<p style="text-align: justify;"><strong>Massima</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em>Nato in ambiente anglosassone con struttura bilaterale e disciplinato dal </em>common law<em>, segnatamente con riguardo a fondi rustici, il leasing si è via via diffuso – come operazione economica a carattere variegato, seppure poggiante su uno schema sufficientemente omogeneo – anche in ambienti giuridici di </em>civil law<em>, affiorando alfine come figura soggettivamente trilaterale che vede la combinazione strutturale e soprattutto funzionale di due contratti: una vendita (tra c.d. fornitore e concedente) da un lato, e una locazione del bene acquistato (tra concedente e utilizzatore) dall’altro, con conseguente necessità di verificare gli effetti delle interconnessioni tra i due negozi, massime in termini di tutela dell’utilizzatore (o “</em>lessee<em>”) nei confronti del fornitore infedele, entrambi peraltro legati – ma con contratti distinti (e, dunque, tra loro tecnicamente “</em>terzi<em>”) – alla figura “</em>perno<em>” del concedente (o “</em>lessor<em>”).</em></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Crono-articolo</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Diritto romano (vedi articolo dedicato in Cittadinanza consapevole)</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1865</strong></p> <p style="text-align: justify;">Nella <strong>codificazione liberale</strong> la combinazione tra <strong>locazione</strong> e <strong>vendita</strong> si riscontra in particolare all’<strong>art.1597 c.c.,</strong> in tema di <strong>vendita di cosa locata</strong>, onde se il <strong>proprietario locatore vende</strong> la <strong>cosa locata</strong>, il <strong>compratore</strong> è tenuto a <strong>stare alla locazione</strong> (e dunque non può sciogliersi dal contratto), quando tale locazione <strong>sia anteriore alla vendita</strong> e consti da <strong>atto pubblico</strong> o <strong>scrittura privata di data certa</strong>, sempre che il proprietario locatore <strong>non si sia riservato il diritto di sciogliere</strong> la locazione (e dunque, in sostanza, di <strong>recedere</strong>) in caso appunto di <strong>vendita della cosa locata</strong> medesima. La norma ventila dunque, seppure implicitamente, anche la possibilità che <strong>la locazione</strong> sia – piuttosto che <strong>anteriore</strong> – <strong>posteriore</strong> <strong>alla vendita</strong> e in qualche modo <strong>collegata a quest’ultima</strong>, onde <strong>un terzo acquista per locare al conduttore, </strong>o comunque il venditore <strong>loca il bene dopo averlo venduto</strong> (e dunque <strong>non essendone più proprietario</strong>), ipotesi nella quale il compratore <strong>non è tenuto a stare alla locazione</strong> ma <strong>può sempre</strong> – all’opposto – <strong>consentirvi</strong> così <strong>godendo dei canoni</strong>. Lo stesso codice <strong>non prevede esplicitamente</strong> la possibilità di <strong>vendere a rate con riserva di proprietà</strong>, ma la <strong>giurisprudenza</strong> considererà la clausola <strong>pacificamente inseribile</strong> dalle parti nel contratto di compravendita.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1942</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il codice civile (21 aprile) prevede all’<strong>art.1322</strong> la possibilità per i privati di <strong>forgiare contratti atipici</strong>, purché <strong>diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela</strong> secondo <strong>l’ordinamento giuridico</strong>. Rilevante sul piano generale l’art.<strong>1458, comma 1,</strong> laddove – nei <strong>contratti ad esecuzione continuata o periodica</strong> – in caso di <strong>risoluzione</strong> del contratto vengono <strong>fatte salve le prestazioni già eseguite</strong>; rilevante altresì l’art.<strong>1420</strong>, laddove definisce <strong>plurilaterali</strong> i <strong>contratti con più di due parti</strong> in cui le <strong>prestazioni di ciascuna</strong> sono <strong>dirette</strong> al conseguimento di uno <strong><a href="http://www.brocardi.it/dizionario/1773.html">scopo comune</a></strong>. Dal punto di vista dei contratti tipici, rilevano la compravendita (articoli <strong>1470</strong> e seguenti) e a locazione (articoli <strong>1571</strong> e seguenti); <strong>significativa</strong> anche la disciplina della <strong>vendita a rate con riserva di proprietà</strong> di cui agli <strong>articoli 1523 e seguenti</strong>, con particolare riferimento all’art.1526, secondo il cui disposto se la <strong><a href="http://www.brocardi.it/dizionario/1801.html">risoluzione</a></strong> del <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/1690.html">contratto</a> ha luogo per <strong>l'inadempimento del compratore</strong>, il venditore <strong>deve restituire le rate riscosse</strong>, salvo il <strong>diritto a un equo compenso</strong> per l'<strong>uso della cosa</strong>, oltre al <strong><a href="http://www.brocardi.it/dizionario/3912.html">risarcimento del danno</a></strong>. Di rilievo anche l’art.1705, comma 2, in tema di <strong>mandato senza rappresentanza</strong>, onde i <strong>terzi</strong> non hanno <strong>alcun rapporto col <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/3481.html">mandante</a>,</strong> e tuttavia <strong>il mandante</strong>, <strong>sostituendosi al mandatario</strong>, può <strong>esercitare i <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/2080.html">diritti di credito</a></strong> derivanti <strong>dall'esecuzione del mandato</strong> (e, dunque, <strong>del mandatario</strong>, salvo che ciò <strong>possa pregiudicare i diritti attribuiti al mandatario</strong> medesimo dalle disposizioni degli articoli successivi). Infine, significativo anche <strong>l’art.2043</strong> sul <strong>fatto illecito</strong>, nella relativa declinazione che se ne darà quale <strong>lesione aquiliana del credito</strong> perpetrata da <strong>un terzo</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1948</strong></p> <p style="text-align: justify;">Viene varata la Costituzione repubblicana secondo la quale, ai sensi <strong>dell’art.41</strong>, <strong>l'<a href="http://www.brocardi.it/dizionario/181.html">iniziativa economica privata</a> è libera</strong>, non potendosi tuttavia svolgere <strong>in contrasto</strong> con l'<strong><a href="http://www.brocardi.it/dizionario/182.html">utilità sociale</a></strong> o in modo da <strong>recare danno</strong> alla <strong>sicurezza</strong>, alla <strong>libertà</strong>, alla <strong>dignità umana</strong>; viene demandato alla <strong>legge</strong> di determinare <strong>i <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/184.html">programmi</a> e i controlli opportuni</strong> perché l'attività economica pubblica <strong>e privata</strong> possa essere <strong>indirizzata e coordinata</strong> a <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/185.html">fini sociali</a>. Si tratta di una norma che <strong>fonda l’autonomia negoziale dei privati</strong> – anche in termini di possibilità di forgiare contratti atipici ai sensi dell’art.1322 c.c. - e, ad un tempo, <strong>ne richiama i pertinenti limiti</strong> orientati a tutelare <strong>interessi costituzionalmente rilevanti</strong> sia dal punto di vista <strong>individuale</strong> che <strong>collettivo</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1971</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 26 gennaio esce la sentenza delle <strong>SSUU</strong> della Cassazione <strong>n.174</strong>, meglio nota come <strong>caso “<em>Meroni</em>”</strong>, in cui per la prima volta viene riconosciuta la possibilità per un <strong>terzo</strong> di andare <strong>responsabile ex art.2043 c.c.</strong> (fatto illecito) laddove vulneri <strong>non già solo un diritto assoluto</strong>, ma <strong>anche un rapporto di debito-credito</strong> intercorrente tra <strong>terzi</strong>: in sostanza, il <strong>creditore</strong> può essere <strong>leso</strong> non già solo dall’<strong>inadempimento del debitore ex art.1218 c.c.,</strong> ma anche dal <strong>fatto illecito di un terzo ex art.2043 c.c.</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1976</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 2 maggio viene varata la legge <strong>n.183</strong>, recante disciplina dell'<strong>intervento straordinario nel Mezzogiorno</strong> per il <strong>quinquennio 1976-80</strong>, il cui <strong>art.17</strong> si occupa di definire le <strong>operazioni di c.d. locazione finanziaria</strong>, assumendo tali le locazioni <strong>di beni mobili o immobili</strong>, <strong>acquistati</strong> o <strong>fatti costruire</strong> dal <strong>locatore</strong>, su <strong>scelta</strong> o <strong>indicazione</strong> del <strong>conduttore</strong> (senza la quale, come è ovvio, il locatore <strong>non li avrebbe</strong> acquistati né fatti costruire), conduttore che <strong>ne assume i rischi</strong>, con <strong>facoltà</strong> per il conduttore medesimo di <strong>divenire proprietario</strong> <strong>dei beni locati</strong> <strong>al termine della locazione</strong>, dietro <strong>versamento</strong> di un <strong>prezzo prestabilito</strong>. Viene così recepito nel nostro ordinamento un <strong>istituto affine</strong> a quello – nato (e disciplinato) <strong>in ambiente anglosassone</strong> di <strong><em>common law</em></strong>, e segnatamente negli <strong>USA</strong> – che affonda le proprie radici nell’<strong>affitto</strong> (<strong><em>lease</em></strong>) di <strong>fondo rustico</strong> dal <strong>concedente</strong> (<strong><em>lessor</em></strong>) al relativo <strong>utilizzatore</strong> (<strong><em>lessee</em></strong>).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1980</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 19 luglio esce la sentenza del <strong>Tribunale di Firenze</strong> che assume il leasing configurare un <strong>contratto atipico misto</strong> che vede presenti elementi della <strong>locazione</strong>, della <strong>vendita con patto di riscatto</strong>, del <strong>mutuo</strong> e del <strong>mandato ad acquistare</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1981</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 4 giugno esce la sentenza del <strong>Tribunale di Firenze</strong> che riconduce il leasing, nella sostanza, ad una <strong>locazione</strong>, essendo presente e fondamentale la <strong>causa di godimento</strong> <strong>di un bene</strong> per un <strong>dato tempo</strong> e verso un <strong>determinato corrispettivo</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 9 luglio esce la sentenza della <strong>Corte d’Appello di Firenze</strong> che assume il leasing fare luogo ad un <strong>contratto complesso</strong>, in cui <strong>più contratti tipici si fondono</strong> facendo luogo ad una <strong>causa nuova ed unica</strong>; nel <strong>contratto complesso</strong> vengono <strong>unificati gli effetti</strong> dei <strong>contratti</strong> che <strong>in esso confluiscono dissolvendovisi</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1982</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 31 maggio esce la sentenza del<strong> Tribunale di Milano </strong>che riconduce il leasing ad una <strong>vendita a rate con riserva di proprietà</strong>, con conseguente <strong>applicabilità dell’art.1526 c.c.,</strong> onde in caso di <strong>inadempimento dell’utilizzatore</strong> il concedente è <strong>tenuto a restituire i canoni riscossi</strong>, salvo il <strong>diritto ad un equo compenso</strong> ed al <strong>risarcimento del danno</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1983</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 27 gennaio esce la sentenza della<strong> Corte d’Appello di Firenze</strong> che riconduce il leasing, nella sostanza, ad una <strong>locazione</strong>, essendo presente e fondamentale la <strong>causa di godimento</strong> <strong>di un bene</strong> per un <strong>dato tempo</strong> e verso un <strong>determinato corrispettivo</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 28 ottobre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.6390, assai <strong>importante</strong>, con la quale il leasing viene isolato come <strong>contratto autonomo</strong> con <strong>causa di finanziamento</strong> per l’ottenimento della <strong>disponibilità di un bene</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1984</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 5 marzo esce la sentenza del<strong> Tribunale di Vicenza </strong>che riconduce il leasing ad una <strong>vendita a rate con riserva di proprietà</strong>, con conseguente <strong>applicabilità dell’art.1526 c.c.,</strong> onde in caso di <strong>inadempimento dell’utilizzatore</strong> il concedente è <strong>tenuto a restituire i canoni riscossi</strong>, salvo il <strong>diritto ad un equo compenso</strong> ed al <strong>risarcimento del danno</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1985</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 25 febbraio esce la sentenza del<strong> Tribunale di Milano </strong>che riconduce il leasing, nella sostanza, ad una <strong>locazione</strong>, essendo presente e fondamentale la <strong>causa di godimento</strong> <strong>di un bene</strong> per un <strong>dato tempo</strong> e verso un <strong>determinato corrispettivo</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 28 febbraio esce la sentenza del <strong>Tribunale di Rovereto</strong> che assume il leasing fare luogo ad un <strong>contratto complesso</strong>, in cui <strong>più contratti tipici si fondono</strong> facendo luogo ad una <strong>causa nuova ed unica</strong>; nel <strong>contratto complesso</strong> vengono <strong>unificati gli effetti</strong> dei <strong>contratti</strong> che <strong>in esso confluiscono dissolvendovisi</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 19 novembre esce la sentenza della<strong> Corte d’Appello di Bologna </strong>che riconduce il leasing, nella sostanza, ad una <strong>locazione</strong>, essendo presente e fondamentale la <strong>causa di godimento</strong> <strong>di un bene</strong> per un <strong>dato tempo</strong> e verso un <strong>determinato corrispettivo</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1986</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 6 maggio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.3023 che, nel confermare la <strong>causa di finanziamento</strong> del leasing – da intendersi come <strong>contratto atipico</strong> finalizzato ad ottenere la <strong>disponibilità immediata di un determinato bene</strong> – dichiara applicabile a tale contratto, in ipotesi di <strong>eventuale risoluzione</strong>, l’art.<strong>1458</strong> c.c. (il concedente <strong>trattiene</strong> i canoni percetti) e <strong>non</strong> l’art.<strong>1526</strong> in tema di <strong>vendita a rate con riserva di proprietà</strong> (il concedente <strong>deve restituire</strong> i canoni percetti).