Corte Costituzionale, sentenza 18 maggio 2023 n. 99
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Molise 4 agosto 2022, n. 13 (Stabilizzazione del personale sanitario precario, in attuazione della legge 30 dicembre 2021, n. 234), nella parte in cui prevede che la procedura di stabilizzazione ivi delineata possa avvenire «anche in deroga», anziché «in coerenza» con il piano triennale di fabbisogno del personale; nella parte in cui consente la stabilizzazione di personale anche al personale «contrattualizzato a qualunque titolo», anziché del personale che sia stato reclutato «con contratti a tempo determinato», diverso da quello sanitario e socio-sanitario, e quindi limitatamente alle parole «tecnico ed amministrativo»; infine, nella parte in cui prevede che i diciotto mesi di servizio debbano essere maturati alla data del 31 dicembre 2022, anziché nel diverso termine previsto dalla normativa statale vigente ratione temporis.
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Molise n. 13 del 2022, nella parte in cui prevede di avviare procedure selettive riservate, «in deroga», anziché «in coerenza» con il piano triennale di fabbisogno del personale; nella parte in cui consente la stabilizzazione di personale diverso da quello sanitario e socio-sanitario, quindi limitatamente alle parole «tecnico e amministrativo»; infine, nella parte in cui prevede che i diciotto mesi di servizio debbano essere maturati alla data del 31 dicembre 2022, anziché nel diverso termine previsto dalla normativa statale vigente ratione temporis.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.– Con ricorso indicato in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge reg. Molise n. 13 del 2022, in riferimento agli artt. 81, terzo comma, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, e 120, secondo comma, Cost.
L’art. 1 della predetta legge regionale dispone che «1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 1, comma 268, lettera b) e c), della legge 30 dicembre 2021 n. 234 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024) e successive modificazioni, gli enti del Servizio sanitario regionale procedono preliminarmente, entro il 31 dicembre 2022, ad una ricognizione dei fabbisogni del personale, anche nel periodo pandemico, ed applicano il CCNL dell’ambito sanitario aggiornando, anche in deroga, il piano triennale di fabbisogno del personale, applicando le previsioni di legge anche al personale contrattualizzato a qualunque titolo del ruolo sanitario, tecnico ed amministrativo, selezionato attraverso prove selettive per titoli e/o colloquio, e che abbia maturato o che maturerà alla data del 31 dicembre 2022 i 18 mesi previsti dalla legge n. 234/2021»; l’art. 2 disciplina invece l’entrata in vigore della legge regionale.
Il Presidente del Consiglio dei ministri muove nei confronti dell’art. 1 della legge regionale in esame quattro specifiche censure, contestandolo nella parte in cui prevede, ai fini dell’attuazione della procedura di stabilizzazione prevista dall’art. 1, comma 268, lettera b), della legge n. 234 del 2021: i) la possibilità di derogare al piano triennale dei fabbisogni del personale; ii) la possibilità di stabilizzare personale contrattualizzato con qualunque forma di contratto flessibile; iii) l’ampliamento dell’ambito soggettivo di applicazione anche al personale dei ruoli tecnico e amministrativo; iv) l’estensione al 31 dicembre 2022 della finestra temporale utile ai fini della maturazione dei diciotto mesi di servizio (prevista, nel testo originario della normativa statale, al 30 giugno 2022).
Per tali motivi la legge regionale impugnata, derogando ai criteri previsti dall’art. 1, comma 268, lettera b), della legge n. 234 del 2021 – da considerarsi come disposizione interposta – si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che assegna allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento civile, in quanto la normativa molisana impugnata introdurrebbe una forma di stabilizzazione avulsa dal citato quadro normativo statale. La medesima disposizione regionale sarebbe altresì in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., poiché la normativa statale in materia di stabilizzazione del personale sanitario (art. 1, comma 268, lettere b e c, della legge n. 234 del 2021) esprimerebbe al contempo principi fissati dal legislatore statale nella materia «coordinamento della finanza pubblica». Tale disposizione regionale determinerebbe altresì la violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost., poiché avrebbe dovuto prevedere espressamente i mezzi finanziari per far fronte agli oneri derivanti dalla medesima legge regionale.
