La sentenza affronta con dovizia di particolari le problematiche costituzionali relative alla normativa speciale di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti in materia immobiliare, analizzando le diverse fattispecie e tracciando un’elaborazione completa della necessità di armonizzare ed interpretare le diverse esigenze poste in essere dalla situazione pandemica
Corte Costituzionale, sentenza 11 novembre 2021 n. 213
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.– Il Tribunale ordinario di Trieste, in funzione di giudice dell’esecuzione ha sollevato questioni di legittimità costituzionale:
- a) dell’art. 103, comma 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, per cui «[l]’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 30 giugno 2020»;
- b) dell’art. 17-bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, che proroga la suddetta sospensione sino alla data del 31 dicembre 2020;
- c) dell’art. 13, comma 13, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea», convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21, che ha ulteriormente prorogato tale sospensione sino alla data del 30 giugno 2021.
Il giudice rimettente dubita, in primo luogo, della compatibilità dell’art. 13, comma 13, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, con l’art. 77 della Costituzione per carenza dei presupposti di necessità ed urgenza, venendo in rilievo situazioni di morosità non correlate sul piano causale alla pandemia da COVID-19. Assume, inoltre, un contrasto delle disposizioni censurate con l’art. 3 Cost. per intrinseca contraddittorietà poiché la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio per morosità è disposta in generale, senza alcuna possibile valutazione né della correlazione causale dell’inadempimento con l’emergenza pandemica, né degli effetti socio-economici di tale emergenza. Secondo il giudice a quo le disposizioni indicate si porrebbero, inoltre, in conflitto con l’art. 42 Cost., laddove le stesse, anche per effetto delle proroghe, finirebbero per costituire una sorta di espropriazione in senso sostanziale senza indennizzo, in contrasto anche con la tutela del risparmio nel settore immobiliare riconosciuta dall’art. 47, secondo comma, Cost. Il giudice a quo censura, infine, le stesse disposizioni per contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU),. In particolare le previsioni oggetto del presente giudizio, specie a seguito delle proroghe via via disposte, per un verso, inciderebbero negativamente sulla ragionevole durata del processo, garanzia estesa da tempo dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo anche alle procedure esecutive e, per un altro, violerebbero il diritto di proprietà del locatore.
2.– Il Tribunale ordinario di Savona, in funzione di giudice dell’esecuzione ha sollevato questioni di legittimità costituzionale: a) dell’art. 103, comma 6, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito; b) dell’art. 13, comma 13, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito; c) dell’art. 40-quater del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41 (Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 21 maggio 2021, n. 69.
3.– Le questioni sollevate dalle due ordinanze di rimessione in massima parte si sovrappongono, sia quanto alle disposizioni censurate sia quanto ai parametri evocati, e sono comunque oggettivamente connesse. Devono quindi essere riuniti i relativi giudizi incidentali per essere definiti con un’unica decisione.
4.– È opportuno premettere una sintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento nel quale si collocano le previsioni censurate, emanate nell’ambito di quella legislazione cosiddetta emergenziale posta in essere a seguito del diffondersi della pandemia da COVID-19.
4.1.– Quando si è manifestata la crisi sanitaria per la pandemia da COVID-19 su tutto il territorio del Paese, nella sua crescente diffusività, il legislatore ha disposto un iniziale blocco delle esecuzioni forzate in un più ampio contesto di misure emergenziali che hanno comportato, nell’immediato, la pressoché totale paralisi della giustizia nei suoi vari settori. In particolare, per quanto interessa in questo giudizio, l’art. 103, comma 6, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, ha previsto che «[l]’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 1° settembre 2020».
La gravità della situazione sanitaria nella prima fase ha determinato la sospensione dell’esecuzione di tutti i titoli esecutivi suscettibili di esecuzione per rilascio. Tale temporaneo blocco era riferibile all’esecuzione in forma specifica per rilascio dei beni immobili di cui agli artt. 605 e seguenti cod. proc. civ.
