Corte Costituzionale, sentenza 27 luglio 2023, n. 166
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 21, comma 2, del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116 (Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57), nella parte in cui prevede, al primo periodo, che «[i]l magistrato onorario è dispensato, anche d’ufficio, per impedimenti di durata superiore a sei mesi» anziché «[i]l magistrato onorario è dispensato, anche d’ufficio, per infermità che impedisce in modo definitivo l’esercizio delle funzioni o per altri impedimenti di durata superiore a sei mesi».
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)
1.– Il TAR Lazio, sezione prima, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 116 del 2017, nella parte in cui dispone che «[i]l magistrato onorario è dispensato, anche d’ufficio, per impedimenti di durata superiore a sei mesi», in riferimento all’art. 76 Cost.
Secondo il rimettente, con la disciplina censurata il legislatore delegato avrebbe violato i principi e criteri direttivi dettati dal legislatore delegante che, all’art. 2, comma 10, lettera a), della legge n. 57 del 2016, aveva previsto che il Governo, nell’esercizio della delega, provvedesse a regolamentare i casi di decadenza dall’incarico, revoca e dispensa dal servizio (ai sensi dell’art. 1, comma, 1 lettera i, della citata legge n. 57 del 2016), stabilendo che a tutti i magistrati onorari si applicasse il regime di cui all’art. 9 della legge n. 374 del 1991, istitutiva del giudice di pace, e successive modificazioni.
Tale disposizione, espressamente richiamata nella legge di delega n. 57 del 2016, prevede, al comma 2, che: «[i]l giudice di pace è dispensato, su sua domanda o d’ufficio, per infermità che impedisce in modo definitivo l’esercizio delle funzioni o per altri impedimenti di durata superiore a sei mesi».
Dal differente tenore testuale delle due disposizioni a confronto il rimettente deduce che il Governo avrebbe esercitato la delega in modo costituzionalmente illegittimo.
Osserva al riguardo il giudice a quo che nel decreto delegato è venuta meno, in spregio al criterio posto dalla legge di delega, la distinzione tra la disciplina dell’infermità – che, secondo l’art. 9, comma 2, della legge n. 374 del 1991, come sostituito dall’art. 7, comma 1, della legge n. 468 del 1999, comporta la dispensa dal servizio solo in quanto impeditiva, in modo definitivo, dell’esercizio delle funzioni del magistrato onorario – e gli altri impedimenti, di diversa natura, rispetto ai quali la dispensa è destinata ad operare solo in caso di durata ultrasemestrale degli stessi.
2.– In via preliminare va esaminata l’eccezione, sollevata dalla difesa erariale, di inammissibilità della questione dedotta, per prospettata genericità e insufficienza della motivazione in riferimento al parametro violato e all’invocato petitum.
2.1.– L’eccezione non è fondata.
Nell’ordinanza di rimessione il giudice a quo provvede a richiamare la disposizione delegata (l’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 116 del 2017) e quella di delega (art. 2, comma 10, lettera a, della legge n. 57 del 2016) di cui coglie nel rinvio all’art. 9 della legge n. 374 del 1991 il criterio applicativo per poi costruire – sul disallineamento letterale delle due previsioni – con chiarezza nelle premesse logiche e nelle relative ricadute applicative, il sospetto di illegittimità costituzionale.
La disposizione delegata – sostiene il rimettente, così precisando il suo pensiero e fugando ogni dubbio di inadeguatezza della motivazione sulla ritenuta non manifesta infondatezza della questione – viola il parametro di cui all’art. 76 Cost. perché, di contro al principio e criterio fissato nella legge di delega, prevede una sola indistinta causa di dispensa del magistrato onorario – l’assenza dal servizio per oltre un semestre –, obliterando quella parte della norma di delega che, nel richiamarlo espressamente, sottrae invece l’impedimento di salute alla disciplina dell’ultrasemestralità.
3.– Venendo al merito, la questione è fondata, nei sensi di seguito precisati.