Osserva poi il ricorrente che l’art. 117, terzo comma, Cost. sarebbe violato anche in relazione all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, in quanto le disposizioni regionali impugnate, nel prevedere nuove assunzioni del personale, si porrebbero in contrasto con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica stabiliti dal piano di rientro, di cui all’accordo sottoscritto il 27 marzo 2007 fra il Presidente della Regione Molise e i Ministri della salute e dell’economia e delle finanze, recepito con la delibera della Giunta regionale 30 marzo 2007, n. 362.
Il suddetto piano di rientro non si è concluso nei termini previsti e la Regione sarebbe ancora vincolata alla sua osservanza nonché all’adozione delle misure di contenimento della spesa, ai sensi del vigente «Quadro economico e programmatico complessivo per il triennio 2022-2024».
L’Avvocatura generale dello Stato, inoltre, deduce la lesione dell’art. 120, secondo comma, Cost., poiché le norme regionali impugnate interferirebbero con i poteri che la Costituzione attribuisce al commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari.
Il ricorrente, infine, lamenta la lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. da parte dell’art. 1 della legge reg. Molise n. 13 del 2022, anche là dove prevede la possibilità di avviare procedure selettive del personale, in deroga alle condizioni stabilite dall’art. 1, comma 268, lettera c), della legge n. 234 del 2021, ossia in deroga ai piani triennali dei fabbisogni, estendendo tali procedure anche al personale tecnico-amministrativo, senza rispettare i requisiti di anzianità di servizio stabiliti dal legislatore statale.
2.– Preliminarmente all’esame del merito deve circoscriversi il thema decidendum in quanto, benché il ricorso impugni l’intera legge reg. Molise n. 13 del 2022, le censure si appuntano esclusivamente sull’art. 1, nella parte in cui deroga alle disposizioni statali che dettano i criteri per la stabilizzazione del personale e per l’avvio di procedure selettive riservate. Pertanto, l’esame di questa Corte deve limitarsi alla parte dell’art. 1 della legge reg. Molise n. 13 del 2022, là dove deroga alle condizioni stabilite dalle lettere b) e c) del comma 268 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021, che rimettono a ciascuna regione il compito di definire i «criteri di priorità» da seguire per realizzare la procedura di stabilizzazione ivi prevista.
3.– Sempre in via preliminare va precisato che la disposizione statale interposta (art. 1, comma 268, lettera b, della legge n. 234 del 2021) è stata ripetutamente modificata dopo il promovimento delle odierne questioni e che nel presente giudizio rilevano le sole modifiche concernenti i profili di denunciato contrasto tra la disposizione regionale impugnata e quella interposta (in questo senso, sentenza n. 76 del 2023).
Il legislatore statale è intervenuto sulla disposizione di cui alla lettera b) del citato comma 268, dapprima con l’art. 20-ter del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 (Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19, nonché per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico), convertito, con modificazioni, nella legge 28 marzo 2022, n. 25, sostituendo l’originaria formula (utilizzata per individuare i destinatari della procedura di stabilizzazione) «il personale del ruolo sanitario e gli operatori socio-sanitari» con la seguente: «il personale del ruolo sanitario e del ruolo sociosanitario».
Successivamente, è intervenuto con l’art. 1, comma 528, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), sostituendo le parole «che abbiano maturato al 30 giugno 2022» con quelle «che abbiano maturato al 31 dicembre 2023», consentendo quindi che il requisito dei diciotto mesi di servizio fosse maturato entro quest’ultima data.
A seguito delle anzidette modifiche, la disposizione statale interposta – limitatamente alla lettera b) del comma 268 – prevede che, «[a]l fine di rafforzare strutturalmente i servizi sanitari regionali anche per il recupero delle liste d’attesa e di consentire la valorizzazione della professionalità acquisita dal personale che ha prestato servizio anche durante l’emergenza da COVID-19, gli enti del Servizio sanitario nazionale, nei limiti di spesa consentiti per il personale degli enti medesimi […]: […] b) ferma restando l’applicazione dell’articolo 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, dal 1° luglio 2022 e fino al 31 dicembre 2024 possono assumere a tempo indeterminato, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni del personale, il personale del ruolo sanitario e del ruolo sociosanitario, anche qualora non più in servizio, che siano stati reclutati a tempo determinato con procedure concorsuali, ivi incluse le selezioni di cui all’articolo 2-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, e che abbiano maturato al 31 dicembre 2023 alle dipendenze di un ente del Servizio sanitario nazionale almeno diciotto mesi di servizio, anche non continuativi, di cui almeno sei mesi nel periodo intercorrente tra il 31 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2022, secondo criteri di priorità definiti da ciascuna regione. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto mediante procedure diverse da quelle sopra indicate si provvede previo espletamento di prove selettive».