4.2.– In seguito l’art. 17-bis del d.l. n. 34 del 2020 ha esteso, fino a tutto l’anno 2020, la durata della sospensione delle esecuzioni in forma specifica per rilascio dei beni immobili. Inoltre – stante il testuale riferimento, contenuto nella rubrica della disposizione, alla proroga della sospensione dell’esecuzione degli sfratti – è stata indirettamente circoscritta la stessa portata della sospensione, nel senso di includervi esclusivamente i provvedimenti di rilascio pronunciati nell’ambito dei procedimenti di sfratto per morosità e finita locazione quanto alle locazioni ad uso abitativo e ad uso diverso.
4.3.– Proprio alla scadenza di tale termine (cioè a fine anno 2020) il Governo, con il d.l. n. 183 del 2020 (cosiddetto “mille proroghe”) – stante la perdurante situazione di emergenza sanitaria – ha, per un verso, differito la data finale della sospensione delle esecuzioni dei provvedimenti di rilascio (al 30 giugno 2021), per l’altro ne ha limitato l’area di applicazione.
4.5.– In sintesi, quindi, si ha che mentre per l’anno 2020 (a partire dal 17 marzo 2020, data di entrata in vigore del d.l. n. 18 del 2020) è stata sospesa l’esecuzione di tutti i provvedimenti di rilascio, nel 2021 la situazione è stata significativamente diversificata. Si va dalla cessazione al 31 dicembre 2020 della sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio non fondati sulla morosità del debitore alla mancata previsione di alcuna sospensione per i provvedimenti di rilascio fondati sì sulla morosità, ma successivi al 30 giugno 2021. Nel mezzo vi sono i distinti scaglioni di provvedimenti di rilascio, differenziati ratione temporis, ai quali si collega la cessazione della sospensione dell’esecuzione, secondo una graduazione temporale e progressiva, rispettivamente al 30 giugno 2021, al 30 settembre 2021 e al 31 dicembre 2021.
4.6.– A tale ultima data (31 dicembre 2021) è destinata ad esaurirsi, quindi, ogni residua efficacia della sospensione dell’esecuzione di qualsivoglia provvedimento di rilascio di immobili.
5.– Ciò premesso, va ora esaminata l’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale, innanzi tutto sotto il profilo della rilevanza.
5.1.– È di tutta evidenza che non rileva, in nessuno dei due giudizi, la sospensione dell’esecuzione del rilascio degli immobili prevista nell’anno precedente fino al 31 dicembre 2020. La rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale sussiste solo per le disposizioni che tale sospensione dell’esecuzione hanno previsto nel 2021. Pertanto, vanno innanzi tutto dichiarate inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 103, comma 6, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, e dell’art. 17-bis del d.l. n. 34 del 2021, come convertito, con riferimento a tutti i parametri indicati dal Tribunale di Trieste e, quanto alla prima disposizione, anche dal Tribunale di Savona.
5.2.– Deve però considerarsi ulteriormente, ancora sotto il profilo della rilevanza, che il Tribunale di Trieste, la cui ordinanza di rimessione è stata pronunciata il 24 aprile 2021, è chiamato ad applicare l’art. 13, comma 13, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, che ha previsto – e prevede tuttora – la sospensione, fino al 30 giugno 2021, dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze, quale appunto era quello dedotto in giudizio.
Invece il Tribunale di Savona, la cui ordinanza di rimessione è successiva per essere stata pronunciata il 3 giugno 2021, è chiamato ad applicare anche l’art. 40-quater del d.l. n. 41 del 2021, come convertito, che ha previsto la sospensione, in particolare fino al 31 dicembre 2021, dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili adottati dal 1° ottobre 2020 al 30 giugno 2021 per mancato pagamento del canone alle scadenze, quale appunto era quello dedotto in giudizio.
Quest’ultima disposizione rappresenta ius superveniens nel primo giudizio, quello pendente innanzi al Tribunale di Trieste. Tale essendo la portata dello ius superveniens – che ha semmai aggravato, non certo ridimensionato, il vulnus denunciato dal giudice rimettente – non occorre disporre la restituzione degli atti al giudice a quo per un nuovo esame della rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate nei confronti dell’art. 13, comma 13, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito; ma le stesse questioni possono essere riferite, negli stessi termini, anche alla disposizione sopravvenuta, quella comunque oggetto delle censure mosse dal Tribunale di Savona. Va infatti ribadito che «persiste […] la condizione di ammissibilità del giudizio incidentale non solo ove la nuova disposizione non escluda l’applicazione, ratione temporis, della disposizione censurata (ex plurimis, sentenza n. 257 del 2017), ma anche ove la prima incida su quest’ultima nel senso di aggravarne i denunciati vizi di legittimità costituzionale» (sentenza n. 125 del 2018).
