<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte Costituzionale, sentenza 25 giugno 2020 n. 126</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Vanno dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 3, e 2 della legge della Regione Toscana 28 giugno 2019, n. 38 (Disposizioni urgenti per il rafforzamento dei servizi e delle misure di politica attiva del lavoro per la sostituzione di personale collocato in quiescenza, del direttore generale e dei direttori. Modifiche alla l. r. 1/2009), promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli artt. 3, 51, primo comma, 97, 117, commi secondo, lettere l) e m), e terzo, della Costituzione.</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.– Anche ai fini della disamina delle eccezioni preliminari formulate dalla Regione Toscana, occorre ricostruire l’evoluzione della normativa statale sulle graduatorie concorsuali, nella parte in cui si interseca con le previsioni adottate dal legislatore regionale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’art. 1, comma 361, della legge n. 145 del 2018, nella sua formulazione originaria, prevedeva che le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 fossero «utilizzate esclusivamente per la copertura dei posti messi a concorso», fermo restando il termine di vigenza (allora triennale) delle graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche (art. 35, comma 5-ter, del d.lgs. n. 165 del 2001).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale previsione era stata poi temperata dall’art. 14-ter, comma 1, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 (Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni), inserito dalla legge di conversione 28 marzo 2019, n. 26, che aveva consentito di avvalersi delle graduatorie anche per la copertura dei posti «che si rendono disponibili, entro i limiti di efficacia temporale delle graduatorie medesime, fermo restando il numero dei posti banditi e nel rispetto dell’ordine di merito, in conseguenza della mancata costituzione o dell’avvenuta estinzione del rapporto di lavoro con i candidati dichiarati vincitori» e per effettuare le assunzioni obbligatorie contemplate dagli artt. 3 e 18 della legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) e le assunzioni dei titolari del diritto al collocamento obbligatorio sancito dall’art. 1, comma 2, della legge 23 novembre 1998, n. 407 (Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata), «sebbene collocati oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’art. 1, comma 365, della legge n. 145 del 2018, aveva inizialmente disposto che le previsioni citate si applicassero «alle graduatorie delle procedure concorsuali bandite successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge». Al rispetto di tali regole non erano assoggettate le «assunzioni del personale scolastico, inclusi i dirigenti, e del personale delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica», oltre che «del personale educativo degli enti locali» (art. 1, comma 366, della legge n. 145 del 2018, modificato dapprima dall’art. 14-ter, comma 2, del d.l. n. 4 del 2019, come convertito, e, successivamente, dall’art. 33, comma 2-bis, lettere a e b, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, recante «Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi», inserito dalla legge di conversione 28 giugno 2019, n. 58).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Quanto alle «procedure concorsuali per l’assunzione di personale medico, tecnico-professionale e infermieristico, bandite dalle aziende e dagli enti del Servizio sanitario nazionale», le limitazioni all’uso delle graduatorie riguardavano le sole procedure bandite a decorrere dal 1° gennaio 2020 (art. 1, comma 365, secondo periodo, della legge n. 145 del 2018, aggiunto dall’art. 9-bis, comma 1, lettera a, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, recante «Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione», inserito dalla legge di conversione 11 febbraio 2019, n. 12).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Anche per le procedure concorsuali finalizzate ad assunzioni di personale da destinare ai centri per l’impiego, il legislatore aveva differito l’operatività dell’art. 1, comma 361, della legge n. 145 del 2018, applicabile soltanto alle procedure concorsuali bandite a decorrere dal 1° luglio 2019 (art. 12, comma 8-ter, del d.l. n. 4 del 2019, inserito dalla legge di conversione n. 26 del 2019).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’art. 1, comma 148, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022) ha abrogato, a far data dal 1° gennaio 2020, l’art. 1, commi 361 e 365, della legge n. 145 del 2018. Tale abrogazione si colloca in un intervento più ampio, volto a ridefinire in maniera rigorosa i limiti temporali per l’utilizzo delle graduatorie dei concorsi pubblici (art. 1, comma 147, della legge n. 160 del 2019) e a fissare, a regime, una validità biennale delle graduatorie concorsuali, con decorrenza dalla loro approvazione (art. 1, comma 149, della legge n. 160 del 2019).