<p style="text-align: justify;"><strong>Massima</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Dinanzi ad una grave emergenza (come quella epidemiologica da Covid-19), divengono particolarmente attuali e decisamente rilevanti gli strumenti che consentono alle parti di un contratto di fronteggiare gli effetti delle sopravvenienze, massime laddove straordinarie e imprevedibili; è in questa cornice che si inserisce il rimedio della risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta che, nondimeno, è una preziosa risorsa dell’armamentario “</em>demolitorio<em>” dello “</em>svantaggiato<em>” (nel prisma della clausola “</em>rebus sic stantibus<em>”), rimettendo l’opzione “</em>manutentiva<em>” nella sola disponibilità del soggetto che dalla sopravvenienza – all’opposto - si “</em>avvantaggia<em>”, giusta proposta di riconduzione ad equità del ridetto contratto (inquadrabile nell’opposto canone “</em>pacta sunt servanda<em>”). </em></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Crono-articolo</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Diritto romano (vedi articolo dedicato in Cittadinanza consapevole)</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1647</strong></p> <p style="text-align: justify;">In ambito anglosassone, e dunque di “<em>common law</em>”, esce la decisione sul caso <em>Paradine v. Jane</em>, afferente ad un contratto d'affitto di un terreno che, dopo la stipula, durante la guerra civile inglese viene occupato da truppe nemiche.</p> <p style="text-align: justify;">L'affittuario <em>Paradine</em> interrompe allora il pagamento del canone di affitto e il proprietario affittante <em>Jane</em> lo cita in giudizio con successo per ottenere tale pagamento; per la Corte inglese infatti, paradossalmente, la domanda del proprietario affittante va accolta sul presupposto onde «<em>la semplice impossibilità di godere del fondo non poteva considerarsi una valida scusante</em>» per interrompere il pertinente pagamento da parte dell’affittuario.</p> <p style="text-align: justify;">Si tratta di una decisione che afferma dunque la prevalenza del canone “<em>pacta sunt servanda</em>” su quello, di tenore opposto, “<em>rebus sic stantibus</em>”.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1756</strong></p> <p style="text-align: justify;">In Baviera vede la luce il <em><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Codex_Maximilianeus_Bavaricus_Civilis">Codex Maximilianeus Bavaricus Civilis</a></em>, che sembra ammettere in termini assai ampi e generali la <em>clausola rebus sic stantibus</em>, onde garantire il riequilibrio dei contratti in caso di sopravvenienze.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1804</strong></p> <p style="text-align: justify;">Viene varato il c.d. Codice Napoleonico, secondo il cui art.1134 – in via paradigmatica con riguardo agli ordinamenti c.d. di “<em>civil law</em>” - modificare i patti contrattuali equivale ad almeno parzialmente revocarli, circostanza che deve assumersi non consentita dall’ordinamento con conseguente, generalizzata inoperatività della clausola <em>rebus sic stantibus</em>, ad incondizionato favore dell’opposta clausola “<em>pacta sunt servanda</em>”, onde gli accordi vanno sempre rispettati.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1811</strong></p> <p style="text-align: justify;">Viene varato il codice civile austriaco, nel cui contesto figura la c.d. clausola <em>rebus sic stantibus</em>, operativa tuttavia con riguardo tuttavia al solo contratto preliminare.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1863</strong></p> <p style="text-align: justify;">Seppure con una decisione destinata a rimanere isolata, la Corte inglese dirime la nota controversia <em>Taylor v. Caldwell</em>, che ha preso l’abbrivio ancora una volta dalla stipulazione di un contratto d'affitto, stavolta di una sala di musica, per potervi tenere un concerto.</p> <p style="text-align: justify;">Sei giorni prima della data fissata per l'evento, il locale viene tuttavia distrutto da un incendio ed il pertinente spettacolo non può avervi luogo; <em>Mr. Taylor</em>, il conduttore, agisce nondimeno in giudizio lamentando l'inadempimento dell'obbligo di consegna del locale da parte del proprietario locatario, <em>Mr. Caldwell;</em> il quale ultimo tuttavia la spunta, assumendolo i giudici inglesi ormai liberato dall'obbligo pertinente, la mancata consegna del locale <em>de quo</em> essendo stata determinata da cause a lui non imputabili.</p> <p style="text-align: justify;">Ne risulta annessa rilevanza all'oggettiva impossibilità sopravvenuta della prestazione e, dunque, alla clausola “<em>rebus sic stantibus</em>”, capace di prevalere sulla (opposta) clausola “<em>pacta sunt servanda</em>”.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1865</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 25 giugno viene varato il R.D. n.2358, codice civile del Regno d’Italia (c.d. codice Pisanelli), di stampo liberale, che non dedica un compendio di norme specifiche alla risoluzione del contratto, e dunque <em>a fortiori</em> non contempla norme specifiche sulla risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta delle pertinenti prestazioni.</p> <p style="text-align: justify;">Stando tuttavia a quanto afferma l’art.1101, è a titolo “<em>oneroso</em>” quel contratto nel quale ciascuno dei contraenti intende, “<em>mediante equivalente</em>”, procurarsi un vantaggio; se ne evince che il codice, quantunque implicitamente, assume in qualche modo rilevante una eccessiva onerosità sopravvenuta tale da rendere non “<em>equivalente</em>” il vantaggio assicurato ad uno dei contraenti rispetto a quello <em>ab ovo</em> reciprocamente garantito all’altro.</p> <p style="text-align: justify;">Anche sullo specifico crinale della “<em>risoluzione</em>”, alla stregua dell’art.1165, comma 1, la condizione risolutiva è sempre “<em>sottintesa</em>” nei contratti bilaterali, per il caso in cui una delle parti non “<em>soddisfaccia alla sua obbligazione</em>” e, dunque, non realizzi l’interesse del “<em>controcreditore</em>”: il codice sembra far riferimento all’inadempimento consapevole del debitore, ma la condizione risolutiva scatta – nel silenzio - anche quando il debitore non adempia per eccessiva onerosità sopravvenuta della propria prestazione; nondimeno, in tal caso (comma 2) il contratto non è sciolto di diritto e la parte (creditrice) “<em>verso cui non fu eseguita l’obbligazione, ha la scelta di costringere l’altra all’adempimento del contratto quando sia possibile, o di domandarne lo scioglimento, oltre il risarcimento dei danni in ambidue i casi</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">L’inciso “<em>quando sia possibile</em>” – al di là della eventuale operatività in generale della clausola “<em>rebus sic stantibus</em>” - lascia peraltro affiorare il caso in cui, per eccessiva onerosità sopravvenuta, la prestazione pretesa sia divenuta (quantunque non impossibile, comunque) molto complicata per il debitore, circostanza che può teoricamente pesare sul <em>quantum</em> del risarcimento richiesto e/o erogato dal giudice a chi abbia agito per il relativo adempimento.</p> <p style="text-align: justify;">Se il codice non disciplina – almeno direttamente – “<em>l’eccessiva onerosità</em>” sopravvenuta, contempla invece espressamente proprio “<em>l’impossibilità</em>” sopravvenuta: stando all’art.1226, un fatto fortuito e di forza maggiore esclude la responsabilità del debitore per l’eventuale inadempimento, purché tuttavia si tratti di un <em>quid</em> capace di rendergli davvero “<em>impossibile</em>” - e non già solo eccessivamente difficile od oneroso, massime sul crinale economico – eseguire la prestazione dovuta al creditore.</p> <p style="text-align: justify;">La dottrina di commento al codice tende a ricondurre l’essenza della <em>clausola rebus sic stantibus</em> – pur non esplicitamente annoverata dal codice stesso - alla tacita volontà della parti di non dare esecuzione al contratto medesimo (e, segnatamente, ciascuna alla propria prestazione) laddove non rimangano invariate le circostanze esistenti al momento della pertinente conclusione.</p> <p style="text-align: justify;">Del resto, il codice sembra in qualche modo conoscere la eccessiva onerosità sopravvenuta, come palesato in particolare dall’art.1798 in tema di rendita vitalizia alla cui stregua, per quanto interessa, il costituente è tenuto a pagare tale rendita per tutta la vita della persona o delle persone sopra la vita delle quali fu costituita, qualunque sia la durata della vita di tali persone, e “<em>per quanto gravosa abbia potuto divenire la prestazione della rendita</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">Rilevante, come norma di chiusura, l’art.1124 alla cui stregua i contratti debbono essere eseguiti di buona fede, ed obbligano non solo a quanto è nei medesimi espresso, ma anche in tutte le conseguenze che secondo l’equità, l’uso o la legge ne derivano.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1873</strong></p> <p style="text-align: justify;">Esce la decisione della Corte americana sul caso <em>Jackson v. Union Marine Insurance Co.</em> che – in ambiente di <em>common law</em> – privilegia il canone <em>rebus sic stantibus</em>, annettendo rilievo alle sopravvenienza contrattuali.</p> <p style="text-align: justify;">Il capitano di una nave si è assunto l'impegno di consegnare un carico di binari dall'Inghilterra fino a S. Francisco; la nave urta tuttavia contro una scogliera e il capitano è costretto ad interrompere i traffici commerciali per sette mesi, spirati i quali si rifiuta di effettuare la consegna al destinatario deducendo che il trasporto dei divisati binari, durante i mesi autunnali, sarebbe assai più costoso e recherebbe seco ben maggiori pericoli di navigazione di quanto prevedibile al momento della conclusione del contratto.</p> <p style="text-align: justify;">Per la Corte americana debbono prevalere le ragioni del capitano della nave, stante il sopravvenuto mutamento di circostanze che ha fatto luogo ad uno iato tra il regolamento contrattuale originario e la nuova realtà di fatto nel cui contesto andrebbe eseguita la prestazione.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1876</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 6 marzo esce la nota sentenza della Cassazione civile francese afferente alla controversia sul Canale di <em>Craponne</em>, che ribadisce il principio della sostanziale irrilevanza delle circostanze sopravvenute che incidano sull'economia di un contratto, siccome stipulato <em>ab origine</em>.</p> <p style="text-align: justify;">Il corrispettivo (canone) pattuito nel XVI secolo (1560) tra i proprietari rivieraschi e l’impresa costruttrice del Canale per attingerne l’acqua è ormai divenuto tutt’affatto irrisorio; e tuttavia per la Corte né il tempo trascorso, né considerazioni di natura equitativa, potrebbero autorizzare il giudice a modificare le condizioni contrattuali a suo tempo fissate dalle parti medesime.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1882</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 31 ottobre viene varato il R.D. n.1062, codice di commercio del Regno, secondo il cui art.67 nella vendita commerciale di cosa mobile la condizione risolutiva ha luogo di diritto (e dunque scatta qui automaticamente) a favore della parte che prima della scadenza del termine stabilito per l’adempimento del contratto abbia offerto all’altra parte, nei modi usati in commercio, la consegna della cosa venduta o il pagamento del prezzo, se questa (l’altra parte)non adempia a propria volta la “<em>sua obbligazione</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">Ne affiora un “<em>automatismo</em>” che pare sterilizzare l’operatività di eventuali sopravvenienze di una delle prestazioni in termini di eccessiva onerosità, a meno di valorizzare in qualche modo proprio la c.d. clausola “<em>rebus sic stantibus</em>”.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1900</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 01 gennaio entra in vigore in Germania il BGB, codice civile tedesco, che non ospita tuttavia la clausola <em>rebus sic stantibus</em>, la sola, pertinente fattispecie in cui venga attribuito rilievo al mutamento delle circostanze compendiandosi nell’impossibilità sopravvenuta della prestazione (con conseguente estinzione dell’obbligazione), disciplinata al § 275 del BGB, senza alcun rilievo annesso invece alla eccessiva onerosità sopravvenuta, giusta prevalenza dunque del canone “<em>pacta sunt servanda</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">Un certo rilievo assume, nondimeno, il principio di buona fede oggettiva nell’esecuzione delle prestazioni, cristallizzato al precedente § 242.