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1987</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 30 marzo esce la sentenza del<strong> Tribunale di Milano </strong>che riconduce il leasing, nella sostanza, ad una <strong>locazione</strong>, essendo presente e fondamentale la <strong>causa di godimento</strong> <strong>di un bene</strong> per un <strong>dato tempo</strong> e verso un <strong>determinato corrispettivo</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 30 luglio esce la sentenza del<strong> Tribunale di Milano </strong>che riconduce il leasing ad una <strong>vendita a rate con riserva di proprietà</strong>, con conseguente <strong>applicabilità dell’art.1526 c.c.,</strong> onde in caso di <strong>inadempimento dell’utilizzatore</strong> il concedente è <strong>tenuto a restituire i canoni riscossi</strong>, salvo il <strong>diritto ad un equo compenso</strong> ed al <strong>risarcimento del danno</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 26 novembre esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.8766 che riconduce il leasing ad una <strong>vendita a rate con riserva di proprietà</strong>, con conseguente <strong>applicabilità dell’art.1526 c.c.,</strong> onde in caso di <strong>inadempimento dell’utilizzatore</strong> il concedente è <strong>tenuto a restituire i canoni riscossi</strong>, salvo il <strong>diritto ad un equo compenso</strong> ed al <strong>risarcimento del danno</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1989</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 13 dicembre escono le 6 sentenze della I sezione della Cassazione n.5569-5574 che riconoscono – nell’ambito del <strong>leasing finanziario</strong> - la <strong>distinzione</strong>, già abbozzata in <strong>dottrina</strong>, tra il <strong>leasing c.d. di godimento o “<em>tradizionale</em>”</strong> ed il c.d. <strong>leasing traslativo</strong>. Si tratta in entrambi i casi di un <strong>contratto atipico</strong>, che presenta tuttavia <strong>cause diverse</strong> e, con esse, <strong>ricadute diverse</strong> specie in termini di <strong>effetti della eventuale risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore</strong>: nel <strong>leasing tradizionale, o di godimento</strong>, la vicenda <strong>esita normalmente</strong> nella <strong>conservazione del bene</strong> in capo al <strong>concedente</strong>, limitandosi l’utilizzatore <strong>ad usarne</strong> e a <strong>goderne</strong> per un certo tempo (causa di <strong>godimento</strong>), onde si applica, in caso di inadempimento di quest’ultimo, la <strong>disciplina generale di cui all’art.1458</strong> c.c., con possibilità per il concedente di <strong>trattenere i canoni <em>medio tempore</em> percetti</strong>, <strong>senza</strong> che si configuri un <strong>obbligo di restituirli all’utilizzatore</strong> (tenuto anche conto della <strong>perdita di valore economico pressoché totale</strong> subita dal bene concesso in leasing quale <strong>effetto del godimento</strong> che ne ha avuto appunto <strong>l’utilizzatore</strong>); all’opposto, nel <strong>leasing traslativo</strong> (o “<strong><em>impuro</em></strong>”), la vicenda <strong>esita normalmente nell’acquisto del bene</strong> (che <strong>conserva un certo valore economico</strong>) da parte dell’<strong>utilizzatore</strong>, non limitandosi dunque quest’ultimo – quando esercita la relativa <strong>opzione di acquisto</strong> finale - ad <strong>usarne</strong> per un certo tempo, ma acquistandone alfine la proprietà (causa di <strong>finanziamento dell’acquisto</strong>), onde si applica, in caso di <strong>relativo inadempimento,</strong> la <strong>disciplina di cui all’art.1526</strong> c.c. (<strong>vendita a rate con riserva di proprietà</strong>, cui la figura è assimilabile), con conseguente <strong>obbligo</strong> per il concedente (che trattiene un bene <strong>ancora di apprezzabile valore</strong>) di <strong>restituire all’utilizzatore i canoni <em>medio tempore</em> percetti</strong>, salvo il diritto all’equo compenso per l’uso della cosa e al risarcimento del danno. Si tratta di una presa di posizione cui <strong>si uniformerà la giurisprudenza successiva</strong>, e che tuttavia solleva le <strong>critiche della dottrina</strong> la quale da un lato rappresenta come i <strong>due schemi</strong> in cui la Corte <strong>ha scisso</strong> il leasing (quale <strong>contratto atipico unitariamente inteso</strong>) appaiono più che altro <strong>teorici</strong>, presentandosi <strong>nella pratica</strong> il pertinente contratto in modo <strong>abbastanza uniforme</strong>, onde si sarebbe al cospetto – nella <strong>realtà del mercato italiano</strong> – di una <strong>struttura immutabile e costante</strong> dell’operazione, precisandosi peraltro come il leasing, una volta <strong>giunta al termine</strong> la <strong>pertinente vicenda contrattuale</strong>, presenti <strong>sempre</strong> un bene che <strong>ha ancora una porzione di vita economica da sfruttare</strong>, con conseguente <strong>scarsa affidabilità</strong> di un <strong>discrimine</strong> tra i due modelli affidato al <strong>mero rapporto</strong> tra <strong>prezzo di opzione</strong> e <strong>valore residuo del bene</strong> (in sostanza, si assisterebbe <strong>sempre</strong> – a <strong>fine leasing</strong> - ad un <strong>bene con valore residuo</strong> cui corrisponde il <strong>pertinente prezzo di opzione di acquisto</strong>). Interessante tuttavia, nella sentenza 5570, l’indicazione che la Corte dà proprio in ordine al <strong><em>discrimen</em></strong> tra le <strong>due figure di leasing</strong> in parola, agganciandolo alla <strong>previsione contrattuale originaria</strong> fatta dalle parti ed indicativa della <strong>loro volontà concreta</strong>, con particolare riguardo a <strong>come viene additato</strong> – guardando alla <strong>scadenza</strong> del contratto – il <strong>rapporto</strong> tra il <strong>valore residuo del bene</strong> concesso in leasing e il <strong>relativo prezzo di opzione</strong> per l’utilizzatore: la previsione di una <strong>apprezzabile eccedenza di valore</strong> <strong>del bene</strong> è infatti rivelatrice, per la Corte, di una <strong>originaria volontà</strong> delle parti intesa essenzialmente al <strong>trasferimento finale della proprietà</strong> del bene <strong><em>ab ovo</em> concesso in (solo) godimento</strong>; laddove invece il <strong>prezzo di opzione</strong> sia <strong>più elevato</strong> del <strong>valore tecnico ed economico</strong> ancora espresso dal bene alla scadenza contrattuale, la <strong>volontà negoziale</strong> deve intendersi <strong>sin dal principio orientata</strong> al <strong>mero godimento</strong> del bene da parte dell’utilizzatore, <strong>senza finale trasferimento del dominio</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1993</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 7 gennaio esce la sentenza delle <strong>SSUU n. 65 </strong>che <strong>autorevolmente</strong> <strong>conferma la distinzione</strong> tra <strong>leasing tradizionale</strong> con <strong>causa di godimento</strong> – laddove, in caso di <strong>inadempimento dell’utilizzatore</strong> e di conseguente <strong>risoluzione del contratto</strong>, è applicabile <strong>l’art.1458 c.c.</strong> (i canoni percetti <strong>vengono trattenuti</strong> dal concedente) – ed il <strong>leasing c.d. impuro</strong>, con <strong>causa di finanziamento</strong> <strong>dell’acquisto</strong> del bene concesso – laddove invece alla <strong>risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore</strong> si applica, quanto a relativi <strong>effetti</strong>, l’<strong>art.1526 c.c.</strong> (<strong>vendita a rate con riserva di proprietà</strong>: i canoni percetti <strong>debbono essere restituiti all’utilizzatore</strong> che li ha <em>medio tempore</em> versati) -. La Corte individua peraltro le <strong>caratteristiche</strong> del <strong>leasing di godimento</strong> e quelle del <strong>leasing traslativo</strong>, anche al fine di <strong>distinguere</strong> le due figure e, di volta in volta, di <strong>identificare</strong> quella pertinente. Nel <strong>leasing di godimento</strong> l’impresa concedente funge da <strong>intermediario</strong> tra utilizzatore del bene e relativo produttore; l’oggetto sono <strong>beni od impianti</strong> che sono <strong>strumentali all’esercizio dell’impresa</strong> dell’utilizzatore; il <strong>periodo di durata</strong> del contratto <strong>esaurisce</strong> di norma le <strong>potenzialità di sfruttamento</strong> del bene concesso all’utilizzatore; quest’ultimo si prefigge di soddisfare <strong>il proprio interesse</strong> ad <strong>ottenere la disponibilità di un bene senza dover sborsare subito un capitale ingente</strong>, mentre <strong>l’interesse</strong> che si propone di soddisfare il concedente è <strong>impiegare in modo remunerativo il proprio capitale</strong>; ed infatti, prendendo a parametro <strong>la vita economica del bene</strong>, il concedente in leasing <strong>predispone un piano di ammortamento</strong> del capitale da lui investito per l’acquisto (o la costruzione) del bene e, <strong>al termine</strong> dell’operazione contrattuale, si vede <strong>restituito</strong> <strong>dall’utilizzatore</strong> (che gli paga via via <strong>i canoni</strong>) <strong>l’importo del capitale</strong> <strong>investito</strong>, con in più <strong>l’utile dell’operazione</strong> ed il <strong>rimborso delle spese</strong>; il bene <strong>resta in proprietà del concedente</strong>, così fungendo da <strong>garanzia</strong> con riguardo al <strong>regolare pagamento dei canoni</strong> secondo il <strong>piano di ammortamento concordato</strong> con l’utilizzatore, onde i canoni si qualificano <strong>sempre ed in ogni caso</strong> come il <strong>corrispettivo per il godimento del bene</strong> (che identifica la <strong>causa principale</strong> dell’operazione); al <strong>termine</strong> dell’operazione di leasing, quando il contratto scade, il bene concesso presenta un <strong>valore residuale minimo</strong>, con conseguente, <strong>del pari minima consistenza del relativo prezzo di acquisto opzionale</strong> da parte dell’utilizzatore. Quando il leasing <strong>è invece traslativo</strong>, le parti <strong>indirizzano la loro volontà</strong> nel senso del <strong>trasferimento finale della proprietà</strong> del bene dal concedente all’utilizzatore; muovendo da questa premessa, che peraltro <strong>ne identifica il <em>nomen</em></strong> (leasing “<strong><em>traslativo</em></strong>”), <strong>l’oggetto</strong> del contratto è tutt’affatto peculiare giacché, se l’utilizzatore è un <strong>consumatore</strong>, si tratta per lo più di <strong>beni standardizzati</strong>, mentre se l’utilizzatore è <strong>un imprenditore</strong>, si tratta di <strong>impianti</strong> o di <strong>macchinari</strong> che sono <strong>strumentali all’esercizio dell’impresa</strong> dell’utilizzatore medesimo, ma il cui <strong>valore residuo</strong> alla <strong>scadenza</strong> del leasing – dal momento che il <strong>periodo di consumazione tecnica ed economica</strong> del bene <strong>supera</strong> la durata del contratto - è <strong>ancora apprezzabile</strong> ed è <strong>superiore al relativo prezzo di opzione</strong> (il che <strong>sospinge</strong> ovviamente a <strong>riscattarli</strong>); in coerenza, se si considera <strong>l’importo globale dei canoni dovuti</strong>, esso <strong>corrisponde al valore del bene</strong>, in quanto ne costituisce in qualche modo <strong>il prezzo di acquisto finale</strong> (cui si aggiunge <strong>l’utile</strong> per il concedente) da parte dell’utilizzatore, onde la <strong>funzione principale</strong> del contratto è quella di <strong>vendere il bene all’utilizzatore</strong> facendoglielo acquistare a rate (canoni), con <strong>godimento</strong> del bene <strong>meramente ancillare</strong> dal punto di vista funzionale. La <strong>volontà delle parti</strong>, per come tradottasi nel contratto con le pertinenti <strong>clausole</strong>, è quella che sospinge nel senso del <strong>leasing di godimento tradizionale</strong> o nel senso del <strong>leasing traslativo “<em>impuro</em>”</strong>, e le SSUU individuano <strong>tutta una serie di indici</strong> che possono <strong>indirizzare l’interprete</strong> all’uopo, quali la facoltà dell’utilizzatore di <strong>chiedere una proroga del contratto</strong>, il <strong>tipo di professione dell’utilizzatore</strong>, come vengono determinati <strong>i canoni</strong>, il <strong>rapporto</strong> tra <strong>durata</strong> del leasing e <strong>periodo di obsolescenza</strong> del bene dal punto di vista <strong>tecnico ed economico</strong>, il rapporto tra <strong>valore residuo del bene</strong> e <strong>prezzo di opzione</strong> (se il bene ha un elevato valore residuo, ed il prezzo di opzione è basso, è assai probabile che il leasing sia traslativo, e non di godimento), o <strong>altre clausole specifiche</strong> che si aggiungono o derogano alle <strong>condizioni generali di contratto</strong> normalmente praticate dal concedente in leasing.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1995</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 2 agosto esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.8464, che si sofferma sulla <strong>clausola</strong> contenuta di regola nel <strong>contratto di leasing</strong> giusta la quale, per il caso di <strong>mancata consegna</strong> del bene da parte del (<strong>terzo</strong>) <strong>fornitore</strong> all’<strong>utilizzatore</strong>, viene <strong>esclusa la responsabilità del concedente</strong> con <strong>rischio</strong> conseguentemente addossato all’<strong>utilizzatore </strong>e su di lui<strong> trasferito</strong>; per la Corte tale clausola va considerata <strong>valida</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1996</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 6 dicembre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.10897, che si sofferma sulla <strong>clausola</strong> contenuta di regola nel <strong>contratto di leasing</strong> giusta la quale, per il caso di <strong>mancata consegna</strong> del bene da parte del (<strong>terzo</strong>) <strong>fornitore</strong> all’<strong>utilizzatore</strong>, viene <strong>esclusa la responsabilità del concedente</strong> con <strong>rischio</strong> conseguentemente addossato all’<strong>utilizzatore</strong>; per la Corte tale clausola va considerata <strong>valida</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1998</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 24 aprile esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.4219, che si sofferma sulla <strong>clausola</strong> contenuta di regola nel <strong>contratto di leasing</strong> giusta la quale, per il caso di <strong>consegna</strong> del <strong>bene viziato</strong> da parte del (<strong>terzo</strong>) <strong>fornitore</strong> all’<strong>utilizzatore</strong>, viene <strong>esclusa la responsabilità del concedente</strong> con <strong>rischio</strong> conseguentemente addossato all’<strong>utilizzatore</strong>; per la Corte tale clausola va considerata <strong>valida</strong>, <strong>purché</strong> tuttavia il contratto di leasing preveda <strong>l’attribuzione all’utilizzatore</strong> delle <strong>azioni</strong>, spettanti <strong>al concedente</strong>, di <strong>garanzia per i vizi della cosa venduta</strong> derivanti dalla <strong>compravendita</strong> intercorsa tra <strong>fornitore</strong> e <strong>concedente</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 novembre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.10926 che muove dalla <strong>causa</strong> del <strong>contratto di leasing</strong>, <strong>negando</strong> che essa si compendi nel <strong>puro e semplice acquisto del bene</strong>, <strong>immediato</strong>, da parte del <strong>concedente</strong> (per derivazione <strong>dal fornitore</strong>) e nel <strong>futuro acquisto</strong> da parte dell’<strong>utilizzatore</strong> (ove previsto), quanto piuttosto nel <strong>godimento</strong> per un <strong>determinato periodo</strong> del ridetto <strong>bene</strong>, quale <strong>oggetto</strong> del contratto. Per la Corte è <strong>obbligo del concedente</strong> quello di <strong>consegnare la cosa locata all’utilizzatore</strong> e di <strong>consentirne l’utilizzo</strong> secondo <strong>l’uso convenuto</strong>, onde, se tale obbligazione <strong>non viene adempiuta</strong>, è <strong>legittimo il rifiuto</strong> dell’utilizzatore di <strong>versare i canoni;</strong> né può essere prevista una <strong>clausola di esonero dalla responsabilità del concedente</strong> per l’<strong>inadempimento del fornitore</strong> (in termini di consegna del bene), in quanto si tratterebbe di <strong>clausola nulla</strong> da assumere <strong>in contrasto con l’art.1460 c.c</strong>.. Laddove dunque il <strong>contratto di fornitura</strong> (vendita o appalto) intercorrente tra <strong>fornitore e concedente</strong> (<em>lessor</em>) resti <strong>inadempiuto</strong>, o <strong>non esattamente adempiuto</strong>, massime in termini di <strong>mancata o difettosa consegna</strong> del bene, tale contratto <strong>si risolve</strong> e tale <strong>scioglimento</strong> determina, a cascata, <strong>lo scioglimento anche del contratto di leasing</strong> - che lo <strong>presuppone</strong> - per <strong>impossibilità sopravvenuta ex art.1463 c.c</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1999</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 21 dicembre esce la sentenza della <strong>Corte d’Appello di Milano</strong> che si occupa del caso in cui nel <strong>contratto di leasing</strong> tra <strong>concedente</strong> ed <strong>utilizzatore</strong> venga prevista una <strong>clausola</strong> che <strong>addossa il rischio della mancata consegna del bene</strong> da parte del (<strong>terzo</strong>) fornitore <strong>all’utilizzatore</strong>, con conseguente <strong>necessità</strong> per quest’ultimo di <strong>continuare in ogni caso</strong> <strong>a versare</strong> al concedente <strong>l’importo dei canoni</strong>: si tratta di una <strong>clausola illegittima</strong>, in quanto capace di <strong>inammissibilmente snaturare lo scopo del collegamento negoziale</strong> voluto tra le parti, palesandosi <strong>vana</strong> la <strong>strumentalità dell’adempimento del fornitore</strong> agli <strong>scopi divisati</strong> dalle parti medesime, in sostanza idonea a legittimare un <strong>contegno non in buona fede</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2000</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 13 dicembre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.15762, che si sofferma sulla <strong>clausola</strong> contenuta di regola nel <strong>contratto di leasing</strong> giusta la quale, per il caso di <strong>consegna</strong> del <strong>bene viziato</strong> da parte del (<strong>terzo</strong>) <strong>fornitore</strong> all’<strong>utilizzatore</strong>, viene <strong>esclusa la responsabilità del concedente</strong> con <strong>rischio</strong> conseguentemente addossato all’<strong>utilizzatore</strong>; per la Corte tale clausola va considerata <strong>valida</strong>, <strong>purché</strong> tuttavia il contratto di leasing preveda <strong>l’attribuzione all’utilizzatore</strong> delle <strong>azioni</strong>, spettanti <strong>al concedente</strong>, di <strong>garanzia per i vizi della cosa venduta</strong> derivanti dalla <strong>compravendita</strong> intercorsa tra <strong>fornitore</strong> e <strong>concedente</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2001</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 30 luglio esce la sentenza del <strong>Tar Umbria</strong> n.412 che assume il leasing fare luogo ad un <strong>contratto complesso</strong>, in cui <strong>più contratti tipici si fondono</strong> facendo luogo ad una <strong>causa nuova ed unica</strong>; nel <strong>contratto complesso</strong> vengono <strong>unificati gli effetti</strong> dei <strong>contratti</strong> che <strong>in esso confluiscono dissolvendovisi</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2003</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 20 gennaio esce la sentenza del <strong>Tribunale di Nuoro</strong> che <strong>conferma la distinzione</strong> tra <strong>leasing tradizionale</strong> con <strong>causa di godimento</strong> – laddove, in caso di <strong>inadempimento dell’utilizzatore</strong> e di conseguente <strong>risoluzione del contratto</strong>, è applicabile <strong>l’art.1458 c.c.</strong> (i canoni percetti <strong>vengono trattenuti</strong> dal concedente) – ed il <strong>leasing c.d. impuro</strong>, con <strong>causa di finanziamento</strong> <strong>dell’acquisto</strong> del bene concesso – laddove invece alla <strong>risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore</strong> si applica, quanto a relativi <strong>effetti</strong>, l’<strong>art.1526 c.c.</strong> (<strong>vendita a rate con riserva di proprietà</strong>: i canoni percetti <strong>debbono essere restituiti all’utilizzatore</strong> che li ha <em>medio tempore</em> versati) -.</p> <p style="text-align: justify;">Il 18 luglio vede la luce la sentenza della III sezione della Cassazione n.11240 che si occupa dell’ipotesi in cui su una <strong>fattispecie di collegamento negoziale</strong> e dunque di <strong>assetto di interessi globalmente inteso</strong>, siccome <strong>divisato</strong> dalle parti dei contratti collegati, venga ad incidere una <strong>cessione del contratto</strong>, con possibilità di una <strong>alterazione</strong> del ridetto assetto di interessi. Il problema si pone alla Corte in un caso di <strong>leasing finanziario</strong> che coinvolge <strong>concedente</strong> (<em>lessor</em>) ed <strong>utilizzatore</strong> (<em>lessee</em>) e che è <strong>collegato</strong> ad un <strong>contratto c.d. di flessibilità</strong> avente ad oggetto un <strong>patto di riscatto anticipato</strong> e che consente all’utilizzatore di <strong>acquisire subito il bene</strong> riscattandolo immediatamente; nel caso di specie, <strong>a cedere il contratto è il <em>lessor</em></strong>, che tuttavia <strong>non cede anche</strong> il collegato <strong>contratto di flessibilità</strong>, sicché quando l’utilizzatore (ceduto) <strong>chiede al nuovo <em>lessor</em></strong> (cessionario) il <strong>riscatto anticipato</strong>, quegli si oppone. La Corte, chiamata a risolvere il caso, premette che il <strong>collegamento negoziale</strong> non fa luogo ad un <strong>nuovo ed autonomo contratto</strong>, configurando piuttosto un <strong>meccanismo</strong> giusta il quale le parti <strong>perseguono un risultato economico unitario e complesso</strong> realizzato non già attraverso <strong>un contratto isolato</strong>, quanto piuttosto mediante una <strong>pluralità di contratti coordinati tra loro</strong> che conservano una <strong>propria causa autonoma</strong>; nella fattispecie, i <strong>canoni periodici</strong> a carico dell’utilizzatore hanno una <strong>consistenza tale</strong> da rappresentare dal punto di vista <strong>economico,</strong> <strong>rate di prezzo</strong> corrispondenti al <strong>valore capitale</strong> del bene concesso in <em>leasing</em>, onde – pur trovandosi al cospetto di <strong>contratti formalmente autonomi</strong> – il <strong><em>lessor</em> originario</strong> e l’utlilizzatore hanno <strong>avvinto con un collegamento</strong> il <strong>contratto di leasing</strong> e <strong>quello c.d. di flessibilità</strong> (con possibilità di <strong>riscatto anticipato</strong> del bene da parte dell’utilizzatore). Proprio per questo motivo, per la Corte trova nel caso di specie applicazione <strong>il principio</strong> onde <strong>le vicende di un contratto si comunicano necessariamente all’altro</strong>, onde sullo <strong>specifico crinale</strong> della <strong>cessione</strong> è <strong>impossibile cedere il contratto di leasing indipendentemente</strong> da quello, collegato (c.d. contratto di flessibilità), che prevede il <strong>diritto dell’utilizzatore di chiedere il riscatto anticipato</strong>. Per la Corte, la cessione del <strong>solo contratto di <em>leasing</em></strong>, operando la <strong>scissione</strong> del <strong>godimento della proprietà</strong> (dal <strong><em>lessor</em> cedente</strong> a quello <strong>nuovo cessionario</strong>), altererebbe le <strong>modalità di esercizio</strong> del <strong>patto di riscatto</strong> ed <strong>inciderebbe sulla posizione dell’utilizzatore ceduto</strong> al punto che il medesimo, pur <strong>dopo</strong> aver esercitato <strong>nei confronti del <em>lessor</em> cedente</strong> il <strong>riscatto</strong> ed avere per conseguenza <strong>acquistato la proprietà</strong> del bene, dovrebbe <strong>comunque continuare a pagare i canoni</strong> di godimento al <strong><em>lessor</em> cessionario</strong>. In sostanza, la Corte sembra dire che <strong>laddove il contratto oggetto di cessione</strong> sia <strong>collegato</strong> ad <strong>altre posizioni contrattuali</strong>, il fatto che si tratti di una <strong>realtà giuridica complessa</strong> finisce con <strong>l’incidere sull’intera operazione</strong>, sia in termini di acquisizione del <strong>consenso globale del contraente ceduto</strong>, sia in termini di <strong>cessione globale dei contratti tra loro collegati</strong>, a differenza del caso di specie in cui, pur al cospetto di un <strong>conclamato collegamento negoziale</strong>, è stata <strong>ceduta solo una delle posizioni contrattuali “<em>frazione</em>”</strong> dell’operazione complessa frutto del collegamento ridetto. In sostanza dunque in presenza di <strong>negozi collegati</strong> il <strong>principio di immutabilità dell’oggetto della cessione</strong> sembra coinvolgere <strong>non già ciascun singolo contratto collegato</strong> ad altri, quanto piuttosto <strong>l’intera gamma dei contratti base</strong> stipulati <strong>in connessione</strong> tra loro.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 5 agosto esce la sentenza del <strong>Tribunale di Reggio Emilia </strong>che <strong>conferma la distinzione</strong> tra <strong>leasing tradizionale</strong> con <strong>causa di godimento</strong> – laddove, in caso di <strong>inadempimento dell’utilizzatore</strong> e di conseguente <strong>risoluzione del contratto</strong>, è applicabile <strong>l’art.1458 c.c.</strong> (i canoni percetti <strong>vengono trattenuti</strong> dal concedente) – ed il <strong>leasing c.d. impuro</strong>, con <strong>causa di finanziamento</strong> <strong>dell’acquisto</strong> del bene concesso – laddove invece alla <strong>risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore</strong> si applica, quanto a relativi <strong>effetti</strong>, l’<strong>art.1526 c.c.</strong> (<strong>vendita a rate con riserva di proprietà</strong>: i canoni percetti <strong>debbono essere restituiti all’utilizzatore</strong> che li ha <em>medio tempore</em> versati) -.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 28 novembre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.18229 che <strong>conferma la distinzione</strong> tra <strong>leasing tradizionale</strong> con <strong>causa di godimento</strong> – laddove, in caso di <strong>inadempimento dell’utilizzatore</strong> e di conseguente <strong>risoluzione del contratto</strong>, è applicabile <strong>l’art.1458 c.c.</strong> (i canoni percetti <strong>vengono trattenuti</strong> dal concedente) – ed il <strong>leasing c.d. impuro</strong>, con <strong>causa di finanziamento</strong> <strong>dell’acquisto</strong> del bene concesso – laddove invece alla <strong>risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore</strong> si applica, quanto a relativi <strong>effetti</strong>, l’<strong>art.1526 c.c.</strong> (<strong>vendita a rate con riserva di proprietà</strong>: i canoni percetti <strong>debbono essere restituiti all’utilizzatore</strong> che li ha <em>medio tempore</em> versati) -.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2004</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 26 marzo esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.6044, che si sofferma sulla <strong>clausola</strong> contenuta di regola nel <strong>contratto di leasing</strong> giusta la quale, per il caso di <strong>consegna</strong> del <strong>bene viziato</strong> da parte del (<strong>terzo</strong>) <strong>fornitore</strong> all’<strong>utilizzatore</strong>, viene <strong>esclusa la responsabilità del concedente</strong> con <strong>rischio</strong> conseguentemente addossato all’<strong>utilizzatore</strong>; per la Corte tale clausola va considerata <strong>valida</strong>, <strong>purché</strong> tuttavia il contratto di leasing preveda <strong>l’attribuzione all’utilizzatore</strong> delle <strong>azioni</strong>, spettanti <strong>al concedente</strong>, di <strong>garanzia per i vizi della cosa venduta</strong> derivanti dalla <strong>compravendita</strong> intercorsa tra <strong>fornitore</strong> e <strong>concedente</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 29 marzo esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.6188 che <strong>conferma la distinzione</strong> tra <strong>leasing tradizionale</strong> con <strong>causa di godimento</strong> – laddove, in caso di <strong>inadempimento dell’utilizzatore</strong> e di conseguente <strong>risoluzione del contratto</strong>, è applicabile <strong>l’art.1458 c.c.</strong> (i canoni percetti <strong>vengono trattenuti</strong> dal concedente) – ed il <strong>leasing c.d. impuro</strong>, con <strong>causa di finanziamento</strong> <strong>dell’acquisto</strong> del bene concesso – laddove invece alla <strong>risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore</strong> si applica, quanto a relativi <strong>effetti</strong>, l’<strong>art.1526 c.c.</strong> (<strong>vendita a rate con riserva di proprietà</strong>: i canoni percetti <strong>debbono essere restituiti all’utilizzatore</strong> che li ha <em>medio tempore</em> versati) -.