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>I limiti più stringenti all’uso delle graduatorie, in passato reiteratamente prorogate, e la loro più circoscritta validità temporale si inquadrano in un contesto normativo mutato. Nel settore pubblico hanno contribuito a dare nuovo impulso alle assunzioni le vacanze di organico determinate dall’introduzione della pensione “Quota 100” (art. 14-bis del d.l. n. 4 del 2019, con particolare riguardo a Regioni, enti locali, aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale), la necessità di promuovere «investimenti pubblici, con particolare riferimento a quelli in materia di mitigazione del rischio idrogeologico, ambientale, manutenzione di scuole e strade, opere infrastrutturali, edilizia sanitaria e agli altri programmi previsti dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145» (art. 33 del d.l. n. 34 del 2019, per quel che attiene alle assunzioni da parte delle Regioni a statuto ordinario e dei Comuni), e un più ampio programma finalizzato ad assicurare «l’effettivo ricambio generazionale e la migliore organizzazione del lavoro» e a reclutare personale qualificato nei settori strategici della digitalizzazione, della razionalizzazione e della semplificazione dei procedimenti e dei processi amministrativi, della qualità dei servizi pubblici, della gestione dei fondi strutturali e della capacità di investimento, della contrattualistica pubblica, del controllo di gestione e dell’attività ispettiva, della contabilità pubblica e della gestione finanziaria (art. 3 della legge 19 giugno 2019, n. 56, recante «Interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo»).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.– Nella memoria illustrativa, depositata in vista della trattazione della causa in camera di consiglio, la parte resistente fa leva sull’abrogazione dell’art. 1, commi 361 e 365, della legge n. 145 del 2018, per eccepire l’inammissibilità del ricorso «per sopravvenuta carenza di interesse e cessazione della materia del contendere».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale assunto non può essere condiviso.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La parte ricorrente, pur evocando le previsioni dell’art. 1, commi 361 e 365, della legge n. 145 del 2018, ora abrogate a far data dal 1° gennaio 2020, lamenta, in primo luogo, la violazione della competenza esclusiva dello Stato nelle materie «ordinamento civile» e «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Rispetto a tale doglianza, che contesta in radice il potere della Regione di legiferare in merito alle graduatorie concorsuali, non si può ritenere che sia venuto meno l’interesse del Presidente del Consiglio dei ministri a ottenere una pronuncia di questa Corte. Per le medesime ragioni, non si possono neppure ravvisare i presupposti della prospettata cessazione della materia del contendere.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’evoluzione del quadro normativo non cancella la dedotta invasione della sfera di competenza esclusiva statale e, pertanto, di là da ogni altro rilievo sui presupposti della cessazione della materia del contendere, non può dispensare questa Corte dall’esaminare il merito delle censure proposte.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.– Le questioni promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri non sono fondate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.– Ad avviso del ricorrente, le disposizioni impugnate sarebbero innanzitutto lesive della competenza legislativa esclusiva statale nella materia «ordinamento civile» (art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.1 – La questione non è fondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Questa Corte ha precisato che «[l]a regolamentazione dell’accesso ai pubblici impieghi mediante concorso è riferibile all’ambito della competenza esclusiva statale, sancita dall’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., solo per quanto riguarda i concorsi indetti dalle amministrazioni statali e dagli enti pubblici nazionali» (sentenza n. 380 del 2004, punto 3.2. del Considerato in diritto).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Quanto all’impiego pubblico regionale, esso deve essere ricondotto all’ordinamento civile, di competenza esclusiva statale, solo «per i profili privatizzati del rapporto», attinenti al rapporto di lavoro già instaurato, laddove «i profili “pubblicistico-organizzativi” rientrano nell’ordinamento e organizzazione amministrativa regionale, e quindi appartengono alla competenza legislativa residuale della Regione (ex multis, sentenze n. 63 del 2012, nn. 339 e 77 del 2011, n. 233 del 2006, n. 2 del 2004)» (sentenza n. 149 del 2012, punto 4.2. del Considerato in diritto). Tali profili pubblicistico-organizzativi, proprio perché indissolubilmente connessi con l’attuazione dei princìpi enunciati dagli artt. 51 e 97 Cost., sono sottratti «all’incidenza della privatizzazione del lavoro presso le pubbliche amministrazioni, che si riferisce alla disciplina del rapporto già instaurato» (sentenza n. 380 del 2004, punto 3.1. del Considerato in diritto).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Questa Corte è costante nell’affermare che la regolamentazione delle modalità di accesso al lavoro pubblico regionale – in quanto riconducibile alla materia dell’organizzazione amministrativa delle Regioni e degli enti pubblici regionali – è preclusa allo Stato (a maggior ragione attraverso disposizioni di dettaglio) e spetta alla competenza residuale delle Regioni (sentenza n. 2 del 2004), nel rispetto dei limiti costituzionali (sentenza n. 380 del 2004, punto 3.2. del Considerato in diritto).