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1915</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 27 maggio viene varato il Decreto Luogotenenziale n.739 che, all’indomani dell’ingresso dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, concede dilazioni ai pagamenti per cause derivanti dalle condizioni della guerra medesima.</p> <p style="text-align: justify;">Per il relativo art.1, a tutti gli effetti dell'art. 1226 del codice civile la guerra è considerata come caso di forza maggiore non solo quando renda impossibile la prestazione, ma anche quando la renda eccessivamente onerosa, purché l'obbligazione sia stata assunta prima della data del decreto di mobilitazione generale.</p> <p style="text-align: justify;">Viene dunque considerata come forza maggiore da evento bellico la c.d. eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, con l’obiettivo di riequilibrare temporaneamente situazioni in cui lo scoppiare del conflitto abbia inciso profondamente sull'economia dei contratti di durata stipulati anteriormente all’entrata in guerra dell’Italia.</p> <p style="text-align: justify;">Si tratta di una norma che viene interpretata dalla dottrina più come legge eccezionale rispetto all'ordinamento vigente che come prima vera e propria codificazione di un principio – quello dell’operatività della clausola c.d. <em>rebus sic stantibus</em> - che trova peraltro una certa applicazione nella giurisprudenza, seppure con giustificazioni dogmatiche diverse dalla eccezionalità degli eventi e dalla forza maggiore.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1916</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 30 marzo esce la nota pronuncia del <em>Conseil d'Etat</em> francese che - a differenza della (opposta) soluzione offerta alla questione di configurabilità della clausola <em>rebus sic stantibus</em> dalla Cassazione transalpina in ambito civilistico “<em>puro</em>” - statuisce come, con riguardo ai c.d. “<em>contratti amministrativi</em>”, lo squilibrio fattosi registrare nell'economia del contratto a suo tempo stipulato dalle parti può essere corretto giusta riconoscimento alla parte uscitane maggiormente onerata di un'indennità finalizzata a ristabilire l'equilibrio finanziario delle prestazioni reciproche, scongiurando in tal modo l'interruzione del servizio pubblico che a quel contratto è avvinto.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1919</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 6 febbraio viene varato il D.L. Luogotenenziale n.107 in materia di norme per l'esecuzione delle opere pubbliche dello Stato, che introduce per la prima volta l’istituto della revisione dei prezzi contrattuali con riferimento ad un contratto, come l’appalto, ad esecuzione c.d. continuata.</p> <p style="text-align: justify;">Stando al relativo art.8, nei contratti di appalto, da stipulare dopo la pubblicazione del decreto, per opere la cui esecuzione richieda lungo periodo di tempo, e per le quali si prevedano notevoli oscillazioni nei prezzi, si potranno introdurre clausole affinché, a determinate scadenze, i prezzi di contratto possano essere riveduti e modificati dall'Amministrazione appaltante, d'accordo con le imprese, o in difetto con provvedimento di ufficio, a termini dell'articolo 22, terzo comma, del regolamento approvato con R. decreto 25 maggio 1895, n. 350.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1920</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 2 maggio viene varato il R.D.L. n.663, che abroga l’art.1 del Decreto Luogotenenziale n.739.15, confermando come esso sia stato dettato solo da contingenze determinate dal primo conflitto mondiale.</p> <p style="text-align: justify;">Una sorta di conferma dunque del valore eccezionale della clausola “<em>rebus sic stantibus</em>”, dovendosi sempre privilegiare – fatta eccezione appunto per ipotesi eccezionali, come lo scoppio di una Guerra Mondiale - l’opposta “<em>pacta sunt servanda</em>”.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1938</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 29 luglio esce la sentenza della Cassazione n.3088, dal cui <em>iter</em> motivazionale affiora evidente il nesso che avvince la c.d. “<em>presupposizione</em>” alla clausola <em>rebus sic stantibus</em>.</p> <p style="text-align: justify;">Per la Corte infatti – che si esprime peraltro in termini negativi - non è ammissibile la teoria della presupposizione, in base alla quale in ogni contratto dovrebbe ritenersi appunto sottintesa la clausola “<em>rebus sic stantibus</em>”.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1939</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 31 gennaio esce la sentenza della Cassazione n.344 alla cui stregua la clausola <em>rebus sic stantibus</em> non può trovare applicazione laddove non risulti, implicitamente od esplicitamente, che le parti contraenti abbiano inteso ad essa (in qualche modo) richiamarsi.</p> <p style="text-align: justify;">La pronuncia si colloca nel solco dell’orientamento maggioritario inteso a non attribuire rilevanza alla ridetta clausola ed alle sopravvenienze sulla cui scorta le parti contrattuali ne invocherebbero l’applicazione; non mancano tuttavia anche, seppur minoritarie, sentenze di segno opposto orientate ad annettere rilevanza alla clausola in parola, con particolare riguardo ai contratti c.d. “<em>a tratto successivo</em>”.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1940</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 13 giugno viene varato il R.D.L. n.901, che disciplina organicamente la c.d. revisione dei prezzi nelle pubbliche forniture, così regolamentando in modo specifico la pertinente “<em>sopravvenienza</em>”, siccome incidente su interessi pubblici, vieppiù in tempo di guerra (l’Italia è entrata nella Seconda Guerra Mondiale da appena 3 giorni).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 26 ottobre viene varata la legge n.1676 che converte in legge, con modificazioni, il R.D.L. n.901.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1942</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 16 marzo viene varato il R.D. n.262, nuovo codice civile (entrato in vigore il 21 aprile), che – nel ribadire da un lato la piena vigenza del canone “<em>pacta sunt servanda</em>” all’art.1372, comma 1, alla cui (enfatica) stregua il contratto ha forza di legge tra le parti, non potendo essere sciolto che per mutuo consenso e per le cause ammesse dalla legge - traduce dall’altro finalmente in precise norme generali la consistenza oggettiva della c.d. clausola <em>rebus sic stantibus</em>.</p> <p style="text-align: justify;">Stando infatti all’art.1467, nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/1812.html">eccessivamente onerosa</a> per il verificarsi di <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/1812.html">avvenimenti straordinari e imprevedibili</a>, la parte che deve tale prestazione può domandare la <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/1801.html">risoluzione</a> del contratto, con gli effetti stabiliti dall'articolo <a href="https://www.brocardi.it/codice-civile/libro-quarto/titolo-ii/capo-xiv/sezione-i/art1458.html">1458</a> (comma 1) e, dunque, restando tale risoluzione non operativa con riguardo alle prestazioni dalle parti già eseguite (irretroattività ed effetti <em>ex nunc</em>).</p> <p style="text-align: justify;">La risoluzione – ai sensi del successivo comma 2 - non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell'alea normale del contratto, mentre alla stregua del comma 3 la parte contro la quale è domandata in ottica “<em>caducatoria</em>” la risoluzione (e che si è dunque “<em>avvantaggiata</em>” in forza della sopravvenienza) può evitarla offrendo (alla parte “<em>svantaggiata</em>”), in ottica “<em>manutentiva</em>”, di modificare equamente le condizioni del pertinente contratto.</p> <p style="text-align: justify;">Alla stregua del successivo art.1468, se si tratta di un contratto nel quale una sola delle parti ha assunto obbligazioni, questa può chiedere una riduzione della relativa prestazione ovvero una modificazione nelle modalità di esecuzione, sufficienti per ricondurla ad equità, senza poter tuttavia invocare la risoluzione del c.d. contratto “<em>unilaterale</em>” a suo tempo concluso.</p> <p style="text-align: justify;">Infine, ai sensi dell’art.1469 le norme degli articoli precedenti non si applicano ai <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/1815.html">contratti aleatori</a> per loro natura o per volontà delle parti (c.d. aleatorietà convenzionale); si tratta di quei contratti al cospetto dei quali – secondo la celebre definizione di <em>Pothier</em> – ciò che una parte dà o si obbliga a dare all'altra costituisce “<em>il prezzo di un rischio che gli ha addossato</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">La eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione va distinta dalla impossibilità, del pari sopravvenuta, della prestazione stessa: essa estingue (integralmente o parzialmente) l’obbligazione cui è sottesa ai sensi degli art.1256 e seguenti del codice, configurando uno dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento.</p> <p style="text-align: justify;">Più nel dettaglio, ai sensi dell’art.1256 l'obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/4122.html">prestazione</a> diventa impossibile (comma 1); nondimeno, se l'impossibilità è solo temporanea, il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell'adempimento; e tuttavia l'obbligazione si estingue se l'impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell'obbligazione o alla natura dell'oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla (comma 2).</p> <p style="text-align: justify;">Nel caso poi in cui l’obbligazione estinta (per impossibilità totale della prestazione) si inserisca in un contratto a prestazioni corrispettive, stando all’art.1463 la parte liberata (appunto per <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/1569.html">sopravvenuta</a> <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/1569.html">impossibilità della prestazione</a> dovuta) non può chiedere all’altra la rispettiva controprestazione, e deve piuttosto restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito; quando tuttavia la prestazione di una parte sia divenuta solo parzialmente impossibile, l'altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto, qualora non abbia un interesse apprezzabile all'adempimento parziale (art.1464).</p> <p style="text-align: justify;">Mentre peraltro nel caso dell’impossibilità sopravvenuta “<em>totale</em>” della prestazione di una delle parti si assiste ad uno scioglimento automatico del pertinente contratto, nel diverso caso della eccessiva onerosità sopravvenuta di tale prestazione (tuttavia, non ancora “<em>impossibile</em>”) è la parte svantaggiata a poter chiedere la risoluzione del contratto medesimo, con richiesta che può tuttavia essere sterilizzata dalla controparte che chieda di ridurre il ridetto contratto ad equità.</p> <p style="text-align: justify;">Sul crinale della parte speciale, in tema di appalto opera l’art.1664 onde - qualora per effetto di circostanze <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/2027.html">imprevedibili</a> si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d'opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto - l'appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo; revisione che può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo (comma 1); se poi nel corso (dell’esecuzione) dell'opera (negli appalti di lavori) si manifestano difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti, che rendono notevolmente più onerosa la prestazione dell'appaltatore, questi ha diritto a un equo compenso (comma 2).</p> <p style="text-align: justify;">Ancora, ai sensi dell’art.1897 in tema di assicurazione, se il contraente comunica all'assicuratore mutamenti che producono una <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/2230.html">diminuzione del rischio</a> tale che, se fosse stata conosciuta al momento della conclusione del contratto, avrebbe portato alla stipulazione di un premio minore, l'assicuratore, a decorrere dalla scadenza del premio o della rata di premio successiva alla comunicazione suddetta, non può esigere che il minor premio, ma ha facoltà di <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/2512.html">recedere</a> dal contratto entro 2 mesi dal giorno in cui è stata fatta la comunicazione (comma 1); la dichiarazione di recesso dal contratto ha effetto dopo un mese (comma 2).