3.1.– Si rende necessaria una sia pur sintetica ricognizione delle coordinate delineate dalla giurisprudenza costituzionale sulla delega legislativa in relazione al suo concreto esercizio da parte del Governo ove, come nella ipotesi in esame, si denunci la violazione dell’art. 76 Cost., nella dedotta non conformità della disposizione delegata alla volontà del legislatore.
Questa Corte ha costantemente affermato che la verifica di conformità della norma delegata a quella delegante richiede lo svolgimento di un duplice processo ermeneutico che, condotto in parallelo, tocca, da una parte, la legge di delegazione e, dall’altra, le disposizioni stabilite dal legislatore delegato, da interpretare nel significato compatibile con la delega stessa.
In sintesi, per definire il contenuto di questa, si deve tenere conto del complessivo contesto normativo in cui si inseriscono la legge delega, i relativi principi e criteri direttivi e le finalità che la ispirano, che rappresentano non solo la base e il limite delle norme delegate, ma anche gli strumenti di interpretazione della loro portata (tra le tante, sentenze n. 133 del 2021, n. 84 del 2017, n. 250 del 2016, n. 194 del 2015 e n. 153 del 2014).
La legge delega è dunque fondamento e limite del potere legislativo delegato; essa, se, da una parte, non deve contenere enunciazioni troppo generali o comunque non idonee ad indirizzarne l’attività, dall’altra, «può essere abbastanza ampia da preservare un margine di discrezionalità, e un corrispondente spazio entro il quale il Governo possa agevolmente svolgere la propria attività di “riempimento” normativo, la quale è pur sempre esercizio delegato di una funzione “legislativa”» essendo il legislatore delegato chiamato «a sviluppare, e non solo ad eseguire, le previsioni della legge di delega» (sentenza n. 104 del 2017, punto 3.1. del Considerato in diritto).
3.2.– Se la delega legislativa non esclude in capo al legislatore delegato ogni discrezionalità, tuttavia la maggiore o minore ampiezza di quest’ultima va apprezzata e ritenuta «in relazione al grado di specificità dei criteri fissati nella legge delega», nel rilievo che «per valutare se il legislatore abbia ecceduto [i] margini di discrezionalità occorre individuare la ratio della delega per verificare se la norma delegata sia stata con questa coerente» (sentenza n. 153 del 2014 e, nello stesso senso, tra le altre, sentenze n. 175 del 2022, n. 231 e n. 174 del 2021, n. 184 del 2013, n. 272 del 2012, n. 230 del 2010).
3.3.– Ciò premesso, venendo al caso in esame, si rileva che la legge n. 57 del 2016, dopo aver disposto, al comma 1 dell’art. 1 (rubricato «Contenuto della delega»), che «[i]l Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge con l’osservanza dei principi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 2, uno o più decreti legislativi diretti a [per quanto rileva]: i) regolamentare i casi di decadenza dall’incarico, revoca e dispensa dal servizio», al comma 10, lettera a), del successivo art. 2 (rubricato «Principi e criteri direttivi»), nel fissare i principi ed i criteri direttivi cui il legislatore delegato si sarebbe dovuto attenere, stabilisce che «a tutti i magistrati onorari si applichi la disciplina della decadenza e della dispensa dal servizio, prevista dall’articolo 9 della legge 21 novembre 1991, n. 374 e successive modificazioni».
Detto art. 9, come sostituito dall’art. 7, comma 1, della legge n. 468 del 1999, al comma 2, prevede che «[i]l giudice di pace è dispensato, su sua domanda o d’ufficio, per infermità che impedisce in modo definitivo l’esercizio delle funzioni o per altri impedimenti di durata superiore a sei mesi»
Per il riportato sistema di richiami viene definita una trama normativa, inequivoca, in cui la disposizione della legge di delega concorre a formare il parametro violato e l’art. 9, comma 2, della legge n. 374 del 1991 – norma compiuta, integrativa non più, e non solo, di un principio o criterio direttivo, ma di una vera e propria regula iuris – nella sua portata vale a ridurre, in modo corrispondente, i margini di discrezionalità ed il cosiddetto potere di riempimento del legislatore delegato.