Infine, è intervenuto l’art. 4 del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198 (Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi), convertito, con modificazioni, nella legge 24 febbraio 2023, n. 14, che ha apportato significative innovazioni sulla disciplina statale interposta in quanto rivolte ad estendere l’ambito di applicazione della stabilizzazione.
Più precisamente, il suo comma 9-quinquiesdecies ha ulteriormente allungato i termini per conseguire i requisiti ai fini della stabilizzazione, portandoli al 31 dicembre 2024, «[a]llo scopo di fronteggiare la grave carenza di personale e superare il precariato, nonché per garantire continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, per il personale dirigenziale e non dirigenziale del Servizio sanitario nazionale […]».
Inoltre, il successivo comma 9-septiesdecies, pur senza modificare la norma statale interposta (art. 1, comma 268, lettera b, della legge n. 234 del 2021), ha esteso l’applicabilità di quest’ultima, «previo espletamento di apposita procedura selettiva e in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni del personale, al personale dirigenziale e non dirigenziale sanitario, socio-sanitario e amministrativo reclutato dagli enti del Servizio sanitario nazionale, anche con contratti di lavoro flessibile, anche qualora non più in servizio, nei limiti di spesa di cui all’articolo 11, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60».
4.– Ai fini dell’esame del merito, è necessaria una breve ricostruzione del contesto normativo di riferimento. La disposizione statale di cui alla lettera b) del comma 268 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021, nel limitare le stabilizzazioni solo ai lavoratori precedentemente reclutati mediante contratti a tempo determinato, introduce un limite in materia di ordinamento civile, in conformità a quanto stabilito dall’art. 20, comma 1, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», il quale consente, sino al 31 dicembre 2023, l’assunzione a tempo indeterminato del personale non dirigenziale, che possegga i seguenti requisiti: a) risulti in servizio, anche per un solo giorno, successivamente alla data del 28 agosto 2015, con contratto di lavoro a tempo determinato presso l’amministrazione che deve procedere all’assunzione; b) sia stato assunto a tempo determinato attingendo a una graduatoria, a tempo determinato o indeterminato, riferita a una procedura concorsuale – ordinaria, per esami o per titoli, ovvero anche prevista in una normativa di legge – in relazione alle medesime attività svolte intese come mansioni dell’area o categoria professionale di appartenenza, procedura anche espletata da amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all’assunzione; c) abbia maturato, al 31 dicembre 2022, alle dipendenze della stessa amministrazione che procede all’assunzione, almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni.
Questa Corte, nel decidere una questione di legittimità costituzionale dell’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 75 del 2017, ha già avuto modo di chiarire che «[d]alle procedure di “stabilizzazione” previste dall’art. 20 sono esclusi, per effetto della norma di chiusura contenuta nel censurato comma 9, ultimo periodo, del medesimo articolo, i lavoratori utilizzati mediante contratti di somministrazione di lavoro presso le pubbliche amministrazioni. Tale esclusione, però, non è irragionevole, in riferimento all’art. 3 Cost. La prescrizione, contenuta nella disposizione censurata, dell’instaurazione di un rapporto di lavoro a seguito di concorso pubblico, prevista con riferimento alla fattispecie del contratto a termine, non è ipotizzabile anche per la parallela fattispecie del contratto di somministrazione a tempo determinato, poiché quest’ultimo non comporta l’instaurazione di un rapporto di lavoro diretto tra lavoratore somministrato ed ente utilizzatore» (sentenza n. 250 del 2021).
La disciplina sulla stabilizzazione del personale della pubblica amministrazione introduce, dunque, una deroga temporanea al principio del pubblico concorso.