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Alla competenza legislativa residuale in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa delle Regioni sono riconducibili, in particolare, le procedure concorsuali pubblicistiche per l’accesso all’impiego regionale (sentenze n. 191 del 2017, punto 5.4. del Considerato in diritto, e n. 251 del 2016, punto 4.2.1. del Considerato in diritto) e la regolamentazione delle graduatorie, che rappresentano il provvedimento conclusivo delle procedure selettive (sentenza n. 241 del 2018, punto 4. del Considerato in diritto).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Pertanto, le disposizioni impugnate, proprio perché si correlano a una fase antecedente al sorgere del rapporto di lavoro, non invadono la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile», attenendo all’organizzazione del personale, àmbito in cui si esplica la competenza residuale delle Regioni.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Alla luce di tali rilievi, questa Corte, nel decidere sul ricorso della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste che lamentava la lesione delle prerogative regionali, ha escluso che le prescrizioni dell’art. 1, commi 361 e 365, della legge n. 145 del 2018 dispieghino effetti nei confronti delle Regioni (sentenza n. 77 del 2020, punto 4.3.1. del Considerato in diritto), titolari di un’ampia autonomia in forza dell’art. 117, quarto comma, Cost., e vincolate, in tale àmbito, solo al rispetto dei limiti costituzionali del buon andamento e dell’imparzialità e dei princìpi di coordinamento della finanza pubblica.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>6.– Dall’esclusione della vincolatività dei parametri interposti citati per le Regioni, discende l’infondatezza dell’ulteriore censura del ricorrente, che denuncia la violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La difesa statale richiama la giurisprudenza di questa Corte, che riconduce la disciplina della semplificazione amministrativa alla competenza legislativa esclusiva attribuita allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. Secondo il ricorrente, il legislatore statale, in virtù di un titolo di legittimazione suscettibile di investire tutte le materie, deve poter dettare le norme che assicurino sull’intero territorio nazionale il godimento di prestazioni garantite, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle (si menzionano le sentenze n. 62 del 2013 e n. 207 del 2012).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Questa Corte ha chiarito che la competenza attribuita dall’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., per il suo carattere trasversale, comprime in misura apprezzabile l’autonomia legislativa delle Regioni. Proprio per questo, essa non può essere invocata «se non in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione (sentenze n. 383 e n. 285 del 2005), mediante la determinazione dei relativi standard strutturali e qualitativi, da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio nazionale in quanto concernenti il soddisfacimento di diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione stessa» (sentenza n. 232 del 2011, punto 5.2. del Considerato in diritto).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La disciplina della semplificazione amministrativa, addotta come termine di raffronto e contraddistinta dal ricorrere di una specifica prestazione a beneficio dei cittadini, non può essere assimilata alla regolamentazione delle graduatorie delle procedure selettive per l’accesso all’impiego regionale, in cui viene in rilievo quella potestà delle Regioni di organizzare il personale, che l’individuazione di una competenza esclusiva statale vanificherebbe fino a negare del tutto.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>A tale riguardo, questa Corte ha ribadito, anche di recente (sentenza n. 77 del 2020, punto 4.3.1. del Considerato in diritto), che spetta alle Regioni, nell’esercizio della citata competenza residuale, definire le regole di accesso all’impiego regionale e di utilizzo delle relative graduatorie concorsuali, compiendo le scelte discrezionali più appropriate. Per costante orientamento di questa Corte, le Regioni devono esercitare tale competenza nel rispetto dei limiti costituzionali (sentenza n. 380 del 2004, punto 3.2. del Considerato in diritto) e, in particolare, dei princìpi di buon andamento e di imparzialità (sentenza n. 77 del 2020, punto 4.3.1. del Considerato in diritto), che la stessa normativa statale può contribuire a enucleare e a definire.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Si deve notare che le stesse censure, pur formulate nei termini dell’invasione di una competenza esclusiva statale, si incentrano, in una prospettiva eminentemente sostanziale, sulla violazione dei princìpi sanciti dagli artt. 3, 51, primo comma, e 97 Cost. È alla stregua di tali parametri, che rappresentano il fulcro dell’argomentazione del ricorso, che la disciplina regionale deve essere ora scrutinata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.