</p> <p style="text-align: justify;">Il 2 agosto esce la sentenza della III sezione della Cassazione n. 14786 che riconosce nel leasing una fattispecie di <strong>vero e proprio collegamento negoziale tecnicamente inteso</strong>: l’obiettivo – di <strong>stampo economico unitario</strong> - è quello di <strong>soddisfare l’interesse dell’utilizzatore</strong> ad <strong>avere a disposizione il bene</strong> e <strong>goderne</strong>, onde il leasing <strong>o è una fattispecie di contratti collegati</strong> <strong>o “<em>non è</em>”</strong> (c.d. <strong>collegamento necessario</strong>); da ciò discende che laddove la vendita (o l’appalto) sia <strong>annullata</strong>, <strong>dichiarata nulla</strong>, <strong>risolta</strong> o <strong>rescissa</strong>, <strong>la relativa caducazione travolge anche</strong> il <strong>leasing</strong> che su di essa <strong>si appoggia</strong>; inoltre, <strong>l’utilizzatore</strong> deve assumersi <strong>legittimato ad agire in via diretta</strong> (e <strong>non</strong> in via <strong>surrogatoria</strong>, “<strong><em>passando</em></strong>” per il <strong>debitore concedente</strong>, che <strong>ne è creditore</strong>) nei confronti del <strong>venditore</strong> (o dell’appaltatore), dovendo solo ottenere il <strong>consenso del concedente</strong> laddove <strong>l’azione verso il venditore</strong> (o l’appaltatore) sia <strong>non già “<em>manutentiva</em>”</strong>, ma <strong>demolitoria</strong> e dunque <strong>intesa a risolvere il contratto di vendita</strong> (o di appalto), che <strong>avvince in via diretta</strong> (seppure collegata) i soli venditore (appaltatore) e concedente;</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2005</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 5 settembre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.17767 onde, nell’ipotesi in cui <strong>l’utilizzatore</strong> (<em>lessee</em>) <strong>prescelga</strong>, oltre al <strong>bene</strong>, anche <strong>la persona che dovrà fornirglielo</strong> (fornitore), e sia stabilito <strong>nel contratto di leasing</strong> con il <strong>concedente</strong> (<em>lessor</em>) che <strong>il fornitore consegni direttamente il bene all’utilizzatore</strong> medesimo, <strong>l’obbligazione del concedente</strong> diviene <strong>solo</strong> quella di <strong>concludere il contratto di vendita</strong> con il fornitore giusta impiego del <strong>pertinente capitale</strong> per l’acquisto, mentre <strong>l’obbligazione di consegna del bene</strong> sulla base del contratto di vendita (tra fornitore e concedente) va <strong>adempiuta dal fornitore</strong> nei confronti <strong>direttamente dell’utilizzatore</strong> (e <strong>non già del concedente</strong>, controparte contrattuale). In tali fattispecie, per la Corte <strong>l’eventuale clausola di esonero di responsabilità</strong> del concedente per <strong>inadempimento del </strong>(<strong>terzo</strong>)<strong> fornitore</strong>, contenuta nel contratto di leasing, <strong>non</strong> presenta <strong>tecnicamente</strong> la funzione di stabilire un vero e proprio <strong>esonero di responsabilità</strong>, gravando in questo caso sul concedente <strong>il solo obbligo</strong> (giusta la conclusione della compravendita <strong>col fornitore</strong>) di <strong>determinare a propria volta in capo al fornitore</strong> (venditore) <strong>l’obbligo di consegnare</strong> il bene <strong>direttamente all’utilizzatore</strong>. Quest’ultimo, prosegue la Corte, pur <strong>non potendo</strong> far valere <strong>nei confronti del concedente</strong> il <strong>diritto alla consegna del bene</strong> ed anche alla <strong>possibilità di farne uso secondo la relativa destinazione</strong>, non resta tuttavia <strong>privo di tutela</strong> potendo esercitare nei confronti del fornitore, in via <strong>diretta</strong> e <strong>non</strong> già <strong>surrogatoria</strong> (in quest’ultimo caso, agirebbe come <strong>creditore del concedente</strong>, a propria volta <strong>creditore del fornitore</strong>) le <strong>azioni</strong> intese ad ottenere <strong>l’adempimento</strong> o <strong>il risarcimento dei danni</strong> in caso di inadempimento. Per la Corte finisce infatti col realizzarsi, nella conclusione del <strong>contratto di fornitura</strong> (vendita tra fornitore e concedente) in rapporto a <strong>quello di leasing</strong>, quella medesima <strong>scissione</strong> <strong>di posizioni</strong> nei confronti del <strong>terzo contraente</strong> (l’utilizzatore) che si presenta nel caso di <strong>contratti conclusi dal mandatario</strong> (nella fattispecie, il concedente) <strong>in nome proprio e nell’interesse del mandante</strong> (nella fattispecie, l’<strong>utilizzatore</strong>), vale a dire nel <strong>mandato senza rappresentanza</strong>, art.<strong>1705, comma 2</strong>, c.c., con conseguente <strong>azione diretta</strong> riconosciuta al <strong>mandante</strong> (utilizzatore) nei confronti del <strong>terzo</strong> (fornitore).</p> <p style="text-align: justify;">*Il 12 ottobre esce la sentenza della <strong>Corte d’Appello di Bari </strong>che <strong>conferma la distinzione</strong> tra <strong>leasing tradizionale</strong> con <strong>causa di godimento</strong> – laddove, in caso di <strong>inadempimento dell’utilizzatore</strong> e di conseguente <strong>risoluzione del contratto</strong>, è applicabile <strong>l’art.1458 c.c.</strong> (i canoni percetti <strong>vengono trattenuti</strong> dal concedente) – ed il <strong>leasing c.d. impuro</strong>, con <strong>causa di finanziamento</strong> <strong>dell’acquisto</strong> del bene concesso – laddove invece alla <strong>risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore</strong> si applica, quanto a relativi <strong>effetti</strong>, l’<strong>art.1526 c.c.</strong> (<strong>vendita a rate con riserva di proprietà</strong>: i canoni percetti <strong>debbono essere restituiti all’utilizzatore</strong> che li ha <em>medio tempore</em> versati) -.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2006</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 gennaio viene varato il <strong>decreto legislativo n.5</strong> che, con l’art.58, comma 1, introduce nel r.d. 267.42, c.d. <strong>legge fallimentare</strong>, l’<strong>art.72 <em>quater</em></strong> dedicato alla <strong>locazione finanziaria</strong>, alla quale si applica, in caso di <strong>fallimento dell'utilizzatore</strong>, il precedente <strong>articolo 72</strong>. Se e' disposto <strong>l'esercizio provvisorio dell'impresa</strong>, il contratto <strong>continua ad avere esecuzione</strong> salvo che il <strong>curatore</strong> (dell’utilizzatore) dichiari di <strong>volersi sciogliere dal contratto</strong>, fattispecie quest’ultima (scioglimento del contratto) in cui il concedente ha diritto alla <strong>restituzione del bene</strong> ed e' tenuto a <strong>versare alla curatela l'eventuale differenza – in positivo - </strong> fra la <strong>maggiore somma ricavata</strong> dalla <strong>vendita</strong> o da <strong>altra collocazione del bene</strong> stesso rispetto al <strong>credito residuo in linea capitale</strong>; per le <strong>somme già riscosse</strong> si applica invece <strong>l'articolo 67, terzo comma, lettera a),</strong> onde è <strong>esclusa la revocatoria fallimentare</strong> per i <strong>pagamenti</strong> di <strong>beni e servizi</strong> effettuati <strong>nell’esercizio dell’attività di impresa nei termini d’uso</strong> (in sostanza, per il leasing si tratta dei <strong>canoni già pagati dall’utilizzatore</strong>). Il concedente ha poi <strong>diritto ad insinuarsi nello stato passivo</strong> per la <strong>differenza</strong> – se negativa - fra il <strong>credito vantato</strong> alla data del fallimento e <strong>quanto ricavato dalla nuova allocazione</strong> del bene. In caso opposto di <strong>fallimento</strong> delle <strong>società di locazione finanziaria</strong>, il contratto <strong>prosegue </strong>e l'utilizzatore <strong>conserva la facoltà di acquistare</strong>, alla <strong>scadenza</strong> del contratto, la <strong>proprietà del bene</strong>, previo pagamento dei <strong>canoni</strong> e del <strong>prezzo pattuito</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">*Il 15 giugno esce la sentenza del <strong>Tribunale di Roma </strong>che <strong>conferma la distinzione</strong> tra <strong>leasing tradizionale</strong> con <strong>causa di godimento</strong> – laddove, in caso di <strong>inadempimento dell’utilizzatore</strong> e di conseguente <strong>risoluzione del contratto</strong>, è applicabile <strong>l’art.1458 c.c.</strong> (i canoni percetti <strong>vengono trattenuti</strong> dal concedente) – ed il <strong>leasing c.d. impuro</strong>, con <strong>causa di finanziamento</strong> <strong>dell’acquisto</strong> del bene concesso – laddove invece alla <strong>risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore</strong> si applica, quanto a relativi <strong>effetti</strong>, l’<strong>art.1526 c.c.</strong> (<strong>vendita a rate con riserva di proprietà</strong>: i canoni percetti <strong>debbono essere restituiti all’utilizzatore</strong> che li ha <em>medio tempore</em> versati) -.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2007</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 settembre viene varato il decreto legislativo <strong>n.169</strong> che incide sull’<strong>art.72 quater, comma 2</strong>, del r.d. 267.42 in tema di <strong>fallimento dell’utilizzatore</strong> nel contratto di leasing, onde in caso di <strong>scioglimento del contratto</strong>, il <strong>concedente</strong> ha diritto alla <strong>restituzione del bene</strong> ed e' tenuto a versare alla curatela <strong>l'eventuale differenza</strong> fra la <strong>maggiore somma</strong> ricavata dalla <strong>vendita</strong> o da <strong>altra collocazione</strong> del bene stesso rispetto al <strong>credito residuo in linea capitale</strong>, purché tuttavia – si specifica innovativamente - la vendita o la differente collocazione siano avvenute <strong>ai valori di mercato</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2008</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 23 maggio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.13418 che <strong>conferma la distinzione</strong> tra <strong>leasing tradizionale</strong> con <strong>causa di godimento</strong> – laddove, in caso di <strong>inadempimento dell’utilizzatore</strong> e di conseguente <strong>risoluzione del contratto</strong>, è applicabile <strong>l’art.1458 c.c.</strong> (i canoni percetti <strong>vengono trattenuti</strong> dal concedente) – ed il <strong>leasing c.d. impuro</strong>, con <strong>causa di finanziamento</strong> <strong>dell’acquisto</strong> del bene concesso – laddove invece alla <strong>risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore</strong> si applica, quanto a relativi <strong>effetti</strong>, l’<strong>art.1526 c.c.</strong> (<strong>vendita a rate con riserva di proprietà</strong>: i canoni percetti <strong>debbono essere restituiti all’utilizzatore</strong> che li ha <em>medio tempore</em> versati) -.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2009</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 5 maggio esce la sentenza del <strong>Tribunale di Monza</strong> alla cui stregua, nel caso in cui <strong>concedente ed utilizzatore</strong> prevedano in seno al contratto di leasing la <strong>clausola</strong> onde <strong>il rischio del furto è a carico dell’utilizzatore</strong>, il quale dovrà <strong>comunque corrispondere i canoni residui</strong>, tale clausola <strong>non può assumersi vessatoria</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 17 giugno esce la sentenza del <strong>Tribunale di Milano </strong>che – andando in contrario avviso rispetto alla giurisprudenza dominante – <strong>sconfessa la distinzione</strong> tra <strong>leasing tradizionale</strong> con <strong>causa di godimento</strong> – laddove, in caso di <strong>inadempimento dell’utilizzatore</strong> e di conseguente <strong>risoluzione del contratto</strong>, sarebbe applicabile <strong>l’art.1458 c.c.</strong> (i canoni percetti <strong>vengono trattenuti</strong> dal concedente) – ed il <strong>leasing c.d. impuro</strong>, con <strong>causa di finanziamento</strong> <strong>dell’acquisto</strong> del bene concesso – laddove invece alla <strong>risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore</strong> si applicherebbe, quanto a relativi <strong>effetti</strong>, l’<strong>art.1526 c.c.</strong> (<strong>vendita a rate con riserva di proprietà</strong>: i canoni percetti <strong>debbono essere restituiti all’utilizzatore</strong> che li ha <em>medio tempore</em> versati) -. Per il Tribunale meneghino, <strong>ogni tipo di leasing</strong> presenta in realtà una <strong>sottostante causa di finanziamento</strong> <strong>lecita e meritevole di tutela</strong>, sia che l’obiettivo dell’utilizzatore sia quello di <strong>godere del bene</strong>, sia che invece sia quello di <strong>acquistarlo al termine</strong> della pertinente vicenda contrattuale.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2010</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 13 agosto viene varato il <strong>decreto legislativo n.141</strong> che, novellando il <strong>Testo Unico Bancario n.385.93</strong>, vi aggiunge un <strong>articolo 125 <em>quinquies</em></strong> dedicato all’<strong>inadempimento del fornitore</strong> dei beni nei <strong>contratti di credito collegati</strong>: in tale eventualità (<strong>inadempimento da parte del fornitore</strong> dei beni o dei servizi) il <strong>consumatore</strong>, dopo aver <strong>inutilmente effettuato la costituzione in mora</strong> del fornitore, ha <strong>diritto</strong> alla <strong>risoluzione del contratto di credito</strong> stipulato con il <strong>finanziatore</strong> (ad esempio, una banca), se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrono <strong>le condizioni di cui all'articolo 1455 del codice civile</strong> e dunque l’inadempimento si palesa <strong>di non scarsa importanza</strong>. La <strong>risoluzione del contratto di credito</strong> comporta peraltro <strong>l'obbligo del finanziatore</strong> di <strong>rimborsare</strong> al consumatore le <strong>rate già pagate</strong>, nonché <strong>ogni altro onere eventualmente applicato</strong>, mentre <strong>non comporta l'obbligo del consumatore</strong> di <strong>rimborsare al finanziatore</strong> l'importo che sia stato da questi <strong>già versato al fornitore</strong> dei beni o dei servizi, e ciò in quanto il finanziatore ha <strong>il diritto di ripetere detto importo</strong> nei confronti <strong>del fornitore</strong> stesso. Il comma 3 disciplina peraltro proprio la <strong>locazione finanziaria</strong> (leasing): in questa fattispecie il consumatore, dopo aver <strong>inutilmente effettuato la costituzione in mora</strong> del fornitore dei beni o dei servizi, <strong>può chiedere</strong> al <strong>finanziatore</strong> di <strong>agire per la risoluzione</strong> del contratto; la richiesta (risolutoria) al fornitore determina peraltro la <strong>sospensione del pagamento dei canoni</strong>. La <strong>risoluzione del contratto di fornitura</strong> determina la <strong>risoluzione di diritto, senza penalità e oneri</strong>, del contratto di <strong>locazione finanziaria</strong>, riverberandosi dunque su di esso, con applicazione delle diposizioni che regolano – in caso appunto di <strong>risoluzione</strong> - i rapporti tra <strong>finanziatore</strong> e <strong>utilizzatore-consumatore</strong> nei <strong>contratti di credito collegati</strong> (di cui sopra). I <strong>diritti</strong> previsti da queste disposizioni <strong>nei confronti del finanziatore</strong> possono peraltro essere fatti valere <strong>anche nei confronti del terzo</strong> al quale quest’ultimo <strong>abbia eventualmente ceduto</strong> i diritti derivanti dal contratto di concessione del credito.