<p style="text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, ordinanza 8 ottobre 2019 n. 25101</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em>Allorché un provvedimento, come quello su istanza cautelare, non costituisca una pronuncia suscettibile di passare in cosa giudicata, esso non può essere di ostacolo alla proposizione di un ricorso per motivi di giurisdizione, anche in sede di regolamento preventivo, pur avendo risolto implicitamente, ma allo stato, la questione attinente alla giurisdizione (cfr. Cassazione civile, S.U., n. 16603 dell’8 agosto 2005; n. 2053 del 31 gennaio 2006 e n. 3370 del 15 dicembre 2007).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Va confermata e data continuità alla giurisprudenza della Corte secondo cui, in tema di sostegno all’alunno in situazione di handicap, il "</em>piano educativo individualizzato<em>", definito ai sensi della L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 12, obbliga l’amministrazione scolastica a garantire il supporto per il numero di ore programmato, senza lasciare ad essa il potere discrezionale di ridurne l’entità in ragione delle risorse disponibili, e ciò anche nella scuola dell’infanzia, pur non facente parte della scuola dell’obbligo. Quindi, la condotta dell’amministrazicne che non appresti il sostegno pianificato si risolve nella contrazione del diritto del disabile alla pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico, la quale, ove non accompagnata dalla corrispondente riduzione dell’offerta formativa per gli alunni normodotati, concretizza una discriminazione indiretta, la cui repressione spetta al giudice ordinario. Le controversie concernenti la declaratoria della consistenza dell’insegnamento di sostegno, ed afferenti alla fase che precede la redazione del piano educativo individualizzato, sono devolute alla giurisdizione del GA, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., atteso che, in tale fase, sussiste ancora, in capo all’amministrazione scolastica, il potere discrezionale, espressione dell’autonomia organizzativa e didattica, di individuazione della misura più adeguata al sostegno, il cui esercizio è precluso, invece, dalla successiva formalizzazione del piano suddetto, che determina il sorgere dell’obbligo dell’amministrazione di garantire il supporto per il numero di ore programmato ed il correlato diritto dell’alunno disabile all’istruzione come pianificata, nella relativa, concreta articolazione, in relazione alle specifiche necessità dell’alunno stesso. (cfr. Cass. civ. Sezioni Unite n. 25011 del 25 novembre 2014; n. 5060 del 28 febbraio 2017 e n. 9966 del 20 aprile 2017).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Il contrasto di tale orientamento giurisprudenziale con l’orientamento del Consiglio di Stato espresso nella sentenza cui fa ampio riferimento la requisitoria scritta del P.G. (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 2023 del 3 maggio 2017), va riportato alla relativa, reale portata se si tiene conto che i punti di convergenza fra la giurisprudenza amministrativa e quella delle Sezioni Unite sono tali da far escludere in generale - e specificamente nel caso in esame - una sostanziale divergenza di opinioni. In particolare il Consiglio di Stato afferma che, "</em>in relazione alla fase procedimentale intermedia nel corso della quale si deve pronunciare l’Ufficio scolastico, nessuna disposizione di legge - nemmeno l’art. 4 del D.P.C.M. n. 185 del 2006 - ha attribuito al dirigente preposto dell’Ufficio scolastico regionale il potere di ridurre, tanto meno senza una motivazione, il numero di ore di sostegno, individuate dal G.L.O.H. nelle sue "proposte" a favore dei singoli alunni disabili. L’art. 10, comma 5, ha attribuito il nomen iuris di "proposte" agli atti del G. L. O. H. sulla determinazione delle ore, non perché altre autorità - peraltro non aventi specifiche competenze di natura medica o didattica sulle esigenze degli alunni disabili - possano esercitare un potere riduttivo di merito, ovvero ridurre le ore assegnate, ma per la semplice ragione che tali "proposte" sono atti interni al procedimento, e cioè sono redatte quando non sono ancora state rilevate le effettive esigenze e non sono stati assegnati gli insegnanti di sostegno. Le proposte hanno invece la funzione di attivare dapprima la fase di competenza degli Uffici scolastici e poi la fase finale, di attribuzione delle ore da parte del dirigente scolastico. Poiché nessuna disposizione ha attribuito agli Uffici scolastici il potere di sottoporre a un riesame di merito quanto proposto dal G.L.O.H., l’art. 4. del D.P.C.M. n. 185 del 2006, che definisce "autorizzazione" l’atto del dirigente preposto dell’Ufficio scolastico regionale, va allora interpretato nel senso di prevedere un atto meramente ricognitivo, il quale constata che sussistono i relativi presupposti di spesa, senza poterli modificare, e giustifica l’impegno e il pagamento delle relative somme<em>". Consegue a questa condivisibile ricostruzione che "</em>gli Uffici scolastici, a seguito dell’acquisizione dei dati, devono attribuire ai singoli Istituti tanti insegnanti di sostegno, quanti ne sono necessari per coprire tutte le ore che sono risultate oggetto delle "proposte", salva la possibilità di esercitare un potere meramente correttivo, sulla base di riscontri oggettivi (è questo il caso, ad esempio, di errori materiali, ovvero del fatto che singoli alunni non siano più iscritti presso un dato istituto, perché trasferitisi altrove<em>)". "</em>Il dirigente scolastico - tranne i casi in cui prenda atto della correzione di errori materiali o delle circostanze ostative, specificamente e motivatamente individuate dagli Uffici scolastici - deve attribuire a ciascun alunno disabile un numero di ore di sostegno corrispondente a quello oggetto della singola proposta del G.L.O.H, dalla quale non si può discostare<em>". "</em>Pertanto, i procedimenti riguardanti gli alunni disabili si devono concludere con gli atti del dirigente scolastico di attribuzione delle ore di sostegno, in conformità alle risultanze del G.L.O.H<em>."