– Il ricorrente censura gli artt. 1, comma 3, e 2, della legge reg. Toscana n. 38 del 2019, in quanto si porrebbero in contrasto con il dettato costituzionale, che impone l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso, in condizioni di eguaglianza, così da salvaguardare il buon andamento e l’imparzialità.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.1. – Tali censure non sono fondate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.2.– L’art. 1, comma 361, della legge n. 145 del 2018, istituiva una stretta correlazione tra la graduatoria e i posti messi a concorso e, in virtù delle modifiche apportate dall’art. 14-ter del d.l. n. 4 del 2019, come convertito, consentiva all’amministrazione di reclutare gli idonei al solo scopo di sopperire alla mancata costituzione o all’estinzione anticipata del rapporto di lavoro con i candidati dichiarati vincitori.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale disposizione, non applicabile nel settore scolastico ai sensi dell’art. 1, comma 366, della legge n. 145 del 2018 e operativa soltanto a far data dal 1° luglio 2019 per le assunzioni del personale dei centri per l’impiego (art. 12, comma 8-ter, del d.l. n. 4 del 2019, come convertito) e a decorrere dal 1° gennaio 2020 per le procedure di assunzione di personale medico, tecnico-professionale e infermieristico, bandite dalle aziende e dagli enti del Servizio sanitario nazionale, è stata poi abrogata, con effetto dal 1° gennaio 2020, dall’art. 1, comma 148, della legge n. 160 del 2019.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nell’esercizio della competenza riconosciuta dall’art. 117, quarto comma, Cost., il legislatore regionale non può ritenersi vincolato all’osservanza dei criteri indicati dal legislatore statale – peraltro rimasti in vigore per un tempo limitato – a meno che essi non riflettano i princìpi inderogabili di buon andamento e imparzialità sanciti dall’art. 97 Cost.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>I limiti posti alle assunzioni nel settore pubblico sono stati gradualmente superati, per costruire un diverso assetto, caratterizzato da periodi più contenuti di validità delle graduatorie (due anni), con prescrizioni rigorose circa il ricorso alle graduatorie più datate, in vista della ripresa di procedure selettive e di assunzioni.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Con riguardo alle procedure selettive per l’accesso all’impiego regionale, riconducibili alla competenza legislativa residuale delle Regioni, si deve ribadire che non ogni difformità della disciplina regionale rispetto alle regole dettate dallo Stato denota la violazione dei canoni di imparzialità e di buon andamento (sentenza n. 241 del 2018, punto 6. del Considerato in diritto). L’evoluzione della normativa statale conferma che tale difformità, in un breve arco di tempo, è stata superata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La disciplina dell’accesso all’impiego regionale deve dunque essere scrutinata alla luce delle peculiarità che la contraddistinguono, delle finalità che essa persegue e del complessivo contesto in cui si colloca.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.3.– In linea generale, si deve osservare che lo scorrimento delle graduatorie, consentito dalle disposizioni impugnate e ora anche dalla sopravvenuta normativa statale, presuppone lo svolgimento delle ordinarie procedure selettive, finalizzate a individuare i soggetti più qualificati per l’occupazione dei posti vacanti, e non costituisce dunque una deroga al principio del pubblico concorso invocato dal ricorrente.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Lo scorrimento delle graduatorie consente all’amministrazione di attingere alla provvista degli idonei, per far fronte in maniera tempestiva ed efficace alle esigenze sopravvenute. Questa Corte ha, infatti, anche recentemente precisato che «[u]n reclutamento imparziale degli idonei inseriti nelle graduatorie non entra in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., proprio perché costituisce una delle possibili espressioni del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione, nell’esercizio della competenza legislativa regionale» (sentenza n. 77 del 2020, punto 4.3.1. del Considerato in diritto).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.4.– Inoltre, lo scorrimento delle graduatorie ancora valide è assoggettato a limitazioni, che valgono a renderlo compatibile con i princìpi di imparzialità e di buon andamento dell’amministrazione, evocati a più riprese dal ricorrente.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il canone di imparzialità consente di ricorrere allo scorrimento delle graduatorie, nel rigoroso rispetto dell’ordine di merito, solo quando vi sia un’integrale corrispondenza tra il profilo e la qualifica professionale del posto che si intende coprire, da un lato, e, dall’altro, il profilo e la categoria professionale per i quali si è bandito il concorso poi concluso con l’approvazione delle graduatorie. Non vi è scorrimento per posti di nuova istituzione o frutto di trasformazione, per evitare rimodulazioni dell’organico in potenziale contrasto con i princìpi di imparzialità prescritti dalla Costituzione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il buon andamento, per altro verso, preclude di scorrere le graduatorie, quando sia mutato il contenuto professionale delle mansioni tipiche del profilo che si intende acquisire o quando, per il tempo trascorso o per le modifiche sostanziali nel frattempo introdotte nelle prove di esame e nei requisiti di partecipazione dei concorrenti, la graduatoria già approvata cessi di rispecchiare una valutazione attendibile dell’idoneità dei concorrenti e della qualificazione professionale necessaria per ricoprire l’incarico.