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2015</strong></p> <p style="text-align: justify;">Ottobre</p> <p style="text-align: justify;">Il 5 ottobre esce la sentenza delle <strong>SSUU</strong> della Cassazione n.19785, alla cui stregua tra i <strong>negozi di vendita (o appalto)</strong> da una parte e di <strong>leasing</strong> dall’altra si configura un <strong>indispensabile collegamento</strong>, e ciò in quanto la vendita (o l’appalto) <strong>vengono stipulati in funzione</strong> della <strong>successiva concessione in leasing</strong> del bene acquistato dal concedente (a mezzo vendita o a mezzo realizzazione appaltata), mentre per parte sua il <strong>leasing</strong>, o locazione finanziaria, <strong>presuppone</strong> che il concedente (<em>lessor</em>) <strong>si sia procurato il bene</strong> che concede poi in godimento all’utilizzatore (<em>lessee</em>); resta però il fatto – per la Corte – che <strong>i due negozi sono sostanzialmente autonomi</strong>: <strong>solo il concedente</strong> è <strong>parte di entrambi</strong>, mentre da un lato <strong>l’utilizzatore è terzo</strong> rispetto al <strong>contratto di fornitura</strong> (vendita o appalto) intercorrente <strong>tra fornitore e concedente</strong>, e dall’altro <strong>il concedente è terzo</strong> rispetto al <strong>contratto di leasing o locazione finanziaria</strong>, che interviene <strong>tra concedente ed utilizzatore</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">La vicenda deve assumersi, per le SSUU, <strong>non additabile quale contratto plurilaterale ex art.1420 c.c</strong>., configurando piuttosto un <strong>collegamento negoziale</strong> in cui le <strong>parti dei rispettivi negozi</strong> – che restano <strong>contratti distinti</strong> – gestiscono i ridetti negozi <strong>assecondando le rispettive funzioni o cause</strong>, ed assegnando <strong>rilevanza giuridica non già a tutte le possibili interdipendenze</strong>, ma <strong>a quelle sole dalle quali</strong> in concreto <strong>dipende l’attuazione della divisata operazione economica unitaria</strong>: tale rilevanza giuridica si ottiene mediante <strong>apposite clausole</strong> previste dalle parti ed <strong>inserite in ciascuno dei due contratti giuridicamente bilaterali volontariamente avvinti tra loro</strong> dalle parti medesime <strong>proprio attraverso tali specifiche clausole</strong>. I due contratti, corredati dalle ridette, <strong>specifiche clausole</strong> <strong>che li legano</strong>, restano tuttavia <strong>strutturalmente bilaterali</strong>, connettendo da un lato <strong>il fornitore ed il concedente</strong>, e dall’altro <strong>il concedente e l’utilizzatore</strong>. Il <strong>collegamento</strong> tra i due contratti – prosegue la Corte – può tuttavia talvolta <strong>essere esaltato</strong> giusta <strong>partecipazione dell’utilizzatore al contratto</strong> (vendita o appalto) che lega il fornitore al concedente, ed al quale quegli <strong>sarebbe estraneo</strong>, così facendosi luogo ad <strong>una vendita (o ad un appalto)</strong> produttivo di <strong>taluni effetti obbligatori a favore del terzo utilizzatore</strong>, <strong>senza</strong> che all’uopo <strong>occorra ipotizzare</strong> – all’interno del <strong>contratto di leasing</strong> – un <strong>mandato implicito</strong> inteso ad assicurare <strong>quei diritti di azione</strong> che il codice (art.<strong>1705, comma 2</strong>, c.c.) riconosce al <strong>mandante senza rappresentanza</strong> (nella specie, l’utilizzatore appunto) nei confronti del <strong>terzo</strong> (nella specie, il fornitore) che ha contratto con il <strong>mandatario senza procura</strong> (nella specie, il concedente). Il problema si pone invece quando <strong>non solo l’utilizzatore non partecipa</strong> al <strong>contratto</strong> <strong>tra fornitore e concedente</strong>, ma lo stesso <strong>contratto di leasing</strong> che lo avvince (come utilizzatore) al concedente <strong>non prevede</strong> – nel caso dei <strong>vizi della cosa locata</strong> – il <strong>trasferimento</strong> in capo all’utilizzatore della <strong>posizione contrattuale del concedente</strong>, mancando dunque <strong>apposita clausola</strong> che <strong>gli consenta di agire direttamente</strong> verso il fornitore infedele: ciò viene escluso dal c.d. <strong>principio di relatività del contratto ex art.1372 c.c.</strong> onde, in difetto di <strong>apposita clausola</strong> all’uopo, l’utilizzatore <strong>non potrebbe agire per la risoluzione</strong> <strong>della vendita</strong> nei confronti del fornitore <strong>in via diretta</strong>, stante come egli <strong>non sia parte del contratto di vendita</strong> intervenuto tra fornitore e concedente, atteggiantesi dunque rispetto a lui a <strong><em>res inter alios acta</em></strong>. Per le SSUU tale <strong>possibilità di azione diretta</strong> sarebbe <strong>predicabile</strong> laddove <strong>si scorgesse nel leasing</strong> una ipotesi di <strong>collegamento negoziale necessario</strong> o <strong>in senso tecnico</strong>, onde la fattispecie sarebbe <strong>necessariamente da considerarsi nella relativa unitarietà</strong> (in altri termini, o <strong>è “<em>trina</em>”</strong> o <strong>non è</strong>): all’uopo occorrerebbe tuttavia la presenza tanto di un <strong>requisito oggettivo</strong> – un <strong>indefettibile nesso teleologico</strong> tra <strong>tutti i negozi coinvolti</strong> nell’operazione, sotto la cui egida le parti <strong>regolamentano i propri interessi</strong> con <strong>negozi distinti</strong>, e tuttavia avendo <strong>tutti di mira una finalità pratica</strong> ed un <strong>assetto economico</strong>, <strong>globalmente inteso</strong>, di tipo <strong>unitario</strong> (e <strong>non parcellizzato</strong> come sembrerebbe a prima vista affiorare dalla pluralità dei negozi utilizzati) – quanto di un <strong>requisito soggettivo</strong>, onde le parti si prefiggono <strong>un comune intento pratico</strong> <strong>volendo</strong> non già solo la produzione del <strong>singolo effetto tipicamente riconducibile</strong> a <strong>ciascuno</strong> dei negozi posti in essere dal punto di vista concreto, ma anche il <strong>coordinamento tra tali negozi</strong> per la <strong>realizzazione di un fine ulteriore</strong>, <strong>voluto da tutti</strong>, che <strong>supera gli effetti tipici</strong> di <strong>ciascun singolo negozio</strong> posto in essere per sublimarsi, anche dal punto di vista <strong>causale</strong>, in una <strong>autonomia propria</strong>, <strong>specifica</strong> ed <strong>assorbente</strong>. Tanto premesso, per le SSUU il <strong>nesso tra vendita e leasing</strong> esiste, ma <strong>non è di tipo “<em>tecnico</em>” o necessario</strong>, per come dianzi precisato, affiorando in ogni caso una <strong>palpabile distinzione</strong> tra i <strong>due contratti</strong> che <strong>strutturano la complessiva operazione</strong>: in sostanza, esiste il <strong>nesso obiettivo di tipo economico e teleologico</strong> tra i due negozi (vendita o appalto e concessione in leasing) ma – ai fini della configurabilità di un <strong>vero e proprio collegamento tecnico o necessario</strong> – <strong>difetta</strong> il <strong>nesso soggettivo</strong>, da assumersi quale <strong>intenzione</strong> delle parti di <strong>collegare i vari negozi coagulandoli attorno ad uno scopo comune</strong>: esemplificando, il <strong>fornitore</strong> (ma si potrebbero fare <strong>discorsi analoghi</strong> per <strong>tutte le parti dei singoli negozi</strong>, in relazione all’<strong>interesse perseguito da ciascuna di esse</strong>) si <strong>determina</strong> alla vendita al concedente <strong>non già in funzione</strong> della circostanza che quest’ultimo <strong>concederà</strong> per l’appunto <strong>il bene acquistato in leasing</strong> <strong>ad un terzo</strong> (l’utilizzatore), ma <strong>esclusivamente in funzione del prezzo</strong> che viene a <strong>ricevere</strong> <strong>come corrispettivo</strong> della vendita posta in essere, con la conseguenza onde si è al cospetto di una <strong>tipica causa di compravendita</strong> nel cui contesto <strong>il fornitore vuole vendere il bene</strong> per soddisfare il proprio <strong>interesse ad un prezzo</strong>, in disparte <strong>cosa farà poi il concedente-acquirente</strong> con il bene acquistato, e ciò quand’anche il fornitore <strong>sappia</strong> (come normalmente sa) che il bene venduto <strong>verrà concesso in leasing ad un utilizzatore.</strong> Prova della bontà del proprio ragionamento le SSUU ritraggono anche dall’<strong>art.125 <em>quinquies</em></strong> del TU in materia bancaria e creditizia <strong>n.385.93</strong>, il cui <strong>comma 3</strong>, proprio nella fattispecie del <strong>leasing</strong>, prevede che l’utilizzatore – che pure <strong>può mettere in mora</strong> il fornitore inadempiente – <strong>non può tuttavia agire lui direttamente</strong> per la <strong>risoluzione di un contratto</strong> (quello con il finanziatore concedente-acquirente) al quale <strong>non ha partecipato</strong>, ma può <strong>solo chiedere al concedente-acquirente finanziatore</strong> di <strong>agire lui</strong> nei confronti del fornitore infedele per la <strong>risoluzione del contratto</strong>, con contestuale <strong>sospensione del pagamento dei canoni</strong> e <strong>risoluzione di diritto anche del contratto di leasing</strong> “<strong><em>a cascata</em></strong>” laddove, a valle dell’iniziativa del concedente-finanziatore, venga <strong>risolto il contratto</strong> stipulato da questi con il fornitore. Escluso dunque che l’utilizzatore <strong>possa agire direttamente</strong> nei confronti del fornitore per far valere la <strong>garanzia risolutoria</strong> relativa ai <strong>vizi della cosa consegnata</strong> (anche limitatamente alla eventuale <strong>riduzione del prezzo</strong>, che è <strong>rimedio sinallagmatico</strong> e che, come tale, potrebbe essere attivata <strong>dal solo concedente</strong>, andando essa a <strong>modificare l’assetto di scambio</strong> scolpito nel <strong>contratto di vendita</strong> stipulato da questi con il fornitore), le SSUU raggiungono una <strong>prima conclusione</strong> nel senso onde il <strong>collegamento negoziale</strong>, nelle operazione di leasing, pur presente, <strong>non ha natura tecnica o necessaria</strong> con la conseguenza onde, seppure tale collegamento <strong>facoltativo</strong> consente – in ottica <strong>manutentiva</strong> - all’<strong>utilizzatore</strong> di <strong>far valere direttamente</strong> la propria <strong>pretesa all’adempimento</strong> del contratto di fornitura, oltre al <strong>risarcimento del danno</strong>, lo stesso collegamento facoltativo <strong>non consente invece</strong> all’utilizzatore – in <strong>difetto</strong> di <strong>specifiche clausole</strong> previste all’uopo ed idonee a <strong>trasferire all’utilizzatore</strong> medesimo la <strong>posizione contrattuale del concedente</strong> – di <strong>agire direttamente</strong> nei confronti del fornitore in ottica <strong>demolitoria</strong>, e dunque <strong>per la risoluzione</strong> del <strong>contratto di fornitura</strong> o per la <strong>riduzione del prezzo</strong> dovuto dal concedente. Nel caso specifico dei <strong>vizi della cosa data in leasing</strong>, per le SSUU – sulla scorta di quanto sin qui rilevato – laddove tali vizi siano stati <strong>immediatamente riconoscibili dall’utilizzatore</strong>, la fattispecie è analoga a quella della <strong>mancata consegna </strong>(su iniziativa del fornitore) <strong>del bene</strong> pertinente, dal momento che l’utilizzatore – riscontrati i ridetti vizi palesi – <strong>non accetta la consegna del bene</strong> perché <strong>inidoneo a soddisfare il relativo interesse</strong> al godimento e all’uso, <strong>informandone</strong> il concedente che, reso edotto, ha <strong>l’obbligo</strong> (e non la mera facoltà) di <strong>sospendere il pagamento del prezzo</strong> nei confronti del fornitore infedele e successivamente – in caso di acclarato <strong>inadempimento di non scarsa importanza</strong> – di <strong>esercitare l’azione di risoluzione</strong> del <strong>contratto di fornitura</strong>, che <strong>ricade</strong> in termini <strong>parimenti risolutori</strong> sul <strong>collegato contratto di leasing</strong>; resta fermo che se il concedente <strong>non sospende</strong> i pagamenti al fornitore, <strong>non può pretendere</strong> che i pagamenti fatti siano poi <strong>posti a carico dell’utilizzatore</strong>, stante la necessità per lui di rispettare il <strong>canone della buona fede contrattuale</strong> adottando <strong>ogni cautela idonea</strong> a <strong>preservare l’interesse della controparte</strong>, nei <strong>limiti dell’apprezzabile sacrificio</strong> dell’interesse proprio. Laddove invece i vizi siano <strong>occulti</strong> o siano stati <strong>occultati</strong> dal fornitore (in mala fede), il bene viene <strong>accettato dall’utilizzatore con verbale di consegna</strong>, ed <strong>i vizi affiorano solo successivamente</strong>: in questa fattispecie, sulla base di quanto dalla Corte premesso <em>ex ante</em> ed in via generale, occorre distinguere <strong>l’ottica manutentiva</strong> del contratto, onde l’utilizzatore <strong>può agire direttamente</strong> nei confronti del <strong>fornitore</strong> per chiedere <strong>l’adempimento</strong> e dunque <strong>l’eliminazione dei vizi</strong> e la <strong>sostituzione della cosa viziata</strong> (ma <strong>non anche</strong> la <strong>riduzione del prezzo</strong>); dall’<strong>ottica risolutiva</strong> in cui, ancora una volta, <strong>unico legittimato ad agire</strong> è invece il <strong>concedente</strong>, <strong>controparte contrattuale</strong> del fornitore, il quale peraltro una volta <strong>informato</strong> – sempre in virtù del <strong>necessario rispetto del canone di buona fede</strong> contrattuale – è <strong>obbligato</strong> (non si tratta dunque di una facoltà) <strong>sospendere il pagamento del bene</strong> al fornitore e a <strong>chiedere la risoluzione del pertinente contratto</strong> (di fornitura), dalla quale <strong>scaturisce poi</strong> la risoluzione <strong>anche del collegato</strong> contatto di leasing. Le SSUU chiariscono infine, su altro crinale, che <strong>l’utilizzatore</strong> può <strong>sempre agire direttamente ex art.2043 c.c.</strong> nei confronti del <strong>fornitore</strong> per quanto concerne la <strong>richiesta di risarcimento dei danni</strong> (comprensivi fra l’altro dei <strong>canoni pagati al concedente</strong> durante il <strong>godimento del bene viziato</strong>), e ciò sulla base della <strong>tutela aquiliana del credito</strong>: il <strong>fornitore</strong>, <strong>terzo</strong> rispetto al <strong>contratto di leasing</strong>, consegnando un bene viziato finisce infatti con il <strong>ledere il credito vantato dall’utilizzatore</strong> (<em>lessee</em>) nei confronti <strong>del concedente</strong> (<em>lessor</em>) al <strong>godimento</strong> di una <strong>cosa non viziata</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 28 dicembre viene varata la <strong>legge n.208</strong>, legge di stabilità per il 2016, il cui <strong>articolo 1, comma 76-81</strong>, disciplina il c.d. <strong>leasing immobiliare</strong>, laddove il leasing abbia ad oggetto <strong>immobili</strong> da adibire ad <strong>uso abitativo</strong> di <strong>abitazione principale</strong>, con particolare riguardo ai relativi <strong>aspetti civilistici</strong>. In particolare, alla stregua di quanto previsto dal <strong>comma 76</strong>, con il <strong>contratto di locazione finanziaria di immobile</strong> da adibire ad <strong>abitazione principale</strong>, la <strong>banca</strong> o <strong>l'intermediario finanziario iscritto nell'albo</strong> di cui all'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre <strong>1993, n. 385</strong>, <strong>si obbliga</strong> ad <strong>acquistare</strong> o a <strong>far costruire</strong> <strong>l'immobile</strong> su <strong>scelta</strong> e secondo le <strong>indicazioni</strong> dell'<strong>utilizzatore</strong>, che <strong>se ne assume tutti i rischi</strong>, anche di <strong>perimento</strong>, e lo <strong>mette a disposizione</strong> per un <strong>dato tempo</strong> dell’<strong>utilizzatore medesimo</strong> verso un <strong>determinato corrispettivo</strong> che tenga conto del <strong>prezzo di acquisto o di costruzione</strong> e della <strong>durata del contratto</strong>. Alla <strong>scadenza</strong> del contratto l'utilizzatore ha la <strong>facoltà</strong> di <strong>acquistare la proprietà</strong> del bene a un <strong>prezzo prestabilito</strong>. All'<strong>acquisto</strong> dell'immobile oggetto del contratto di locazione finanziaria – secondo il successivo comma 77 - si applica <strong>l'articolo 67, terzo comma, lettera a),</strong> del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (è <strong>esclusa la revocatoria fallimentare</strong> per i <strong>pagamenti</strong> di <strong>beni</strong> e <strong>servizi</strong> effettuati <strong>nell’esercizio dell’attività di impresa</strong> nei <strong>termini d’uso</strong>). Ancora, alla stregua del comma 78 in caso di <strong>risoluzione</strong> del <strong>contratto di locazione finanziaria</strong> per <strong>inadempimento dell'utilizzatore</strong>, il concedente ha <strong>diritto alla restituzione del bene</strong> ed e' tenuto a <strong>corrispondere all'utilizzatore</strong> quanto <strong>ricavato dalla vendita o da altra collocazione del bene</strong> avvenute <strong>a valori di mercato</strong>, <strong>dedotta la somma dei canoni scaduti e non pagati</strong> fino alla <strong>data della risoluzione</strong>, dei <strong>canoni a scadere attualizzati</strong> e del <strong>prezzo pattuito per l'esercizio dell'opzione</strong> finale di acquisto (all’opposto, l'eventuale <strong>differenza negativa</strong> e' corrisposta <strong>dall'utilizzatore al concedente);</strong> nelle <strong>attività di vendita e ricollocazione</strong> del bene la banca o l'intermediario finanziario <strong>deve attenersi a criteri di trasparenza e pubblicità</strong> nei confronti dell'utilizzatore. E’ anche previsto (comma 79) che l'<strong>utilizzatore</strong> possa invocare, previa presentazione di <strong>apposita richiesta al concedente</strong>, la <strong>sospensione del pagamento dei corrispettivi periodici</strong> per non più di <strong>una volta</strong> e per un <strong>periodo massimo complessivo non superiore a dodici mesi</strong> nel corso dell'esecuzione del contratto medesimo, eventualità nella quale la <strong>durata del contratto e' prorogata</strong> di un <strong>periodo eguale</strong> alla <strong>durata della sospensione;</strong> l'ammissione al beneficio della sospensione viene peraltro <strong>subordinata esclusivamente all'accadimento</strong> di almeno <strong>uno dei seguenti eventi</strong>, intervenuti <strong>successivamente alla stipula</strong> del contratto: a) <strong>cessazione del rapporto di lavoro subordinato</strong>, ad eccezione delle ipotesi di <strong>risoluzione consensuale</strong>, di <strong>risoluzione per limiti di età </strong>con <strong>diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità</strong>, di <strong>licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo</strong>, di <strong>dimissioni del lavoratore non per giusta causa</strong>; b) <strong>cessazione dei rapporti di lavoro</strong> di cui all'<strong>articolo 409, numero 3),</strong> del codice di procedura civile (<strong>collaborazione coordinata e continuativa</strong>), ad eccezione delle ipotesi di <strong>risoluzione consensuale</strong>, di <strong>recesso datoriale per giusta causa</strong>, di <strong>recesso del lavoratore non per giusta causa</strong>. Al <strong>termine</strong> della sospensione, alla stregua del comma 80, il <strong>pagamento</strong> dei <strong>corrispettivi periodici</strong> <strong>riprende</strong> secondo gli <strong>importi</strong> e con la <strong>periodicità</strong> <strong>originariamente previsti</strong> dal contratto, salvo <strong>diverso patto</strong> eventualmente intervenuto fra le parti per la <strong>rinegoziazione delle condizioni</strong> del contratto medesimo; in caso di mancata ripresa dei pagamenti si applicano le disposizioni del comma 78 sulla <strong>risoluzione del contratto</strong> per <strong>inadempimento dell’utilizzatore</strong>. La sospensione, infine, <strong>non comporta</strong> l'applicazione di <strong>alcuna commissione o spesa di istruttoria</strong> e avviene <strong>senza richiesta di garanzie aggiuntive</strong>. Importante anche il comma 81 alla cui stregua per il <strong>rilascio dell'immobile</strong> il concedente <strong>può agire</strong> con il <strong>procedimento per convalida di sfratto</strong> (di cui al libro IV, titolo I, capo II, del codice di procedura civile).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2017</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 4 agosto viene varata la legge <strong>n.124</strong>, <strong>legge annuale per il mercato e la concorrenza</strong>, il cui <strong>articolo 1, comma 136-140</strong> detta una <strong>disciplina tipica</strong> per <strong>leasing</strong>. Più in particolare, secondo il <strong>comma 136</strong> per <strong>locazione finanziaria</strong> si intende il <strong>contratto</strong> con il quale <strong>la banca o l'intermediario finanziario</strong> iscritto nell'<strong>albo</strong> di cui all'articolo 106 del testo unico bancario 385.93 <strong>si obbliga</strong> ad <strong>acquistare</strong> o a <strong>far costruire</strong> un <strong>bene</strong> su <strong>scelta</strong> e secondo <strong>le indicazioni</strong> dell'<strong>utilizzatore</strong>, che <strong>ne assume tutti i rischi</strong>, anche di <strong>perimento</strong>, e <strong>lo fa mettere a disposizione</strong> per un <strong>dato tempo</strong> verso un <strong>determinato corrispettivo</strong> che <strong>tiene conto del prezzo di acquisto o di costruzione</strong> e della <strong>durata del contratto</strong>. Alla <strong>scadenza</strong> del contratto <strong>l'utilizzatore ha diritto di acquistare la proprieta'</strong> del bene ad un <strong>prezzo prestabilito</strong> ovvero, in caso di <strong>mancato esercizio</strong> del diritto, <strong>l'obbligo di restituirlo;</strong> secondo il successivo comma 137, costituisce <strong>grave inadempimento</strong> dell'<strong>utilizzatore</strong> il <strong>mancato pagamento di almeno sei canoni mensili</strong> o <strong>due canoni trimestrali</strong> anche <strong>non consecutivi</strong> o <strong>un importo equivalente</strong> per i <strong>leasing immobiliari</strong>, ovvero di <strong>quattro canoni mensili</strong> anche <strong>non consecutivi</strong> o <strong>un importo equivalente</strong> per gli <strong>altri contratti di locazione finanziaria</strong>. Secondo poi il comma 138, in caso di <strong>risoluzione del contratto</strong> per l'<strong>inadempimento dell'utilizzatore</strong> ai sensi del <strong>comma 137</strong>, il <strong>concedente</strong> ha <strong>diritto alla restituzione del bene</strong> ed <strong>è tenuto a corrispondere</strong> all'utilizzatore <strong>quanto ricavato dalla vendita o da altra collocazione</strong> del bene, effettuata ai <strong>valori di mercato</strong>, <strong>dedotte</strong> la <strong>somma pari all'ammontare dei canoni scaduti e non pagati</strong> fino alla data della risoluzione, dei <strong>canoni a scadere</strong>, <strong>solo</strong> in <strong>linea capitale</strong>, e del <strong>prezzo pattuito per l'esercizio dell'opzione finale</strong> di acquisto, nonché le <strong>spese anticipate per il recupero del bene</strong>, la <strong>stima</strong> e la relativa <strong>conservazione</strong> per il <strong>tempo necessario alla vendita</strong>. Resta <strong>fermo</strong> nella <strong>misura residua</strong> il <strong>diritto di credito del concedente</strong> nei confronti dell'<strong>utilizzatore</strong> quando il <strong>valore realizzato con la vendita o altra collocazione</strong> del bene <strong>e' inferiore</strong> all'<strong>ammontare dell'importo dovuto dall'utilizzatore;</strong> peraltro, ai fini di cui al comma 138, il concedente <strong>procede alla vendita o ricollocazione</strong> del bene (una sorta di <strong>vendita “<em>in danno</em>”</strong>) sulla base dei <strong>valori risultanti da pubbliche rilevazioni di mercato</strong> elaborate da <strong>soggetti specializzati, </strong>e quando<strong> non e' possibile far riferimento</strong> ai predetti valori, procede alla <strong>vendita</strong> sulla base di una <strong>stima effettuata da un perito scelto dalle parti di comune accordo</strong> nei <strong>venti giorni successivi alla risoluzione del contratto</strong> o, in caso di <strong>mancato accordo</strong> nel predetto termine, da <strong>un perito indipendente scelto dal concedente</strong> in una <strong>rosa di almeno tre operatori esperti</strong>, <strong>previamente comunicati</strong> all'utilizzatore, che <strong>può esprimere la sua preferenza vincolante</strong> ai fini della nomina <strong>entro dieci giorni dal ricevimento</strong> della <strong>comunicazione</strong>. Il perito e' considerato <strong>indipendente</strong> quando <strong>non e' legato al concedente</strong> da <strong>rapporti di natura personale</strong> o <strong>di lavoro</strong> <strong>tali da compromettere l'indipendenza</strong> di giudizio. Nella <strong>procedura di vendita o ricollocazione</strong> il concedente si attiene a <strong>criteri di celerità, trasparenza e pubblicità</strong> adottando <strong>modalità tali</strong> da consentire l'individuazione del <strong>migliore offerente possibile</strong>, con <strong>obbligo di informazione</strong> dell'utilizzatore. Infine, al comma 140 viene <strong>mantenuta ferma</strong> la disciplina di cui all’<strong>art.72.quater</strong> della legge fallimentare, r.d. 267.42, per il caso di <strong>fallimento dell’utilizzatore</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2018</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 29 gennaio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n. 2100 che, sulla scorta della <strong>precedente giurisprudenza</strong>, afferma che la <strong>locazione finanziaria</strong> realizza non già <strong>un unico vincolo contrattuale</strong> di natura <strong>trilaterale</strong>, bensì <strong>2 negozi</strong> tra loro <strong>funzionalmente collegati</strong>: da un lato, infatti, vi è il <strong>contratto di compravendita</strong> fra fornitore e concedente, e dall'altro <strong>il contratto locativo vero e proprio</strong> fra quest'ultimo e <strong>l'utilizzatore finale</strong>, nei cui confronti il fornitore <strong>non assume alcun impegno diretto</strong>, configurandosi così <strong>l'acquisto del bene</strong> non soltanto come un <strong>atto giuridico strumentale</strong> alla <strong>successiva concessione in godimento</strong>, ma anche come <strong>l'evento che logicamente deve precedere</strong> l'attribuzione <strong>all'utilizzatore</strong> della <strong>detenzione</strong> del bene stesso. La <strong>consegna</strong> costituisce così, al contempo, <strong>l'adempimento dell'obbligazione del fornitore</strong> nei confronti dell'<strong>acquirente</strong> del bene venduto e <strong>l'esecuzione</strong>, da parte dello stesso fornitore, di <strong>un incarico di mandato</strong> commessogli dal <strong>concedente</strong> nei confronti <strong>dell'utilizzatore</strong>, che del primo <strong>è creditore</strong> in forza del <strong>contratto di locazione finanziaria</strong>. Date tali premesse, la Corte conclude che <strong>la consegna del bene</strong> che il fornitore effettua <strong>all'utilizzatore</strong>, in adempimento dell'obbligazione <strong>assunta direttamente con il concedente</strong>, deve intendersi <strong>eseguita ad un <em>adiectus solutionis causa</em></strong> di quest'ultimo. Se peraltro è noto che <strong>per l'operatività</strong> del <strong>meccanismo</strong> descritto <strong>dall'art. 1153, comma 1, cod. civ.</strong> per l'acquisto del bene secondo la regola "<strong><em>possesso vale titolo</em></strong>" è necessaria la <strong>consegna reale del bene</strong> da parte dall'alienante, ciò <strong>non significa</strong>, tuttavia, che sia <strong>necessario anche un contatto fisico e diretto</strong> dell'acquirente con il bene, rilevando unicamente che l'acquirente, <strong>ad esclusione di altri</strong>, sia posto <strong>in grado di esercitare</strong> sul bene i <strong>poteri di controllo e vigilanza</strong> che costituiscono il <strong>contenuto proprio</strong> del <strong>possesso <em>uti dominus</em></strong> trasmessogli dal <strong>dante causa a titolo particolare</strong>. È pertanto <strong>sufficiente</strong> – chiosa la Cassazione - che <strong>la <em>traditio</em></strong> spieghi i <strong>propri effetti</strong> nella <strong>sfera giuridica dell'acquirente</strong>. Facendo applicazione di tale regola al <strong>rapporto di locazione finanziaria</strong>, è dunque ben possibile, ai fini dell'applicazione della <strong>regola "<em>possesso vale titolo</em>",</strong> che la <strong>consegna</strong> sia effettuata <strong>all'utilizzatore</strong>, da parte del <strong>fornitore</strong>, nella ridetta veste di <strong><em>adiectus solutionis causa</em></strong> dell'acquirente - concedente, dovendosi poi valutare <strong>se quest'ultimo abbia potuto esercitare</strong> i <strong>poteri di controllo e vigilanza</strong> caratteristici della <strong>potestà dominicale</strong>; tale, del resto, è la ragione per la quale, nell'ambito del <strong>medesimo tipo contrattuale</strong>, la giurisprudenza afferma che <strong>anche lo stato di buona fede</strong> al momento della <strong>consegna</strong> dev'essere valutato <strong>con riferimento al concedente</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 19 febbraio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n. 3949 che, applicando le <strong>regole generali</strong> in tema di <strong>inadempimento contrattuale</strong>, afferma come nell’ipotesi di <strong>mancato pagamento dei canoni di leasing</strong> il <strong>creditore</strong> possa far valere in giudizio il credito vantato <strong>allegando l’inadempimento del debitore</strong> alle <strong>scadenze prefissate</strong>, e restando onere di quest’ultimo dimostrare di <strong>aver adempiuto</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 10 magio esce la sentenza della III sezione della Cassazione n. 11259 sulla <strong>vessatorietà</strong> di <strong>clausole del contratto di leasing</strong>. In particolare la Corte, ritenendo applicabile il <strong>codice del consumo</strong> ai contratti di leasing stipulati <strong>tra un professionista ed un consumatore</strong>, <strong>non</strong> ritiene <strong>vessatoria</strong> la clausola che prevede il <strong>trasferimento dei rischi della perdita del veicolo</strong> in capo al <strong>conduttore</strong> e l'obbligo di questi di corrispondere i <strong>canoni dovuti</strong> e a scadere <strong>successivamente all'evento dannoso</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 maggio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n. 11962 che, in caso di <strong>risoluzione di un contratto di leasing</strong>, riconosce rientrare nei <strong>poteri del giudice delegato</strong>, a norma degli <strong>art. 25, comma 1, n. 8 e 92 ss. legge fallimentare</strong>, provvedere alla <strong>determinazione dell’equo compenso</strong> per <strong>l’uso della cosa</strong>, ai sensi dell’<strong>art. 1526</strong> c.c., ove il creditore richieda il corrispondente importo con <strong>domanda di ammissione</strong> allo <strong>stato passivo fallimentare</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 12 luglio esce l’ordinanza della III sezione della Cassazione n.18326 che si occupa del tema dei rapporti tra <strong>leasing traslativo</strong> e <strong>clausole penali</strong>. La Corta rammenta come nella propria giurisprudenza sia stato più volte affermato che <strong>l'applicazione in via analogica</strong> della disciplina dettata in tema di <strong>risoluzione per inadempimento</strong> del contratto <strong>ex art. 1526</strong> c.c. al <strong>leasing traslativo</strong>, una volta che il rapporto contrattuale sia stato in tal senso qualificato, <strong>non è sussidiaria</strong> rispetto alla <strong>volontà delle parti</strong>, ma <strong>inderogabile</strong>, comportando in linea generale, nel caso di <strong>inadempimento</strong> dell'utilizzatore, la <strong>restituzione