<p style="text-align: justify;"><strong>Massima</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Il concorso di persone nel fatto inadempimento reato può essere l’epifania di una spinta criminale collettiva, dovendosi allora chiedere come si atteggia, in particolare, l’elemento soggettivo di ciascun partecipe e, dunque, il pertinente coefficiente psicologico di consapevole e volontaria “</em>comunanza operazionale<em>” nell’impresa antisociale punibile non monosoggettiva; ma può anche essere il precipitato ultimo dell’iniziativa di chi, appartenente (in via diretta o “</em>indiretta<em>”) allo Stato Apparato, si proponga l’intento di disvelare – nell’interesse “</em>ultimo<em>” dello Stato Comunità - i propositi criminosi di terzi, in tal modo ponendo delle basi di eventuale realizzazione delle pertinenti fattispecie criminose nella relativa foggia tentata, alfine impedendone la consumazione; con la necessità, nondimeno, di attentamente verificare fino a che punto si sia al cospetto di meri “</em>infiltrati-provocatori<em>” ed oltre quale soglia affiorino, piuttosto, degli autentici “</em>istigatori<em>” (o, financo, “</em>determinatori<em>”) del soggetto agente.</em></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Crono-articolo</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Nel diritto romano, che già conosce – seppure in orbita più pratica che teorica - schemi criminosi di “<em>dolo collettivo</em>”, la peculiare figura del c.d. agente provocatore fa embrionalmente capolino affiorando da un vivace dibattito tra i giureconsulti con particolare riguardo al trattamento da riservarsi alla fattispecie in cui uno schiavo – dinanzi alla istigazione di un terzo, orientata a fargli sottrarre alcune <em>res</em> di proprietà del “<em>dominus</em>”– finga di cedere a tale istigazione ed avvisi il padrone di quanto sta accadendo, facendosi autorizzare poi da quest’ultimo a consegnare le <em>res</em> oggetto di sottrazione al terzo, al fine di saggiare da parte del <em>dominus</em> se lo schiavo ridetto sia o meno sincero.</p> <p style="text-align: justify;">Molto più avanti, nel periodo dell’assolutismo francese, affiora poi una figura di “<em>spia</em>” ben contornata, il c.d. delatore che - se in una prima fase si limita, spinto da motivazioni di carattere personale, a riferire taluni intimi atteggiamenti di contrarietà degli “<em>spiati</em>” rispetto alla politica del Re e dell’Aristocrazia - in un secondo momento, su iniziativa del marchese D’Argenson, viene chiamato a far parte di una vera e propria polizia segreta che, come tale, “<em>spia</em>” per dovere d’ufficio, e non più soltanto sulla base di una iniziativa personale; da tale corpo di polizia si viene esclusi in caso di attività spionistica (e di conseguente delazione) che fallisca, ovvero non assicuri alla giustizia gli oppositori del sistema, onde chi ne fa parte inizia a non limitare la propria azione al mero scovare inclinazioni di opposizione al sistema medesimo, prendendo piuttosto – e più efficacemente – a rafforzare o financo a provocare nel soggetto agente una condotta “<em>materializzatrice</em>” della ridetta opposizione, per coglierlo in flagrante e quindi denunciarlo (con successo) all’autorità costituita.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1889</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 30 giugno viene varato il R.D. n.6133, codice Zanardelli, di impianto liberale, che non disciplina esplicitamente la figura del c.d. agente provocatore, prevedendo tuttavia da un lato, all’art.45, che nessuno può essere punito per un delitto se non abbia voluto il fatto che lo costituisce (tranne che la legge ponga tale fatto a relativo carico come conseguenza della sua azione ed omissione); dall’altro, all’art.49, comma 1, n.1, che non è punibile colui che ha commesso il fatto per disposizione della legge o per ordine, che era obbligato ad eseguire, dell’Autorità competente: nondimeno in tale ultimo caso, se il fatto commesso in esecuzione dell’ordine di un pubblico ufficiale costituisca reato, la pena stabilita per il medesimo è applicata al pubblico ufficiale che ha dato l’ordine (art.49, ultimo comma).</p> <p style="text-align: justify;">Ancora, ai sensi dell’art.60, nelle contravvenzioni commesse da chi è soggetto all’altrui autorità, direzione o vigilanza, la pena, oltre alla persona subordinata, si applica anche alla persona rivestita dell’autorità, o incaricata della direzione o vigilanza, se trattasi di contravvenzione a disposizioni che essa era tenuta a far osservare e se la contravvenzione poteva essere impedita dalla relativa diligenza (comma 1); se poi la contravvenzione sia commessa per ordine della persona rivestita dell’autorità, o incaricata della direzione o vigilanza, e violi disposizioni che la persona medesima era tenuta per legge a far osservare, la pena si applica anche alla persona subordinata, nel caso in cui questa abbia commesso la contravvenzione nonostante speciale precetto o avvertimento dell’Autorità (comma 2).</p> <p style="text-align: justify;">Sul versante del concorso di persone nel reato, alla stregua dell’art.63 quando più persone concorrano nell’esecuzione di un reato, ciascuno degli esecutori e cooperatori immediati soggiace alla pena stabilita per il reato stesso (comma 1), ed alla stessa pena soggiace colui che ha determinato altri a commettere il reato, ma all’ergastolo è sostituita la pena delle reclusione dal 25 a 30 anni e le altre pene sono diminuite di 1/6, se l’esecutore del reato lo abbia commesso anche per motivi propri (comma 2). Alla stregua dell’art.64 è poi punito con la reclusione per un tempo non minore di 12 anni, ove la pena stabilita per il reato commesso sia l’ergastolo, e negli altri casi con la pena stabilita per il reato medesimo, diminuita della metà, colui che è concorso nel reato: 1) con l’eccitare o rafforzare la risoluzione di commetterlo, o col promettere assistenza o aiuto da prestarsi dopo il reato; 2) col dare istruzioni o col somministrare mezzi per eseguirlo; 3) col facilitarne l’esecuzione, prestando assistenza od aiuto prima o durante il fatto; la diminuzione di pena per alcuno dei fatti previsti dall’art.64 non è tuttavia applicata se il reato, senza il relativo concorso, non sarebbe stato commesso.</p> <p style="text-align: justify;">L’art.246 punisce poi, nel titolo dedicato ai delitti contro l’ordine pubblico, l’istigazione a delinquere, onde chiunque pubblicamente istiga a commettere un reato è punito, per il solo fatto dell’istigazione: 1) con la reclusione da 3 a 5 anni, se trattasi di delitto per il quale sia stabilita una pena superiore alla reclusione; 2) con la reclusione o con la detenzione sino a 2 anni, se trattasi di delitto per il quale sia stabilita l’una o l’altra di queste pene; 3) con la multa sino a lire 1000 negli altri casi (tuttavia, nei casi previsti dai numeri 2 e 3 non si può mai superare il terzo del massimo della pena stabilita per il reato cui si riferisce l’istigazione).</p> <p style="text-align: justify;">Ai sensi del successivo art.247 chiunque pubblicamente fa l’apologia di un fatto che la legge prevede come delitto, o incita alla disobbedienza alla legge, ovvero incita all’odio fra le varie classi sociali in modo pericoloso per la pubblica tranquillità è punito con la detenzione da 3 mesi ad un anno e con la multa da lire 50 a 1000.</p> <p style="text-align: justify;">Fattispecie particolari sono poi quelle dell’istigazione a commettere delitti contro la personalità dello Stato (art.135), dell’istigazione alla corruzione (art.173) e dell’istigazione al suicidio (art.370).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1930</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 19 ottobre viene varato il R.D. n.1398, nuovo codice penale, che vede il dolo disciplinato all’art.43, onde il delitto è <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/5789.html">doloso</a>, o secondo l'intenzione, quando l'<a href="http://www.brocardi.it/dizionario/4331.html">evento</a> dannoso o pericoloso, che è il risultato dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, è dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della propria <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/4410.html">azione</a> od <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/4334.html">omissione</a>; ancor prima, l’art.42 richiede per la configurabilità del reato-inadempimento la coscienza e volontà (oltre che del nesso eziologico e dell’evento, quale inadempimento-reato strettamente inteso) della condotta (azione od omissione) che conduce all’evento (medesimo): nella relazione al codice si parla in proposito di volontà che è capace di dominare la condotta e dunque di condotta dominabile o di signoria del volere.</p> <p style="text-align: justify;">Stando poi all’art.62 attenua il reato, quando non ne sia elemento costitutivo o <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/4379.html">circostanze attenuante special</a>e, tra l’altro (n.2), l'aver agito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui (c.d. provocazione).</p> <p style="text-align: justify;">In tema di concorso di persone nel reato rileva poi il successivo art.110, onde quando più persone concorrono nel “<em>medesimo <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/4329.html">reato</a></em>”, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli successivi.</p> <p style="text-align: justify;">Così, ad esempio ai sensi dell’art.111 chi ha <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/4437.html">determinato</a> a commettere un <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/4329.html">reato</a> una persona <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/4412.html">non imputabile</a>, ovvero non punibile a cagione di una condizione o qualità personale, risponde del reato da questa commesso, e la pena è aumentata; se si tratta di delitti per i quali è previsto l'arresto in flagranza, la pena è aumentata da un terzo alla metà (comma 1); se chi ha determinato altri a commettere il reato ne è il genitore esercente la potestà, la pena è aumentata fino alla metà o, se si tratta di delitti per i quali è previsto l'arresto in flagranza, da un terzo a due terzi (comma 2).</p> <p style="text-align: justify;">Stando poi al successivo art.112 la pena da infliggere per il reato commesso è aumentata (circostanza aggravante): 1) se il numero delle persone, che sono concorse nel reato, e' di cinque o più, salvo che la legge disponga altrimenti; 2) per chi, anche fuori dei casi preveduti dai due numeri seguenti, ha promosso od organizzato la cooperazione nel reato, ovvero diretto l'attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo; 3) per chi, nell'esercizio della sua autorità, direzione o vigilanza, ha determinato a commettere il reato persone ad esso soggette; 4) per chi, fuori del caso preveduto dall'articolo precedente, ha determinato a commettere il reato un minore degli anni 18, o una persona in stato d'infermità o di deficienza psichica (con aggravamenti di pena, siccome stabiliti nei numeri 1, 2 e 3, che si applicano anche se taluno dei partecipi al fatto non e' imputabile o non e' punibile).</p> <p style="text-align: justify;">Alla stregua dell’art.114 il giudice, qualora ritenga che l'opera prestata da taluna delle persone che sono concorse nel reato a norma degli articoli 110 e 113 (cooperazione colposa) abbia avuto minima importanza nella preparazione o nell'esecuzione del reato, può diminuire la pena (comma 1), disposizione in tema di circostanza attenuante che tuttavia non si applica nei casi indicati nell'articolo 112 (comma 2); la pena può altresì essere diminuita per chi e' stato determinato a commettere il reato o a cooperare nel reato, quando concorrono le condizioni stabilite nei numeri 3° e 4° dell'articolo 112 (comma 3).</p> <p style="text-align: justify;">Stando poi all’art.115, salvo che la legge disponga altrimenti, qualora due o più persone si accordino allo scopo di commettere un reato, e questo non sia commesso, nessuna di esse e' punibile per il solo fatto dell'accordo (comma 1); nondimeno, nel caso di accordo per commettere un delitto, il giudice può applicare una misura di sicurezza (comma 2); le stesse disposizioni (e dunque la non punibilità) si applicano nel caso di istigazione a commettere un reato, se la istigazione e' stata accolta, ma il reato non e' stato commesso (comma 3); nondimeno, qualora la istigazione non sia stata accolta, e si sia trattato d'istigazione a un delitto, l'istigatore può essere sottoposto a misura di sicurezza.</p> <p style="text-align: justify;">L’istigazione “<em>pubblica</em>” a delinquere è poi prevista e punita dall’art.414, onde chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati e' punito, per il solo fatto dell'istigazione: 1) con la reclusione da 1 a 5 anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti; 2) con la reclusione fino a 1 anno, ovvero con la multa fino a lire 2000, se trattasi di istigazione a commettere contravvenzioni (comma 1); se si tratta di istigazione a commettere uno o più delitti e una o più contravvenzioni, si applica la pena stabilita nel numero 1 (comma 2: reclusione da 1 a 5 anni). Alla pena stabilita nel numero 1) soggiace poi anche chi “<em>pubblicamente</em>” fa l'apologia di uno o più delitti (comma 3). Il successivo art.415 punisce infine chiunque pubblicamente istiga alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico, ovvero all'odio fra le classi sociali con la reclusione da 6 mesi a 5 anni.