</p> <p style="text-align: justify;">In termini di “<em>cornice</em>”, importanti infine le norme sulla buona fede, e dunque gli articoli 1175, 1337, 1366 e 1375, per limitarsi alle sole di “<em>parte generale</em>” in materia di obbligazioni e contratti; nonché l’art.2932 c.c. alla cui stregua, in orbita “esecutiva” in forma specifica, se colui che è <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/1720.html">obbligato a concludere</a> un <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/1690.html">contratto</a> non adempie l'<a href="https://www.brocardi.it/dizionario/1525.html">obbligazione</a>, l'altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso (comma 1) e tuttavia, se si tratta di contratti che hanno per oggetto il trasferimento della <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/1140.html">proprietà</a> di una cosa determinata o la costituzione o il trasferimento di un altro diritto, la domanda non può essere accolta, se la parte che l'ha proposta non esegue la propria prestazione o non ne fa offerta nei modi di legge, a meno che la prestazione non sia ancora esigibile (comma 2).</p> <p style="text-align: justify;">Nella parte della Relazione al codice (245-246) che pertiene alla eccessiva onerosità sopravvenuta si dichiara significativamente accolto in via esplicita il “<em>principio</em>” della revisione dei contratti, appunto, per “<em>eccessiva onerosità della prestazione</em>”, assunto come rispondente alla tradizione giuridica italiana che, nel diritto comune, trova affermata la implicita soggezione di ogni rapporto convenzionale alla clausola<em> rebus sic stantibus</em>.</p> <p style="text-align: justify;">Sotto l'influsso di essa - si soggiunge - i primi codici inclusero il principio della sopravvenienza in via generale; ma nell'ordinamento del codice del 1865 ha fatto difetto una formulazione espressa di tale canone: alcuni scrittori – prosegue il Relatore - lo hanno ricavato dal complesso del sistema e tuttavia i loro sforzi non hanno trovato il favore della dottrina dominante e della più recente giurisprudenza.</p> <p style="text-align: justify;">Varie considerazioni suggeriscono tuttavia al nuovo codificatore l'esplicita assunzione della sopravvenienza come motivo di scioglimento o di revisione del contratto: contingenze eccezionali hanno, in tempi trascorsi, consigliato di far posto alla sopravvenienza nella disciplina dei contratti; l'ordinamento vigente – chiosa ancora il Relatore - si è servito, peraltro, del principio medesimo in alcuni casi che potevano dar luogo ad una revisione dei rapporti contrattuali a seguito del mutamento della situazione di fatto originaria (cfr. esempi negli articoli 1081, 1176, 1469, 1580, 1617, 1618, 1816, 1919, n. 2, cod. civ., 432 e 617 cod. comm.), e non ha (del tutto) ignorato la sopravvenienza se alle volte ne ha escluso l 'applicazione (ad esempio: art. 1798 cod. civ. in tema di contratto vitalizio); infine l'equità vuole che non si consideri prevista dalle parti quella situazione che, derivando da eventi eccezionali, nessuno del contraenti fu certamente in grado ai apprezzare, nella relativa influenza sull'economia del contratto.</p> <p style="text-align: justify;">Sempre il Relatore precisa di non aver seguito la tesi che limita l'effetto della sopravvenienza soltanto ai contratti a lungo termine o ad esecuzione periodica, dacché anche nei contratti che hanno un termine breve può influire il mutamento di uno stato di fatto, che le parti non potevano prevedere al tempo in cui entrarono in rapporti reciproci.</p> <p style="text-align: justify;">Non è parso poi che questo richiamo ad una presumibile o ad una non espressa volontà contrattuale potesse contrastare con l'accoglimento del principio dell'affidamento come substrato subiettivo del rapporto contrattuale: nel pensiero del Relatore al nuovo codice, l'incidenza di un nuovo stato di fatto sulla entità del rapporto presuppone una connessione necessaria, normale, notoria e quindi riconoscibile tra l'entità economica ed obiettiva della prestazione e la situazione specifica ambientale, esterna alle parti.</p> <p style="text-align: justify;">Ancora, il carattere eccezionale del rilievo dato alla sopravvenienza è testualmente “<em>scolpito</em>” laddove l’istituto della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta presuppone solo il verificarsi di eventi straordinari ed imprevedibili al momento in cui il contratto fu concluso: la mancanza di previsione dell'evento non dà dunque diritto, di per sé, all'applicazione della clausola <em>rebus sic stantibus</em>, laddove l'evento sopravvenuto ridetto non sia (anche) straordinario; ma, a propria volta, l'evento straordinario non è rilevante come fatto idoneo a provocare l'intervento del giudice se esso poteva essere previsto.</p> <p style="text-align: justify;">Altro limite di rilevanza della nuova situazione di fatto è che, per effetto di essa, la prestazione di una delle parti sia divenuta eccessivamente onerosa oltre i limiti dell'alea normale del contratto. Questa restrizione è già ferma nella dottrina dimostratasi favorevole alla clausola <em>rebus sic stantibus</em>; ed è giustificata perché – conclude il Relatore - ciascuna parte, concludendo il contratto, implicitamente si sottopone al rischio che esso comporta, a causa della propria peculiarità.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1947</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 23 aprile esce la sentenza della Sezione III della Cassazione n. 610 onde – in conformità con un orientamento sufficientemente univoco - la svalutazione monetaria è da assumersi quale evento di portata generale e non straordinario, non potendo dunque invocarsi a fondamento di un’azione di risoluzione del contratto ex art. 1467 c.c..</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1948</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 01 gennaio entra in vigore la Costituzione repubblicana nel cui contesto la traccia di una qualche rilevanza giuridica (costituzionale) delle sopravvenienze - nell’ottica dei rimedi a disposizione di chi le abbia subite in ambito privatistico - può essere rintracciata nell’art.41, alla cui stregua se l'iniziativa economica privata è libera (comma 1), potendo dunque le parti versare nel contratto tra loro stipulato qualunque contenuto conforme al sistema, essa non può tuttavia svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (comma 2), con conseguente necessità, per l’appunto, di conferire rilievo ad eventuali circostanze sopravvenute “<em>squilibranti</em>” rispetto ai patti di cui alla originaria stipulazione.</p> <p style="text-align: justify;">La legge determina poi (comma 3) i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali, dovendo in qualche modo prevedere misure di riequilibrio tra prestazioni divenute gravemente squilibrate per fatti sopravvenuti; la Costituzione promuove infatti “<em>equi rapporti sociali</em>”, come testualmente evincibile dal successivo art.44 in tema di proprietà terriera privata.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1950</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 13 marzo esce la sentenza della Sezione I della Cassazione n. 649 onde, innovativamente, anche eventi di portata generale (tipico il caso della svalutazione monetaria) possono potenzialmente configurare fattispecie riconducibili allo schema dell’eccessiva onerosità sopravvenuta.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1954</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 20 maggio esce la sentenza della Cassazione n. 1621 alla cui stregua l’inflazione, allorché presenti una portata eccezionale ed esorbitante, può compendiare un evento imprevedibile tale da giustificare l’applicazione del rimedio risolutorio di cui all’art. 1467 c.c.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 30 giugno esce la sentenza della Cassazione n. 2247 alla cui stregua l’art. 1467 c.c. deve assumersi trovare applicazione anche nei contratti a esecuzione prolungata nel tempo, sempre che fra la pertinente conclusione e la relativa esecuzione - o fra i vari momenti dell’esecuzione stessa, laddove “<em>frazionata</em>” o “<em>continuata</em>” - intercorra un lasso di tempo apprezzabile.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1969</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 22 maggio viene adottata la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, secondo il cui art.64 - significativamente rubricato “<em>Sopravvenienza di una nuova norma imperativa di diritto internazionale generale (</em>jus cogens<em>)</em>” - qualora per l’appunto “<em>sopravvenga una nuova norma imperativa di diritto internazionale generale, qualsiasi Trattato esistente che contrasti tale norma diventa nullo ed ha termine</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">Si tratta della c.d. clausola <em>rebus sic stantibus</em> applicata al diritto internazionale</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1971</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 ottobre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.2815 onde nella vendita con patto di riservato dominio il rimedio risolutorio per eccessiva onerosità può essere esperito soltanto dal compratore e non anche dal venditore il quale, avendo già consentito il trasferimento di proprietà, non può essere ritenuto soggetto passivo di una prestazione “<em>ancora dovuta</em>”.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1974</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 febbraio viene varata la legge n.112, recante ratifica ed esecuzione della convenzione sul diritto dei trattati, con annesso, adottata a Vienna il 23 maggio 1969.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 5 aprile esce la sentenza della Sezione III della Cassazione n. 966 onde - con riguardo ai contratti cui certamente l’art.1467 c.c. si applica, siccome connotati da esecuzione continuata, periodica o differita – va assunto sufficiente un qualunque torno temporale, ancorché breve, dalla conclusione del contratto pertinente perché scatti la potenzialità risolutiva della eccessiva onerosità sopravvenuta.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1976</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 27 febbraio esce la sentenza della Sezione I della Cassazione n. 639 alla cui stregua il contratto di società è da intendersi a prestazioni corrispettive. Si tratta di una affermazione che consente l’applicazione al ridetto contratto dell’art.1467 c.c.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 17 maggio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.1738 alla cui stregua le norme di cui agli artt. 1467, comma secondo e 1469 c.c., secondo cui il contratto non può essere risolto per la sopravvenuta eccessiva onerosità quando questa rientri nell'alea normale del contratto, oppure quando quest'ultimo sia aleatorio per relativa natura o per volontà delle parti, sono applicabili anche ai casi di “<em>presupposizione</em>” diversi da quelli contrassegnati dai particolari requisiti stabiliti dall'art. 1467 primo comma c.c., sempre che la situazione presupposta rientri in quella che forma oggetto dell'alea (normale o, rispettivamente, causale o convenuta) del pertinente contratto.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1980</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 27 gennaio entra in vigore la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 10 marzo prende il via la Conferenza di Vienna sulla vendita internazionale di beni mobili.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">L’11 aprile, al termine dell’omonima Conferenza internazionale, viene firmata la Convenzione, comunemente chiamata “<em>Convenzione di Vienna</em>”, “<em>Convenzione delle Nazioni Unite sui Contratti di Vendita Internazionale di Beni Mobili</em>”, o con l’acronimo “<em>CISG</em>”; con essa viene cristallizzata la c.d. <em>lex mercatoria</em>.</p> <p style="text-align: justify;">Particolarmente importante, in tema di sopravvenienze, l’art.79 alla stregua del cui comma 1 una parte non è responsabile dell'inadempienza ad uno qualsiasi dei propri obblighi se prova che tale inadempienza è dovuta ad un impedimento indipendente dalla propria volontà e che non ci si poteva ragionevolmente attendere che essa lo prendesse in considerazione al momento della conclusione del contratto, che lo prevedesse o lo superasse, o che ne prevedesse o ne superasse le conseguenze.</p> <p style="text-align: justify;">Interessante, in particolare, il fatto che alla sopravvenienza venga avvinto non già un rimedio risolutorio o, rispettivamente, manutentivo giusta riequilibrio, quanto piuttosto una legale valutazione della responsabilità da (eventuale) inadempimento per la parte che ne risulti “<em>svantaggiata</em>” che provi di essere stata colta “<em>ragionevolmente</em>” di sorpresa dalla sopravvenienza ridetta.