</em><em>. Vi è quindi piena concordanza di vedute circa il carattere vincolato delle determinazioni del dirigente scolastico. Inoltre il Consiglio di Stato rileva che quando il dirigente scolastico abbia attribuito le ore di sostegno in conformità alla proposta del G.L.O.H., ma in concreto tali ore non siano assegnate e quindi non se ne possa fruire, "</em>sussiste la giurisdizione del giudice civile, quando l’interessato espressamente lamenti innanzi a tale giudice che l’Amministrazione scolastica abbia posto in essere "un comportamento discriminatorio a proprio danno". Si applicano in tal caso, infatti, la L. 1 marzo 2006, n. 67, art. 3 (che ha richiamato l’art. 44 del testo unico 25 luglio 1998, n. 286, sulla "Azione civile contro la discriminazione") e - per gli aspetti processuali – il D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 28<em>".</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La divergenza fra la giurisprudenza delle Sezioni Unite e quella del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 2023 del 3 maggio 2017) va pertanto circoscritta alle ipotesi in cui il ricorrente non deduca specificamente "</em>la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio danno<em>", ai sensi del comma 3 della L. n. 67 del 2006. Secondo il Consiglio di Stato tale norma "</em>prevede una fattispecie tipica devoluta alla giurisdizione del giudice civile ed ha il suo ambito di applicazione esclusivamente e tassativamente quando e solo quando l’interessato si rivolge al giudice rappresentando gli elementi di fatto in cui la discriminazione stessa si manifesta<em>".</em><em> Il Collegio rileva in primo luogo che nel caso in esame il ricorrente ha adito il Tribunale di Caltanissetta chiedendo di dichiarare che la mancata dotazione di personale specializzato di sostegno come individuato nel PDF per l’anno scolastico 2017/2018 costituisce una discriminazione posta in essere dal Comune resistente in danno del minore e di ordinare la cessazione immediata del comportamento posto in essere. Deve pertanto ritenersi che il caso in esame non presenta elementi che giustifichino l’affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo anche alla stregua della sin qui citata giurisprudenza del Consiglio di Stato. Vi è stata infatti una chiara proposizione della domanda come richiesta di accertamento e di inibizione di un comportamento discriminatorio dell’amministrazione. Tuttavia il Collegio ritiene opportuno ribadire che "</em>una volta che il piano educativo individualizzato, elaborato con il concorso determinante di insegnanti della scuola di accoglienza e di operatori della sanità pubblica, abbia prospettato il numero di ore necessarie per il sostegno scolastico dell’alunno che versa in situazione di handicap particolarmente grave, l’amministrazione scolastica è priva di un potere discrezionale, espressione di autonomia organizzativa e didattica, capace di rimodulare o di sacrificare in via autoritativa, in ragione della scarsità delle risorse disponibili per il servizio, la misura di quel supporto integrativo così come individuato dal piano, ma ha il dovere di assicurare l’assegnazione, in favore dell’alunno, del personale docente specializzato, anche ricorrendo - se del caso, là dove la specifica situazione di disabilità del bambino richieda interventi di sostegno continuativi e più intensi - all’attivazione di un posto di sostegno in deroga al rapporto insegnanti/alunni, per rendere possibile la fruizione effettiva del diritto, costituzionalmente protetto, dell’alunno disabile all’istruzione, all’integrazione sociale e alla crescita in un ambiente favorevole allo sviluppo della sua personalità e delle sue attitudini. L’omissione o le insufficienze nell’apprestamento, da parte dell’amministrazione scolastica, di quella attività doverosa si risolvono in una sostanziale contrazione del diritto fondamentale del disabile all’attivazione, in suo favore, di un intervento corrispondente alle specifiche esigenze rilevate, condizione imprescindibile per realizzare il diritto ad avere pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico: l’una e le altre sono pertanto suscettibili di concretizzare, ove non accompagnate da una corrispondente contrazione dell’offerta formativa riservata agli altri alunni normodotati, una discriminazione indiretta, vietata dalla L. n. 67 del 2006, art. 2 per tale intendendosi anche il comportamento omissivo dell’amministrazione pubblica preposta all’organizzazione del servizio scolastico che abbia l’effetto di mettere la bambina o il bambino con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto agli altri alunni<em>" (Cass. Civ. S.U. n. 25011/2014).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La deduzione esplicita nella domanda del ricorrente di un comportamento discriminatorio dell’amministrazione non può pertanto considerarsi una condizione cui subordinare la giurisdizione del Giudice ordinario date le premesse che concordemente portano ad escludere la possibilità per l’amministrazione di non dare esecuzione alle "proposte" trasmesse dal G.L.O.H. incorrendo altrimenti nella compressione di un diritto fondamentale alla cui tutela il legislatore ha voluto apprestare lo strumento immediato ed efficace del procedimento anti-discriminatorio. Su questi presupposti pertanto subordinare alla qualificazione giuridica della domanda la questione della giurisdizione appare una opzione interpretativa che affida sostanzialmente al ricorrente la scelta del giudice competente.</em></p>