Trattandosi di disposizioni derogatorie al predetto principio, questa Corte ha chiarito che esse comportano «“un giudizio di ponderazione a soluzione aperta tra ragioni diverse e confliggenti, in primo luogo quelle che sorreggono la norma generale e quelle che viceversa sorreggono la norma derogatoria: un giudizio che […] appartiene primariamente al legislatore” (sentenza n. 140 del 2009). Tale giudizio è, pertanto, suscettibile di censure di legittimità costituzionale solo nei casi di manifesta irragionevolezza» (sentenza n. 207 del 2017).
L’art. 1, comma 268, lettera b), della legge n. 234 del 2021, nel delimitare la possibilità di stabilizzare solo i lavoratori preliminarmente reclutati con contratto a tempo determinato (e che abbiano superato un concorso), non comporta una irragionevole disparità di trattamento, poiché difetta la condizione di sostanziale identità delle situazioni messe a confronto. Nella fattispecie dei lavoratori assunti con contratti di lavoro a tempo determinato, infatti, a differenza di quanto avviene nell’ipotesi di lavoratori reclutati con altre forme contrattuali flessibili, il lavoratore viene inserito, mediante procedure selettive, nell’organizzazione dell’ente.
La scelta operata dal legislatore statale con la lettera b) del comma 268 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021 – di introdurre una procedura di stabilizzazione in deroga alla regola del pubblico concorso – rispetta le condizioni stabilite dalla norma di cui al comma 1 dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 e pertanto supera il vaglio di non manifesta irragionevolezza.
5.– Ciò chiarito, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Molise n. 13 del 2022, limitatamente ai profili sopra indicati, sono fondate per violazione dell’art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., in relazione all’art. 1, comma 268, lettera b), della legge n. 234 del 2021.
5.1.– Quanto all’ambito materiale inciso, esso deve essere individuato tenendo conto dello specifico contenuto delle norme impugnate della disposizione regionale in esame, le quali – come detto – attengono alla possibilità di derogare al piano triennale dei fabbisogni del personale (a fronte della coerenza con siffatto piano che si desume dalla norma interposta), all’ampliamento dell’ambito soggettivo di applicazione della procedura di stabilizzazione (tale da ricomprendere anche il personale del ruolo tecnico e amministrativo e previamente reclutato con qualunque forma contrattuale) e, infine, all’estensione al 31 dicembre 2022 della finestra temporale utile ai fini della maturazione dei diciotto mesi di servizio (prevista nel testo originario della normativa statale al 30 giugno 2022).
In proposito, questa Corte ha rilevato che «deve ritenersi integrata la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., quando la disciplina regionale, consentendo la trasformazione di contratti precari di lavoratori in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, incide sulla regolamentazione del rapporto precario già in atto e, in particolare, sugli aspetti connessi alla durata del rapporto, e determina, al contempo, la costituzione di altro rapporto giuridico, ovvero il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, destinato a sorgere proprio per effetto della stabilizzazione (sentenza n. 51 del 2012)» (sentenza n. 194 del 2020). È stata dunque dichiarata l’illegittimità costituzionale di disposizioni regionali che intervenivano su rapporti di lavoro a tempo determinato già in essere e incidevano sul profilo della durata, trasformandoli in nuovi rapporti a tempo indeterminato per effetto della norma censurata (ex plurimis, sentenza n. 195 del 2021).
Si tratta, più in generale, di limiti introdotti dal legislatore statale al fine di porre un argine al rischio di un’indiscriminata stabilizzazione di personale cosiddetto precario dei ruoli sanitario e socio-sanitario, in modo da contemperare l’indiscutibile necessità di «rafforzare strutturalmente i servizi sanitari regionali anche per il recupero delle liste d’attesa e di consentire la valorizzazione della professionalità acquisita dal personale che ha prestato servizio anche durante l’emergenza da COVID-19» con l’esigenza di contenere la spesa per il personale delle strutture del servizio sanitario regionale, nel rispetto altresì del già richiamato principio in materia di pubblico concorso.
Il punto di equilibrio fra queste opposte esigenze è stato individuato dal legislatore statale tramite la fissazione di quattro criteri: 1) la coerenza con il piano triennale dei fabbisogni del personale; 2) un limite formale (solo lavoratori precedentemente reclutati con contratti a tempo determinato); 3) un limite soggettivo (i ruoli sanitario e socio-sanitario); e 4) un limite temporale (quest’ultimo, peraltro, oggetto di successive modifiche) (in questo senso, sentenza n. 76 del 2023).