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1984</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 15 dicembre esce la sentenza della Sezione II della Cassazione n. 6574 alla cui stregua l’inflazione, allorché presenti una portata eccezionale ed esorbitante, ben può compendiare un evento imprevedibile tale da giustificare l’applicazione del rimedio risolutorio di cui all’art. 1467 c.c.</p> <p style="text-align: justify;">Il Collegio precisa in proposito che occorre mettere a confronto gli indici di rilevanza dell’inflazione con la capacità di previsione – riconoscibile in capo all’uomo medio - dell’entità e della concreta incidenza dell’evento inflattivo, avuto riguardo alla situazione esistente al momento della conclusione del pertinente contratto.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1985</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’11 dicembre viene varata la legge n.765, recante ratifica ed esecuzione della convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di compravendita internazionale di merci, adottata a Vienna l'11 aprile 1980.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1986</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 2 dicembre esce la sentenza della Sezione III della Cassazione n. 7119 alla cui stregua va ribadito che l’inflazione - allorché presenti una portata eccezionale ed esorbitante – ben può compendiare un evento imprevedibile tale da giustificare l’applicazione del rimedio risolutorio di cui all’art. 1467 c.c.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1987</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 16 marzo esce la sentenza della Sezione III della Cassazione n. 2691 che, inserendosi in un granitico filone giurisprudenziale fondato sul noto brocardo “<em>genus numquam perit</em>”, ribadisce come non sia configurabile l’impossibilità sopravvenuta di una prestazione che abbia ad oggetto una somma di denaro.</p> <p style="text-align: justify;">Ci si trova piuttosto al cospetto (solo) di una soggettiva inattuabilità della prestazione pecuniaria stessa, siccome connessa alla indisponibilità di fondi o comunque alla penuria di flussi di cassa che, come tali, non escludono l’inadempimento imputabile del debitore che si ritrovi “<em>a corto</em>” di pecunia.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1991</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 7 giugno esce la sentenza della Sezione II della Cassazione n. 6452 alla cui stregua nel contratto c.d. “<em>commutativo</em>” – a differenza di quanto accade nel contratto aletatorio - il rischio economico non attiene alla causa del contratto medesimo, riguardando piuttosto esclusivamente la possibilità che al momento dell’esecuzione pertinente il costo della prestazione, siccome determinato <em>ab initio</em>, subisca variazioni più o meno importanti.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1993</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 26 gennaio esce la sentenza della Sezione I della Cassazione n. 948 che ribadisce come nel contratto c.d. “<em>commutativo</em>” – a differenza di quanto accade nel contratto aletatorio - il rischio economico non attenga alla causa del contratto medesimo, riguardando piuttosto esclusivamente la possibilità che al momento dell’esecuzione pertinente il costo della prestazione, siccome determinato <em>ab initio</em>, subisca variazioni più o meno importanti.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1996</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 15 ottobre esce la sentenza del Tribunale di Torino alla cui stregua la disciplina della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta e della riduzione della prestazione dovuta ad equità non si applica ai contratti aleatori per loro natura, ossia caratterizzati essenzialmente da uno specifico elemento di rischio, nei quali il rapporto tra costi e benefici derivanti dal negozio si pone necessariamente come incerto (già, e causalmente) al momento della stipulazione.</p> <p style="text-align: justify;">Né – precisa ancora il Tribunale – essa si applica ai contratti aleatori per volontà delle parti, in cui apposite clausole, consapevolmente accettate, introducono elementi di rischio potenzialmente idonei ad ingenerare squilibrio nel rapporto tra costi e benefici contrattuali.</p> <p style="text-align: justify;">Nel caso di specie, l'alterazione del cambio lira/ecu è stata peraltro ritenuta dalle parti contrattuali un evento rientrante, per espressa e comune previsione negoziale tra esse intercorsa, nell'alea normale del contratto, siccome costruito e voluto dagli stipulanti nell'estrinsecazione della loro privata autonomia, con conseguente inapplicabilità – seppure per questo diverso motivo (alea normale, e non già alea “<em>causale</em>”) – della disciplina di cui all’art.1467 c.c.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1997</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 24 gennaio esce la sentenza del Tribunale di Pescara onde vanno respinte le domande di risoluzione e di riduzione della prestazione ovvero di equa modificazione delle condizioni del contratto ex art. 1468 c.c. (laddove il mutuo venga assunto come contratto “<em>unilaterale</em>”) proposte da un mutuatario che si lagni dell'eccessiva onerosità nel rimborso delle rate del mutuo indicizzato con riferimento al valore dell'Ecu, a causa dell'aumento di valore dell'indice siccome provocato dall'uscita della valuta italiana dal sistema monetario europeo.</p> <p style="text-align: justify;">Ciò, soggiunge il Tribunale, dacché il carattere aleatorio del pertinente contratto esclude il ricorso ai ridetti rimedi.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 01 marzo esce la sentenza del Tribunale di Napoli alla cui stregua, poiché il mutuo oneroso non rientra fra i contratti con obbligazioni a carico di una sola parte, il mutuatario non può chiedere la riduzione della propria prestazione ovvero la modificazione delle modalità di esecuzione della stessa ex art. 1468 c.c., dettante la disciplina dell’eccessiva onerosità sopravvenuta siccome applicabile ai c.d. contratti “<em>unilaterali</em>”, qualora l'aumento improvviso del valore dell'indice di riferimento del mutuo (nella specie, Ecu), determini l'eccessiva onerosità del rimborso dovuto.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1998</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 4 marzo esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.2386 alla cui stregua in tema di risoluzione contrattuale, la variazione in aumento del cosiddetto “<em>prelievo comunitario</em>” - ovvero quella sorta di dazio doganale sulle importazioni in vigore nei paesi della CEE, imposto, nella specie, in relazione ad una compravendita di olio di oliva proveniente dalla Grecia - rientra nella normale <em>alea</em> contrattuale, e non costituisce, pertanto, causa legittima di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2000</strong></p> <p style="text-align: justify;">*L’11 settembre esce la sentenza del Tribunale di Potenza che ribadisce come - non rientrando il mutuo oneroso fra i contratti con obbligazioni a carico di una sola parte (c.d. contratti “<em>unilaterali</em>”) - non può essere concessa la riduzione della prestazione a carico del mutuatario ovvero la modificazione delle modalità di esecuzione della stessa ex art. 1468 c.c. qualora l'aumento improvviso del valore dell'indice di riferimento del mutuo medesimo determini l'eccessiva onerosità del rimborso dovuto.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2001</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 26 novembre viene varata in Germania la legge sulla modernizzazione del diritto delle obbligazioni (<em>Schuldrechts-Modernisierungs-Gesetz</em>), onde - alla stregua del nuovo § 275, comma 2, del BGB - il debitore può rifiutare la prestazione quando questa non è da lui esigibile (per causa che non gli è imputabile) poiché, tenuto conto del contenuto dell’obbligazione e del principio di buona fede, il relativo adempimento richiede spese eccessivamente sproporzionate rispetto all’interesse alla prestazione del creditore.</p> <p style="text-align: justify;">Assai rilevante anche il nuovo § 313 del BGB onde – recependo la teoria della “<em>perdita del fondamento negoziale</em>” di Oertmann - qualora dopo la conclusione di un contratto vi sia una modificazione rilevante delle circostanze oggettive e soggettive che ne costituivano il fondamento (ovvero allorché le rappresentazioni rilevanti dei contraenti a fondamento del contratto si rivelino errate) e qualora le parti non avrebbero concluso il contratto o lo avrebbero concluso a condizioni diverse se avessero previsto tali modificazioni, può essere avanzata domanda giudiziale di adeguamento del contratto.</p> <p style="text-align: justify;">Ciò nella misura in cui, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, in particolare della distribuzione contrattuale o legale del rischio, non si possa ragionevolmente imporre ad una parte di mantenere il contratto senza modifiche; solo nel caso dunque in cui l'adattamento del contratto non sia possibile o non ci si possa ragionevolmente aspettare che una delle parti lo accetti, la parte svantaggiata può recedere dal contratto.</p> <p style="text-align: justify;">Il rimedio primario individuato dall’ordinamento tedesco – come ha fatto rilevare la dottrina - è dunque quello manutentivo dell’adeguamento del contratto (<em>Anpassung</em>) riannodabile al brocardo “<em>pacta sunt servanda</em>” (seppure con corredo di adeguata modifica della condizioni contrattuali originarie), mentre il rimedio caducatorio dello scioglimento del vincolo contrattuale, giusta pertinente risoluzione, affiora come secondario, con conseguente, “<em>relativa</em>” recessività della clausola “<em>rebus sic stantibus</em>”..</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2003</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’8 agosto esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.11947 alla cui stregua la questione dell'applicabilità ad un determinato contratto dell'intera disciplina dell'art. 1467 c.c. sulla onerosità sopravvenuta deve essere risolta dal giudice con precipuo riferimento al caso concreto ed all'azione effettivamente proposta in ciascun caso di specie, dovendosi, a tal fine, considerare non solo la natura e la struttura (dal punto di vista meramente classificatorio) del contratto sulla cui risoluzione si controverta, ma anche le modalità ed i tempi di adempimento delle reciproche prestazioni siccome previste dal contratto stesso.</p> <p style="text-align: justify;">La decisione circa la sopravvenienza e la sussistenza dell'eccessiva onerosità esige peraltro, prosegue la Corte, la risoluzione della questione — avente una propria autonomia ed individualità, per la diversità dei presupposti che formano oggetto di pertinente accertamento — della proponibilità della domanda cui è legittimato quello dei contraenti la cui prestazione sia ancora dovuta, quando questa sia divenuta eccessivamente onerosa (<em>ex latere debitoris</em>) ovvero quando la prestazione dallo stesso contraente attesa (<em>ex latere creditoris</em>) si sia eccessivamente svilita, in modo da alterare l'equilibrio economico raggiunto dalle parti al momento della conclusione del contratto.</p> <p style="text-align: justify;">In particolare, prosegue il Collegio, in un contratto di compravendita con effetti immediatamente traslativi per cui debba essere ancora pagata parte del prezzo, occorre stabilire preliminarmente se la risoluzione del contratto possa essere invocata anche da quello dei contraenti (venditore) che abbia già eseguito la propria prestazione essendo già avvenuti sia il trasferimento di proprietà sia la consegna della cosa, avendosi sempre presente, in particolare, che anche nel caso di eccessiva onerosità sopravvenuta per svilimento della prestazione attesa (<em>ex latere creditoris</em>), la prestazione di chi agisce (nell’opposta veste di debitore) deve, al tempo della sopravvenienza, risultare ancora <em>in itinere</em>.</p> <p style="text-align: justify;">La Corte precisa peraltro, con riferimento al caso di specie e sul crinale strettamente processuale, come il giudicato implicito su tale questione possa dirsi intervenuto quando essa sia stata posta e sia stata oggetto di dibattito tra le parti sia come presupposto legittimante l'azione, sia come elemento del fatto costitutivo della domanda di risoluzione, ovvero sia stata (comunque) espressamente ed inequivocabilmente dedotta e decisa come eccezione in senso proprio, cioè allegata come fatto impeditivo, modificativo o estintivo della pretesa azionata, o, quantomeno, come difesa con la quale il convenuto (nel caso di specie, il compratore) si sia proposto di ottenere il rigetto della domanda.