3.4.– L’art. 21, comma 2, del d.lgs. delegato n. 116 del 2017, là dove stabilisce che «[i]l magistrato onorario è dispensato, anche d’ufficio, per impedimenti di durata superiore a sei mesi» elimina uno dei sintagmi integrativi dell’art. 9, comma 2, della legge n. 374 del 1991.
Il raffronto tra le due disposizioni evidenzia inequivocamente come l’infermità quale causa di impedimento venga ignorata nella previsione delegata, che convoglia nell’unica indistinta categoria dell’impedimento ultrasemestrale ogni regolamentazione della dispensa dal servizio del magistrato onorario, discostandosi, in tal modo, dalla stessa disposizione delegante.
3.5.– Né l’indicata struttura dell’art. 21 citato ed i suoi rapporti con la legge di delega ed il parametro normativo interposto consentono una interpretazione conservativa che della norma oggetto di dubbio preservi la portata, in quanto espressiva di una discrezionalità guidata, nel suo esercizio, dai principi e criteri della legge di delega, quale mera ragionevole espansione di un contenuto, nel resto mantenuto nel suo fondamento.
3.6.– La legge di delega e quella delegata delineano infatti disposizioni completamente differenti, sostenute da distinte rationes, ove si consideri che il frammento del disposto venuto meno nella norma delegata è espressivo di una diversa causa di dispensa meritevole, nella sua autonomia, di mantenere menzione anche nella stessa norma delegata.
Il riferimento all’infermità che impedisce in modo definitivo l’esercizio delle funzioni vale, infatti, a dare contenuto ad una distinta categoria, il cui richiamo si pone in funzione di limite allo sviluppo dell’ulteriore attività legislativa del Governo e quale termine diretto a vincolare il legislatore delegato. La sua eliminazione nella previsione delegata espunge così uno dei contenuti precettivi della disposizione di delega.
La norma delegata non diviene in tal modo espressiva di una mera sintesi semplificativa del sistema rendendo più agevole l’applicazione della dispensa dal servizio nell’adottata unica prospettiva della durata ultrasemestrale dell’assenza del magistrato onorario, e non realizza una più agevole interpretazione della norma delegante di cui provveda ad eliminare contraddizioni e contenuti oscuri.
3.7.– Che la legge delegata non sia di mero completamento di quella di delega, nell’esercizio della ragionevole discrezionalità rispettosa dei principi della seconda, è evidenza che riceve conferma nell’art. 33 (rubricato «Abrogazioni») del d.lgs. n. 116 del 2017 che, al comma 1, dispone che: «[a] decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati: […] b) gli articoli […] 9 […] della legge 21 novembre 1991, n. 374»).
Né può ritenersi che, attraverso la operata abrogazione, si sia inteso semplicemente soddisfare un’esigenza di maggiore fluidità e funzionalità del meccanismo applicativo. La disposizione integrativa del parametro violato cade, invero, qui, per mano del legislatore delegato, il cui potere viene in conseguenza esercitato nella materia della dispensa della magistratura onoraria non più entro i confini della legge n. 57 del 2016, ma al di fuori di essa, rivelando della previsione delegata la novità, per intervenuto suo svincolo dalla regola della legge di delega.
4.– Alla luce delle considerazioni che precedono, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 116 del 2017, sollevata in riferimento all’art. 76 Cost. è, pertanto, fondata.
5.– Va, qui, ulteriormente precisato che il criterio direttivo di cui all’art. 2, comma 10, lettera a), della stessa legge n. 57 del 2016 reca, come già chiarito, una vera e propria regula iuris, compiuta nei suoi contenuti e portatrice di una diretta e stringente disciplina della fattispecie di cui si tratta, che non lascia margini a scelte discrezionali del legislatore delegato, una volta esercitata la delega.
È necessario dunque ripristinare, con la presente pronuncia, la regola dettata dalla legge di delega.
6.– Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 116 del 2017, nella parte in cui prevede, al primo periodo, che «[i]l magistrato onorario è dispensato, anche d’ufficio, per impedimenti di durata superiore a sei mesi» anziché «[i]l magistrato onorario è dispensato, anche d’ufficio, per infermità che impedisce in modo definitivo l’esercizio delle funzioni o per altri impedimenti di durata superiore a sei mesi».