Cass. civ., Sez. Lav., ordinanza del 21.01.2022, n. 1886
Guida alla lettura. Con l’ordinanza sopra indicata, la Corte di Cassazione dirime un “tortuoso” giudizio avente ad oggetto una domanda di restituzione delle somme versate in esecuzione di una sentenza poi cassata, ai sensi dell’art. 389 c.p.c.; in particolare, il decisum si caratterizza per l’operatività del principio di non contestazione come “perno essenziale” del (giusto) processo e quale naturale precipitato degli ulteriori canoni indefettibili dell’economia processuale e del dovere di lealtà e probità tra le parti.
Testo rilevante della decisione
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 384, cod. proc. civ., per non avere il giudice di rinvio valutato il principio di non contestazione: sostiene il ricorrente che il Comune aveva formulato la domanda restitutoria non solo senza provare l’ammontare delle somme versate in esecuzione della sentenza di primo grado, ma perfino omettendo di dedurne l’entità, mentre a tale riguardo l’avv. Cannizzaro aveva dedotto che il Comune aveva adempiuto solo in parte. Pertanto, contrariamente a quanto asserito nella sentenza impugnata, il Comune avrebbe dovuto quantificare la propria pretesa restitutoria, a tal fine non bastendo un mero calcolo matematico. Con il secondo motivo si deduce il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Assume il ricorrente che non vi è alcuna conformità tra le sentenze emesse nel presente giudizio e la sentenza della Corte d’Appello, munita di motivazione solo apparente nella determinazione del quantum. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 384, cod. proc. civ.: nel riferirsi al calcolo matematico il giudice di rinvio non avrebbe tenuto conto dell’onere probatorio incombente sul Comune.
Per la Cassazione i suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione. Gli stessi non sono fondati.
Occorre rilevare che, in caso di ricorso proposto avverso la sentenza emessa in sede di rinvio, ove sia in discussione la portata del decisum della pronuncia rescindente, la Corte di cassazione, nel verificare se il giudice di rinvio si sia uniformato al principio di diritto da essa enunciato, deve interpretare la propria sentenza in relazione alla questione decisa e al contenuto della domanda proposta in giudizio dalla parte (Cass. n. 3955 del 2018).
Il Collegio richiama in particolare la sentenza n. 25983 del 2011, secondo cui: “in relazione alla domanda — proposta nella fase di gravame — di restituzione delle somme versate in esecuzione della sentenza di primo grado impugnata, il giudice di appello opera quale giudice di primo grado, in quanto detta domanda non poteva essere formulata precedentemente; da tanto consegue che, se il giudice dell’impugnazione omette, in tale qualità, di pronunziarsi sul punto, la parte ha la facoltà alternativa di far valere l’omessa pronunzia con ricorso in cassazione o di riproporre la domanda restitutoria in separato giudizio, senza che la mancata impugnazione della sentenza determini la formazione del giudicato”.
Dagli indicati principi si desume che, essendo nella specie oggetto di contestazione fra le parti la questione relativa alla restituzione delle somme pagate dal Comune all’avv. Cannizzaro in esecuzione della sentenza di primo grado pur sorgendo il relativo obbligo automaticamente, quale effetto consequenziale, dalla riforma della sentenza, tuttavia la Corte d’Appello non poteva esimersi dall’emettere un’esplicita pronuncia sul punto (nella motivazione nel dispositivo), anche per evitare l’eventuale riproposizione della domanda restitutoria in separato giudizio, che si porrebbe in contrasto con i principi del giusto processo di cui all’art. 111 Cost.
A proposito del principio generale di non contestazione (invocato nel ricorso incidentale), per la Sez. Lavoro va però precisato che: 1) il suddetto principio che informa il sistema processuale civile (con il relativo corollario del dovere del giudice di ritenere non abbisognevoli di prova i fatti non espressamente contestati), trova fondamento non solo negli artt. 167 e 416, cod. proc. civ., ma anche nel carattere dispositivo del processo, che comporta una struttura dialettica a catena, nella generale organizzazione per preclusioni successive, che caratterizza in misura maggiore o minore ogni sistema processuale, nel dovere di lealtà e di probità previsto dall’art. 88 cod. proc. civ., il quale impone alle parti di collaborare fin dall’inizio a circoscrivere la materia effettivamente controversa, e nel generale principio di economia che deve sempre informare il processo, soprattutto alla luce del novellato art. 111 Cost. la non contestazione della domanda, che ha per oggetto i fatti costitutivi della domanda e non quelli dedotti in esclusiva funzione probatoria, scaturisce dalla non negazione fondata sulla volontà della parte oggettivamente risultante e deve essere pertanto inequivocabile, di talché non può ravvisarsi né in caso di contumacia del convenuto, né in ipotesi di contestazione meramente generica e formale. Peraltro la non contestazione del fatto, che è tendenzialmente irreversibile, non determina di per sé la decisione della controversia, dovendo il giudice di merito valutare se il fatto non contestato sia inquadrabile nell’astratto parametro normativo e, prima ancora, stabilire la sussistenza o l’insussistenza di una non contestazione.
Dunque, con specifico riguardo al principio di non contestazione, la sentenza rescindente ha chiarito che esso riguarda i fatti costitutivi della domanda, fermo restandone l’inquadramento nel parametro normativo.
La Corte d’Appello si è attenuta ai principi enunciati nella sentenza rescindente, atteso che in relazione alla domanda del Comune di restituzione delle somme versata in esecuzione della sentenza di primo grado, ha ritenuto non contestato, e quindi ammesso, il fatto costitutivo della domanda restitutoria e cioè la corresponsione di una somma in favore dell’avv. Cannizzaro da parte del Comune di Palermo, in esecuzione della sentenza di primo grado.
Di talché – chiosa ancora la Corte – risultano soddisfatti i requisiti indicati dalla sentenza rescindente, di cui la Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione, coincidendo il quantum restitutorio con il quantum versato in esecuzione della sentenza di primo grado. Peraltro, anche di recente, si è affermato che (Cass. 11115 del 2021) la domanda di restituzione delle somme versate in esecuzione di una sentenza poi cassata va proposta, ex art. 389 cod. proc. civ., allegando e provando il pagamento, al giudice del rinvio, che opera come giudice di primo grado, in quanto la domanda non poteva essere formulata in precedenza. Nel contesto di tale azione restitutoria, l’avvenuto pagamento può essere desunto anche dal comportamento processuale delle parti, alla stregua del principio di non contestazione che informa il sistema processuale civile e di quello di leale collaborazione tra le parti, manifestata con la previa presa di posizione sui fatti dedotti, funzionale all’operatività del principio di economia processuale.
Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.