dei canoni corrisposti</strong> salvo il riconoscimento di un <strong>equo compenso</strong> in ragione dell'<strong>utilizzo dei beni</strong> tale da remunerare il <strong>solo godimento</strong> e non ricomprendere anche la quota destinata al <strong>trasferimento finale di essi</strong>, oltre al <strong>risarcimento dei danni</strong> (viene citata Cass. Sez. 3 12/09/2014, n. 19272; Cass. Sez. 3 27/09/2011, n. 19732; Cass. Sez. 3 29/03/1996, n. 2909). E' stato altresì precisato – chiosa ancora la Corte - che la <strong>clausola di irripetibilità dei canoni riscossi</strong> dal concedente, la cui <strong>previsione convenzionale</strong> è contemplata dallo stesso <strong>art. 1526 c.c., comma 2</strong>, con eventuale facoltà per il giudice di <strong>ridurre l'indennità convenuta</strong> "<strong><em>secondo le circostanze</em></strong>", sia da qualificarsi come <strong>clausola penale</strong> in quanto volta alla <strong>predeterminazione del danno risarcibile</strong> nell'ipotesi di <strong>risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore</strong> e che <strong>l'operatività della penale medesima</strong> sia rimessa <strong>esclusivamente all'iniziativa di parte</strong> (così, v. Cass. Sez. 3 12/09/2014, n. 19272). In tale ambito, prosegue la Corte, è stato chiarito che le <strong>clausole</strong> che attribuiscono alla <strong>società concedente</strong> il <strong>diritto di recuperare</strong>, nel caso di <strong>inadempimento dell'utilizzatore</strong>, l'<strong>intero importo del finanziamento</strong> ed in più <strong>la proprietà e il possesso</strong> del bene, attribuiscono alla società stessa <strong>vantaggi maggiori</strong> di quelli di cui essa <strong>aveva diritto</strong>, potendo configurare un <strong>assetto convenzionale manifestamente eccessivo</strong> rispetto all'<strong>interesse del creditore</strong> di cui all'<strong>art.1384</strong> c.c. In particolare, nel valutare se la penale sia <strong>manifestamente eccessiva</strong>, il <strong>controllo da parte del giudice</strong> consiste nel comparare il <strong>vantaggio</strong> che essa <strong>assicura al contraente adempiente</strong> con il <strong>margine di guadagno</strong> che egli <strong>si riprometteva legittimamente di trarre</strong> dalla <strong>regolare esecuzione</strong> del contratto; al fine di evitare che <strong>clausole penali</strong> nel contratto di <strong>leasing traslativo</strong> attribuiscano al concedente <strong>vantaggi eccessivi</strong>, sono state indicate una serie di <strong>sintomatiche correzioni convenzionali</strong> le quali consentano <strong>all'utilizzatore inadempiente</strong> - una volta restituito <strong>l'intero importo del finanziamento</strong> - o il <strong>diritto di recuperare proprietà e disponibilità</strong> del bene oggetto di leasing <strong>in termini prestabiliti e precisi</strong> oppure il diritto di <strong>imputare il valore del bene alla somma dovuta in restituzione</strong> delle rate a scadere, ove così le parti <strong>abbiano convenzionalmente stabilito</strong> e sempre che le relative scelte siano <strong>concordate</strong> e <strong>non rimesse all'arbitrio dell'una o dell'altra</strong> di esse (Cass. 17/01/2014 n. 888; Cass. Sez. 3 13/01/2005, n. 574). Nel caso di specie – precisa ancora il Collegio - la Corte di appello, condividendo quanto affermato dal <strong>giudice di prime cure</strong>, ha in primo luogo - in conformità con <strong>l'orientamento giurisprudenziale</strong> di legittimità sopra ricordato- ritenuto che al <strong>contratto di leasing traslativo</strong> in oggetto fosse <strong>applicabile analogicamente l'art.1526 c.c.</strong> previsto in tema di <strong>vendita con riscatto di proprietà</strong>; ha ritenuto in secondo luogo, seppure con <strong>espressione poco felice</strong>, che detta applicazione <strong>non fosse tuttavia «<em>automatica</em>»</strong>, in realtà intendendo e, per questo, <strong>applicando correttamente</strong> la norma di cui si lamenta qui la violazione, <strong>valutare in concreto la clausola penale</strong> concordata tra le parti, concludendo nel ritenere, con <strong>accertamento di fatto</strong> non sindacabile in sede di legittimità (se non per <strong>violazione dei criteri ermeneutici</strong> ovvero per <strong>vizio di motivazione</strong>), che la volontà delle parti avesse <strong>inteso riequilibrare l'assetto dei diversi interessi contrapposti</strong> attraverso un meccanismo quale quello in esame - <strong>consentito dall'art. 1526 comma 2</strong> c.c. e ritenuto conforme dalla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata – che prevede, per un verso, la <strong>irripetibilità dei canoni</strong> <strong>versati</strong> dall’utilizzatore e, per l'altro, il riconoscimento <strong>all'utilizzatore medesimo inadempiente</strong> del <strong>diritto di imputare il valore dell'immobile</strong> alla <strong>somma dovuta</strong> in <strong>restituzione</strong> delle rate a scadere.</p> <p style="text-align: justify;">Il 25 ottobre esce l’ordinanza della II sezione della Cassazione n.27162 alla cui stregua, in primo luogo, va ribadito come il <strong>diritto di prendere parte all'assemblea</strong> ed il <strong>potere di impugnare le deliberazioni condominiali</strong> competono, per il disposto dell'<strong>art. 1137 c.c.</strong> (ma si veda anche l'art. 67 disp. att. c.c.) ai <strong>soli titolari di diritti reali</strong> sulle <strong>singole unità immobiliari</strong>, e ciò anche in caso di <strong>locazione della singola unità immobiliare</strong>, salvo che per <strong>le delibere</strong> relative alle <strong>spese</strong> e alle <strong>modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria</strong>, per le quali, ai sensi <strong>dell'art. 10, comma 1</strong>, legge n. 27 luglio <strong>1978, n. 392</strong>, la decisione e, conseguentemente, la <strong>facoltà di adire l'autorità giudiziaria</strong>, sono attribuite ai <strong>conduttori</strong> (Cass. Sez. 2, 23/01/2012, n. 869; Cass. Sez. 3, 22/04/1995, n. 4588; Cass. Sez. 2, 18/08/1993, n. 8755). E' stato anche chiarito – rappresenta la Corte - come il <strong>diritto</strong>, attribuito al <strong>conduttore</strong> dall'art. 10, comma 1, citato, di <strong>partecipare</strong> <strong>in luogo del proprietario</strong> dell'appartamento alle <strong>assemblee dei condomini</strong> convocate per deliberare sulle <strong>spese di riscaldamento e condizionamento</strong>, abbia <strong>carattere eccezionale</strong> rispetto alla <strong>disciplina del condominio degli edifici</strong> e <strong>non</strong> sia, quindi, <strong>suscettibile d'interpretazione estensiva</strong> (Cass. Sez. 2, 18/08/1993, n. 8755; Cass. Sez. 2, 27/08/1986, n. 5238; Cass. Sez. 2, 14/11/1981, n. 6031). L'<strong>amministratore</strong> del condominio del resto, prosegue la Corte, <strong>ha diritto</strong> - ai sensi del combinato disposto degli <strong>artt. 1118 e 1123 c.c. e 63, comma 1, disp. att. c.c.</strong> - di <strong>riscuotere i contributi e le spese</strong> per la <strong>manutenzione delle cose comuni</strong> ed i <strong>servizi nell'interesse comune</strong> direttamente ed esclusivamente <strong>da ciascun condomino</strong>, restando <strong>esclusa</strong> un'<strong>azione diretta nei confronti del conduttore</strong> della <strong>singola unità immobiliare</strong> (contro il quale può invece <strong>agire in risoluzione il locatore</strong>, ove si tratti di <strong>oneri posti a carico del locatario</strong> sulla base del <strong>rapporto contrattuale fra loro intercorrente</strong>), tant'è che si afferma risolutivamente che “<strong><em>di fronte al condominio esistono solo i condomini</em></strong>" (Cass. Sez. 2, 09/12, 2009, n. 25781; Cass. Sez. 3, 03/02/1994, n. 1104). I dati anagrafici dell'<strong>utilizzatore in leasing</strong> di un <strong>appartamento</strong> o di un <strong>negozio facente parti di un condominio</strong> devono essere <strong>inseriti nel registro dell'anagrafe condominiale</strong> (di cui all'<strong>art. 1130, n. 6</strong>, c.c.), in quanto identificanti il <strong>titolare di un diritto personale di godimento</strong> avente ad oggetto una <strong>singola unità abitativa del fabbricato</strong>. Peraltro, con riguardo alle <strong>eventuali riduzioni in pristino</strong> conseguenti alla <strong>realizzazione di opere dannose</strong> per le parti comuni, sono <strong>legittimati passivi necessari</strong> sia l'<strong>utilizzatore</strong> sia il <strong>concedente</strong> del bene in <strong>locazione finanziaria</strong> (cfr. Cass. Sez. 2, 30/03/2016, n. 6154). Tuttavia, <strong>non spetta all'utilizzatore di un'unità immobiliare in leasing</strong> il generale <strong>potere ex art. 1137</strong> c.c. di <strong>impugnare le deliberazioni condominiali</strong> in tema di <strong>spese necessarie</strong> per le <strong>parti comuni dell'edificio</strong>, essendo lo stesso titolare <strong>non di un diritto reale</strong>, ma <strong>di un diritto personale</strong> derivante da un <strong>contratto ad effetti obbligatori</strong>, che rimette il <strong>perfezionamento dell'effetto traslativo</strong> ad una <strong>futura manifestazione unilaterale di volontà</strong> del conduttore. Né, ai fini della <strong>legittimazione dell'utilizzatore in leasing</strong> alla <strong>partecipazione all'assemblea</strong> ed alla correlata <strong>impugnativa</strong>, può rilevare il <strong>principio dell'apparenza del diritto</strong>, dando valore dirimente al fatto che quegli <strong>si comportasse abitualmente "<em>da condomino</em>"</strong>. In giurisprudenza, a far tempo da Cass. Sez. U, 08/04/<strong>2002</strong>, n. 5035, è consolidato il principio secondo cui la <strong>titolarità dei diritti e degli obblighi</strong> relativi allo <strong>status di condomino</strong> spetta ai <strong>proprietari effettivi delle unità immobiliari</strong> e <strong>non anche</strong> coloro che possano <strong>apparire tali</strong>, non trovando motivo di applicazione, ai fini, ad esempio delle <strong>convocazioni assembleari</strong>, i principi di <strong>affidamento e di tutela dell'<em>apparentia iuris</em></strong> nei rapporti fra <strong>condominio</strong> e <strong>singoli partecipanti</strong> ad esso (cfr. anche Cass. Sez. 2, 30/04/2015, n. 8824; Cass. Sez. 2, 09/02/2005, n. 2616).</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 novembre esce la sentenza della II sezione <strong>penale</strong> della Cassazione n. 50073 onde, in forza dei <strong>principi civilistici</strong> che regolano la materia, al <strong>venir meno</strong> di un <strong>sequestro preventivo</strong>, l’auto <strong>posseduta dall’imputato</strong> tramite <strong>contratto di leasing</strong> va <strong>restituita</strong> al soggetto che ne ha <strong>conseguito <em>medio tempore</em> la proprietà</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">L’8 novembre esce la sentenza della I sezione <strong>penale</strong> della Cassazione n. 50907 che, al fine di <strong>sottrarre alla confisca</strong> un bene detenuto dall’imputato in forza di un <strong>contratto di leasing</strong> già <strong>risolto</strong>, richiede la prova della <strong>buona fede</strong> in capo alla <strong>concedente</strong>; buona fede da intendersi quale <strong>affidamento incolpevole del terzo</strong>, da desumersi sulla base di <strong>elementi specifici dimostrati</strong> dall'interessato, posto che tale condizione costituisce <strong>la base giustificativa</strong> della <strong>tutela accordatagli</strong> a fronte del <strong>provvedimento autoritativo di confisca</strong> adottato dal giudice.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2019</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 febbraio esce la sentenza della Cassazione civile, sez. III, n. 3965, che si pronuncia sulla risoluzione del contratto di leasing traslativo per inadempimento dell’utilizzatore. In tema di locazione finanziaria, la risoluzione del leasing traslativo per inadempimento dell’utilizzatore è disciplinata dall’art. 1526 c.c., non incidendo sull’applicazione di tale ultima disposizione l’art. 72 quater l.fall. introdotto dall’art. 59 delD.Lgs. n. 5 del 2006, atteso che siffatta norma non disciplina la risoluzione del contratto di leasing, bensì il suo scioglimento quale conseguenza del fallimento dell’utilizzatore.</p> <p style="text-align: justify;">Il 14 febbraio esce la sentenza n. 4298 della Corte di Cassazione, sez. III civile, che si pronuncia sulla importante distinzione, nell’ambito di un contratto di leasing, tra la garanzia per i vizi della cosa venduta <em>ex</em> art. 1490 ss. c.c. e garanzia di buon funzionamento <em>ex</em> art. 1512 c.c.<a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=0%3d6aKY0%26H%3dEf%26s%3dYEdEf%263%3dX6aGbC%26Q%3dvQyL_6xXv_G8_wwgw_7B_6xXv_FC2SA.AnNwQyKsDnQ7QnVw8.nP_6xXv_FCsAAP_wwgw_7BEX_wwgw_7BNgEfNf7dGX_wwgw_7BU8w72Wn7_rF_gQ3K_kQ2WnK28rA2Qt_0sIq7_qLx7_0Bs09Qf_A_2BhA7PfNwL_zJ_o0hK6At_E2QjC68yE0L.mP1I_wwgw_8B9Qr_O3Rw9s_OVyd_Zijsn_sAAPqA8QjN_6xXv_FczP1_Jj0wRr_NezU_YrBr7wI_wwgw_7b9Qr_9oJu7w8f7oDs_NezU_Yrkjm%26r%3d%26Fx%3dZGa6b"> La garanzia per i vizi della cosa venduta disciplinata dagli artt. 1490 e seguenti c.c. differisce da quella di buon funzionamento prevista dall'art. 1512 c.c. per il fatto che, mentre la seconda impone all'acquirente solo l'onere di dimostrare il cattivo funzionamento della cosa venduta, la prima - cui il venditore è tenuto anche se incolpevole, essendo la colpa di questi richiesta solo ai fini dell'obbligo del risarcimento del danno - impone all'acquirente anche l'onere di dimostrare la sussistenza dello specifico vizio che rende la cosa venduta inidonea all'uso cui essa è destinata.</a></p> <p style="text-align: justify;">Il 19 marzo esce l’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. VI civile, n. 7701, che sancisce che la società di leasing non risponde in linea generale della violazione al codice della strada commesse dall’utilizzatore.<a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=0%3dIXAYM%26E%3d5f%266%3dV6gJb%26s%3dXIX7bP%26N%3dlQBI_vxks_78_0tWw_J9_vxks_6CEP1.A1KmQBHiD1NwQ1Sm8.1M_vxks_6C681P_0tWw_J9B_OivT_YxcDgRcCZKVB_OivT_Yxoe_P76mBB4_hF_48eP1Gk_K7G_vFAIsKv8_hB4Ei_S1Hp8HBsK1_6sJ58wPw_7eI4_NxF4B4WsMsOw.AxJ4_KUzh_VjRBF_wLCKgB_0tWw_K7HBY_GiTAEiQB8v_OivT_YNNxJ_58hFCF_vxks_7AwFeF4_KUzh_U0RBF_g85IeFyG_vxks_8s4e7AV8K%26A%3d%261L%3d8ZPTC"> Laddove però il contratto di leasing sia scaduto al momento dell’infrazione stradale, la società concedente è chiamata a risponderne in via solidale, ferma restando la possibilità di dimostrare che la circolazione del veicolo era avvenuta contro la sua volontà.</a> (Nel caso specifico, rileva il collegio che l'unico motivo dedotto con il ricorso è da ritenersi infondato per le ragioni che seguono. Infatti, il Tribunale barese ha, in primo luogo, correttamente asserito — sul piano generale (ed in conformità alla stessa impostazione difensiva della ricorrente) - che in tema di violazioni amministrative riconducibili al mancato rispetto delle norme del c.d.s. commesse dal conducente di un veicolo concesso in locazione finanziaria (leasing), obbligato in solido con il trasgressore per il pagamento della sanzione pecuniaria (e l'applicazione delle eventuali sanzioni accessorie) è esclusivamente l'utilizzatore del veicolo (ovvero il locatario nel contratto di leasing) e non anche il proprietario concedente, vertendosi, ai sensi dell'art. 91, comma secondo, nuovo c.d.s. e 196 dello stesso codice della strada, in ipotesi di responsabilità alternativa e non concorrente, poiché solo l'utilizzatore ha la disponibilità giuridica del godimento del bene e quindi la possibilità di vietarne la circolazione. Senonché, nel caso di specie, con adeguata e logica motivazione, il giudice di appello — confermando la sentenza di prime cure — ha riscontrato che la società ricorrente, al momento della commissione della violazione in questione (di cui all'art. 193 c.d.s.), non rivestiva più la qualità di concedente in leasing del veicolo (essendo il relativo contratto precedentemente scaduto), con la conseguenza che, quale proprietaria del veicolo a mezzo del quale era stata consumata l'infrazione amministrativa, rimaneva esposta alla configurazione della sua responsabilità in via solidale con quella del conducente, ai sensi dell'art. 196, comma 1, c.d.s.).