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2006</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 19 ottobre esce la sentenza della Sezione III della Cassazione n. 22396 alla cui stregua va assunto straordinario l’accadimento che si manifesta raramente per relativa tipologia e per portata, onde il carattere della straordinarietà va attribuito in seguito ad una valutazione di tipo oggettivo, qualificando un evento in base alla frequenza ed alle dimensioni che lo connotano e, dunque, in base ad analisi quantitative.</p> <p style="text-align: justify;">Il criterio dell’imprevedibilità ha invece per il Collegio fondamento soggettivo, affondando la propria consistenza semantica nella fenomenologia della conoscenza umana.</p> <p style="text-align: justify;">Più precisamente, per il Collegio l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, per poter determinare – ai sensi dell’art.1467 c.c. – la risoluzione del pertinente contratto, richiede la sussistenza di due necessari requisiti:</p> <ul style="text-align: justify;"> <li>da un lato, un intervenuto squilibrio tra le prestazioni, non previsto al momento della conclusione del contratto;</li> <li>dall’altro, la riconducibilità della eccessiva onerosità sopravvenuta ad eventi straordinari ed imprevedibili, che non rientrano nell’ambito della normale alea contrattuale.</li> </ul> <p style="text-align: justify;">Il carattere della straordinarietà, precisa la Corte, è di natura oggettiva, qualificando un evento in base all’apprezzamento di elementi, quali la frequenza, le dimensioni, l’intensità, suscettibili di misurazioni (e quindi, tali da consentire, attraverso analisi quantitative, classificazioni quanto meno di carattere statistico), mentre il carattere dell’imprevedibilità ha fondamento soggettivo, facendo riferimento alla “<em>fenomenologia della conoscenza</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">L’accertamento del giudice di merito circa la sussistenza dei caratteri evidenziati è insindacabile in sede di legittimità, conclude la Corte, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2007</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 25 maggio esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.12235 alla cui stregua l'eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione nei contratti a titolo gratuito consiste nella sopravvenuta sproporzione tra il valore originario della prestazione ed il valore successivo, mentre nei contratti onerosi (nel caso di specie, permuta) consiste nella sopravvenuta sproporzione tra i valori delle prestazioni reciproche, sicché l'eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, in presenza di squilibrio tra le prestazioni dovuto ad eventi straordinari ed imprevedibili, non rientranti nell'ambito della normale alea contrattuale, ai sensi dell'art. 1467 c.c. determina la risoluzione del contratto.</p> <p style="text-align: justify;">Per la Corte dunque, nel caso di specie, va esclusa la configurabilità dell'eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione quale conseguenza del venir meno della c.d. “<em>presupposizione</em>”, assumendo non ricorrere nemmeno un'ipotesi di eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione legittimante la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1467 c.c., atteso il difetto dei necessari requisiti della straordinarietà e dell'imprevedibilità dell'evento.</p> <p style="text-align: justify;">Ancora, per il Collegio nei contratti a prestazioni corrispettive, ad esecuzione continuata o periodica o differita, ciascuna parte assume su di sé il rischio degli eventi che alterino il valore economico delle rispettive prestazioni, entro i limiti rientranti nell'alea normale del contratto; limiti da tenersi pertanto da ciascun contraente ben presenti al momento della pertinente stipula, alla stregua della dovuta diligenza.</p> <p style="text-align: justify;">Ne consegue che non assume al riguardo rilievo la sopravvenienza di circostanze prevedibili che rendano comunque eccessivamente gravoso — e pertanto inesigibile — l'adempimento della prestazione, vertendosi in tal caso non già in tema di alterazione dell'economia contrattuale bensì, e piuttosto, di ordinario inadempimento.</p> <p style="text-align: justify;">Secondo il Collegio, l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione – diversamente da quanto accade in caso di relativa impossibilità sopravvenuta, quale rimedio all’alterazione del c.d. sinallagma funzionale che rende irrealizzabile la causa concreta del pertinente contratto – non ridonda sul piano causale del contratto, non impedendo (astrattamente) l’attuazione dell’interesse con esso compiutamente perseguito.</p> <p style="text-align: justify;">Il relativo fondamento va invece rintracciato nell’esigenza di contenere entro limiti di normalità l’alea dell’aggravio economico della prestazione, proteggendo la parte dal rischio di un eccezionale aggravamento economico di quest’ultima per gravi cause di turbamento dei rapporti socio-economici sottostanti.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 24 luglio esce la sentenza della Sezione III della Cassazione n. 16315 alla cui stregua – scandagliando un caso di pacchetto vacanze acquistato da due persone e finalizzato ad un viaggio a Cuba, dove si è poi imprevedibilmente diffusa una epidemia di “<em>dengue</em>” emorragico – l’impossibilità sopravvenuta della prestazione si ha non solo nel caso in cui sia divenuta impossibile l’esecuzione della prestazione del debitore, ma anche laddove sia divenuta impossibile l’utilizzazione della prestazione della controparte (<em>ex latere creditoris</em>).</p> <p style="text-align: justify;">Ciò quando tale impossibilità sia comunque non imputabile al creditore che deve ricevere la prestazione, e tuttavia il relativo interesse a riceverla sia venuto meno, verificandosi in tal caso la sopravvenuta irrealizzabilità della finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto e la conseguente estinzione dell’obbligazione.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">*Il 20 dicembre esce la sentenza della Sezione III della Cassazione n. 26958 alla cui stregua – scandagliando un caso di soggiorno alberghiero prenotato da due coniugi, uno dei quali è deceduto improvvisamente il giorno prima dell’inizio del soggiorno medesimo – l’impossibilità sopravvenuta della prestazione si ha non solo nel caso in cui sia divenuta impossibile l’esecuzione della prestazione del debitore, ma anche laddove sia divenuta impossibile l’utilizzazione della prestazione della controparte (<em>ex latere creditoris</em>).</p> <p style="text-align: justify;">Ciò quando tale impossibilità sia comunque non imputabile al creditore che deve ricevere la prestazione, e tuttavia il relativo interesse a riceverla sia venuto meno, verificandosi in tal caso la sopravvenuta irrealizzabilità della finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto e la conseguente estinzione dell’obbligazione.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2009</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 25 marzo esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.7225 onde l'atipicità della causa di un contratto di compravendita immobiliare determinata dall'assunzione (da parte del venditore) della garanzia di redditività del bene venduto non esclude la corrispettività tra le prestazioni a carico delle parti e la conseguente operatività, nel caso di eccessiva onerosità, non già dell'art. 1468 cod. civ., bensì dell'art. 1467, primo e terzo comma, cod. civ., secondo cui è attribuito alla parte la cui prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa per avvenimenti straordinari e imprevedibili unicamente il potere di chiedere la risoluzione del contratto e soltanto alla parte, contro la quale è domandata la risoluzione, quello di evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2012 </strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 ottobre esce la sentenza della II sezione della Cassazione n. 17485 alla cui stregua - anche per i contratti cosiddetti commutativi - le parti, nel loro potere di autonomia negoziale, possono prefigurarsi la possibilità di sopravvenienze che incidono o possono incidere sull'equilibrio delle prestazioni, ed assumerne, reciprocamente o unilateralmente, il rischio, modificando in tal modo lo schema tipico del contratto commutativo e rendendolo per tale aspetto (convenzionalmente) aleatorio.</p> <p style="text-align: justify;">Ciò, precisa il Collegio, con l'effetto di escludere, nel caso di verificazione di tali sopravvenienze, l'applicabilità dei meccanismi riequilibratori previsti nell'ordinaria disciplina del contratto (art. 1467 e 1664 c.c.).</p> <p style="text-align: justify;">L'assunzione del ridetto rischio supplementare può poi formare oggetto di una espressa pattuizione come anche risultare - per implicito - dal regolamento convenzionale che le parti hanno dato al rapporto e dal modo in cui hanno strutturato le loro obbligazioni.</p> <p style="text-align: justify;">Nel caso di specie, per il Collegio, la peculiare pattuizione intercorsa tra le parti, connotante di parziale aleatorietà il contratto di vendita precipuamente concluso <em>inter partes</em>, conduce ad escludere l'applicabilità dell'art. 1467 c.c., non potendo dirsi promesse tra le parti, ma solo prefigurate come possibile rischio futuro, determinate qualità della cosa venduta (segnatamente, la resa ottimale dell'impianto compravenduto).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2013</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 28 febbraio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n. 5050 alla cui stregua il contratto va assunto aleatorio qualora, già al momento della relativa conclusione, l'alea pertinente sia, per legge o per volontà delle parti, elemento essenziale del sinallagma contrattuale.</p> <p style="text-align: justify;">Pertanto, precisa il Collegio, l'aleatorietà non può derivare dall'apposizione di una condizione sospensiva che incida sull'efficacia e non già sulla struttura contrattuale, né dal versamento di una caparra, rientrando gli effetti di tale ultima dazione nell'alea normale di un contratto sottoposto a condizione sospensiva.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2014</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 30 gennaio esce la sentenza del Tribunale di Milano secondo la quale, a prescindere dalla qualificazione del contratto di <em>put option</em> - e, in generale, dei contratti derivati, <em>genus</em> al quale tale contratto può essere ricondotto - quale contratto aleatorio, con conseguente inapplicabilità, ex art. 1469 c.c., dell'istituto della risoluzione per eccessiva onerosità, ovvero quale negozio commutativo (cui può invece essere riferita la disciplina ex art. 1467 c.c. e la conseguente applicabilità di tale istituto), in ogni caso la struttura di un contratto di opzione di vendita di azioni ad un prezzo fisso e predeterminato indipendente dal loro valore di quotazione su mercato regolamentato, consiste nella dipendenza o derivazione del contenuto della prestazione di una delle parti dalla variazione di dati economici (il c.d. sottostante).</p> <p style="text-align: justify;">Ne consegue per il Collegio che nel caso di specie la variabilità dell'andamento del titolo appare di per sé inerente all'oggetto del contratto, non legittimando dunque la risoluzione per eccessiva onerosità alla stregua del 2º comma dell'art. 1467 c.c.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 12 dicembre esce la nota sentenza delle SSUU della Cassazione n. 26242 alla cui stregua il rilievo <em>ex officio</em> di una nullità negoziale - sotto qualsiasi profilo ed anche ove sia configurabile una nullità speciale o “<em>di protezione”</em> - deve ritenersi consentito, sempreché la pretesa nel caso di specie azionata non venga rigettata in base ad una individuata “<em>ragione più liquida</em>”, in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale (adempimento, risoluzione per qualsiasi motivo, annullamento, rescissione).</p> <p style="text-align: justify;">Ciò senza, per ciò solo, negarsi la diversità strutturale di queste ultime sul piano sostanziale, palesandosi tali azioni (ivi compresa quella risolutoria per eccessiva onerosità sopravvenuta) disciplinate da un complesso normativo autonomo ed omogeneo, affatto incompatibile, strutturalmente e funzionalmente, con la diversa dimensione della nullità contrattuale.