<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Massima</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Il problema dell’iniquità, tanto patrimoniale che personale, non è ignoto al diritto romano, che ne fornisce una risposta articolata in termini di “</em>rescissione<em>”, sul crinale patrimoniale, giusta riconduzione ad equità di una </em>emptio-venditio<em> (compravendita) che presenti prestazioni sinallagmatiche sproporzionate a danno del venditore; e, sul versante personale, giusta tutela dei parenti più prossimi nei confronti di chi li abbia trascurati con testamento contrario al c.d. dovere di affezione (“</em>officium pietatis<em>”), così gettando le basi della futura successione “</em>necessaria<em>”.</em></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Articolo</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Se si vuole rintracciare l’istituto della rescissione negli atti <em>inter vivos</em> e, in particolare, nella contrattualistica del diritto romano, occorre scandagliare la disciplina della <em>emptio venditio</em>, quale contratto consensuale di <em>ius gentium</em>.</p> <p style="text-align: justify;">Per quanto concerne l’elemento del prezzo dovuto dal compratore al venditore, esso si compendia necessariamente in una somma di denaro (<em>pecunia</em>), non avendo pregio la tesi dei Sabiniani alla cui stregua potrebbe essere prezzo anche una qualunque altra <em>res</em>: lo scambio di <em>res</em> con <em>res</em> finisce infatti col far luogo ad un diverso contratto detto “<em>permutatio</em>” e che corrisponde alla moderna permuta.</p> <p style="text-align: justify;">Proprio perché nella <em>emptio-venditio</em> si assiste allo scambio della <em>res</em> (dovuta dal venditore al compratore) con il prezzo (dovuto dal compratore al venditore), si pone presso i giuristi romani la questione del rapporto di valore tra questi due elementi.</p> <p style="text-align: justify;">Per il diritto classico, di norma non è necessaria la proporzione rispettiva; solo in particolari fattispecie viene previsto che la vendita debba avere luogo “<em>iusto pretio</em>” e ciò accade quando non si tratti di una libera contrattazione tra le parti (che dunque non possono decidere, eventualmente, anche di fissare un corrispettivo sproporzionato), come nelle vendite fiscali, ovvero nella vendita di cose ereditarie deteriorabili.</p> <p style="text-align: justify;">Vi sono poi casi al cospetto dei quali la differenza (sproporzionata) fra il corrispettivo pattuito e il prezzo di mercato può condurre all’invalidità del pertinente negozio, ma sempre nel necessario concorso di altri elementi, come ad esempio la minore età di uno dei contraenti; una <em>restitutio in integrum</em> viene ammessa perfino contro (e non già, come di solito accade, a favore di) una vendita fiscale, allorché il prezzo applicato dal funzionario fiscale (acquirente) sia stato fortemente inferiore rispetto a quello di mercato e si sia in presenza, da un lato, di un venditore minorenne e, dall’altro, di un comportamento scorretto da parte del funzionario fiscale ridetto (C. 2.36.1: Impp. Sev. et Antonin., 200 d.C.).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">E’ in età postclassica – sulla base di due rescritti da ricondursi all’imperatore Diocleziano (secondo parte della dottrina, alterati <em>ex post</em> da Giustiniano) – che il prezzo deve ormai necessariamente essere <em>iustum</em> rispetto al valore della <em>res</em> acquistata.</p> <p style="text-align: justify;">Quando si tratti di vendere (e acquistare) immobili, in caso di “<em>lesione enorme</em>” è possibile per il venditore – alla stregua della ridetta costituzione dioclezianea – la rescissione del contratto di <em>emptio-venditio</em>: ciò si verifica allorché il prezzo pagato dal compratore sia stato inferiore alla metà del valore della cosa acquistata (“<em>ultra dimidium</em>”).</p> <p style="text-align: justify;">Più nel dettaglio, si tratta dei due rescritti di Diocleziano, C. 4.44.2 del 285 d.C. e C. 4.44.8 del 293 d.C., alla cui stregua l’imperatore (che ancora non è entrato in rotta di collisione con il Cristianesimo) ritiene ”<em>umano”</em> concedere al venditore di un fondo - laddove questi abbia appunto ricevuto un corrispettivo inferiore alla metà del <em>iustum pretium</em> - la facoltà di recuperare il bene alienato nei confronti del compratore dietro restituzione del corrispettivo; si lascia tuttavia al compratore (che se ne sia avvantaggiato) la possibilità di mantenere efficace il contratto a fronte del versamento al venditore di una somma equivalente alla differenza fra il prezzo pagato e l’effettivo valore di mercato del bene</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Anche nell’ambito dei negozi <em>mortis causa</em> – e, segnatamente, del testamento – affiora dal sistema romanistico l’istituto della rescissione, con particolare riguardo al regime di quella che modernamente è nota come successione c.d. necessaria, coinvolgente i parenti più prossimi del <em>de cuius</em>; se in una prima fase è sufficiente – per <em>ius civile</em> - che questi siano menzionati nel testamento (anche solo per diseredarli: c.d. successione necessaria “<em>formale</em>”), in epoca successiva la pretermissione o, financo, la diseredazione di un prossimo congiunto (“<em>suus</em>”) viene considerata contraria all’<em>officium pietatis</em>, ovvero a quel particolare “<em>dovere di affezione</em>” che il testatore dovrebbe nutrire nei confronti dei propri parenti, per l’appunto, più stretti (a cominciare dai figli, specie se maschi).</p> <p style="text-align: justify;">Si configura in simili fattispecie un testamento “<em>inofficiosum</em>” che i parenti prossimi pretermessi o diseredati possono portare dinanzi ad un peculiare collegio giudicante, quello dei <em>Centumviri</em>, attraverso la c.d. “<em>querella inofficiosi testamenti</em>” utile ad invocare, per l’appunto, la rescissione del ridetto testamento “<em>inofficiosum</em>”. Alla base, secondo Giustiniano (ma non anche, almeno con certezza, già presso i giuristi classici) vi è un <em>color insaniae</em>, onde il testatore si presume essere stato non nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali al momento del testamento.</p> <p style="text-align: justify;">Più in specie, quando un figlio, “<em>suus</em>” ed emancipato, del testatore, o - in mancanza - un genitore o un fratello o una sorella, non abbia ricevuto nel testamento almeno 1/4 della quota spettantegli <em>ab intestato</em> (ovvero, se non vi fosse stato il testamento), questi può spiccare la <em>querella</em> e può ottenere dai Centumviri la rescissione del testamento, la quale è disciplinata dal <em>ius civile</em> e può essere totale, ovvero parziale; in caso di rescissione parziale, si verifica un singolare concorso tra delazione legittima (a beneficio di chi, pretermesso o leso dal testamento, abbia spiccato vittoriosamente la “<em>querella</em>”) e delazione testamentaria, quale eccezione al principio di incompatibilità tra i due (normalmente, alternativi) modelli di delazione ereditaria.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Collegamenti</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;">Compravendita – Prezzo – Beni immobili - Testamento – Successione necessaria</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"></p>