astensione dal lavoro, che si va ad aggiungere a quello di congedo obbligatorio per maternità, in caso di gravi o particolari motivi, valutati dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, avvalendosi dei competenti organi del Servizio sanitario nazionale.
Al fine di contemperare il diritto della donna in maternità di conservare la posizione di vincitrice del concorso con le esigenze della par condicio, della completezza della formazione degli allievi, nonché dell’ordinato e sollecito svolgimento della procedura selettiva, la disposizione censurata riconosce dunque alle allieve ispettrici assenti per maternità la possibilità di partecipare al corso di formazione immediatamente successivo ai periodi di assenza.
Essa è volta ad evitare che si rifletta in danno delle vincitrici del concorso un evento, quale la maternità, attinente alla sfera personale, che impedisce la frequenza del corso di formazione propedeutico all’immissione in ruolo e all’avanzamento in carriera.
2.1.– In effetti, pur consentendo la partecipazione al corso di formazione successivo al periodo di assenza, la disciplina posta dalle disposizioni censurate non consente alle vincitrici del concorso per vice ispettore, nel caso di loro congedo per maternità, la possibilità di essere immesse in ruolo nella stessa data degli altri vincitori del medesimo concorso.
Al riguardo, va evidenziato che la giurisprudenza amministrativa, con orientamento costante, ha stabilito che l’istituto della retrodatazione della nomina ha carattere eccezionale e pertanto non è suscettibile di interpretazioni estensive (Consiglio di Stato, sezione seconda, sentenze 29 agosto 2022, n. 7498, e 22 luglio 2022, n. 6463; sezione quarta, 27 novembre 2020, n. 7504; TAR Lazio, sezione prima-quater, 29 maggio 2023, n. 9056, e 7 maggio 2019, n. 5723). Dunque, esso richiede, ai fini della sua applicabilità, una norma espressa, che non si rinviene nel caso in esame.
2.2.– Va inoltre sottolineato che, in tempi più recenti, il legislatore ha avvertito l’esigenza di introdurre nello stesso ordinamento della Polizia penitenziaria un meccanismo come quello invocato dal giudice a quo. Per le candidate in maternità è stata infatti prevista – oltre all’ammissione al corso di formazione successivo – anche la retrodatazione degli effetti giuridici dell’immissione in ruolo.
In particolare, l’art. 39, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 172 (Disposizioni integrative e correttive, a norma dell’articolo 1, commi 2 e 3, della legge 1° dicembre 2018, n. 132, al decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, recante: «Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche»), ha introdotto il comma 14-bis dell’art. 44 del d.lgs. n. 95 del 2017.
Questa disposizione riconosce il meccanismo della retrodatazione ai fini giuridici dell’immissione in ruolo a beneficio delle vincitrici dei concorsi per tutti i ruoli e per tutte le qualifiche della Polizia penitenziaria.
Tale misura si aggiunge a quelle previste dalla prima parte dello stesso comma 14-bis, rappresentate, da un lato, dalla possibilità di rinviare i prescritti accertamenti di idoneità ed efficienza fisica alla prima sessione successiva alla cessazione dell’impedimento e, dall’altro lato, dall’ammissione al primo corso di formazione utile, in aggiunta ai relativi partecipanti.
Ancorché l’intervento normativo in esame non sia applicabile ratione temporis al caso oggetto del giudizio a quo, la novità che esso introduce rappresenta una significativa evoluzione dell’ordinamento della Polizia penitenziaria nella direzione dell’attuazione del diritto antidiscriminatorio in ambito lavorativo.
2.3.– Così ricostruita, la disposizione censurata si pone in contrasto con i principi costituzionali di cui agli artt. 3,31 e 37 Cost.
Come si è visto, per le vincitrici del concorso a vice ispettore, assenti al corso di formazione a causa della maternità, l’immissione in ruolo viene posticipata sino alla conclusione del successivo corso. Ciò determina il ritardo nella progressione in carriera e la definitiva perdita di chances. Si tratta, peraltro, di un ritardo che potrebbe anche protrarsi per molto tempo, come avvenuto nel caso oggetto del giudizio a quo, in cui il successivo corso di formazione è stato attivato a distanza di dodici anni da quello originario.
L’art. 3 Cost. è violato poiché la piena realizzazione del diritto fondamentale alla parità di trattamento tra uomini e donne non risulta adeguatamente garantita dal solo riconoscimento del diritto a partecipare a un corso di formazione organizzato in una data successiva e incerta, non essendo l’amministrazione vincolata ad attivare tale corso secondo scadenze prestabilite.
Il ritardo nell’immissione in ruolo si riflette nella discriminazione delle vincitrici assenti dal corso in considerazione della maternità rispetto agli altri vincitori del medesimo concorso. Né può considerarsi rispettato dalle disposizioni censurate il principio di ragionevolezza, non essendo giustificabile il pregiudizio derivante dalla negazione del diritto di essere tempestivamente immesse in ruolo, al pari degli altri vincitori del medesimo concorso.