</p> <p style="text-align: justify;">L’art.322 prevede specificamente l’istigazione alla corruzione, onde chiunque offre o promette denaro od altra utilità, come retribuzione non dovuta, a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio che rivesta la qualità di pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto dell'ufficio o servizio, soggiace, qualora la offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nella prima parte dell'articolo 318, ridotta di un terzo (comma 1); se l'offerta o la promessa e' fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio a omettere o a ritardare un atto dell'ufficio o servizio, ovvero a fare un atto contrario ai propri doveri, il colpevole soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nella prima parte dell'articolo 319, sempre ridotta di un terzo (comma 2).</p> <p style="text-align: justify;">Sul versante delle scriminanti o cause di giustificazione, particolarmente importante l’art.51 alla cui stregua – oltre all’<a href="https://www.brocardi.it/dizionario/4355.html">esercizio di un diritto</a> – anche l'<a href="https://www.brocardi.it/dizionario/4356.html">adempimento di un dovere</a> imposto da una <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/4357.html">norma giuridica</a> o da un <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/4358.html">ordine legittimo</a> della pubblica <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/4359.html">Autorità</a>, esclude la <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/5666.html">punibilità</a> (comma 1); peraltro, se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell'Autorità, del reato risponde sempre il <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/3153.html">pubblico ufficiale</a> che ha dato l'ordine (comma 2) e ne risponde altresì chi ha eseguito l'ordine, salvo che, per <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/4347.html">errore di fatto</a>, abbia ritenuto di obbedire ad un ordine legittimo (comma 3); infine, non è punibile chi esegue l'ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell'ordine medesimo (comma 4).</p> <p style="text-align: justify;">Significativo infine l’art.49 alla cui stregua non è <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/5666.html">punibile</a> tanto chi commette un fatto non costituente <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/4329.html">reato</a>, nella supposizione erronea che esso costituisca reato (comma 1: c.d. reato erroneamente supposto) quanto chi commetta un fatto in relazione al quale, per la <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/4350.html">inidoneità dell'azione</a> o per la inesistenza dell'oggetto di essa, è impossibile l'<a href="https://www.brocardi.it/dizionario/4331.html">evento</a> dannoso o pericoloso (comma 2: c.d. reato impossibile). Nondimeno, in entrambi i ridetti casi, se concorrono nel fatto gli <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/4329.html">elementi costitutivi</a> di un reato diverso, si applica la pena stabilita per il reato effettivamente commesso (comma 3); ed in particolare nel caso del reato impossibile il giudice può ordinare che l'imputato prosciolto sia sottoposto a <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/4552.html">misura di sicurezza</a> (comma 4).</p> <p style="text-align: justify;">Con riguardo più in specie alla c.d. “<em>azione inidonea</em>”, si pone il problema di capire se essa vada considerata tale (recando seco un “<em>reato impossibile</em>”) a valle di una valutazione <em>ex ante</em>, ovvero piuttosto di un giudizio <em>ex post</em>, e se l’azione vada assunta idonea o non idonea considerandola autonomamente ovvero mettendola in relazione con comportamenti (quand’anche latamente “<em>provocatori</em>”) di soggetti terzi.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1948</strong></p> <p style="text-align: justify;">Viene varata la Costituzione che prevede la natura personale della responsabilità penale, cui è connessa la funzione tendenzialmente rieducativa della pena (art.27): il condannato deve percepire la pena come tendenzialmente rieducativa per la commissione di un fatto penalmente rilevante che gli viene rimproverato anche “<em>collettivamente</em>”, e dunque anche quando lo abbia commesso in concorso con altri soggetti attivi, circostanza da escludersi in presenza di fattispecie in cui la condotta (azione od omissione), pur in qualche modo riconducibile alla coscienza e volontà del relativo autore, abbia avuto come scopo non già quello di commettere un fatto inadempimento reato, quanto piuttosto di saggiare se terzi siano in procinto di commetterlo o ne abbiano commesso alcuno.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1978</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’11 luglio viene varata la legge n.382, recante norme di principio sulla disciplina militare, alla stregua del cui art.4 l'assoluta fedeltà alle istituzioni repubblicane e' il fondamento dei doveri del militare, il quale deve osservare con senso di responsabilità e consapevole partecipazione tutte le norme attinenti alla disciplina ed ai rapporti gerarchici. Deve essere sempre garantita nei rapporti personali la pari dignità di tutti i militari. Gli ordini in particolare devono, conformemente alle norme in vigore, attenere alla disciplina, riguardare il servizio e non eccedere i compiti di istituto. Alla stregua del comma 5, il militare al quale viene impartito un ordine manifestamente rivolto contro le istituzioni dello Stato o la cui esecuzione costituisce comunque manifestamente reato, ha il dovere di non eseguire l'ordine e di informare al più presto i superiori.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1984</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 20 ottobre esce la sentenza della sezione I della Cassazione n. 8870 alla cui stregua per aversi dolo di concorso è sufficiente anche una unilaterale consapevolezza, da parte di uno dei soggetti agenti, di contribuire all’altrui condotta criminosa.</p> <p style="text-align: justify;">Più precisamente, per la Corte al fine di affermare la penale responsabilità di un soggetto a titolo di concorso in un reato doloso è sufficiente, sotto il profilo oggettivo, che lo stesso abbia apportato un contributo di ordine materiale e psicologico – non necessariamente causale, purché, con giudizio di prognosi postuma, idoneo – alla realizzazione della condotta tipica, anche sotto il solo aspetto del tentativo, di un reato, posta in essere da un numero di soggetti superiore a quello che la legge ritiene necessario per l’esistenza di quel reato, onde nei reati monosoggettivi sono necessarie e sufficienti almeno 2 persone, e senza che, comunque, sia necessario che gli altri concorrenti siano tutti imputabili o abbiano tutti agito con dolo, in quanto per la Corte ciò concerne non la sussistenza del concorso, ossia il carattere plurisoggettivo della fattispecie, ma soltanto la punibilità degli stessi.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1987</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 febbraio esce la sentenza della sezione II della Cassazione alla cui stregua perché si configuri il dolo di concorso è sufficiente anche un accordo improvviso tra i soggetti agenti che intervenga durante l’esecuzione della fattispecie criminosa, anche prescindendo dunque da un previo concerto in ordine alla medesima, come invece predicato da parte della dottrina.</p> <p style="text-align: justify;">Per la Corte, più precisamente, la partecipazione ad un reato non postula necessariamente un previo, pertinente accordo palesandosi piuttosto sufficiente che il correo, oltre a rappresentarsi l’evento per il comportamento dell’altro complice, lo abbia voluto con una volontà che accomuna la condotta dei partecipanti, insorta anche per repentino svolgersi di un fatto improvviso, con la conseguenza che il concorso morale comporta l’addebitabilità del reato anche se quest’ultimo non sia stato dal compartecipe materialmente commesso.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1988</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 22 settembre viene varato il D.p.R. n.477, nuovo codice di procedura penale, secondo il cui art.55 la <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/5562.html">polizia giudiziaria</a> deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale (comma 1); essa svolge ogni indagine e <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/5563.html">attività disposta o delegata</a> dall'autorità giudiziaria <a href="https://www.brocardi.it/codice-di-procedura-penale/libro-primo/titolo-iii/art55.html#nota_12933">(comma 2)</a>; tutte le ridette funzioni sono svolte dagli <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/5567.html">ufficiali</a> e dagli <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/5568.html">agenti di polizia giudiziaria</a> (comma 3).</p> <p style="text-align: justify;">Da tenere presente anche l’art.383 del codice onde nei casi previsti dall'articolo <a href="https://www.brocardi.it/codice-di-procedura-penale/libro-quinto/titolo-vi/art380.html">380</a> (reati particolarmente gravi per i quali è previsto l’obbligo dell’arresto in flagranza da parte delle forze dell’ordine) ogni persona è autorizzata a procedere all'<a href="https://www.brocardi.it/dizionario/5879.html">arresto in flagranza</a>, quando si tratta di <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/5813.html">delitti perseguibili di ufficio</a> (comma 1), e la persona che ha eseguito l'arresto deve senza ritardo consegnare l'arrestato e le cose costituenti il <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/5831.html">corpo del reato</a> alla polizia giudiziaria la quale redige il verbale della consegna e ne rilascia copia (comma 2).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1990</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 ottobre viene varato il D.p.R. n.309, recante testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, secondo il cui art.97, significativamente rubricato “<em>acquisto simulato di droga</em>”, fermo il disposto dell'art. 51 del codice penale, non sono punibili gli ufficiali di polizia giudiziaria addetti alle unità specializzate antidroga, i quali, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti previsti dal D.p.R. medesimo ed in esecuzione di operazioni anti-crimine specificatamente disposte dal Servizio centrale antidroga o, d'intesa con questo, dal questore o dal comandante del gruppo dei Carabinieri o della Guardia di finanza o dal comandante del nucleo di polizia tributaria, procedono all'acquisto di sostanze stupefacenti o psicotrope (comma 1); di tale acquisto di sostanze stupefacenti o psicotrope va data immediata e dettagliata comunicazione al Servizio centrale antidroga ed all'autorità giudiziaria; questa, se richiesta dalla polizia giudiziaria, può, con decreto motivato, differire il sequestro fino alla conclusione delle pertinenti indagini (comma 2).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1991</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 31 dicembre viene varato il decreto legge n.419, recante istituzione del Fondo di sostegno per le vittime di richieste estorsive, secondo il cui art.10 quando e' necessario per acquisire rilevanti elementi probatori ovvero per la individuazione o cattura dei responsabili dei delitti di cui agli articoli 629, 629-bis, 648-bis e 648-ter del codice penale, il PM può, con decreto motivato, ritardare l'esecuzione dei provvedimenti che applicano una misura cautelare, dell'arresto, del fermo dell'indiziato di delitto o del sequestro; nei casi di urgenza il ritardo nell'esecuzione dei predetti provvedimenti può essere disposto anche oralmente, ma il relativo decreto deve essere emesso entro le successive 48 ore (comma 1).</p> <p style="text-align: justify;">Per gli stessi motivi gli ufficiali di polizia giudiziaria possono omettere o ritardare gli atti di propria competenza, dandone immediato avviso, anche oralmente, al PM competente per le indagini, e provvedono a trasmettere allo stesso motivato rapporto entro le successive 48 ore (comma 2).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1992</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 7 agosto viene varata la legge n.356, che converte con modificazioni il decreto legge n.306.92 (recante modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa) inserendovi tra gli altri un nuovo art.12 quater, rubricato significativamente “<em>ricettazione di armi, riciclaggio e reimpiego simulati</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">Stando al relativo comma 1, fermo quanto disposto dall'articolo 51 del codice penale, non sono punibili gli ufficiali di polizia giudiziaria della Direzione investigativa antimafia o dei servizi centrali e interprovinciali di cui all'articolo 12 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, i quali, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti di cui agli articoli 648-bis e 648- ter del codice penale, procedono alla sostituzione di denaro, beni o altre utilità provenienti da taluno dei delitti indicati nei suddetti articoli, o altrimenti procedono in modo da ostacolarne l'identificazione della provenienza ovvero in modo da consentirne l'impiego.