6.‒ In via altresì preliminare, ulteriori profili di inammissibilità vengono in rilievo quanto ai parametri europei, unionali e convenzionali.
6.1.– Deve essere, innanzi tutto, dichiarata l’inammissibilità della questione sollevata dal Tribunale di Savona in relazione all’art. 47 CDFUE, in quanto il giudice rimettente non indica perché, e in che termini, la fattispecie sarebbe disciplinata dal diritto europeo.
6.2.– Va invece affermata l’ammissibilità delle questioni sollevate dai giudici rimettenti – per il tramite dell’art. 117, primo comma, Cost. – in relazione all’art. 6, paragrafo 1, CEDU e all’art. 1 Prot. addiz. CEDU.
7.– Sempre in via preliminare, con riferimento ai parametri costituzionali, deve essere dichiarata l’inammissibilità delle questioni, sollevate dal Tribunale di Savona, con le quali è assunta la violazione, da parte delle norme censurate, degli artt. 11 e 41 Cost.
8.– Nel merito, con riferimento agli altri parametri, le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai giudici rimettenti non sono fondate.
9.– Il Tribunale di Trieste dubita, innanzi tutto, della legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 13, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, con riferimento all’art. 77 Cost.
9.1.– La questione non è fondata. Questa Corte, con riguardo alla latitudine del proprio controllo sulla sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza, ha più volte affermato che il sindacato sulla legittimità dell’adozione di un decreto-legge, da parte del Governo, deve essere limitato alle ipotesi di evidente mancanza degli stessi o di manifesta irragionevolezza o arbitrarietà della loro valutazione, al fine di evitare la sovrapposizione tra la valutazione politica del Governo e delle Camere.
10.– Comune alle due ordinanze di rimessione è la dedotta violazione dell’art. 3 Cost. Tale parametro, secondo i giudici rimettenti, sarebbe stato violato da parte delle norme rispettivamente censurate perché il legislatore ha previsto, nel 2021, la proroga della sospensione delle procedure esecutive per rilascio degli immobili locati senza consentire al giudice alcuna valutazione né sul nesso di causalità tra l’emergenza pandemica e l’inadempimento del conduttore, né sulla rispettiva situazione economica del locatore e del conduttore, anche rispetto all’incidenza, su ciascuno di essi, della crisi economico-sociale derivante dalle misure di contenimento adottate durante la pandemia.
11.– La questione non è fondata.
11.1.– Occorre muovere dalla considerazione che l’iniziale sospensione, fino al 31 dicembre 2020, dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è fuori dal thema decidendum non solo perché i giudici rimettenti non sono chiamati ad applicare le disposizioni che l’hanno prevista ma anche perché in realtà le loro censure sono dirette nei confronti delle due proroghe della sospensione.
11.2.– Ancorché non censurata, non può non rilevarsi che l’iniziale sospensione, nella sua ampia portata riguardante tutti i provvedimenti di rilascio degli immobili, era motivata dall’eccezionalità della situazione determinata dal rapido diffondersi dalla pandemia da COVID-19, che ha creato un’inedita condizione di grave pericolo per la salute pubblica, costituendo essa «un’emergenza sanitaria dai tratti del tutto peculiari» (sentenza n. 198 del 2021). La rapidità e l’estensione del contagio hanno portato a limitazioni di movimento e di attività nel rispetto di rigide regole di distanziamento e di adozione di dispositivi individuali di protezione. Nell’immediato siffatta emergenza sanitaria ha chiamato in causa, altresì, la solidarietà economica e sociale a cui ciascuno è tenuto nell’esercizio dei propri diritti. In questa eccezionale situazione di emergenza sanitaria, la discrezionalità del legislatore nel disegnare misure di contrasto della pandemia, bilanciando la tutela di interessi e diritti in gioco, è più ampia che in condizioni ordinarie. Al metro di questa maggiormente estesa discrezionalità, una misura come la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, appare quanto meno non manifestamente irragionevole.