Ci si trova, dunque, di fronte a norme che intervengono in ambiti di competenza legislativa esclusiva statale (ordinamento civile) e concorrente (coordinamento della finanza pubblica), in quanto quelle recate dall’art. 1, comma 268, lettera b), della legge n. 234 del 2021 sono previsioni che intervengono nell’esercizio della competenza legislativa esclusiva in materia di «ordinamento civile» e sono rivolte al contempo a contenere la spesa pubblica per il personale dei ruoli anzidetti entro limiti ragionevoli, in quanto tali espressive di principi fondamentali nella materia «coordinamento della finanza pubblica».
Per questa ragione, il legislatore regionale non può incidere sugli anzidetti profili, essendogli consentito soltanto di dare attuazione alla procedura prevista dalla normativa statale nel rispetto dei limiti ivi indicati.
Deve essere pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Molise n. 13 del 2022, nella parte in cui prevede che la procedura di stabilizzazione ivi delineata possa avvenire «anche in deroga», anziché «in coerenza» con il piano triennale di fabbisogno del personale; nella parte in cui consente la stabilizzazione di personale «contrattualizzato a qualunque titolo», anziché reclutato «con contratti a tempo determinato»; nella parte in cui consente la stabilizzazione di personale diverso da quello sanitario e socio-sanitario, e quindi limitatamente alle parole «tecnico ed amministrativo»; e, infine, nella parte in cui prevede che i diciotto mesi di servizio debbano essere maturati alla data del 31 dicembre 2022, anziché nel diverso termine previsto dalla normativa statale vigente ratione temporis.
Del resto, le disposizioni regionali impugnate non hanno trovato attuazione, posto che le uniche stabilizzazioni intervenute medio tempore nella Regione rispettano i criteri stabiliti dall’art. 1, comma 268, lettera b), della legge n. 234 del 2021. La Regione può quindi provvedere alla stabilizzazione del personale tenendo conto della sopravvenuta normativa statale.
6.– Sono altresì fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Molise n. 13 del 2022 promosse in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 1, comma 268, lettera c), della legge n. 234 del 2021.
La legge regionale in esame all’art. 1 prevede di avviare procedure selettive in deroga a quanto stabilito dalla norma statale interposta di cui alla lettera c) del comma 268, precisamente, al piano triennale di fabbisogno del personale, ai termini per calcolare l’anzianità nonché ai ruoli cui riservare le menzionate procedure selettive.
Come già ricordato (punto 5.1.), i criteri introdotti dal legislatore statale per avviare procedure selettive riservate al personale sanitario e socio-sanitario sono volti a contemperare l’indiscutibile necessità di «rafforzare strutturalmente i servizi sanitari regionali anche per il recupero delle liste d’attesa e di consentire la valorizzazione della professionalità acquisita dal personale che ha prestato servizio anche durante l’emergenza da COVID-19» con l’altrettanto pressante esigenza di contenere la spesa per il personale delle strutture del servizio sanitario regionale, nel rispetto dei principi posti in materia di pubblico concorso.
Il legislatore regionale, nell’avviare procedure selettive riservate deve, dunque, attenersi ai criteri stabiliti dallo Stato nell’esercizio della competenza legislativa a dettare principi di coordinamento della finanza pubblica.
Pertanto, l’art. 1 della legge reg. Molise n. 13 del 2022 è costituzionalmente illegittimo: nella parte in cui prevede di avviare le procedure selettive riservate, «in deroga», anziché «in coerenza» con il piano triennale di fabbisogno del personale; nella parte in cui consente la stabilizzazione di personale diverso da quello sanitario e socio-sanitario, quindi limitatamente alle parole «tecnico e amministrativo»; infine, nella parte in cui prevede che i diciotto mesi di servizio debbano essere maturati alla data del 31 dicembre 2022, anziché nel diverso termine previsto dalla normativa statale vigente ratione temporis.
7.– Restano assorbite le ulteriori censure proposte nei confronti della medesima disposizione regionale.