</p> <p style="text-align: justify;">Stando poi al successivo comma 2, sempre fermo quanto disposto dall'articolo 51 del codice penale, non sono altresì punibili gli ufficiali di polizia giudiziaria della Direzione investigativa antimafia o dei servizi centrali e interprovinciali di cui all'articolo 12 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, i quali, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine a delitti concernenti armi, munizioni od esplosivi, acquistano o ricevono od occultano o comunque si intromettono nel fare acquisire, ricevere od occultare le armi, le munizioni o gli esplosivi medesimi.</p> <p style="text-align: justify;">Delle operazioni indicate nei commi 1 e 2 va data immediata notizia all'autorità giudiziaria che, se richiesta dagli ufficiali di polizia giudiziaria procedenti, può con decreto motivato, differire il sequestro del denaro, dei beni o delle altre utilità, ovvero delle armi, delle munizioni o degli esplosivi fino alla conclusione delle indagini disponendo se necessario specifiche prescrizioni per la pertinente conservazione (comma 3). L'esecuzione delle ridette operazioni e' disposta dal capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza, dal comandante generale dell'Arma dei carabinieri ovvero della Guardia di finanza a seconda che si tratti di servizio appartenente all'una o all'altra forza di polizia; e' disposta dall'Alto commissario per il coordinamento della lotta alla delinquenza di tipo mafioso quando ad essa procedono ufficiali di polizia giudiziaria della Direzione investigativa antimafia.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1994</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’11 aprile esce la sentenza della VI sezione della Cassazione n.6425 che, con riferimento alle norme dettate in tema di sostanze stupefacenti, assume – conformemente a collaudata giurisprudenza sul punto - non estensibile ai “<em>privati collaboratori della polizia giudiziaria</em>” le specifiche cause di non punibilità previste per la PG con riguardo ad operazioni sotto copertura.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1998</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 3 agosto viene varata la legge n.269, recante norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove e peculiari forme di riduzione in schiavitù; il relativo art.14 – rubricato “<em>attività di contrasto</em>” – prevede al comma 1 che nell'ambito delle operazioni disposte dal questore o dal responsabile di livello almeno provinciale dell'organismo di appartenenza, gli ufficiali di polizia giudiziaria delle strutture specializzate per la repressione dei delitti sessuali o per la tutela dei minori, ovvero di quelle istituite per il contrasto dei delitti di criminalità organizzata, possono, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti di cui agli articoli 600-bis, primo comma, 600-ter, commi primo, secondo e terzo, e 600-quinquies del codice penale, introdotti dalla legge in parola, procedere all'acquisto simulato di materiale pornografico e alle relative attività di intermediazione, nonché partecipare alle iniziative turistiche di cui all'articolo 5 della legge stessa; dell'acquisto ridetto va data immediata comunicazione all'autorità giudiziaria che può, con decreto motivato, differire il sequestro sino alla conclusione delle indagini.</p> <p style="text-align: justify;">Alla stregua del comma 2, nell'ambito dei compiti di polizia delle telecomunicazioni, definiti con il decreto di cui all'articolo 1, comma 15, della legge 31 luglio 1997, n. 249, l'organo del Ministero dell'interno per la sicurezza e la regolarità dei servizi di telecomunicazione svolge, su richiesta dell'autorità giudiziaria, motivata a pena di nullità, le attività occorrenti per il contrasto dei delitti di cui agli articoli 600-bis, primo comma, 600-ter, commi primo, secondo e terzo, e 600-quinquies del codice penale commessi mediante l'impiego di sistemi informatici o mezzi di comunicazione telematica ovvero utilizzando reti di telecomunicazione disponibili al pubblico. A tal fine, il personale addetto può utilizzare indicazioni di copertura, anche per attivare siti nelle reti, realizzare o gestire aree di comunicazione o scambio su reti o sistemi telematici, ovvero per partecipare ad esse. Il predetto personale specializzato effettua con le medesime finalità le attività di cui al comma 1 anche per via telematica.</p> <p style="text-align: justify;">L'autorità giudiziaria può poi (comma 3), con decreto motivato, ritardare l'emissione o disporre che sia ritardata l'esecuzione dei provvedimenti di cattura, arresto o sequestro, quando sia necessario per acquisire rilevanti elementi probatori, ovvero per l'individuazione o la cattura dei responsabili dei delitti di cui agli articoli 600-bis, primo comma, 600-ter, commi primo, secondo e terzo, e 600- quinquies del codice penale. Quando e' identificata o identificabile la persona offesa dal reato, il provvedimento e' adottato sentito il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni nella cui circoscrizione il minorenne abitualmente dimora.</p> <p style="text-align: justify;">L'autorità giudiziaria può infine affidare (comma 4) il materiale o i beni sequestrati in applicazione della legge, in custodia giudiziale con facoltà d'uso, agli organi di polizia giudiziaria che ne facciano richiesta per l'impiego nelle attività di contrasto di cui all’articolo in parola.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2001</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 18 ottobre viene varato il decreto legge n.374, recante disposizioni urgenti per contrastare il terrorismo internazionale, il cui art.4 disciplina ancora una volta le attività sotto copertura</p> <p style="text-align: justify;">Alla stregua del comma 1, fermo quanto disposto dall'articolo 51 del codice penale, non sono punibili gli ufficiali di Polizia giudiziaria che nel corso di specifiche operazioni di polizia previamente autorizzate, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti commessi con finalità di terrorismo anche internazionale per cui procedono, anche indirettamente acquistano, ricevono, sostituiscono od occultano denaro, armi, documenti, beni ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto o mezzo per commettere il reato, o altrimenti ostacolano l'individuazione della provenienza o ne consentono l'impiego.</p> <p style="text-align: justify;">Per le stesse indagini di cui al comma 1, ai sensi del comma 2 gli ufficiali ed agenti di Polizia giudiziaria possono utilizzare indicazioni di copertura anche per attivare o entrare in contatto con soggetti e siti nelle reti di comunicazione, informandone il pubblico ministero entro le 48 ore successive all'inizio delle attivita'.</p> <p style="text-align: justify;">Nei procedimenti per i delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), n. 4 del codice di procedura penale, si applicano – ai sensi del comma 3 - le disposizioni dell'articolo 10 del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172.</p> <p style="text-align: justify;">Le operazioni indicate nei commi 1 e 2 sono effettuate dagli ufficiali di Polizia giudiziaria appartenenti agli organismi investigativi della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri specializzati nell'attività di contrasto al terrorismo e all'eversione e della Guardia di finanza competenti nelle attività di contrasto al finanziamento del terrorismo anche internazionale (comma 4). L'esecuzione delle operazioni di cui ai commi 1 e 2 e' disposta, secondo l'appartenenza del personale di Polizia giudiziaria, dal Capo della Polizia o dal Comandante generale dell'Arma dei carabinieri o della Guardia di finanza per le attribuzioni inerenti ai propri compiti istituzionali, ovvero, per loro delega, rispettivamente dal questore o dal responsabile di livello provinciale dell'organismo di appartenenza, ai quali deve essere data immediata comunicazione dell'esito della pertinente operazione (comma 5). L'organo che dispone l'esecuzione dell'operazione deve dare preventiva comunicazione al PM competente per le indagini, indicando, quando richiesto, anche il nominativo dell'ufficiale di Polizia giudiziaria responsabile dell'operazione. Il PM deve essere informato altresi' dei risultati dell'operazione (comma 6).</p> <p style="text-align: justify;">Infine, gli ufficiali di Polizia giudiziaria possono avvalersi di ausiliari, ai quali si estende la causa di non punibilita' di cui al comma 1. Per l'esecuzione delle operazioni può essere autorizzata l'utilizzazione temporanea di beni mobili ed immobili, nonché di documenti di copertura secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia e con gli altri Ministri interessati. Con lo stesso decreto sono stabilite le disposizioni per il coordinamento operativo ed informativo delle Forze di polizia, anche in relazione a specifiche esigenze investigative (comma 7).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 15 dicembre viene varata la legge n.438 che converte in legge, con modificazioni, il decreto legge n.374, alla cui stregua (nuovo art.4) le operazioni di polizia sotto copertura possono avvenire anche per interposta persona ed anche acquistando, ricevendo, sostituendo od occultando stupefacenti; è possibile utilizzare documenti di identità sotto copertura ed il PM va informato al più presto (comunque, entro le 48 ore successive); allo stesso PM il nominativo dell’ufficiale di PG responsabile dell’operazione va comunicato se necessario o se richiesto, assieme a quello degli eventuali ausiliari impiegati; il PM deve comunque essere informato senza ritardo a cura del medesimo organo che dispone l’operazione sotto copertura, nel corso della operazione medesima, delle modalità e dei soggetti che vi abbiano partecipato, nonché dei risultati della stessa.</p> <p style="text-align: justify;">Infine, con il decreto del Ministro dell’Interno previsto dal comma 7 vanno definite le forme e le modalita' per il coordinamento, a fini informativi e operativi, tra gli organismi investigativi di cui al comma 4.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2003</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’11 agosto viene varata la legge n.228 recante misure contro la tratta di persone, secondo il cui art.10, comma 1, in relazione ai procedimenti per i delitti previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, del codice penale, nonché dall'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, si applicano le disposizioni dell'articolo 4, commi 1, 2, 4, 5, 6 e 7, del decreto-legge 18 ottobre 2001, n. 374, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2001, n. 438 (operazioni sotto copertura), venendo comunque fatto salvo quanto previsto dall'articolo 14 della legge 3 agosto 1998, n. 269 (comma 2).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2004</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 novembre viene varata la legge n.271, che converte in legge con modificazioni il decreto legge 241.04 recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, ed il cui art.1 ter introduce nell’art.12 del decreto legislativo 286.98 in materia di immigrazione un comma 3 septies alla cui stregua in relazione ai procedimenti per i delitti previsti dal precedente comma 3, si applicano le disposizioni' dell'articolo 10 della legge 11 agosto 2003, n. 228, e successive modificazioni, concernente operazioni sotto copertura. L'esecuzione delle ridette operazioni e' disposta d'intesa con la Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia, delle frontiere.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2005</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 30 dicembre viene varato il decreto legge n.272, recante misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell'Amministrazione dell'interno, oltre a disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2006</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 21 febbraio viene varata la legge n.49 che converte in legge, con modificazioni, il decreto legge n.272.05, modificandone l’epigrafe in “<em>Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonche' la funzionalita' dell'Amministrazione dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309”</em>. In particolare, il nuovo art.4 terdecies incide sulla disciplina delle operazioni sotto copertura in materia di sostanze stupefacenti di cui all’art.97 del D.p.R. 309.90.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 marzo viene varata la legge n.146, recante ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001. Importante in particolare il relativo art.9, che disciplina le c.d. operazioni “<em>sotto copertura</em>”, sancendone la non punibilità e ad un tempo lasciando fermo quanto disposto dall’art.51 c.p. in tema di adempimento del dovere come scriminante; il tutto in adempimento di precisi, pertinenti obblighi internazionali.