11.7.– Nel complesso, quindi, quanto alla proroga nel 2021 della sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, sono stati introdotti «adeguati criteri selettivi» (sentenza n. 128 del 2021), che invece sono mancati nella parallela previsione della proroga della sospensione delle esecuzioni aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore. Ciò rende non irragionevole la proroga, graduata nel tempo secondo le scadenze sopra indicate, della sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio per morosità.
12.– Le ordinanze di rimessione – che deducono, poi, altre censure, in funzione complementare rispetto a quella portante appena esaminata – assumono che le norme censurate violerebbero, altresì, il diritto di proprietà, costituzionalmente e convenzionalmente tutelato, del locatore.
12.1.– Le questioni non sono fondate. Con riferimento all’incidenza sproporzionata della misura in esame sul diritto di proprietà del locatore, occorre ricordare che questa Corte, anche in pronunce recenti, ha ribadito che un’ingerenza nel diritto al pacifico godimento dei beni è ammissibile ove sussista un giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e la salvaguardia dei diritti dell’individuo. L’emergenza pandemica, con la conseguente crisi economico-sociale, costituisce senz’altro un motivo imperativo di interesse generale idoneo a giustificare l’operatività della misura di sospensione.
13.– L’ordinanza del Tribunale di Trieste dubita poi della compatibilità delle norme censurate con l’art. 24 Cost., in quanto le stesse violerebbero il diritto del creditore a soddisfarsi, nell’ipotesi di inadempimento spontaneo del debitore, nella fase esecutiva, essenziale per una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti. Analoghe censure sono sollevate dal Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Savona.
13.1.– Le questioni non sono fondate. Occorre osservare, sotto un primo profilo, che, sebbene l’esecuzione coattiva delle decisioni giudiziarie rientri nell’alveo dell’art. 24 Cost., in quanto essa è fondamentale per una tutela effettiva dei diritti accertati in sede cognitiva (tra le altre, sentenze n. 128 del 2021 e n. 225 del 2018), tuttavia, come costantemente ribadito nella giurisprudenza di questa Corte, il legislatore dispone di un’ampia discrezionalità nella conformazione degli istituti processuali, incontrando il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute, limite che, con riferimento specifico all’art. 24 Cost., viene superato solo qualora emerga un’ingiustificabile compressione del diritto di azione (sentenze n. 80, n. 58 e n. 47 del 2020, n. 271 e n. 97 del 2019; ordinanza n. 3 del 2020).
14.– Per altro verso, neppure sono fondate le questioni sollevate dal Tribunale di Trieste e dal Tribunale di Savona concernenti la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 CEDU, e dal solo Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Savona con riferimento all’art. 111 Cost., laddove assumono un contrasto delle norme censurate con tali parametri rispetto alla ragionevole durata delle procedure esecutive.
Invero, sebbene la Corte EDU abbia affermato che le norme che dispongono la sospensione dei provvedimenti di sfratto incidono sull’effettività della tutela del diritto dell’esecutante, che deve svolgersi entro un termine ragionevole, è necessario che tale diritto, nell’ordinamento interno, venga bilanciato con il complesso delle altre garanzie costituzionali, attesa la valutazione sistematica e non frazionata sulla violazione dei diritti demandata a questa Corte (sentenze n. 46 del 2021, n. 170 e n. 85 del 2013 e n. 264 del 2012). Nell’ambito della predetta valutazione di carattere sistematico, il sacrificio di un diritto costituzionale non è irragionevole, nell’ipotesi in cui sia frutto di scelte non prive di una valida ragione giustificativa (ex plurimis, sentenze n. 23 del 2015 e n. 159 del 2014; ordinanze n. 332 e n. 318 del 2008). Nella specie lo scopo del differimento della tutela esecutiva del locatore può essere individuato nell’eccezionalità della situazione correlata all’emergenza pandemica da COVID-19.