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2015</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 18 novembre esce la sentenza della sezione lavoro della Cassazione n. 23620 onde va assunta costituire una causa di risoluzione del rapporto di lavoro per (eccessiva) onerosità sopravvenuta la valutazione, sottratta al sindacato nel merito da parte del giudice, operata dall'imprenditore che - sulla base dell'andamento economico dell'impresa successivo alla conclusione del contratto - ritenga necessario sostituire personale meno qualificato con altro maggiormente dotato di professionalità.</p> <p style="text-align: justify;">La Corte precisa come debba altresì assumersi estraneo al controllo giudiziale il fine di arricchimento, o non impoverimento, perseguito dall'imprenditore, comunque suscettibile di determinare un incremento di utili a beneficio dell'impresa e, dunque, dell'intera comunità dei lavoratori.</p> <p style="text-align: justify;">Nel caso di specie, per il Collegio va dunque cassata con rinvio la sentenza d'appello che ha ritenuto l'illegittimità del licenziamento per l'assenza di prova della crisi aziendale.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2016</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 13 ottobre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n. 20620 onde in materia contrattuale, per configurare la fattispecie della c.d. “<em>presupposizione</em>” (o condizione inespressa) è necessario che dal contenuto del contratto si evinca l'esistenza di una situazione di fatto, non espressamente enunciata in sede di stipulazione, e tuttavia considerata quale presupposto imprescindibile della volontà negoziale, il cui successivo verificarsi o venir meno dipenda da circostanze non imputabili alle parti.</p> <p style="text-align: justify;">Per il Collegio, va dunque nel caso di specie riconosciuta la piena legittimità del recesso di un ente pubblico territoriale dal contratto di locazione (in veste di conduttore) di un immobile destinato a scuola, la durata del rapporto negoziale palesandosi essere stata implicitamente condizionata alla mancata ultimazione della costruzione di un nuovo edificio da adibire a sede dell'istituto scolastico pertinente.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2017</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’11 aprile esce la sentenza della II sezione della Cassazione n. 9314 stando alla quale - ai fini della risoluzione del contratto preliminare di vendita di un bene immobile per eccessiva onerosità sopravvenuta che si sia palesata nello spazio di tempo intercorso fra la conclusione del preliminare ridetto e la relativa esecuzione (giusta stipula del connesso definitivo) - non costituiscono avvenimenti straordinari ed imprevedibili (la cui sussistenza va assunta peraltro riservata all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se immune da vizi di motivazione) l'aumento progressivo di valore dell'immobile e la crescente svalutazione della moneta.</p> <p style="text-align: justify;">Si tratta difatti – chiosa il Collegio - di eventi che rientrano nella comune alea contrattuale onde va nel caso di specie confermata la decisione impugnata laddove ha escluso che il mutamento - da agricolo ad edificatorio e residenziale - del regime urbanistico dell'immobile promesso in vendita, sopravvenuto rispetto alla data di stipula del contratto preliminare, integrasse gli estremi per procedere alla risoluzione del preliminare medesimo ai sensi e per gli effetti dell’art. 1467 c.c.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 7 novembre esce l’ordinanza della II sezione della Cassazione n. 26363 secondo la quale – sul crinale schiettamente processuale - la richiesta di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta del contratto a prestazioni corrispettive, ex art. 1467 c.c., costituisce, anche quando proviene dalla parte convenuta per l'esecuzione del contratto, una vera e propria domanda, e non già una eccezione, essendo essa diretta al conseguimento di una pronuncia che va oltre il semplice rigetto della domanda principale.</p> <p style="text-align: justify;">Ne consegue per il Collegio l'inammissibilità della proposizione della stessa per la prima volta nel giudizio di appello.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2018</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 26 gennaio esce l’ordinanza della I sezione della Cassazione n. 2047 onde nei contratti a prestazioni corrispettive la parte che subisce l'eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione può solo agire in giudizio per la risoluzione del contratto, ex art. 1467, 1° comma, c.c., purché non abbia già eseguito la propria prestazione.</p> <p style="text-align: justify;">Essa non ha invece diritto, precisa il Collegio, ad ottenere l'equa rettifica delle condizioni del negozio, la quale può essere invocata soltanto dalla parte (“<em>avvantaggiata</em>”) convenuta in giudizio con l'azione di risoluzione, ai sensi del 3° comma della mentovata norma; il contraente a carico del quale si verifica l'eccessiva onerosità della prestazione (“<em>svantaggiato</em>”) non può dunque pretendere che la controparte accetti l'adempimento a condizioni diverse da quelle pattuite, potendo solo esperire il rimedio “<em>risolutorio</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 5 marzo esce l’ordinanza della I sezione della Cassazione n. 5112 alla cui stregua, in materia contrattuale, per configurare la fattispecie della c.d. “<em>presupposizione</em>” (o condizione inespressa) è necessario che dal contenuto del contratto si evinca l'esistenza di una situazione di fatto, non espressamente enunciata in sede di stipulazione e tuttavia considerata dalle parti quale presupposto imprescindibile della volontà negoziale, il cui successivo verificarsi o venir meno dipenda da circostanze non imputabili alle parti medesime.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">*Il 10 luglio esce la sentenza della Sezione III della Cassazione n. 18047 alla cui stregua – scandagliando un caso di pacchetto vacanze acquistato da chi non ha poi potuto fruirne per l’improvviso sopravvenire di una grave patologia che gli ha concretamente impedito di mettersi in viaggio – l’impossibilità sopravvenuta della prestazione si ha non solo nel caso in cui sia divenuta impossibile l’esecuzione della prestazione del debitore, ma anche laddove sia divenuta impossibile l’utilizzazione della prestazione della controparte (<em>ex latere creditoris</em>).</p> <p style="text-align: justify;">Ciò quando tale impossibilità sia comunque non imputabile al creditore che deve ricevere la prestazione, e tuttavia il relativo interesse a riceverla sia venuto meno, verificandosi in tal caso la sopravvenuta irrealizzabilità della finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto e la conseguente estinzione dell’obbligazione.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2019</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 20 agosto esce la sentenza della sezione lavoro della Cassazione n.21537, alla cui stregua nel contratto collettivo di lavoro la possibilità di disdetta spetta unicamente alle parti stipulanti, ossia alle associazioni sindacali e datoriali che di norma provvedono anche a disciplinare le conseguenze della disdetta medesima.</p> <p style="text-align: justify;">Al singolo datore di lavoro pertanto, chiosa la Corte, non è consentito recedere unilateralmente dal contratto collettivo, neppure adducendo l'eccessiva onerosità dello stesso, ai sensi dell'art. 1467 c.c., conseguente ad una propria situazione di difficoltà economica, fatta salva l'ipotesi di contratti aziendali stipulati dal singolo datore di lavoro con sindacati locali dei lavoratori.</p> <p style="text-align: justify;">Ne consegue per il Collegio che va assunta non legittima la disdetta unilaterale - da parte del datore di lavoro - del contratto collettivo nella specie applicato, seppure accompagnata da un congruo termine di preavviso; solo al momento della scadenza contrattuale sarà possibile recedere dal contratto (nella relativa declinazione collettiva, e dunque di contratto-quadro) ed applicarne uno diverso, a condizione che ne ricorrano i presupposti di cui all'art. 2069 c.c.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2020</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 20 febbraio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.4451 onde la transazione ad esecuzione differita deve assumersi suscettibile di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta.</p> <p style="text-align: justify;">Ciò, precisa la Corte, sulla base al principio generale emergente dall'art. 1467 c.c., in quanto l'irresolubilità della transazione novativa stabilita in via eccezionale dall'art. 1976 c.c. è limitata alla risoluzione per inadempimento, senza coinvolgere dunque la fattispecie della ridetta eccessiva onerosità sopravvenuta.</p> <p style="text-align: justify;">Su altro crinale, l'irrescindibilità della transazione per causa di lesione, sancita dall'art. 1970 c.c., esaurisce per il Collegio la propria ratio sul piano del sinallagma genetico, senza lambire il sinallagma “<em>funzionale</em>” sula quale incide invece la risoluzione.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 marzo viene varato il decreto legge n.9, recante misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, secondo il cui art.28, rubricato “<em>Rimborso titoli di viaggio e pacchetti turistici</em>”, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1463 del codice civile, ricorre la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta in relazione ai contratti di trasporto aereo, ferroviario, marittimo, nelle acque interne o terrestri stipulati da tutta una serie di soggetti indicati al comma 1.</p> <p style="text-align: justify;">Stando al successivo comma 3, il vettore, entro 15 giorni dalla comunicazione prevista al comma 2, procede al rimborso del corrispettivo versato per il titolo di viaggio ovvero all'emissione di un <em>voucher</em> di pari importo da utilizzare entro 1 anno dall'emissione.</p> <p style="text-align: justify;">In questo specifico settore, il Legislatore dell’emergenza epidemiologica privilegia il regime risolutorio della c.d. impossibilità sopravvenuta della prestazione rispetto a quello avvinto alla c.d. eccessiva onerosità sopravvenuta della stessa.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 17 marzo viene varato il decreto legge n.18, c.d. “<em>Cura Italia</em>”, recante “<em>Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19”, alla stregua del cui art.91 – rubricato “Disposizioni in materia di ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall'attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici</em>” - all'articolo 3 del decreto - legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, dopo il comma 6, viene inserito un comma 6-bis onde<em> “il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto e' sempre valutato ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti</em>." (comma 1).</p> <p style="text-align: justify;">Si tratta di una norma che – col richiamare l’esclusione di responsabilità del debitore - sembra in qualche modo ricalcare, facendola propria, la soluzione accolta dal Legislatore internazionale della c.d. <em>lex mercatoria</em> in sede di disciplina della vendita internazionale di beni mobili (art.79 della Convenzione di Vienna del 1980): parte della dottrina si esprime financo in termini di “<em>causa di giustificazione emergenziale</em>” e di “<em>immunità</em>” del debitore inadempiente.</p> <p style="text-align: justify;">Proprio con particolare riferimento al nuovo art.3, comma 6-bis del decreto legge 6.20, per parte della dottrina (sulla scorta di una interpretazione giudicata, nondimeno, molto “<em>ampia</em>”) il legislatore dell’emergenza ha inteso attribuire al giudice un potere equitativo tale da autorizzarlo a valutare in termini diversi dal contenuto “<em>classico</em>” dell’art. 1223 c.c. non già solo il profilo del risarcimento del danno, ma financo quello, assai più ampio, dell’intero rapporto contrattuale, nell’ipotesi in cui la prestazione di una delle parti – pur non essendo divenuta impossibile - stante il necessario rispetto delle nuove misure di contenimento è comunque divenuta particolarmente onerosa per la parte tenuta ad eseguirla.</p> <p style="text-align: justify;">Il precedente art.88 si occupa poi di disciplinare il rimborso di titoli di acquisto di biglietti per spettacoli, musei e altri luoghi della cultura, richiamando esplicitamente l’art.1463 c.c. in tema di impossibilità sopravvenuta della prestazione e connessa risoluzione del contratto.