</p> <p style="text-align: justify;">Più in specie, muovendo dal comma 1, fermo quanto disposto dall'articolo 51 del codice penale, non sono punibili: a) gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, nei limiti delle proprie competenze, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e, comunque, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti previsti dagli articoli 648-bis e 648-ter nonche' nel libro II, titolo XII, capo III, sezione I, del codice penale, ai delitti concernenti armi, munizioni, esplosivi, ai delitti previsti dall'articolo 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché dall'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, anche per interposta persona, danno rifugio o comunque prestano assistenza agli associati, acquistano, ricevono, sostituiscono od occultano denaro, armi, documenti, stupefacenti, beni ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto o mezzo per commettere il reato o altrimenti ostacolano l'individuazione della loro provenienza o ne consentono l'impiego; b) gli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti agli organismi investigativi della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri specializzati nell'attività di contrasto al terrorismo e all'eversione e del Corpo della guardia di finanza competenti nelle attività di contrasto al finanziamento del terrorismo, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e, comunque, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti commessi con finalità di terrorismo, anche per interposta persona, compiono le attività di cui alla lettera a).</p> <p style="text-align: justify;">Ai sensi poi del comma 2, negli stessi casi previsti dal comma 1, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono utilizzare documenti, identità o indicazioni di copertura anche per attivare o entrare in contatto con soggetti e siti nelle reti di comunicazione, informandone il pubblico ministero al più presto e comunque entro le 48 ore dall'inizio delle pertinenti attività. L'esecuzione delle operazioni di cui ai commi 1 e 2 e' disposta, secondo l'appartenenza del personale di polizia giudiziaria, dagli organi di vertice ovvero, per loro delega, dai rispettivi responsabili di livello almeno provinciale, d'intesa con la Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere per i delitti previsti dall'articolo 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (comma 3).</p> <p style="text-align: justify;">Ai sensi del comma 4, l'organo che dispone l'esecuzione delle operazioni di cui ai commi 1 e 2 deve dare preventiva comunicazione al PM competente per le indagini, indicando, se necessario o se richiesto, anche il nominativo dell'ufficiale di polizia giudiziaria responsabile dell'operazione, nonché il nominativo degli eventuali ausiliari impiegati. Il PM deve comunque essere informato senza ritardo, a cura del medesimo organo, nel corso della operazione delle modalità e dei soggetti che vi partecipano, nonché dei risultati della stessa.</p> <p style="text-align: justify;">Stando al successivo comma 5, per l'esecuzione delle operazioni di cui ai commi 1 e 2, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono avvalersi di ausiliari ai quali si estende la causa di non punibilità prevista per i medesimi casi; per l'esecuzione delle operazioni può essere autorizzata l'utilizzazione temporanea di beni mobili ed immobili, di documenti di copertura, l'attivazione di siti nelle reti, la realizzazione e la gestione di aree di comunicazione o scambio su reti o sistemi informatici, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia e con gli altri Ministri interessati. Con il medesimo decreto sono stabilite altresì le forme e le modalità per il coordinamento, anche in ambito internazionale, a fini informativi e operativi tra gli organismi investigativi.</p> <p style="text-align: justify;">Quando e' necessario per acquisire rilevanti elementi probatori ovvero per l'individuazione o la cattura dei responsabili dei (gravi) delitti previsti dal comma 1 nonché di quelli previsti dagli articoli 629 e 644 del codice penale, gli ufficiali di polizia giudiziaria nell'ambito delle rispettive attribuzioni possono poi omettere o ritardare gli atti di propria competenza, dandone immediato avviso, anche oralmente, al PM e provvedono a trasmettere allo stesso motivato rapporto entro le successive 48 ore (comma 6). Per gli stessi motivi, il PM può, con decreto motivato, ritardare l'esecuzione dei provvedimenti che applicano una misura cautelare, del fermo dell'indiziato di delitto, dell'ordine di esecuzione di pene detentive o del sequestro; nei casi di urgenza, il ritardo dell'esecuzione dei predetti provvedimenti può essere disposto anche oralmente, ma il relativo decreto deve essere emesso entro le successive 48 ore; il PM impartisce alla polizia giudiziaria le disposizioni necessarie al controllo degli sviluppi dell'attività criminosa, comunicando i provvedimenti adottati all'autorità giudiziaria competente per il luogo in cui l'operazione deve concludersi ovvero attraverso il quale si prevede sia effettuato il transito in uscita dal territorio dello Stato ovvero in entrata nel territorio dello Stato delle cose che sono oggetto, prodotto, profitto o mezzo per commettere i delitti (comma 7). E’ peraltro previsto che le comunicazioni di cui ai commi 4 e 6 ed i provvedimenti adottati dal PM ai sensi del comma 7 siano senza ritardo trasmessi al procuratore generale presso la corte d'appello; per i delitti indicati all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, la comunicazione e' data al procuratore nazionale antimafia (comma 8).</p> <p style="text-align: justify;">Ai sensi del comma 9, l'autorità giudiziaria può affidare il materiale o i beni sequestrati in custodia giudiziale, con facoltà d'uso, agli organi di polizia giudiziaria che ne facciano richiesta per l'impiego nelle attività di contrasto previste nella disposizione <em>de qua</em>.</p> <p style="text-align: justify;">Chiunque, nel corso delle operazioni in parola, indebitamente rivela ovvero divulga i nomi degli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria che effettuano le operazioni stesse, e' punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da 2 a 6 anni (comma 10).</p> <p style="text-align: justify;">L’ultimo comma (il comma 11) della disposizione abroga diverse disposizioni analoghe previste in settori speciali (come per esempio in tema di criminalità organizzata, di immigrazione clandestina, di reati a sfondo sessuale e di traffico di stupefacenti), in precedenza tipizzate dal legislatore a partire dagli anni Novanta, divenendo così – attraverso una sorta di <em>reductio ad unum</em> - la sola norma di riferimento per la disciplina, per l’appunto, delle operazioni “<em>sotto copertura</em>”. Più in specie vengono abrogati: a) l'articolo 10 del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172, e successive modificazioni; b) l'articolo 12-quater del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356; c) l'articolo 12, comma 3-septies, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286; d) l'articolo 14, comma 4, della legge 3 agosto 1998, n. 269; e) l'articolo 4 del decreto-legge 18 ottobre 2001, n. 374, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2001, n. 438; f) l'articolo 10 della legge 11 agosto 2003, n. 228.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2008</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 21 febbraio esce la sentenza della I sezione della Corte EDU n.15100, <em>Pyrgiotakis C. Grecia</em>, onde va dichiarata la violazione della Convenzione, per difetto di un processo equo, laddove nulla indichi che - senza l’intervento dell’agente provocatore - il pertinente reato sarebbe stato comunque commesso dal soggetto agente.</p> <p style="text-align: justify;">Per la Corte, quando il reato non sarebbe stato commesso senza l'intervento del “<em>provocatore</em>”, è ravvisabile un caso per l’appunto di ‘<em>provocazione’</em> tale da potere inficiare il carattere equo della procedura, come nel caso di specie in cui nulla dagli atti ha fatto affiorare che il ricorrente si sarebbe comunque determinato alla commissione del reato se non ci fosse stato l’intervento dell’agente infiltrato; il comportamento realizzato sotto copertura non si è dunque limitato a disvelare un’intenzione criminale già esistente, piuttosto determinandola <em>ex novo</em>, con conseguente violazione dell’art.6 della Convenzione EDU sul c.d. “<em>processo equo</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 9 ottobre esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.38488, alla cui stregua la disciplina ormai unitaria del c.d. agente provocatore o “<em>sotto copertura</em>”, siccome dettata dall’art.9 della legge 146.06, risulta ispirata a due canoni basilari, onde da un lato non sono consentite tecniche investigative che si concretizzino in una vera e propria induzione o incitazione al crimine del soggetto sottoposto ad indagini sotto copertura; dall’altro, l'agente sotto copertura non può commettere azioni illecite diverse da quelle espressamente dichiarate non punibili o ad esse strumentali e strettamente connesse.</p> <p style="text-align: justify;">Per la Corte, su diverso crinale (processuale), laddove l'agente infiltrato agisca in mancanza dei presupposti di legge o esorbiti dai limiti imposti alla relativa azione e si ravvisi nel di lui comportamento un fatto penalmente rilevante, egli assume la figura di coimputato o di imputato in procedimento connesso o collegato e, pertanto, alle relative dichiarazioni devono applicarsi le regole di assunzione e di valutazione di cui agli artt. 210 e 192 c.p.p.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2010</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’8 marzo esce la sentenza della IV sezione della Cassazione n.9188 che si occupa della relazione che intercorre tra l’art. 51 c.p. (scriminante dell’adempimento del dovere) e l’art. 97 d.P.R. n. 309 del 1990 (speciale causa di giustificazione nell’acquisto simulato di droga da parte degli ufficiali di polizia giudiziaria addetti alle unità antidroga), con specifico riguardo all'acquisto simulato di droga da parte di un agente di polizia giudiziaria non appartenente alle unità specializzate antidroga.</p> <p style="text-align: justify;">Per la Corte va assunto sussistente un rapporto di sussidiarietà tra le due norme, onde l’attività di un agente (e, dunque, non di un ufficiale) di polizia che - in esecuzione dell’ordine di servizio ricevuto di inserirsi in un individuato traffico illecito di sostanze stupefacenti, al fine di assicurarne le prove e individuarne i partecipanti - contatti i venditori, simuli di voler acquistare una quantità di droga e si rechi sul posto convenuto per la consegna di essa – pur in ipotesi di inapplicabilità del d.P.R. n. 309 del 1990, art. 97 per carenza dei requisiti soggettivi ivi previsti - non può ritenersi estranea all’ambito dell’art. 51 c.p., ossia all'adempimento di un dovere di polizia giudiziaria, in quanto finalizzata alla ricerca delle prove, alla individuazione dei responsabili e al contenimento di una illecita attività, nota alla polizia e in corso di svolgimento.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 13 agosto viene varata la legge 136, recante “<em>Piano straordinario contro le mafie, nonche' delega al Governo in materia di normativa antimafia</em>”, il cui art.8 incide sull’art.9 della legge 146.06 con riguardo alle operazioni sotto copertura, modificandone l’impianto generale e consentendone l’operatività ad una gamma di delitti più ampia rispetto a quella originaria, con particolare riguardo alle ipotesi non aggravate di favoreggiamento all’immigrazione clandestina e alle fattispecie organizzative finalizzate al traffico illecito di rifiuti.</p> <p style="text-align: justify;">Più nel dettaglio, la disciplina generale delle operazioni sotto copertura di cui all’art.9 (comma 1) ridetto si applica ora: ai delitti previsti dagli artt, 473, 474, 629, 630, 644, 648-bis e 648-fer, nonché nel libro II, titolo XII, capo III, sezione I (delitti contro la personalità individuale) del codice penale; delitti concernenti armi, munizioni, esplosivi; delitti previsti dall'art. 12, commi 1, 3, 3-bis e 3-fer, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286; delitti previsti dal testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309; delitti previsti dall’art. 260 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti); delitti previsti dall’art. 3 della l. 20 febbraio 1958, n. 75 (c.d. “<em>legge Merlin</em>”, in tema di abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui); delitti commessi con finalità di terrorismo e di eversione.</p> <p style="text-align: justify;">Sul crinale soggettivo, viene poi estesa anche la platea dei possibili beneficiari della speciale causa di giustificazione (operazione “<em>sotto copertura</em>”) di cui all’art.9, comma 1, della legge 146.06, resa applicabile non già solo agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria e agli ausiliari che operano sotto copertura quando le attività sono condotte in attuazione di operazioni autorizzate e documentate, ma ormai anche “<em>alle interposte persone che compiono gli atti</em>”’ descritti dal ridetto comma 1, e ciò in forza del nuovo comma 1 bis siccome introdotto dalla legge in parola, operando dunque per via normativa un superamento della giurisprudenza restrittiva che assume non applicabile la fattispecie scriminante ai soggetti privati collaboratori della PG.