Al contempo, questa disciplina viola i principi di cui agli artt. 31 e 37 Cost., che tutelano la maternità e, con essa, l’interesse primario dei minori.
La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo riconosciuto che «gli istituti nati a salvaguardia della maternità non hanno più, come in passato, il fine precipuo ed esclusivo di protezione della donna, ma sono destinati anche alla garanzia del preminente interesse del minore, che va tutelato non soltanto per quanto attiene ai bisogni più propriamente fisiologici ma anche in riferimento alle esigenze di carattere relazionale ed affettivo, collegate allo sviluppo della sua personalità» (sentenza n. 257 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 385 del 2005 e n. 179 del 1993).
A questo riguardo, va sottolineato che alla progressiva affermazione dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento tra uomo e donna, anche in ambito lavorativo, si è accompagnato il divieto di «qualsiasi trattamento meno favorevole riservato ad una donna per ragioni collegate alla gravidanza o al congedo per maternità» (art. 2, paragrafo 2, lettera c, della direttiva n. 2006/54/CE) e qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso per quanto attiene, non solo all’accesso al lavoro, ma anche alla formazione professionale (art. 14, lettere a e b, della direttiva citata).
I principi posti da questa direttiva sono stati recepiti nel nostro ordinamento dal decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 5 (Attuazione della direttiva 2006/54/CE relativa al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego), che ha ricompreso nell’ambito applicativo del divieto di discriminazioni dirette e indirette, di cui all’art. 25 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell’articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246), «ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti».
Proprio con riguardo agli effetti del congedo per maternità, la CGUE ha ritenuto non conforme al diritto dell’Unione europea la disciplina italiana concernente i corsi di formazione per la nomina a vice commissario della Polizia penitenziaria, nella parte in cui tale normativa si limitava a riconoscere alla donna che avesse fruito del congedo per maternità il diritto di partecipare a un corso di formazione organizzato in data successiva ma incerta, non essendo le autorità competenti obbligate a organizzare detto corso secondo scadenze prestabilite (CGUE, prima sezione, sentenza 6 marzo 2014, in causa C-595/12, Napoli).
È inoltre significativo che nei sistemi giuridici di altri Stati membri dell’Unione europea – tra i quali Spagna, Francia e Germania – l’esigenza di preservare la parità di trattamento nell’accesso alla carriera è soddisfatta attraverso meccanismi che tengono conto, sia pure con sfumature differenti, anche dei periodi di assenza per maternità ai fini dell’accesso e della progressione in carriera, allo scopo di evitare ricadute negative sulla posizione giuridica e lavorativa delle donne.
2.4.– In riferimento agli effetti del congedo obbligatorio di maternità sul diritto all’immediata assunzione in servizio, la giurisprudenza di questa Corte ha già ravvisato la violazione dei principi posti dagli artt. 3,31 e 37 Cost. nella disciplina regionale che determinava una «discriminazione in ragione dello stato di gravidanza e di maternità, che si sostanzia nella perdita di chance, collegata a un effettivo ingresso in ambito lavorativo» (sentenza n. 200 del 2020).
Il meccanismo della retrodatazione della decorrenza degli effetti giuridici dell’immissione in ruolo è volto proprio a eliminare la penalizzazione delle donne assenti dal corso di formazione per maternità, attraverso il riallineamento, ai soli fini giuridici, della loro data di nomina a quella degli altri vincitori del medesimo concorso.
Deve pertanto ritenersi che – nel differire l’immissione in ruolo delle vincitrici del concorso assenti per maternità – le disposizioni censurate determinano un’ingiustificata disparità di trattamento delle donne in ragione della maternità, in contrasto con i principi di cui agli artt. 3,31 e 37 Cost., poiché compromettono il tempestivo accesso delle donne all’impiego e comportano il rischio di disincentivare la partecipazione al concorso e persino la scelta della maternità.
3.– Le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Consiglio di Stato devono pertanto essere accolte. Gli artt. 27, comma 2, e 28, comma 4, del d.lgs. n. 443 del 1992 devono essere dichiarati costituzionalmente illegittimi per violazione degli artt. 3,31 e 37 Cost., nella parte in cui non prevedono che le vincitrici del concorso per vice ispettori del Corpo di Polizia penitenziaria – che abbiano ottenuto l’idoneità al servizio a seguito della partecipazione al primo corso di formazione successivo all’assenza dal lavoro per maternità – siano immesse in ruolo con la medesima decorrenza, ai fini giuridici, attribuita agli altri vincitori del medesimo concorso.
3.1.– Restano assorbite le questioni relative agli altri parametri evocati dal rimettente.