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 24 aprile viene varata la legge n.27 che converte, con modificazioni, il decreto legge n.18, introducendo anche l’art.88 bis che si occupa di disciplinare il rimborso di titoli di viaggio, di soggiorno e di pacchetti turistici, richiamando ancora una volta esplicitamente l’art.1463 c.c. in tema di impossibilità sopravvenuta della prestazione e connessa risoluzione del contratto.</p> <p style="text-align: justify;">La stessa legge, ai sensi dell’art.1, comma 2, abroga il decreto legge 9.20.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">L’11 maggio esce il provvedimento del Tribunale di Bologna alla cui stregua se da un lato l’ art. 3, comma 6-bis, del d.l. n. 6/2020 esonera certamente il debitore dall’onere di provare il carattere imprevedibile e straordinario degli eventi che hanno reso impossibile la prestazione dedotta nel contratto, chiarendo che il rispetto delle misure di contenimento deve essere “<em>sempre valutato</em>” dal giudice, non pare tuttavia dall’altro prefigurare una generale sospensione <em>ope legis</em> dei termini di pagamento.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 29 maggio esce l’ordinanza del Tribunale di Roma alla cui stregua vanno assunti non sussistenti i presupposti per accogliere il ricorso con cui l'affittuario di un ramo d'azienda ubicato in un centro commerciale – in quanto impossibilitato ad esercitare la propria attività di vendita al dettaglio per le misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 - chieda in via d'urgenza la sospensione per almeno sei mesi di qualsiasi obbligo di pagamento nei confronti del proprietario del centro commerciale medesimo.</p> <p style="text-align: justify;">Più precisamente, per il Tribunale in caso di affitto di ramo d’azienda, nel caso in cui la concedente non abbia potuto eseguire (per <em>factum principis, </em>e dunque senza colpa), durante il periodo di sospensione delle attività commerciali disposte dal Governo, una prestazione solo parzialmente conforme al regolamento contrattuale, l’affittuaria ha diritto ex art. 1464 c.c. ad una riduzione del canone limitatamente al solo periodo di impossibilità parziale; tale riduzione va operata, nella relativa determinazione quantitativa, avuto riguardo alla sopravvissuta possibilità di utilizzazione del ramo di azienda nella più limitata funzione di ricovero delle merci, correlata al diritto di uso dei pertinenti locali e al fatto che il ramo di azienda è pur sempre rimasto nella materiale disponibilità della ricorrente.</p> <p style="text-align: justify;">In un passaggio preliminare il Tribunale afferma peraltro che la sollecitazione ad una applicazione dell’art. 1467 c.c. in tema di eccessiva onerosità sopravvenuta, a prescindere da ogni altra considerazione in ordine alla relativa applicabilità al caso di specie, non può trovare accoglimento trattandosi di rimedio incompatibile con la conservazione del contratto, ma idoneo (come da giurisprudenza richiamata da parte resistente) solo a provocarne lo scioglimento.</p> <p style="text-align: justify;">Si tratta di considerazioni che – stando alla dottrina più attenta - invitano a porre a raffronto rimedi diversi rispetto a quello “<em>caducatorio</em>” ed orientati piuttosto in senso manutentivo del contratto, come nel caso della c.d. rinegoziazione quale precipuo strumento (alternativo e, appunto, manutentivo) di governo delle sopravvenienze.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 4 giugno esce l’ordinanza del Tribunale di Bologna che rappresenta in primo luogo come l'art. 91 d.l. 17 marzo 2020 n. 18, convertito, con modificazioni, dalla l. 24 aprile 2020 n. 27 - la cui portata è limitata al risarcimento del danno e alle altre conseguenze dell'inadempimento di un'obbligazione, anche pecuniaria e di fonte contrattuale – sia applicabile tutte le volte in cui l'inadempimento del debitore conduca (su iniziativa del creditore) ad esiti che, ragionevoli in condizioni normali, si rivelino eccessivi in relazione alla concreta situazione determinata dall'emergenza epidemiologica da Covid-19.</p> <p style="text-align: justify;">Sulla base di questa premessa, per il Tribunale - in accoglimento dell'istanza cautelare della parte debitrice inadempiente che lamenta la difficoltà di pagare somme di denaro in ragione dell'impossibilità di esercitare la propria professione con il conseguente blocco del fatturato - va inibito alla controparte (creditrice) di porre all'incasso o di girare a terzi le cambiali destinate a rafforzare l'obbligazione, con scadenza nei giorni 30 giugno 2020, 30 luglio 2020 e 30 agosto 2020, nonché di sottoporre tali cambiali a protesto, di richiedere protesto e di consentire che terzi le sottopongano a protesto.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Questioni intriganti</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare in generale della c.d. “<em>eccessiva onerosità sopravvenuta</em>”?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>si tratta di un istituto che ha a che fare con le c.d. “<em>sopravvenienze</em>”: qualcosa dunque che “<em>sopraggiunge</em>” in modo inatteso rispetto alla stipula di un negozio, e in particolare di un contratto;</li> <li>tale istituto rileva in particolare nei c.d. contratti sinallagmatici “<em>di durata</em>”, ovvero (alternativamente o cumulativamente) caratterizzati: b.1) da una esecuzione continuata; b.2) da una esecuzione periodica; b.3) da una esecuzione differita;</li> <li>al momento dell’esecuzione della prestazione a carico di una delle parti, e dunque posteriormente alla stipula del contratto “<em>di durata</em>”, tale prestazione è divenuta eccessivamente onerosa per la parte stessa rispetto a quanto <em>ab ovo</em> divisato nel contesto letterale del contratto;</li> <li>ciò a cagione del verificarsi di avvenimenti straordinari o imprevedibili, comunque non imputabili al contraente che vede divenire la propria prestazione per l’appunto, eccessivamente onerosa;</li> <li>tale eccessiva onerosità non rientra nella c.d. “<em>alea normale</em>” del contratto, vale a dire nel rischio normalmente ed ordinariamente implicito in contratti del tipo di quello stipulato, nel caso di specie, dalle parti;</li> <li>versandosi in una simile fattispecie la parte gravata dalla eccessiva onerosità sopravvenuta può – a titolo di rimedio generale - chiedere la “<em>caducatoria</em>” risoluzione del contratto, potendosi dunque sciogliere dal contratto medesimo la dove le prestazioni previste in sinallagma vedano alterati i relativi, reciproci valori;</li> <li>l’art.1467 c.c. presuppone la sinallagmaticità e, dunque, l’onerosità del contratto pertinente, non essendo pertanto applicabile, per dottrina uniforme, ai contratti gratuiti;</li> <li>più dubbia l’applicabilità ai contratti associativi e sociali, confrontandosi sul punto fondamentalmente due tesi: h.1) l’art.1467 c.c. non si applica, dacché – transitando le prestazioni per il patrimonio sociale prima di giungere a vantaggio dei contraenti – si è al cospetto di una onerosità solo “<em>mediata e indiretta</em>” e non immediata e diretta; h.2) l’art.1467 c.c., massime alle società, va assunto tutt’affatto applicabile trattandosi di contratti da assumersi, sulla scorta anche di parte della giurisprudenza, come contratti a prestazioni corrispettive;</li> <li>con riguardo ai contratti cui certamente l’art.1467 c.c. si applica – siccome connotati da esecuzione continuata, periodica o differita - viene ordinariamente assunto sufficiente un qualunque torno temporale, ancorché breve, dalla conclusione del contratto pertinente perché scatti la potenzialità risolutiva della eccessiva onerosità sopravvenuta; ciò, per parte della dottrina, anche nel caso in cui il differimento dell’esecuzione della prestazione non sia divisato <em>ab origine</em>, bensì concesso <em>ex post</em> da una delle parti all’altra, ovvero reciprocamente tra loro.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa deve intendersi per evento straordinario ed imprevedibile?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>per potere invocare la risoluzione del contratto ex art.1467 c.c. occorre che si sia verificato un avvenimento straordinario ed imprevedibile;</li> <li>secondo la giurisprudenza, va assunto “<em>straordinario</em>” – secondo un canone “<em>oggettivo</em>” - ogni avvenimento che non si ripete con cadenza frequente e regolare nel tempo; trattasi di evento la cui portata e la cui tipologia hanno una epifania rara, palesandosi “<em>quantitativamente</em>” fuori dall’ordinario in termini di dimensioni o in termini di frequenza;</li> <li>sempre secondo la giurisprudenza, va assunto “<em>imprevedibile</em>” – secondo un canone “<em>soggettivo</em>” - quell’avvenimento che, sulla scorta dei criteri che presidiano la logica dell’uomo comune (e, dunque, la c.d. “<em>fenomenologia della conoscenza umana</em>”), non è ragionevolmente prevedibile, ovvero del quale non possono ragionevolmente conoscersi gli effetti; pur non potendosi adottare un modello matematico di prevedibilità, un evento straordinario (sempre prevedibile sul piano meramente astratto) può assumersi in concreto davvero prevedibile – con esclusa operatività dell’art.1467 c.c. - quando il pertinente avveramento è connotato da un determinato margine di certezza.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quando si configura, affiorando <em>ex post</em>, una eccessiva onerosità “<em>sopravvenuta</em>” e quali effetti produce?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>occorre muovere dall’equilibrio iniziale delle prestazioni, e dunque dal loro equilibrarsi armonicamente – secondo la volontà delle parti – al momento della stipula del contratto considerato;</li> <li>successivamente alla ridetta stipula, interviene una alterazione di tale iniziale equilibrio tra le prestazioni legate da sinallagma, palesandosi esse non più proporzionali tra loro, nell’ottica della soddisfazione dei reciproci interessi dei contraenti, prima che esse siano adempiute;</li> <li>si tratta di uno scandaglio che va fatto non già secondo un metro soggettivo – non rilevando le condizioni, per l’appunto, “<em>soggettive</em>” del debitore della prestazione rivelatasi ormai “<em>svantaggiosamente</em>” disarmonica – quanto piuttosto secondo canoni oggettivi che abbiano riferimento alla effettiva consistenza della prestazione che “<em>subisce</em>” <em>ex post</em> una eccessiva onerosità;</li> <li>si è fuori dalla eccessiva onerosità sopravvenuta, e non opera dunque l’art.1467 c.c. (con conseguente impossibilità di invocare la risoluzione del pertinente contratto) allorché la maggiore onerosità sopraggiunta rientri in ogni caso nell’alea normale del contratto, inverando un rischio da assumersi dunque “<em>ordinario</em>” nel momento in cui il contratto viene stipulato da ciascuna delle parti; sul concetto di “<em>alea normale</em>” si giustappongono, nondimeno, due diverse opzioni ermeneutiche: d.1) tesi dell’omogeneità (quantitativa): l’alea normale è quella “<em>prevedibile</em>”, onde – una volta superato il pertinente limite – complementarmente si è al cospetto di una presunzione di eccessiva onerosità, dacché l’evento straordinario ed “<em>imprevedibile</em>” è per l’appunto quello che eccede la ridetta alea normale; d.2) tesi dell’autonomia (quantitativa e qualitativa): pur essendo tra loro concetti complementari, nondimeno l’alea normale afferisce (autonomamente) ad un criterio di tipo soggettivo-qualitativo che è consustanziale al rischio proprio del tipo contrattuale che le parti hanno scelto di concludere; la straordinarietà e la imprevedibilità di ciò che sopraggiunge vanno invece lette in termini oggettivi-quantitativi, nell’ottica di un aggravarsi dei “<em>costi</em>” della prestazione dovuta;</li> <li>in ogni caso, nei contratti in cui la prestazione dovuta dalle parti non è immediata rispetto alla stipula, il differimento della pertinente esecuzione implica “<em>normalmente</em>” un margine di incertezza in ordine al concreto risultato economico rispetto a quanto divisato, nel che si compendia l’alea normale accettata dalle parti al momento della stipula; tale margine di incertezza presenta una dose di prevedibilità “<em>normale</em>” che ha ad oggetto una – del pari “<em>normale</em>”- prevedibilità di possibile aggravio delle prestazioni dovute in ragione della “<em>non matematicità assoluta</em>” che caratterizza i traffici commerciali; solo allorché la sopravvenienza superi la soglia della ridetta “<em>prevedibilità normale</em>” il contraente “<em>svantaggiato</em>” a cagione dell’alterazione che ha colpito la “<em>proporzionalità</em>” tra le prestazioni in sinallagma tra loro può invocare, ai sensi dell’art.1467 c.c., la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, all’uopo citando il contraente “<em>avvantaggiato</em>”;</li> <li>peculiare la parabola pretoria della svalutazione monetaria, in un primo momento assunta come esulante dal concetto di eccessiva onerosità sopravvenuta per la relativa, sostanziale “<em>ordinarietà</em>”, per poi confluire nel pertinente arco semantico laddove presenti una consistenza eccezionale ed esorbitante rispetto al momento in cui il contratto è stato concluso;</li> <li>sul crinale degli effetti, dinanzi ad una eccessiva onerosità sopravvenuta di una delle prestazioni contrattuali tra loro in sinallagma, il contratto non si scioglie in via automatica (come invece accade nel diverso caso di impossibilità totale, del pari sopravvenuta, della prestazione medesima: art.1463 c.c.), legittimando piuttosto la parte “<em>svantaggiata</em>” ad invocare la risoluzione del contratto ex art.1467 c.c.;</li> <li>tale azione, nondimeno, può essere paralizzata dalla richiesta della parte “<em>avvantaggiata</em>” di ricondurlo ad equità, secondo due distinte declinazioni dottrinali: h.1) secondo un primo orientamento, occorre il ripristino integrale dell’equilibrio tra prestazione e controprestazione; h.2) stando ad una seconda opzione ermeneutica, è sufficiente che la parte “<em>avvantaggiata</em>” richieda di riportare il contratto nell’alveo della c.d. alea normale, senza doversi necessariamente offrire alla parte “<em>svantaggiata</em>” un perfetto riequilibrio tra le ridette prestazioni.