</p> <p style="text-align: justify;">Dal punto di vista della forma dei documenti di copertura (nuovo comma 2), essi devono ora essere rilasciati dalle Autorità competenti secondo le modalità stabilite con il decreto del Ministro dell’Interno di cui al comma 5; in materia di attività antidroga (nuovo comma 3), l’Autorità competente a disporre operazioni sotto copertura è ora la Direzione centrale per i servizi antidroga ovvero, d’intesa con essa, i relativi organi di vertice o, su loro delega, i responsabili almeno a livello provinciale in ragione dell’appartenenza del personale di polizia impiegato.</p> <p style="text-align: justify;">Ai sensi del comma 4 riformulato, l’Autorità amministrativa che dispone operazioni sotto copertura deve dare preventiva comunicazione all’Autorità giudiziaria competente per le indagini pertinenti; in particolare in materia di stupefacenti, a valle di una rivisitazione di quanto previsto dall’art.97 del D.p.R. 309.90, dell'esecuzione delle attività antidroga è data immediata e dettagliata comunicazione alla Direzione centrale per i servizi antidroga e al PM competente per le indagini; se necessario o se richiesto dal PM e, per le attività antidroga, anche dalla Direzione centrale per i servizi antidroga, è indicato il nominativo dell’ufficiale di polizia giudiziaria responsabile dell'operazione, nonché quelli degli eventuali ausiliari e interposte persone impiegati. Anche il nuovo comma 5 si occupa della disciplina delle “<em>persone interposte</em>”, consentendo agli ufficiali di polizia giudiziaria di avvalersi, nelle operazioni sotto copertura loro autorizzate, di avvalersi – oltre che di agenti di polizia giudiziaria – anche di ausiliari e di interposte persone appunto, cui viene dunque estesa la pertinente causa di non punibilità</p> <p style="text-align: justify;">Con il nuovo comma 6 viene poi estesa ai delitti previsti dagli artt. 73 e 74 del Testo Unico sugli stupefacenti la possibilità per la polizia giudiziaria di omettere o ritardare atti d’ufficio altrimenti obbligatori, analoga facoltà venendo ad un tempo attribuita alle autorità doganali; viene poi previsto l'obbligo di immediato avviso delle operazioni alla Direzione centrale per i servizi antidroga, per il necessario coordinamento anche in ambito internazionale. Di nuovo conio il comma 6 bis che autorizza il pagamento controllato del riscatto nei sequestri di persone a scopo di estorsione, laddove il PM abbia chiesto la pertinente autorizzazione ed il giudice abbia provveduto con decreto motivato.</p> <p style="text-align: justify;">Con il nuovo comma 7 viene estesa la previsione delle comunicazioni del PM all'autorità giudiziaria territorialmente competente anche con il riferimento alle operazioni transfrontaliere di acquisto o vendita simulata di droga e di sostanze suscettibili di impiego per la produzione di stupefacenti; con il nuovo comma 8 vengono invece individuati comunicazioni e provvedimenti che a cura del PM competente vanno trasmessi al Procuratore Generale presso la Corte d’Appello.</p> <p style="text-align: justify;">Importante il nuovo comma 9 laddove consente all'autorità giudiziaria procedente di affidare in custodia giudiziale, con facoltà d’uso, alla polizia giudiziaria i beni sequestrati non solo ai fini del contrasto dei gravi reati per cui è possibile l'autorizzazione alle operazioni sotto copertura, ma anche per lo svolgimento degli ordinari compiti d'istituto.</p> <p style="text-align: justify;">Ai sensi del nuovo comma 10, con riguardo al delitto di rivelazione o divulgazione indebite dei nominativi del personale di polizia giudiziaria impegnato in operazioni sotto copertura, viene eliminato il limite che circoscriveva temporalmente la rilevanza penale della pertinente condotta alle ipotesi di rivelazione o divulgazione compiute “<em>nel corso delle operazioni</em>”, onde la condotta integrante reato può essere punita qualunque sia il <em>tempus</em> in cui essa trova realizzazione.</p> <p style="text-align: justify;">Sul crinale più marcatamente processuale, viene varato quello che è stato indicato come un vero e proprio “<em>statuto speciale</em>” – in termini di eccezionalità della pertinente disciplina - del personale di polizia giudiziaria e dei relativi collaboratori privati che siano stati impegnati in attività sotto copertura, laddove viene imposto da un lato di menzionare esclusivamente l’identità fittizia assunta dai soggetti <em>de quibus</em> nelle annotazioni redatte dalla polizia giudiziaria nel corso delle indagini preliminari; dall’altro, di indicare soltanto le medesime generalità di copertura nell’esame dibattimentale e nelle ulteriori deposizioni effettuate dai predetti soggetti in ogni stato e grado del procedimento penale; ancora, di procedere all’esame dibattimentale con le cautele idonee ad evitare che il volto di tali soggetti sia visibile e, di regola, con il mezzo della videoconferenza.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2011</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 3 maggio esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.17199, alla cui stregua – coerentemente con la giurisprudenza della Corte EDU sul punto - in tema di attività sotto copertura, onde apprezzarne la compatibilità con il principio del processo equo di cui all'art. 6 Cedu, come anche interpretato dalla Corte di Strasburgo ridetta, va distinta la figura dell’ “<em>agente infiltrato</em>” da quella dell’“<em>agente provocatore</em>”, il primo, la cui condotta è legittima, compendiandosi quale appartenente alle forze di polizia (o relativo collaboratore) che agisce in modo controllato nell’ambito di un'attività di indagine ufficiale e autorizzata con finalità di osservazione e contenimento di condotte criminose che, in base a sospetti, si suppone che altri soggetti siano in procinto di compiere; il secondo, invece, palesandosi quale soggetto che, pur appartenente alle forze di polizia, al di fuori di un’indagine ufficialmente autorizzata, determina altri alla commissione di reati che, senza la relativa azione, non sarebbero stati commessi, giusta attività non consentita che, oltre a determinare la responsabilità penale dell’infiltrato medesimo, produce, quale ulteriore conseguenza, l’inutilizzabilità della prova acquisita (art. 191 c.p.p.), rendendo l’intero procedimento suscettibile di un giudizio di non equità ai sensi dell’art. 6 Cedu.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2013</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 01 agosto esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.33322 che si occupa della peculiare posizione rivestita dall’agente sotto copertura nel procedimento e nel processo penale, confermando consolidati principi pretori sul punto laddove riafferma come nel caso in cui l'agente infiltrato agisca in mancanza dei presupposti di legge o esorbiti dai limiti imposti alla relativa azione, si ravvisa nel relativo comportamento un fatto penalmente rilevante assumendo egli la figura di coimputato o di imputato in procedimento connesso o collegato, onde alle relative dichiarazioni vanno applicate le regole di assunzione e di valutazione delle prove di cui agli artt. 210 e 192 c.p.p.</p> <p style="text-align: justify;">All’opposto, laddove si escluda la punibilità dell’agente infiltrato per avere lo stesso agito in conformità ai presupposti e ai limiti imposti dalla legge, egli assume a tutti gli effetti la veste di testimone, con la conseguenza della inapplicabilità dei ridetti articoli, non potendo in sostanza trovare operatività il criterio valutativo di cui all'art. 192, comma 3 e 4 c.p.p.</p> <p style="text-align: justify;">Su diverso crinale, per la Corte deve assumersi non applicabile il divieto di testimoniare sulle dichiarazioni dell’imputato ex att. 62 c.p.p., atteso come i fatti appresi dagli agenti durante le operazioni sotto copertura rilevino non come dichiarazioni apprese nel corso del procedimento, bensì come fatto storico, valutabile dal giudice; né può trovare applicazione il limite di utilizzabilità previsto dall’art. 63 c.p.p., comma 2, poiché le dichiarazioni all'agente infiltrato non sono rese nel corso di un esame o di una assunzione di informazioni in senso proprio e non costituiscono la rappresentazione di eventi già accaduti o la descrizione di una precedente condotta delittuosa, ma si inseriscono in un contesto criminoso in atto.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2014</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 15 maggio esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.20238 alla cui stregua, interpretando in modo meno garantista la prevalente giurisprudenza della Corte EDU, in tema di attività sotto copertura della polizia giudiziaria, non contrasta con il diritto di ogni persona a un processo equo ex art. 6 CEDU l’azione dell'agente provocatore che si limiti a disvelare un’intenzione criminale esistente, ma allo stato latente, fornendo solo l’occasione per concretizzare la stessa e, quindi, senza determinarla in modo essenziale (ma, pare evincersi, comunque in qualche modo “<em>determinandola</em>”).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2016</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 21 giugno viene varato il decreto legislativo n.125, recante attuazione della direttiva 2014/62/UE sulla protezione mediante il diritto penale dell'euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI, il cui art.1, comma 3, aggiunge all'articolo 9, comma 1, lettera a), della legge 16 marzo 2006, n. 146, dopo le parole: «<em>in ordine ai delitti previsti dagli articoli</em>» le seguenti: «<em>453, 454, 455, 460, 461,</em>», così estendendo l’area di operatività delle condotte “<em>sotto copertura</em>” anche alle fattispecie criminose previste dal codice penale in tema di falsificazione di monete.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 9 novembre esce la sentenza della IV sezione della Cassazione n.47056 onde occorre in primo luogo ribadire, per condivise ragioni, che la condotta del c.d. "<em>agente provocatore</em>" - cioè di colui che provoca altri a commettere un reato, con la peculiarità che egli ha interesse non già alla commissione del reato per trarne i relativi illeciti vantaggi, bensì alla scoperta e alla punizione del soggetto provocato - è scriminata dall'adempimento del dovere soltanto allorquando non si inserisca con rilevanza causale nell'<em>iter criminis</em>, ma intervenga in modo indiretto e marginale concretizzandosi prevalentemente in un'attività di osservazione, di controllo e di contenimento delle azioni illecite altrui (Sez. 1, sent. n. 10695, 7/3/ 2008; Sez. 6, sent. n. 14677, 18/4/2002; Sez. 4, sent. n. 11634, 13/11/2000; Sez. 6, sent. n. 2890, 4/3/1988; Sez. 2, sent. n. 10849, 20/11/1975; Sez. 1, sent. n. 311 del 22/10/1969).</p> <p style="text-align: justify;">Al di fuori di questa ipotesi, invero, non può farsi discendere dall'obbligo della polizia giudiziaria di ricercare le prove dei reati e di assicurare i colpevoli alla giustizia, previsto in via generale dall'art. 55 c.p.p, l'esclusione della responsabilità dell'agente provocatore, poiché è adempimento di un dovere perseguire i reati commessi, non già suscitare azioni criminose al fine di arrestarne gli autori.</p> <p style="text-align: justify;">Tanto ribadito, può essere utile aggiungere per la Corte che la più recente legislazione speciale ha reso la figura dell'agente provocatore - non prevista dal codice penale, ma elaborata dalla giurisprudenza e dalla dottrina - oggetto di riconoscimento normativo con riguardo ad alcuni gravi fenomeni criminosi, rispetto ai quali l'intervento di agenti provocatori può costituire un importante mezzo di contrasto.</p> <p style="text-align: justify;">Precisamente: a) con l'art. 97 del d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, che contiene il t.u. delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope; b) con l'art. 12 quater della legge 7 agosto 1992 n. 356 , che ha adottato provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa; c) con l'art. 14, commi 1 e 2, della legge 3 agosto 1998 n. 269, che ha dettato norme in materia di sfruttamento della prostituzione e della pornografia minorili, nonché del turismo sessuale in danno di minori; d) con l'art. 4 del d. I. 18 ottobre 2001 n. 374, convertito nella legge 15 dicembre 2001, n. 438 e con l'art. 10 della legge 11 agosto 2003, n. 228, che hanno dettato norme rispettivamente in materia di terrorismo e di tratta delle persone; e) con l'art. 1 ter del dl. 14 settembre 2004, n. 241, convertito nella legge 12 novembre 2004, n. 271, che ha esteso la disciplina dell'attività di indagine sotto copertura ai procedimenti relativi a talune fattispecie dirette alla repressione della immigrazione clandestina.