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.5.– L’esame delle specificità della disciplina regionale impugnata conferma la non fondatezza delle censure proposte.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La legge reg. Toscana n. 38 del 2019 non deroga agli ordinari limiti di validità delle graduatorie. Essa riguarda le graduatorie più recenti, approvate a far data dal 1° gennaio 2019, e non pregiudica l’esigenza di dotare l’amministrazione di personale qualificato, che sia stato sottoposto a una valutazione esaustiva e imparziale in un tempo prossimo all’assunzione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Le disposizioni impugnate si riconnettono, peraltro, a obiettivi specifici e definiti nel tempo, che la stessa legislazione statale provvede a delineare.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’art. 1 della legge reg. Toscana n. 38 del 2019 si ripromette di rafforzare le dotazioni organiche dei centri per l’impiego, in armonia con le previsioni dell’art. 1, comma 258, della legge n. 145 del 2018, cui si fa risalire un peculiare procedimento di concertazione con le Regioni, al fine di stabilire i criteri di ripartizione delle risorse stanziate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’art. 2 della citata legge regionale, nel disciplinare le assunzioni da parte della Regione Toscana, degli enti dipendenti dalla Regione e delle aziende e degli enti del servizio sanitario regionale, tiene conto della cessazione dal servizio del personale beneficiario della pensione “Quota 100”. È la stessa legge dello Stato che si preoccupa di fronteggiare tali conseguenze, con precipuo riguardo alle Regioni, agli enti locali, agli enti e alle aziende del Servizio sanitario nazionale (art. 14-bis del d.l. n. 4 del 2019, come convertito).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Lo scorrimento delle graduatorie non ha dunque una portata indiscriminata, ma si rivela direttamente funzionale a organizzare il reclutamento degli idonei nel modo più efficiente e sollecito, in un àmbito – quello delle politiche attive del lavoro, della tutela della salute e dell’organizzazione amministrativa regionale in senso ampio – riservato a vario titolo all’autonomia della Regione, in vista di specifiche finalità, che lo stesso legislatore statale riconosce meritevoli di particolare considerazione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>8.– Il ricorrente, da ultimo, ravvisa nelle disposizioni impugnate la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. e, in particolare, del principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, che individua nelle «modalità uniformi di utilizzo delle graduatorie concorsuali per l’accesso al pubblico impiego» dettate dalla legislazione dello Stato.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>8.1.– La Regione Toscana ha eccepito l’inammissibilità della censura, perché generica e carente di argomenti idonei a dimostrare con quali princìpi finanziari, nella specie, la legge regionale entri in conflitto.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’eccezione di inammissibilità deve essere disattesa.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il ricorrente ha identificato nell’art. 1, commi 361 e 365, della legge n. 145 del 2018 il principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica che ritiene violato dal legislatore regionale. Le doglianze del ricorso sono dunque avvalorate da un’argomentazione adeguata, che supera il vaglio di ammissibilità. Se la disposizione indicata dal ricorrente rappresenti un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, è profilo che investe il merito delle censure.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>8.2.– Nel merito, la questione non è fondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>8.3.– Il ricorrente richiama la sentenza di questa Corte n. 3 del 2013, che ha riconosciuto un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica nell’art. 17, comma 10, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto 2009, n. 102, che consente alle amministrazioni pubbliche locali, nel triennio 2010-2012, di «bandire concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato con una riserva di posti, non superiore al 40 per cento dei posti messi a concorso, per il personale non dirigenziale in possesso dei requisiti di cui all’articolo 1, commi 519 e 558, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e all’articolo 3, comma 90, della legge 24 dicembre 2007, n. 244».