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare della c.d. eccessiva onerosità sopravvenuta con riguardo ai contratti c.d. “<em>aleatori</em>” ed ai contratti c.d. “<em>unilaterali</em>”?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>va in primo luogo distinta l’alea normale o “<em>economica</em>”, che è propria di ogni contratto (c.d. “<em>commutativo</em>”), dall’alea propria e “<em>tipica</em>” dei c.d. contratti aleatori, detta anche alea “<em>giuridica</em>”: in questi ultimi, l’alea ridetta connota la causa del singolo contratto, che o è “<em>aleatorio</em>” o non è tale; l’alea normale invece – come concetto dalla consistenza esclusivamente economica – è propria di ogni e qualsivoglia contratto, quand’anche esso non sia causalmente connotato da aleatorietà; se dunque nel caso dei contratti aleatori l’eccessiva onerosità sopravvenuta non è invocabile perché “<em>causalmente incompatibile</em>” con tale tipologia di contratti, nell’opposto caso di tutti i contratti non aleatori (“<em>commutativi</em>”), si può chiedere sempre la risoluzione ex art.1467 c.c. allorché venga superata la soglia della c.d. “<em>alea normale</em>” – siccome quantitativamente, qualitativamente e diacronicamente prevedibile - che ciascuno di essi contraddistingue; quando un contratto è aleatorio in senso “<em>tipico</em>”, il rischio ne connota <em>ab origine</em> (e dunque fin dalla pertinente stipula) la causa, sia che ad atteggiarlo come tale sia il Legislatore, sia che lo facciano le parti stesse del contratto (c.d. aleatorietà convenzionale); in sostanza, quando il contratto è aleatorio, si configura una incertezza iniziale tra i vantaggi che le parti possono ritrarne e i rischi che esse si accollano, onde è un evento incerto sul piano “<em>causale</em>”, quale elemento essenziale (e non già accidentale) del contratto, a condizionare la determinazione concreta della prestazione di una delle parti (si pensi all’assicuratore), nei contratti bilaterali, ovvero della prestazione della (sola) parte obbligata, nei contratti unilaterali; per quanto riguarda le categorie di contratti aleatori, vanno distinti: a.1) i contratti aleatori per loro stessa natura: gioco e scommessa, lotteria, assicurazione, rendita vitalizia, <em>futures</em>, <em>swaps</em>, cessione del credito <em>pro soluto</em> ed altri ancora; a.2) i contratti che non sarebbero per natura aleatori, ma che lo diventano per volontà delle parti, dacché una di esse assume integralmente su di sé il rischio di eventuali sopravvenienze, affiorandone “<em>convenzionalmente</em>” modificato un contratto commutativo in un altro, per l’appunto, “<em>aleatorio</em>”: è il caso di una compravendita senza le note “<em>garanzie</em>” (evizione, vizi della cosa venduta) o quello della c.d. <em>emptio spei</em> di cui all’art.1472, comma 2, c.c., onde la vendita di cosa futura è (ordinariamente) nulla se la cosa non viene alfine ad esistenza, qualora tuttavia le parti “<em>non abbiamo voluto concludere un contratto aleatorio</em>”;</li> <li>quando il contratto presenta obbligazioni a carico di una sola parte – e che, come tale, può essere concluso anche giusta “<em>silenzio</em>” dell’oblato ex art.1333 c.c. – scatta lo “<em>statuto</em>” peculiare di questo genere di contratti che presenta un regime a sé anche in tema di eccessiva onerosità “<em>sopravvenuta</em>” della prestazione promessa dall’”<em>unico obbligato</em>”, il quale ultimo non può invocare il rimedio caducatorio della risoluzione del contratto (come invece accade, in alternativa, nell’economia dei contratti bilaterali a prestazioni corrispettive ex art.1467 c.c.) ma solo quello “<em>manutentivo</em>” orientato a ricondurre ad equità il contratto medesimo giusta pertinente modifica del regolamento negoziale; peraltro, tale rimedio manutentivo scatta su richiesta dell’obbligato “<em>svantaggiato</em>”, e non già dell’”<em>avvantaggiato</em>” (citato in risoluzione) come invece accade ai sensi dell’art.1467 c.c.; se poi nei contratti bilaterali sinallagmatici la risoluzione del contratto presenta la “<em>simmetria</em>” tipica di questo genere di schemi contrattuali, onde ciascuna parte è liberata dalla prestazione dovuta (dovendo correlativamente eseguire a favore della controparte le eventuali restituzioni consequenziali), nei contratti “<em>unilaterali</em>” l’eventuale risoluzione produrrebbe l’estinzione (totale) dell’obbligo gravante sul promittente senza alcun correlato vantaggio ritratto dal promissario della pertinente prestazione.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa conviene rammentare della c.d. eccessiva onerosità sopravvenuta sul crinale storico e quale può rivelarsene l’approdo nella recente “<em>congiuntura epidemiologica</em>”?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>nel vigore del codice liberale del 1865, campeggia la preminenza “<em>soggettiva</em>” della volontà che, in caso di sopravvenienze, viene via via assunta presuntivamente orientata a legittimare la parte che sia incisa da una eventuale eccessiva onerosità “<em>sopravvenuta</em>” della propria prestazione ad invocare la risoluzione del pertinente contratto;</li> <li>secondo questo punto di vista dottrinale e giurisprudenziale, siccome maturato <em>ante</em> codice del 1942, quando le parti assumano come “<em>certe</em>” tutto un compendio di circostanze presenti al momento della stipula del contratto, e queste successivamente mutino per cause imprevedibili, il vincolo contrattuale può assumersi sciolto, conformemente ad una presunta “<em>volontà</em>” in tal senso delle parti stesse;</li> <li>l’approdo al codice vigente fa dire allora a parte della scienza giuridica e della giurisprudenza che l’introduzione dell’art.1467 c.c. nel sistema implica “<em>recepimento</em>” nel nostrano quadro ordinamentale, per l’appunto, della clausola <em>rebus sic stantibus</em> o, comunque, dell’istituto della c.d. presupposizione;</li> <li>non manca chi, su di un crinale maggiormente “<em>oggettivo</em>”, collega l’art.1467 c.c. al principio c.d. di buona fede (per l’appunto) oggettiva; ovvero vi scorge un prezioso strumento di reazione all’eventuale venir meno, o comunque ad uno sconvolgimento, della “<em>funzione</em>” del contratto originario e, dunque, della pertinente causa; opzione ermeneutica che è stata, nondimeno, criticata da chi ha rappresentato come l’equivalenza tra le prestazioni di un contratto non possa assurgere a principio generale “<em>presupposto</em>” e, dunque, sotteso al contratto stesso;</li> <li>più di recente, l’attenzione dottrinale e giurisprudenziale si appunta sul c.d. “<em>costo iniziale della prestazione</em>” e sull’esigenza di rispettarlo: proprio il mentovato principio di buona fede oggettiva impone che le parti collaborino equamente tra loro nella gestione di quei rischi – siccome avvinti allo stipulato contratto - che dovessero eccederne la normale alea, onde il sopravvenire di esigenze imprevedibili ne impone una gestione tale da scongiurare la perdurante effettualità del contratto medesimo ai danni della parte che ne risulti, in concreto, “<em>svantaggiata</em>”;</li> <li>in questo prisma ermeneutico, a “<em>contare</em>” nell’economia di un contratto a prestazioni sinallagmatiche è non già soltanto, “<em>staticamente</em>”, l’oggetto delle reciproche prestazioni delle parti, ma anche il pertinente “<em>valore</em>” siccome “<em>dinamicamente</em>” inteso, quest’ultimo tale da poter “<em>limitare</em>” la volontà (tendenzialmente) “<em>assoluta</em>” delle parti stesse di obbligarsi contrattualmente, onde consentire tra loro una migliore distribuzione dei rischi in caso di mutamento delle condizioni che hanno fondato la stipula originaria del contratto pertinente;</li> <li>non è mancato chi – dinanzi a contratti di durata particolarmente lunga o ad esecuzione (rimarchevolmente) differita nel tempo – ha assunto l’art.1467 c.c., nel relativo combinato disposto con l’art.1374 c.c. in tema di integrazione contrattuale “<em>secondo equità</em>”, tale da far assumere sottintesa in ogni contratto a prestazioni corrispettive una c.d. “<em>clausola di rinegoziazione</em>” il cui fondamento rinverrebbe delle precise epifanie, per l’appunto, nella riduzione ad equità e nella risoluzione per eccessiva onerosità ivi previste, siccome capaci di inverare lo stesso principio di buona fede oggettiva;</li> <li>stando a quanto strettamente previsto dal codice, si è tuttavia al cospetto di un rimedio che finisce col rivelarsi utile da un lato e, ad un tempo, col palesare dall’altro tutti i propri limiti operativi in circostanze del tutto eccezionali – come è il caso di una emergenza epidemiologica – in cui la effettualità di molti contratti può di colpo apparire seriamente, <em>sine die</em> o, talvolta, financo definitivamente compromessa;</li> <li>ciò tenendo conto del fatto che – se si escludono i contratti “<em>gratuiti unilaterali</em>” di cui all’art.1468 c.c., laddove campeggia una tutela di tipo “<em>manutentivo</em>” – nell’economia di quelli “<em>onerosi corrispettivi commutativi</em>” l’art.1467 c.c. autorizza la parte svantaggiata “<em>attrice</em>” ad invocare esclusivamente la risoluzione “<em>demolitoria</em>” del contratto, che può essere ricondotto a “<em>proporzionale equità</em>”, in orbita “<em>manutentiva</em>”, solo su (eventuale) sollecitazione della parte avvantaggiata “<em>convenuta</em>”;</li> <li>dinanzi dunque alla pressoché certa straordinarietà, imprevedibilità ed inevitabilità di una sopravvenienza epidemiologica globale, tanto la c.d. “<em>eccessiva onerosità diretta</em>” (dovuta all’inusuale aumento di una o più delle voci di costo che compendiano la prestazione da eseguire <em>ex latere debitoris</em>) quanto la c.d. “<em>eccessiva onerosità indiretta</em>” (riconducibile ad una speciale diminuzione di valore reale della prestazione da ricevere <em>ex latere creditoris</em>: c.d. “<em>svilimento</em>”) richiedono due distinte e complementari prospettive di tutela dei contraenti a prestazioni corrispettive: j.1) una tutela “<em>demolitoria</em>”, per la quale appare già idoneo quanto tradizionalmente previsto dall’art. 1467 c.c. in ottica di possibile risoluzione del contratto; j.2) una tutela “<em>manutentiva</em>”, in relazione alla quale si invoca la valorizzazione: j.2.1) ora dell’integrazione del contratto (se del caso, <em>ope iudicis</em>) “<em>secondo equità</em>” ex art.1374 c.c.; j.2.2) ora della interpretazione/integrazione del contratto nel prisma “<em>solidaristico</em>” della c.d. buona fede oggettiva di cui, in specie, agli articoli 1175, 1366 e 1375 c.c.; j.2.3) ora della rinegoziazione dell’accordo, anche giusta attivazione – laddove difetti la leale collaborazione della controparte – dell’art.2932 c.c. e della sentenza costitutiva ivi prevista, capace di tener luogo del consenso (alla rinegoziazione) non prestato dall’interlocutore contrattuale “<em>avvantaggiato</em>” e, nelle ipotesi di mancato, spontaneo adempimento esecutivo, idonea a consentire al giudice una commisurazione agevole ed attendibile del danno risarcibile allo “<em>svantaggiato</em>”.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p>