</p> <p style="text-align: justify;">Su tale articolato sistema normativo è poi intervenuta la legge 16 marzo 2006, n. 146, la quale, nell'intento di ricondurre ad unità le numerose norme concernenti le attività investigative sotto copertura, ha predisposto (all'art. 9) una disciplina unitaria.</p> <p style="text-align: justify;">In particolare l'art. 97 della legge antidroga disciplina la figura del <em>fictus emptor</em> di sostanze stupefacenti, subordinando la legittimità del relativo operato ad una pluralità di condizioni soggettive ed oggettive: 1) soggetto attivo può essere esclusivamente l'ufficiale di polizia giudiziaria addetto alle unità specializzate antidroga (ne rimane quindi escluso non solo il semplice agente, ma anche l'ufficiale di polizia giudiziaria che non sia addetto alle unità specializzate antidroga); 2) la condotta dell'agente provocatore può consistere soltanto nell'acquisto, ricezione, sostituzione ed occultamento di sostanze stupefacenti o psicotrope, nonché in attività prodromiche e strumentali; 3) le modalità della condotta: l'acquisto di sostanze stupefacenti o psicotrope deve essere "<em>simulato</em>" (cioè il soggetto attivo qualificato deve fingere di farsi indurre in errore con idoneo artificio o raggiro) e deve essere effettuato "<em>in esecuzione di operazioni anti-crimine specificamente disposte dal Servizio centrale antidroga (ora Direzione centrale per i servizi antidroga), o, d'intesa con questo, dal questore o dal comandante del gruppo dei Carabinieri o della Guardia di finanza o dal comandante del nucleo di polizia tributaria o dal direttore della Direzione investigativa antimafia</em>" (ne rimangono quindi escluse le operazioni anti-crimine disposte dal commissario di p.s., dal comandante della stazione dei Carabinieri o da un qualunque ufficiale di polizia giudiziaria); 4) il fine, per cui è consentito al soggetto attivo di svolgere il ruolo di agente provocatore, è quello di "<em>acquisire elementi di prova</em>" (pertanto, non necessariamente "<em>prove</em>", e neppure semplicemente "<em>fonti di prova</em>") in ordine ai "<em>delitti</em>" in materia di stupefacenti.</p> <p style="text-align: justify;">Chiosa ancora la Corte che, come risulta dai pertinenti lavori preparatori (cfr. Relazione delle Commissioni permanenti II e XII riunite del Senato, comunicata alla presidenza il 12 gennaio 1989, p. 6), la disposizione in esame - che configura una nuova scriminante speciale: sia perché, dopo aver richiamato la scriminante generale dell'art. 51 c.p., prevede una ipotesi particolare; sia perché, escludendone l'illiceità, esclude la stessa tipicità della condotta - si è resa necessaria, giacché, senza di essa, la condotta dell'agente provocatore-finto acquirente di droga non sarebbe stata giustificata dalla scriminante di cui all'art. 51 c.p., secondo l'interpretazione ad essa data dalla Corte regolatrice.</p> <p style="text-align: justify;">Invero, l'agente provocatore che finge di acquistare un quantitativo di stupefacenti non si limita a porre in essere una attività di osservazione, contenimento e controllo, ma entra in azione, istigando lo spacciatore alla commissione di un reato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2017</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 20 febbraio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.7997 in tema di estorsione, onde, che il fatto sia stato – nel caso di specie - qualificato dal Tribunale come reato consumato e non tentato, nonostante l'intervento programmato delle forze dell'ordine dopo la consegna del danaro dalla persona offesa al ricorrente - a nulla rilevando che la vittima abbia agito come agente provocatore - è conclusione conforme alle decisioni della Corte di cassazione, secondo cui si ha consumazione e non mero tentativo del delitto di estorsione, allorché la cosa estorta venga consegnata dal soggetto passivo all'estorsore e ciò anche nelle ipotesi in cui sia predisposto l'intervento della polizia giudiziaria che provveda immediatamente all'arresto del reo ed alla restituzione del bene all'avente diritto (Sez.U, n. 19 del 1999, Campanella; Sez. 2, n. 27601, del 19/06/2009, Gandolfi, Rv.244671).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 20 marzo esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.13200 che rammenta come in giurisprudenza sia consolidato l'orientamento onde - affinché non sia punibile la condotta dell'agente provocatore che abbia agito in assenza dei presupposti richiesti dall'art. 97 D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 - occorre che egli abbia assunto una posizione marginale rispetto alla realizzazione dell'illecito, nel senso di non essersi spinto al punto di cagionare, con rilevanza causale, l'evento criminoso, il quale non deve essere da lui sollecitato, dovendo il fatto di reato essere, nell'ideazione e nella realizzazione, riconducibile alla volontà del provocato.</p> <p style="text-align: justify;">Così Cass., Sez. 3, 7.2.2014, n. 20238, Rv. 260081, che ha anche chiarito che, in tema di attività sotto copertura della polizia giudiziaria, non contrasta con il diritto di ogni persona a un processo equo ex art. 6 della Convenzione EDU, l'azione dell'agente provocatore che si limita a disvelare un'intenzione criminale esistente, ma allo stato latente, fornendo solo l'occasione per concretizzare la stessa, e, quindi, senza determinarla in modo essenziale; fattispecie in cui la Corte ha escluso l'inutilizzabilità dei risultati dell'attività di polizia giudiziaria, che si era caratterizzata per l'induzione del reo ad uno specifico episodio di cessione di droga ad un agente provocatore, in relazione a sostanza già illecitamente detenuta. Si vedano anche sullo stesso tema, Sez. 3, n. 37805/13, Rv 257675 e amplius Sez. 3, n. 31415/16, Rv. 267517.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 13 giugno esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.29480, che rileva come nel caso di specie l'attività posta in essere dalla P. e dalla A. esuli del tutto dalla disciplina dell'agente provocatore, trattandosi invero di un'attività di inchiesta giornalistica finalizzata a mettere in luce i meccanismi distorti di gestione del personale all'interno di X s.p.a., senza alcuna sollecitazione alla realizzazione di un reato; l'attività posta in essere dalla P. e dalla A. (la richiesta di noleggiare l'imbarcazione in uso al C.) non è attività che possa qualificarsi in sé illecita né istigazione a porre in essere una condotta criminosa che altrimenti gli imputati non avrebbero posto in essere o a condizioni differenti.</p> <p style="text-align: justify;">Le stesse si sono limitate a volere constatare, a fini giornalistici, una notizia circa l'attività dell'A., dipendente della società X, quale skipper per conto del terzo C., e nulla interessa che le stesse non fossero delle vere e proprie giornaliste, quello che importa ai fini del procedimento palesandosi il fatto che le stesse, nell'occasione, abbiano svolto un'attività di inchiesta giornalistica, che dunque per la Corte si pone in termini di incompatibilità con la figura dell’agente provocatore.</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 24 luglio esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.36625 onde, come è stato ripetutamente affermato, non è configurabile il reato impossibile, in presenza dell'attività di agenti "<em>infiltrati</em>" o "<em>provocatori</em>", quando l'azione criminosa non deriva esclusivamente dagli spunti e dalle sollecitazioni istigatrici di questi, ma costituisce l'effetto di stimoli ed elementi condizionanti autonomamente riferibili all'agente, posto che l'inidoneità della condotta deve essere valutata oggettivamente con giudizio "<em>ex ante</em>", nel relativo valore assoluto e non di relazione con la simultanea azione dell'"<em>infiltrato</em>" (Sez. 6, n. 39216 del 09/04/2013, Di Fiore, Rv. 256592; Sez. 5, n. 11915 del 26/01/2010, Dell'Aversano, Rv. 246554; Sez. 6, n. 16163 del 24/01/2008, Casaula, Rv. 239640).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2018</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 29 ottobre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.49188, onde – in tema di importazione di stupefacenti - va assunta infondata la censura, con cui si deduce la violazione dell'art. 9 della legge n. 146 del 2006, con conseguente inutilizzabilità degli atti di indagine svolti sotto copertura dal vicebrigadiere P. La critica dei ricorrenti – precisa la Corte - si incentra sulla mancanza di autorizzazione da parte dell'autorità giudiziaria e sul fatto che il ruolo svolto in concreto sarebbe stato quello di agente provocatore, perché senza il contributo di P. gli imputati non si sarebbero determinati a commettere i reati.</p> <p style="text-align: justify;">Come ben evidenziato dai giudici di secondo grado, chiosa nondimeno la Corte, non sussiste nel caso di specie alcuna violazione dell'art. 9 della legge n. 146 del 2006, perché l'attività del P. si è svolta fin dall'inizio sotto il controllo dell'autorità giudiziaria e dell'autorità amministrativa, sulla base di intese fra le due, come risulta, in particolare, dalla nota del 21 dicembre 2012 del Comandante generale della Guardia di Finanza.</p> <p style="text-align: justify;">Si è anche correttamente osservato che il soggetto era un agente sotto copertura e non un agente provocatore, perché egli aveva semplicemente offerto di garantire i passaggi di stupefacente dal porto di Brindisi e da quello di Genova. Il suo coinvolgimento è, dunque, intervenuto quando negli imputati era già maturata l'idea dell'importazione di stupefacenti, tanto che questi si trovavano a dover risolvere il solo momento finale dell'ingresso dello stesso in Italia.</p> <p style="text-align: justify;">In altri termini, il finanziere non ha fatto nulla in riferimento all'attività di importazione, se non offrire di fornire la logistica per la fase finale. E la riprova della debolezza dell'assunto difensivo emerge per la Corte dalla stessa prospettazione dei ricorrenti, i quali affermano che l'attività di provocazione si sarebbe concretizzata nel consenso a coprire lo sbarco, nella ricerca di un collega con funzioni di supporto, in incontri nei quali il finanziere rispondeva alle chiamate degli imputati, nell'accettazione, da parte di questo, di piccoli donativi; elementi evidentemente irrilevanti nella determinazione della volizione delittuosa degli imputati.</p> <p style="text-align: justify;">Nell'economia generale del quadro istruttorio, il ruolo dell'agente sotto copertura assume, dunque, una rilevanza del tutto marginale, perché lo stesso interviene solo nella fase finale. In altri termini - come ben sottolineato dai giudici di merito - la prova del tentativo di importazione sussiste anche a prescindere dall'organizzazione delle modalità di ricezione dello stupefacente. E tale ultimo rilievo risulta in ogni caso assorbente rispetto ad eventuali - anche se in concreto insussistenti - violazioni di carattere formale della normativa applicabile agli agenti sotto copertura.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2019</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 gennaio viene varata la legge n.3 (c.d. legge <em>spazzacorrotti</em>), il cui art.1, comma 8, incide ancora una volta sull’art.9 della legge 146.06 in tema di operazioni sotto copertura, rendendo operativa la pertinente causa di esclusione della punibilità anche con riguardo ai reati di concussione (art.317 c.p.), di corruzione (articoli 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis c.p.), di traffico di influenze illecite (art.346 bis c.p.), di turbata libertà degli incanti (art.353 bis c.p.), di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art.353 bis c.p.), nonché al reato previsto e punito dall’art.452-<em>quaterdecies</em> cp (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti).</p> <p style="text-align: justify;">Non sono peraltro punibili, nella nuova versione della norma, i soggetti agenti – soggettivamente qualificati (ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia) – che anche per interposta persona, danno rifugio o comunque prestano assistenza agli associati, acquistano, ricevono, sostituiscono od occultano denaro “<em>o altra utilità</em>”, armi, documenti, sostanze stupefacenti o psicotrope, beni ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto, prezzo o mezzo per commettere il reato “<em>o ne accettano l'offerta o la promessa</em>” o altrimenti ostacolano l'individuazione della loro provenienza o ne consentono l'impiego “<em>ovvero corrispondono denaro o altra utilità in esecuzione di un accordo illecito già' concluso da altri, promettono o danno denaro o altra utilità richiesti da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio o sollecitati come prezzo della mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o per remunerarlo</em>” o compiono attività prodromiche e strumentali, con evidente ulteriore dilatazione, sul crinale oggettivo, della fattispecie scriminata, in modo da renderla coerente con le nuove fattispecie di reato in cui vengono scriminati gli operatori c.d. “<em>under cover</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">Da notare come massime nelle fattispecie corruttive, l’operatore sotto copertura intervenga nel contesto di un “<em>accordo illecito già concluso da altri</em>”, con lo scopo di assicurare alla giustizia il potenziale soggetto attivo pubblico del pertinente reato (nella sostanza, il corrotto).