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La disposizione sopra indicata, nell’introdurre «nuove modalità di valorizzazione dell’esperienza professionale acquisita dal personale precario» e nel prevedere «l’espletamento di concorsi pubblici con parziale riserva dei posti in favore di tale personale», preclude «a tutte le pubbliche amministrazioni, a partire dal gennaio 2010, ogni diversa procedura di stabilizzazione del personale non di ruolo» e persegue l’obiettivo di contenere la «spesa nello specifico settore del personale» (sentenza n. 3 del 2013, punto 4.1. del Considerato in diritto).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Diverso è il caso ora sottoposto al vaglio di questa Corte.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Le disposizioni impugnate non superano i limiti posti alle facoltà di assunzione delle amministrazioni regionali, che si ripercuotono su un rilevante aggregato della spesa corrente e, proprio per questo, si configurano come princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>8.4.– A tale riguardo, non rilevano le enunciazioni di principio di questa Corte, che ha attribuito il rango di norme di coordinamento della finanza pubblica alle previsioni volte a delimitare la proroga dell’efficacia delle graduatorie, «in costanza di misure di contenimento delle assunzioni» (sentenza n. 5 del 2020, punto 4.3.1. del Considerato in diritto). Le disposizioni introdotte dalla legge reg. Toscana n. 38 del 2019 toccano il diverso profilo dell’uso di graduatorie ancora valide e non contrastano con misure statali finalizzate a circoscrivere la proroga delle stesse e, in pari tempo, a restringere le facoltà di assunzione delle amministrazioni.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>8.5.– Le disposizioni impugnate non incorrono nella violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. anche alla luce dei seguenti rilievi.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Lo scorrimento delle graduatorie consente, infatti, di risparmiare i costi correlati all’espletamento di nuovi concorsi, come ha affermato la giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza 28 luglio 2011, n. 14, punto 40.) e come conferma anche il preambolo della legge impugnata (punto 7.), con particolare riguardo al reclutamento di personale da parte della Regione Toscana, degli enti dipendenti e degli enti e delle aziende del servizio sanitario regionale (art. 2 della legge reg. Toscana n. 38 del 2019). Non si ravvisa, pertanto, la violazione di alcun principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’art. 1, comma 1, della legge reg. Toscana n. 38 del 2019 prevede che l’ARTI – ente intermedio preposto alla gestione della rete regionale dei centri per l’impiego e all’erogazione dei servizi destinati a misure di politiche attive – proceda alle assunzioni del personale da destinare a tali centri, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, entro i limiti delle risorse finanziarie previste dalla legge statale allo scopo di potenziarne le funzioni nell’orientamento al lavoro. Tali risorse sono ripartite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in base ai criteri definiti previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano (artt. 1, comma 258, della legge n. 145 del 2018 e 12, comma 8-bis, del d.l. n. 4 del 2019, come convertito nella legge 28 marzo 2019, n. 26). Come traspare dal preambolo della legge regionale impugnata (punto 4.), il personale è reclutato «solo a seguito della effettiva ripartizione delle suddette risorse tra tutte le regioni interessate ad opera del decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Regole non dissimili valgono anche per le assunzioni a tempo determinato di personale incaricato di svolgere «funzioni di orientamento ai processi di inserimento lavorativo» (art. 1, comma 2, della legge reg. Toscana n. 38 del 2019). Parte integrante del «piano di rafforzamento dei servizi e delle misure di politica attiva del lavoro approvato nella Conferenza unificata il 21 dicembre 2017», le assunzioni in esame sono disposte «entro i limiti delle risorse finanziarie assegnate dal piano operativo nazionale (PON) “Inclusione” 2014-2020 e dal programma operativo complementare “Sistemi per le politiche attive per l’occupazione” (POC SPAO) 2014-2020» (art. 1, comma 2, della legge reg. Toscana n. 38 del 2019) e solo dopo la concreta ripartizione di tali risorse (punto 5. del preambolo della legge regionale).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Per potenziare le attività dei centri per l’impiego, lo scorrimento delle graduatorie si iscrive dunque in un quadro di risorse finanziarie puntualmente definite quanto agli importi e alle modalità di utilizzo. In particolare, è opportuno evidenziare che il Piano operativo nazionale (PON) Inclusione 2014-2020 si colloca nell’ambito di misure cofinanziate dal Fondo sociale europeo, con l’innovativo intervento dei fondi strutturali destinati a promuovere l’inclusione sociale e a superare le diseguaglianze tra diversi territori.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Le disposizioni impugnate si connettono dunque in modo diretto alle politiche europee di sostegno all’inclusione attiva e ne valorizzano le finalità a livello regionale, senza infrangere alcun principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Anche sotto quest’ultimo profilo, pertanto, le censure proposte con il ricorso dello Stato si rivelano infondate.a</em></p>