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 17 gennaio esce la sentenza della VI sezione della Cassazione n.2158 che rammenta come secondo la costante giurisprudenza della Corte in tema di attività sotto copertura della polizia giudiziaria, non contrasta con il diritto di ogni persona a un processo equo ex art. 6 della Convenzione EDU, l'azione dell'agente provocatore che si limita a disvelare un'intenzione criminale esistente, ma allo stato latente, fornendo solo l'occasione per concretizzare la stessa, e, quindi, senza determinarla in modo essenziale.</p> <p style="text-align: justify;">In una peculiare fattispecie ad esempio la Corte ha escluso l'inutilizzabilità dei risultati dell'attività di polizia giudiziaria che si era caratterizzata per l'induzione del reo ad uno specifico episodio di cessione di droga ad un agente provocatore, in relazione a sostanza già illecitamente detenuta (Sez. 3, n. 20238 del 07/02/2014, Buruiana, Rv. 260081).</p> <p style="text-align: justify;">Secondo le speciali tecniche di investigazione preventiva di cui alla L. n. 146 del 2006 (di ratifica della Convenzione ONU contro il crimine organizzato), devono difatti ritenersi illecite soltanto quelle operazioni sotto copertura che si concretizzino in un incitamento o in una induzione al crimine del soggetto indagato, in quanto l'agente infiltrato non può commettere (rimanendo impunito) azioni illecite diverse da quelle dichiarate non punibili dall'art. 9 della legge citata, o a esse strettamente e strumentalmente connesse (Sez. 6, n. 51678 del 30/10/2014, Ursino, Rv. 261449).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 5 febbraio esce l’ordinanza della VII sezione della Cassazione n.5640 alla cui stregua, <em>in primis</em>, nel tentativo l'inidoneità dell'azione che rende impossibile l'evento dannoso o pericoloso (e che dunque esclude il tentativo medesimo ex art.49 c.p.) esige che l'incapacità di produrre l'evento sia assoluta, intrinseca e originaria secondo una valutazione oggettiva da compiersi <em>ex ante</em>, risalendo al momento iniziale del relativo compimento, e ciò indipendentemente da ogni cautela predisposta dalla persona offesa ovvero intervento successivo che abbia impedito la realizzazione di tale evento (Sez. 6, n. 17988 del 06/02/2018, Mileto, Rv. 272810; Sez. 1, n. 36726 del 02/07/2015, L.M., Rv. 264567; Sez. 5, n. 9254 del 15/10/2014, dep. 2015, Semeraro, Rv. 263058; Sez. 2, n. 36631 del 15/05/2013, Rv. 257063; Sez. 5, n 30139 del 27/05/2011, Agostino, Rv. 250413).</p> <p style="text-align: justify;">La sentenza di merito – chiosa ancora la Corte - ha evidenziato nel caso di specie che la persona offesa, solo nel momento in cui lesse la bozza del contratto di finanziamento, grazie alla propria esperienza di finanziere, si accorse di essere stata vittima di un tentativo di truffa ed a quel punto decise di proseguire nelle trattative per consentire l'arresto di alcuni responsabili: è così smentita la ricostruzione dei ricorrenti secondo la quale "<em>la parte lesa nel caso di specie non ha mai agito come potenziale vittima ma solo e unicamente come agente provocatore</em>".</p> <p style="text-align: justify;">Peraltro i giudici di merito hanno altresì osservato che il reato impossibile non sarebbe configurabile neppure in presenza dell'attività di agenti infiltrati o provocatori, quando l'azione criminosa non derivi esclusivamente dagli spunti e dalle sollecitazioni istigatrici di questi, ma costituisca piuttosto l'effetto di stimoli ed elementi condizionanti autonomamente riferibili all'agente, posto che l'inidoneità della condotta deve essere valutata oggettivamente con giudizio <em>ex ante</em> nel relativo valore assoluto, e non già nel relativo valore di relazione con la simultanea azione dell'infiltrato (Sez. 6, n. 39216 del 09/04/2013, Di Fiore, Rv. 256592).</p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;">Il 7 ottobre esce la sentenza della IV sezione della Cassazione n.41008, alla cui stregua ai fini di stabilire la validità delle operazioni sotto copertura, occorre nel nostro ordinamento fare esclusivo riferimento alla L. 16 marzo del 2006, n. 146, art. 9, con cui il legislatore - cogliendo l'occasione dell'attuazione nell'ordinamento interno della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale adottati dall'Assemblea Generale ONU il 15 novembre 2000 e il 3 maggio 2001 - ha dettato una sorta di statuto generale delle tecniche investigative speciali (consegne controllate, sorveglianza elettronica, attivazione di siti Internet "<em>civetta</em>"), sinteticamente ricondotte nel testo normativo alla tipologia generale delle operazioni coperte (<em>undercover operations</em>).</p> <p style="text-align: justify;">Pur essendo sopravvissute alla novella norme inerenti la stessa materia contenute in altri comparti normativi (si pensi, proprio in materia di stupefacenti, al DPR n. 309 del 1990 , artt. 97 e 98), successivi interventi del legislatore - nella specie, mediante la legge 13 agosto 2010 n. 136, art. 8 comma 10 lett. a e b, comportante l'abrogazione dei citati artt. 97 e 98 - hanno confermato che quello delineato dalla I. n. 146 del 2006, art. 9 costituisce il quadro normativo di riferimento delle tecniche investigative speciali, cui fare necessario rinvio per la soluzione dei problemi che il loro concreto svolgimento possa far insorgere. La prima conseguenza è che - trattandosi di complesso di regole dettato dal legislatore nazionale, sia pure talora in ottemperanza ad obblighi di natura convenzionale internazionale - esso rappresenta il principale parametro di validità di tali tecniche investigative condotte sul territorio nazionale, non implicanti necessarie forme di collaborazione con giurisdizioni estere.</p> <p style="text-align: justify;">La I. n. 146 del 2006, art. 9, richiede unicamente che ai fini dell'operatività della causa di giustificazione di cui al comma 1, lett. a) e b) sussista la necessaria "<em>copertura</em>" costituita dall'autorizzazione, debitamente documentata (comma 1 bis), rilasciata dagli organi competenti indicati al comma 3; l'autorità giudiziaria competente per le indagini (il PM) deve, tuttavia, ricevere preventiva comunicazione dell'avvio dell'operazione, nonché delle modalità di svolgimento, dei soggetti che vi partecipano e dei risultati, potendo a sua discrezione richiedere l'indicazione del nominativo dell'ufficiale di polizia giudiziaria responsabile, nonché quelli degli eventuali ausiliari e delle interposte persone impiegati (comma 4).</p> <p style="text-align: justify;">Il successivo comma 5 poi espressamente prevede che agli ausiliari ed alle persone interposte si estenda la causa di non punibilità prevista per i medesimi casi. È quanto correttamente avvenuto nel caso di specie, in cui la PG era a conoscenza delle esatte generalità dell'infiltrato. Venendo in particolare a quest'ultimo, non par dubbio che il relativo ruolo possa e debba ricondursi alla figura della "<em>interposta persona</em>" di cui al comma 1 bis dell'art. 9, piuttosto che a quella dell'ausiliario, il quale svolge la propria attività nell'ambito di competenze tecniche e che a differenza del primo non può rifiutarsi di prestarla (art. 348 cod. proc. pen.).</p> <p style="text-align: justify;">Con riferimento, infine, alle concrete modalità di svolgimento dell'attività sotto copertura, si rileva che nel caso in esame, il francese ha avuto più abboccamenti con il C. al fine di organizzare l'operazione. Non hanno, dunque, alcun fondamento le censure svolte dai ricorrenti secondo cui la sua attività avrebbe addirittura istigato alla consumazione dei reati in effetti poi consumati. Quanto, infatti, alla parte prodronnica del relativo agire, al momento degli incontri svoltisi, la sussistenza di un'associazione per delinquere italiana dedita al traffico internazionale di stupefacenti appariva già delineata, venendo semplicemente disvelata dall'attività dell'agente sotto copertura. Quanto, invece, alle indicazioni fornite dal "<em>francese</em>", esse rientrano nelle operazioni normativamente codificate dalla L. n. 146 cit., art. 9, comma 1, lett. a) e l'acclarata loro rispondenza al modello legale non necessita di ulteriori giustificazioni ai fini del loro compimento; anzi, la relativa concretizzazione è tale da giustificare retrospettivamente anche le attività prodromiche, come quelle dianzi citate, non essendo concepibile, in un contesto di criminalità organizzata, condurre operazioni di compravendita di stupefacenti non preceduti da preliminari contatti ed accordi operativi tra i contraenti.</p> <p style="text-align: justify;">E' quindi certamente da ribadire per il Collegio la perdurante validità della giurisprudenza della Corte di legittimità in tema di responsabilità penale dell'agente infiltrato e per converso di inutilizzabilità della prova acquisita in caso di operazioni sotto copertura consistenti nell'incitamento o nell'induzione alla commissione di un reato da parte del soggetto indagato, posto che all'agente infiltrato non è consentito commettere azioni illecite diverse da quelle dichiarate non punibili e di quelle strettamente e strumentalmente connesse (Sez. 3, sent. n. 37805 del 09/05/2013, Jendoubi e altro, Rv. 257675; Sez. 2^, sent. n. 38488 del 28/05/2008, Cuzzucoli e altri, Rv. 241442), ma il relativo richiamo appare superfluo quando l'attività concretamente riferibile all'agente sotto copertura o all'interposta persona corrisponda ad una o più fra le operazioni espressamente contemplate dal minisistema normativo di riferimento costituito dalla legge n. 146 del 2006, art. 9.</p> <p style="text-align: justify;">Del resto la motivazione del provvedimento impugnato sul punto appare pienamente congrua ed in linea con la giurisprudenza della Corte secondo cui in tema di attività sotto copertura della polizia giudiziaria, non contrasta con il diritto di ogni persona a un processo equo ex art. 6 della Convenzione EDU, l'azione dell'agente provocatore che si limita a disvelare un'intenzione criminale esistente, ma allo stato latente, fornendo solo l'occasione per concretizzare la stessa, e, quindi, senza determinarla in modo essenziale (cfr. ez. 3, n. 20238 del 07/02/2014, Rv. 260081 - 01).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Questioni intriganti</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare in generale del c.d. “<em>dolo di concorso</em>”?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>si tratta del requisito strutturale “<em>soggettivo</em>” del concorso di persone;</li> <li>da un lato, come ogni forma di dolo, esso si sostanzia nella coscienza e volontà del fatto inadempimento reato, esattamente come accade nelle fattispecie (non “<em>collettive</em>” e, dunque) monosoggettive;</li> <li>dall’altro, esso si atteggia in modo tutt’affatto peculiare, quale coscienza e volontà di concorrere con altri nella realizzazione del ridetto fatto inadempimento reato;</li> <li>si giustappongono sul tema 2 opzioni ermeneutiche: d.1) tesi più remota: il dolo concorsuale presuppone un “<em>previo concerto</em>” tra i soggetti attivi che concorrono nel reato, <em>ex ante</em> rispetto all’esecuzione del “<em>collettivo</em>” proposito criminoso, non assumendo rilievo un mero accordo “<em>improvviso</em>”; d.2) tesi più recente: il dolo concorsuale non presuppone un “<em>previo concerto</em>” tra i soggetti attivi che concorrono nel reato, assumendo piuttosto rilievo anche un mero accordo “<em>improvviso</em>”, che intervenga dunque quando l’esecuzione della fattispecie criminosa è già iniziata; l’accordo, stando a questa seconda tesi, potrebbe anche difettare, configurandosi un “<em>dolo di concorso</em>” anche in via “<em>unilaterale</em>”, allorché solo uno dei soggetti attivi assuma consapevolezza del volontario contributo “<em>unilateralmente</em>” per l’appunto fornito all’altrui condotta criminosa; occorre nondimeno, quale “<em>minimum</em>”, la consapevolezza da parte di almeno uno dei concorrenti dell'apporto fornito all’altro nella realizzazione della fattispecie criminosa, non potendo configurarsi concorso di persone nel reato per difetto del pertinente elemento soggettivo laddove più soggetti compiano un'analoga azione criminosa l’uno all’insaputa dell’altro.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare del c.d. “<em>agente provocatore</em>” e quali questioni giuridiche si agitano attorno a questa figura?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>si tratta di una figura oggetto di ampio ed acceso dibattito in dottrina e giurisprudenza;</li> <li>ciò già in rapporto alla figura generale del c.d. “<em>dolo di concorso</em>”, dacché quella coscienza e volontà di concorrere con altri nella realizzazione del fatto inadempimento reato “<em>collettivo</em>”, e dunque di fornirvi il proprio contributo, si palesa quanto meno dubbia laddove chi agisce non voglia il fatto inadempimento reato “<em>collettivo</em>” ridetto, ma si limiti a “<em>provocare</em>” per vedere se esso verrà o meno commesso da terzi;</li> <li>è “<em>agente provocatore</em>” chi – appartenente alle forze dell’ordine o (da qualche tempo anche) soggetto privato “<em>collaborante</em>” – fingendo di essere d’accordo con un possibile soggetto agente di una fattispecie criminosa, lo induce a commettere un reato con l’obiettivo alternativo: c.1) di denunciare il provocato all’Autorità giudiziaria; c.2) di consentirne la sorpresa in flagranza; c.3) di farne comunque scoprire le intenzioni criminose;</li> <li>secondo una tradizionale opzione interpretativa, sottospecie di agente provocatore è il c.d. “<em>infiltrato</em>”, ovvero chi si introduce o comunque si insinua in una compagine associativa di ascendenza criminale con lo scopo di disvelarne struttura, finalità e partecipanti;</li> <li>non mancano poi norme e prassi di investigazione recenti riferite – sempre in termini di “<em>agente provocatore</em>” - al finto soggetto passivo “<em>pubblico</em>” di talune fattispecie criminose (come nel caso della concussione o della truffa aggravata a danno della PA), ovvero al finto acquirente di sostanze stupefacenti o di armi, c.d. <em>falsus emptor</em>, con riguardo ai pertinenti reati-contratto;</li> <li>è dubbio in tutti questi casi se, dinanzi ad una fattispecie consumata o anche meramente tentata oggetto di istigazione o comunque indotta dall’agente provocatore, quest’ultimo possa essere assunto penalmente responsabile a titolo di concorso nel reato consumato o tentato da terzi;</li> <li>il tempestivo intervento del provocatore o, su relativa sollecitazione, delle forze dell’ordine siccome previamente appostate, può poi implicare la mancata realizzazione da parte del terzo “<em>provocato</em>” della pertinente fattispecie criminosa siccome (presuntivamente) divisata, con dubbi in questi casi in ordine alla “<em>effettiva</em>” responsabilità penale (a titolo di tentativo) imputabile al terzo ridetto.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare, in specie, della punibilità del c.d. “<em>agente provocatore</em>”?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>dottrina e giurisprudenza ne discutono da tempo;</li> <li>una accreditata opzione ermeneutica tanto dottrinale quanto giurisprudenziale si appunta sull’art.55 del c.p.p., laddove prevede l’obbligo per la polizia giudiziaria di assicurare le prove del reato e di cercarne il responsabile; tale norma, letta in combinato disposto con l’art.51 c.p., forgerebbe un “<em>dovere</em>” delle forze dell’ordine il cui adempimento, per l’appunto, scrimina la fattispecie criminosa; chi non condivide rappresenta tuttavia come l’oggetto del “<em>dovere</em>” ridetto si compendi nell’obbligo giuridico di perseguire i reati, non già di provocarli, quand’anche con l’obiettivo di individuarne i responsabili;</li> <li>stando ad una tesi più remota ed ormai con minor seguito, è “<em>l’azione socialmente adeguata</em>” a fondare la non punibilità dell’agente provocatore, onde – anche laddove non sia rintracciabile nella singola fattispecie una causa di giustificazione tipica – quando il soggetto agente ponga in essere una condotta conforme alle finalità sociali che in un dato contesto storico una comunità persegue, essa deve assumersi non avere alcuna rilevanza penale; i critici di questa tesi – che si incentra sostanzialmente sulla operatività di una scriminante “<em>atipica</em>” non codificata - fanno perno dal punto di vista “<em>normativo</em>” sul principio costituzionale di legalità - e sul crinale “<em>sociale</em>” - dalla constatazione onde il fine stesso dello Stato si compendia nella prevenzione dei reati, non già nella repressione dei ridetti reati siccome “<em>provocata</em>” ad opera di chi disimpegna pubblici uffici;</li> <li>secondo la tesi più accreditata in dottrina, occorre muovere da una valorizzazione dell’elemento soggettivo e psicologico che connota la condotta del c.d. agente provocatore, associata sul crinale (anche) oggettivo con l’idoneità della condotta medesima a produrre l’evento criminoso, onde il soggetto agente deve assumersi non in dolo laddove egli abbia agito con il preciso obiettivo di assicurare alla giustizia il colpevole senza, ad un tempo, accettare neppure il rischio di realizzare in prima persona, consumandola, la pertinente fattispecie criminosa e confidando piuttosto nel tempestivo intervento delle forze dell’ordine in una fase anteriore alla conclusione del processo criminoso in atto; più precisamente, dacché l’agente provocatore non accetta neppure il rischio della consumazione del reato, egli in realtà vuole solo il tentativo, e dunque non si configura quel dolo del tentativo che è in realtà dolo orientato alla consumazione, giacché chi pone in essere una condotta tentata pone in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a consumare il reato, non già a meramente tentarlo; diversa è invece l’ipotesi in cui l’agente provocatore abbia accettato il rischio della realizzazione della fattispecie criminosa, ponendosi dunque in una posizione soggettivamente qualificata di dolo eventuale, circostanza che potrebbe renderlo colpevole di una fattispecie criminosa consumata che egli ha in qualche modo “<em>voluto</em>”, salvo solo il caso in cui difetti – sul crinale oggettivo – un pertinente contributo causale diretto rispetto all’evento criminoso alfine realizzato; sempre con riguardo all’ipotesi in cui il reato “<em>provocato</em>” sia stato alfine consumato dal terzo, anche nel caso in cui l’agente provocatore si sia mosso in modo scevro da profili di dolo eventuale, la ridetta consumazione potrebbe secondo aluni implicarne una responsabilità per colpa, laddove egli abbia violato la regola cautelare volta a scongiurare eventi del tipo di quello poi effettivamente realizzatosi;</li> <li>stando poi alla tesi più accreditata in giurisprudenza, occorre distinguere <em>in primis</em> due ipotesi: e.1) l’agente provocatore è un funzionario di polizia: in questo caso interviene a scriminare l’art.51 c.p. sull’adempimento del dovere, laddove il dovere è quello inscritto nell’art.55 c.p.p.; e.2) l’agente provocatore è un privato cittadino: qui occorre che vi sia un ordine legittimo della pubblica autorità a monte che ne giustifichi la condotta a valle, purché tale condotta a valle rappresenti una fedele esecuzione del ridetto ordine legittimo a monte, palesandosi orientata a scongiurare il reato del terzo o a farne cessare le conseguenze e a consentire l’arresto dei complici, la punibilità non potendo essere esclusa quando il privato sia mosso da fini di vendetta o di lucro, ovvero dalla prospettiva di fruire di un premio.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare, in specie, della responsabilità del c.d. “<em>provocato</em>”?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>in presenza di una “<em>provocazione</em>” da parte del c.d. agente “<em>provocatore</em>”, la responsabilità del provocato può scattare solo laddove si lambisca dalla pertinente condotta la soglia del tentativo punibile, onde la fattispecie criminosa – pur non raggiungendo lo stadio della consumazione – veda realizzati quanto meno atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere un delitto ex art.56 c.p., dovendosi all’uopo operare un giudizio di prognosi postuma (e dunque un giudizio inevitabilmente <em>ex post</em> rispetto alla commissione dei ridetti atti), e tuttavia rapportandosi al momento di <em>incipit</em> dell’attività criminosa, e dunque con verifica da operarsi <em>ex ante</em> ed in concreto, onde occorre porsi appunto all’inizio dell’<em>iter criminis</em> e verificare se i ridetti atti apparivano, ex ante ed in concreto, idonei ed inequivoci rispetto alla corrispondente fattispecie consumata;</li> <li>laddove siano eventualmente presenti forze di polizia appostate sul luogo di consumazione del reato, tale presenza compendia un elemento estrinseco se rapportata alla condotta del terzo “<em>provocato</em>”, che di norma fa il paio, sul piano diacronico, con la “<em>provocazione</em>” dell’agente che all’uopo interviene; ciò rende tale presenza (“<em>estrinseca”</em> appunto) delle forze dell’ordine tutt’affatto irrilevante ai fini della configurabilità del tentativo, che non può dunque essere escluso laddove il soggetto agente “<em>provocato</em>” non conosca tale appostamento, né possa conoscerlo con la media diligenza, sol che si consideri come la relativa condotta resti pienamente adeguata in termini di potenziale realizzazione della fattispecie criminosa, rimanendone dunque fermo tutto il disvalore giuridico ed antisociale (egli non sa infatti che il proprio tentativo criminoso sarà bloccato per tempo dalle forze dell’ordine, appostate <em>in loco</em>); la ridetta potenziale realizzazione, tipica del tentativo, può poi talvolta anche “<em>attualizzarsi</em>” giusta definitiva consumazione del fatto inadempimento reato, senza (ancora una volta) che la presenza delle forze dell’ordine sulla scena del crimine possa scongiurare la responsabilità del soggetto agente “<em>provocato</em>”.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Chi è il c.d. “<em>falsus emptor</em>” e che problemi pone?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>alcuni reati si configurano a concorso c.d. necessario o “<em>necessariamente plurisoggettivi</em>”, come nel peculiare caso dei c.d. reati-contratto, laddove la stessa stipulazione di un contratto costituisce per l’appunto un fatto inadempimento reato (le “<em>classiche</em>” fattispecie di vendita di stupefacenti o di armi, ovvero di acquisto di cose di sospetta provenienza o, ancora, di ricettazione);</li> <li>qui l’intervento dell’agente provocatore assume tratti peculiari, atteggiandosi a c.d. “<em>falsus emptor</em>”, dacché egli finge di voler acquistare cose la cui vendita sia vietata senza coltivare la reale volontà di procedere al ridetto acquisto, ma proponendosi il solo fine di raccogliere prove a carico dell’alienante, che del resto (già in via meramente astratta) non potrebbe neppure “<em>tentare</em>” la pertinente fattispecie criminosa – necessariamente plurisoggettiva per l’appunto – se non si materializzasse un interlocutore in grado di consentirglielo;</li> <li>sul punto si contendono il campo 2 opzioni ermeneutiche: c.1) va negata in radice la configurabilità della fattispecie di reato-contratto, che presuppone indefettibilmente l’incontro di due volontà negoziali effettive, laddove nel caso del <em>falsus emptor</em> la di lui volontà di acquistare è solo apparente, onde non si stipula quel contratto che sarebbe necessario per far luogo al pertinente reato; anche lo stesso venditore, secondo questa tesi, non può dunque incorrere in responsabilità penale; c.2) in realtà un contratto viene stipulato tra venditore e <em>falsus emptor</em>, non assistendosi ad una simulazione negoziale, dacché non si configura alcun accordo simulatorio, che presuppone in entrambi i contraenti, per l’appunto, la volontà di simulare: l’agente provocatore con foggia di <em>falsus emptor</em> infatti è l’unico a non voler stipulare la compravendita penalmente sanzionata (per esempio, quella avente ad oggetto stupefacenti), pur palesando al potenziale venditore l’opposta volontà di voler acquistare, onde si è al cospetto di una mera riserva mentale che, anche sul crinale civilistico, è tutt’affatto irrilevante ai fini della valida perfezione del contratto che la sottende, onde si è al cospetto di un contratto ad oggetto illecito perfettamente integrato e dunque di un pertinente reato-contratto ritualmente consumato, che vede tuttavia punibile il solo venditore, dacché sul crinale soggettivo questi è il solo la cui condotta sia abbracciata dal dolo, a differenza dell’acquirente che, proprio perché “<em>falsus emptor</em>”, in realtà non vuole realmente acquistare la <em>res</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare dei rapporti tra agente provocatore e CEDU?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>quella dell’agente provocatore è una materia più volte dissodata dalla Corte EDU, alla luce dell’art.6 della Convenzione EDU, in particolare paragrafi 1 e 3, onde ogni accusato ha diritto di esaminare o far esaminare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico;</li> <li>per la Corte, la CEDU non vieta astrattamente la possibilità che – in fase di indagini preliminari e quando la natura del reato per il quale si procede lo giustifichi – ci si fondi su fonti quali gli informatori segreti;</li> <li>l’intervento di agenti infiltrati deve tuttavia per la Corte EDU essere circoscritto ed assistito da specifiche garanzie;</li> <li>più in particolare, la Corte distingue in qualche modo: d.1) l’agente “<em>provocatore</em>” (non visto di buon occhio); d.2) l’agente “<em>infiltrato</em>” (che è invece ammesso);</li> <li>ciò muovendo dal canone onde l’interesse pubblico non può giustificare l’uso di elementi acquisiti a seguito di una provocazione della Polizia, laddove l’agente pubblico non si sia limitato ad esaminare in modo passivo l’attività criminosa, esercitando piuttosto sul soggetto “<em>provocato</em>” una influenza tale da istigarlo a commettere un reato che egli non avrebbe altrimenti commesso, e così ponendosi “<em>oltre</em>” la (legittimità) attività di un agente “<em>infiltrato</em>”.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p>