</p> <p style="text-align: justify;">Il 10 maggio esce la sentenza della Corte di Cassazione, sez. I civile, n. 12552, che si pronuncia sul caso di risoluzione del contratto di leasing per inadempimento dell'utilizzatore ed effetti a seguito del fallimento. Sostiene la Corte che gli effetti della risoluzione del contratto di leasing, verificatasi anteriormente alla dichiarazione di fallimento, devono essere regolati sulla base di quanto previsto dall’art. 72-quater l. fall.. (nel caso di specie, è incontroversa la qualificazione del contratto come "leasing traslativo" e' parimenti pacifico che il contratto si è risolto a seguito della dichiarazione della concedente di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c., in conseguenza dell'inadempimento dell'utilizzatore, in data anteriore alla dichiarazione di fallimento. Sostiene la Corte che “quanto alla prima ratio decidendi, il tribunale ha ritenuto che la disciplina dell'art. 1526 c.c. non condizioni la restituzione del bene al rimborso delle rate riscosse, applicando il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui nel leasing traslativo, in caso di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, quest' ultimo, restituita la cosa, ha diritto alla restituzione delle rate riscosse, mentre al concedente la norma riconosce, oltre al risarcimento del danno, il diritto ad un equo compenso per l'uso dei beni oggetto del contratto (Cass. 21895/2017; 18195/2007). La statuizione secondo cui la restituzione del bene non è condizionata al rimborso delle rate riscosse è senz'altro conforme a diritto, seppure deve disporsi la correzione della motivazione della sentenza, nella parte in cui ha ritenuto di individuare quale paradigma normativo per la disciplina della risoluzione di un contratto di leasing finanziario verificatasi ante-fallimento, la norma dell'art. 1526 c.c. Il Tribunale ha erroneamente fatto riferimento alla disposizione dell'art. 1526 c.c. , piuttosto che alla disciplina prevista art. 72 quater legge fall, che, seppure dettata in relazione all'ipotesi in cui lo scioglimento del contratto di leasing deriva da una scelta del curatore e non dall' inadempimento dell'utilizzatore, è del tutto coerente con la fisionomia unitaria del leasing finanziario di cui alla legge 124/2017 art. 1 commi 136-140, dovendo ritenersi definitamente superata la distinzione, di matrice giurisprudenziale, tra leasing c.d. "di godimento" e "leasing traslativo" ed il ricorso in via analogica, per tale seconda figura, alla disciplina dettata dall'art.1526 cod. civ. Gli effetti della risoluzione del contratto di leasing, verificatasi anteriormente alla dichiarazione di fallimento, dovranno dunque essere regolati sulla base di quanto previsto dal dall'art. 72 quater legge fall, che ha carattere inderogabile e prevale su eventuali difformi pattuizioni delle parti. .)--.._ Nel caso di specie, peraltro, il tribunale, come già evidenziato, ha correttamente affermato che non può farsi dipendere la restituzione del bene al concedente dall'adempimento di eventuali obblighi di rimborso a suo carico, in quanto la restituzione discende in via immediata dalla risoluzione del contratto).</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 maggio esce la sentenza della Corte di Cassazione, sez. Tributaria, n. 1313, che sancisce che la tassa automobilistica nei contratti di leasing grava solo sull’utilizzatore. Infatti, <a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=9%3dKbRXO%26I%3dLe%268%3dZMaSg%260%3dWKbNaR%26R%3d3PDM_Cwmw_N7_Bxnv_LC_Cwmw_MBGTH.03O4PDLzC3RDP3W47.3Q_Cwmw_MB8BHO_Bxnv_LCLe_Bxnv_LCUfTgUeNXSd_Bxnv_LCiA3_00JDOvPDF_yE_6BvO3K2_Hu_QvOC8_vQDL8KvF7ECQ49u_DC7F8_DK688A8Qz_OEI7_QDF7EJWvP9Oz.DDJ7_Nkzk_YzREI_CLFNwB_Cwmw_N0XBb_JyTDHyQEAB_Olyj_YQQDJ_8AxFFI_Bxnv_MAzIuF7_Nkzk_XPREI_w88LuF2J7u8v_Bxnv_MAYAa%26A%3d%264O%3dNaPbP">a partire dal 15 agosto 2009, la società di leasing (concedente), che concede la vettura, non può essere chiamata a rispondere per il mancato pagamento da parte dell’utilizzatore, unico soggetto obbligato al versamento.</a></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Questioni intriganti</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>In cosa si compendia il leasing di recente tipizzazione normativa?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>si tratta di un <strong>contratto di godimento</strong>, detto anche <strong>locazione finanziaria</strong>;</li> <li>ha la funzione (causa) di <strong>finanziare</strong> l’acquisizione della <strong>disponibilità</strong> di un <strong>bene di consumo</strong> (ad un consumatore) ovvero di un <strong>bene produttivo</strong> (ad un imprenditore), verso pagamento di un <strong>canone periodico</strong>;</li> <li>ha ad oggetto <strong>beni mobili non consumabili</strong> in un tratto, ovvero <strong>beni immobili</strong>;</li> <li>una delle parti è una <strong>banca</strong> o un <strong>intermediario finanziario</strong>;</li> <li>questi soggetti <strong>si obbligano</strong> ad <strong>acquistare</strong> il <strong>bene</strong> o a <strong>farlo costruire;</strong></li> <li>il bene viene <strong>scelto</strong> o viene <strong>costruito</strong> secondo <strong>le indicazioni</strong> di altra parte, l’<strong>utilizzatore</strong>;</li> <li>l’utilizzatore <strong>assume tutti i rischi</strong> connessi al <strong>bene</strong>, anche <strong>di eventuale perimento</strong>;</li> <li>l’utilizzatore <strong>fa mettere a sua disposizione</strong> il <strong>bene</strong> per un <strong>dato tempo</strong>, verso un <strong>determinato corrispettivo</strong>;</li> <li>il <strong>corrispettivo</strong> che l’utilizzatore versa alla banca o all’intermediario finanziario <strong>tiene conto</strong> del <strong>prezzo di acquisto</strong> del bene o del relativo <strong>prezzo di costruzione</strong>, nonché della <strong>durata del contratto</strong>;</li> <li>il bene, per <strong>tutta la durata contrattuale</strong>, resta <strong>di proprietà</strong> della <strong>banca</strong> o dell’<strong>intermediario</strong> che lo hanno <strong>acquistato</strong> o <strong>fatto costruire</strong>, ma il <strong>godimento</strong> di tale bene è in capo <strong>all’utilizzatore</strong>;</li> <li>alla <strong>scadenza</strong> del contratto, l’utilizzatore ha <strong>diritto di acquistare il bene</strong> ad un <strong>prezzo prestabilito</strong>, ed in tal caso <strong>trattiene per sé</strong> il bene <strong>ormai suo</strong>;</li> <li>in alternativa, può <strong>non esercitare tale diritto</strong> (<strong>opzione di acquisto</strong>), ed allora deve <strong>restituire il bene</strong> alla banca o all’intermediario, che <strong>ne restano proprietari</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali sono gli obblighi del concedente in leasing e quali quelli dell’utilizzatore?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>obblighi del <strong>concedente</strong> (o <strong><em>lessor</em></strong>): a.1) stipulare <strong>con il fornitore</strong>, in veste di <strong>acquirente</strong>, la <strong>vendita del bene</strong> da <strong>concedere poi all’utilizzatore</strong> (si discute in ordine alla configurabilità di un <strong>contratto preliminare a favore di terzo</strong>, onde l’utilizzatore potrebbe, nella eventualità positiva, vantare un <strong>autonomo diritto</strong> alla <strong>conclusione definitiva</strong> di tale <strong>vendita</strong>: la tesi <strong>maggioritaria</strong> è tuttavia <strong>negativa</strong> sul punto), con previsione dell’<strong>obbligo del fornitore</strong> (venditore o appaltatore) di <strong>consegnare il bene al concedente</strong> medesimo ovvero, più spesso, <strong>direttamente all’utilizzatore</strong>, in quest’ultimo caso secondo le <strong>modalità</strong> e la <strong>tempistica</strong> stabiliti <strong>tra fornitore ed utilizzatore</strong>, nonché con definizione <strong>delle facoltà e dei poteri</strong> da riconoscere all’<strong>utilizzatore</strong> quanto ad <strong>eventuale, diretto esercizio dei diritti e delle azioni</strong> derivanti al concedente in leasing dal contratto di vendita che lo vede acquirente; a.2) <strong>concedere il bene</strong> acquistato dal produttore <strong>in godimento</strong> all’utilizzatore; a.3) <strong>garantire</strong> l’utilizzatore da <strong>eventuali molestie di terzi</strong> che pretendano di <strong>vantare diritti</strong> sulla <strong><em>res</em></strong>;</li> <li>obblighi <strong>dell’utilizzatore</strong> (o <strong><em>lessee</em></strong>): b.1) <strong>ricevere in consegna</strong> il bene (spesso direttamente) <strong>dal fornitore</strong>; b.2) <strong>utilizzarlo</strong> secondo le <strong>norme</strong> che ne <strong>governano l’impiego</strong>; b.3) provvedere alla relativa <strong>manutenzione ordinaria e straordinaria</strong>; b.4) <strong>pagare regolarmente</strong> <strong>i canoni</strong> al concedente.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali sono i diversi modelli di leasing conosciuti?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>leasing <strong>operativo</strong>: la struttura è <strong>bilaterale</strong>; riguarda <strong>beni ad elevata standardizzazione</strong>; da un lato vi è il <strong>produttore</strong> o <strong>distributore</strong> del bene, e dall’altra il <strong>conduttore</strong> del bene stesso; il <strong>produttore o distributore</strong> del bene standardizzato lo <strong>concede in godimento</strong> al <strong>conduttore</strong>; il conduttore <strong>versa</strong> al produttore o distributore del bene un <strong>canone periodico</strong>; il canone viene <strong>versato</strong> per un <strong>periodo di tempo</strong> che è <strong>parametrato sulla vita economica del bene</strong>; alla <strong>scadenza</strong> il bene viene <strong>restituito dal conduttore al produttore o distributore</strong> del bene medesimo; si tratta di un <strong>leasing in senso atecnico</strong>;</li> <li>leasing <strong>finanziario</strong>: la struttura è <strong>trilaterale</strong>; l’iniziativa <strong>parte dall’utilizzatore</strong> del bene, detto <strong>conduttore</strong>, <strong>concessionario</strong> o <strong><em>lessee</em></strong>; questi <strong>chiede</strong> alla controparte contrattuale, detta <strong>concedente</strong>, <strong>locatore</strong> o <strong><em>lessor</em></strong> (in genere, una società) di <strong>acquistare da un terzo</strong>, detto <strong>fornitore</strong>, la <strong>proprietà</strong> di un <strong>bene mobile o immobile</strong>, che l’utilizzatore ha <strong>individuato previamente</strong>; il <strong><em>lessor</em></strong> acquista dal fornitore la <strong>proprietà</strong> del bene che <strong>soddisfa gli interessi</strong> dell’<strong>utilizzatore</strong> e lo <strong>concede in godimento</strong> a quest’ultimo, <strong>ritraendo come corrispettivo</strong> un <strong>canone periodico</strong>; si tratta di un <strong>vero e proprio <em>leasing</em></strong>;</li> <li>leasing <strong>di godimento</strong> (o “<strong><em>classico</em></strong>”, o “<strong><em>puro</em></strong>”): ha ad oggetto <strong>beni</strong> che, alla <strong>scadenza contrattuale</strong>, <strong>non conservano un apprezzabile valore commerciale</strong>, con conseguente <strong>basso valore residuo</strong> e <strong>basso prezzo di (eventuale) opzione</strong> per l’acquisto della relativa proprietà da parte dell’utilizzatore; qui è evidente la <strong>causa</strong> di <strong>finanziamento a scopo di godimento</strong>, ed i <strong>canoni</strong> versati dall’utilizzatore al concedente servono a quest’ultimo per <strong>remunerare il capitale impiegato</strong> per l’acquisto (o la realizzazione) del bene pertinente, che resterà verosimilmente in sua proprietà conservando un <strong>valore ormai prossimo allo zero</strong>;</li> <li>leasing <strong>traslativo</strong> (o “<strong><em>impuro</em></strong>”): ha ad oggetto <strong>beni</strong> che, alla <strong>scadenza contrattuale</strong>, conservano un <strong>apprezzabile valore commerciale</strong>, con conseguente <strong>elevato valore residuo</strong> e <strong>prezzo di opzione</strong> per l’acquisto della relativa proprietà da parte dell’utilizzatore che è <strong>inferiore al ridetto</strong>, <strong>elevato valore</strong> residuo; qui è evidente la <strong>causa di finanziamento</strong> a scopo di <strong>trasferimento della proprietà</strong> del bene concesso in leasing, ed i <strong>canoni</strong> versati dall’utilizzatore al concedente servono a quest’ultimo per <strong>remunerare il capitale impiegato</strong> per l’acquisto (o la realizzazione) del bene pertinente, ma <strong>includono anche</strong> una <strong>quota del possibile prezzo di acquisto</strong> da parte dell’utilizzatore laddove questi eserciti la <strong>pertinente opzione</strong> a conclusione della vicenda contrattuale, circostanza resa probabile dal fatto che – a fronte del prezzo residuo da pagare – il bene conserva ancora il ridetto, <strong>apprezzabile valore</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Come si conclude e come si esegue un contratto di leasing?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>la conclusione <strong>non avviene <em>uno actu</em></strong>, ma a valle di un <strong>procedimento</strong>;</li> <li>il contratto di leasing <strong>lega l’utilizzatore al concedente</strong>, ma il <strong>primo contatto</strong> avviene tra <strong>utilizzatore e fornitore</strong> (venditore o appaltatore) del bene, con il quale egli <strong>non avrà un legame contrattuale diretto</strong>;</li> <li>l’utilizzatore <strong>sceglie</strong> infatti il bene con le <strong>caratteristiche</strong> che ne soddisfano i precipui <strong>interessi</strong>, recandosi <strong>da chi lo produce</strong>;</li> <li>scelto il bene <strong>presso il fornitore</strong> (venditore o appaltatore), passa <strong>dal concedente</strong>, e trova una <strong>proposta di contratto già predisposta</strong> da questi, con applicazione degli <strong>articoli 1341 e 1342 c.</strong> e delle regole sulla sottoscrizione delle eventuali <strong>clausole vessatorie</strong>;</li> <li>con la <strong>sottoscrizione</strong> dell’utilizzatore, la proposta diviene <strong>contratto di leasing</strong> (con il concedente), che può dunque dirsi <strong>concluso</strong>;</li> <li>a questo punto il concedente <strong>acquista</strong> (con risorse proprie) <strong>il bene</strong> <strong>dal fornitore</strong>;</li> <li>acquistato il bene da parte del concedente, il fornitore (venditore o appaltatore) <strong>consegna immediatamente</strong> (o una volta realizzato) il bene <strong>al concedente in leasing</strong> o, <strong>più spesso</strong>, <strong>direttamente all’utilizzatore</strong> (pur <strong>senza essere a quest’ultimo legato</strong> da alcun <strong>contratto</strong> in via <strong>diretta</strong>);</li> <li>l’utilizzatore <strong>verifica la corrispondenza</strong> del bene rispetto a <strong>quello <em>ab origine</em> scelto</strong> con il fornitore, e nella eventualità <strong>positiva</strong> <strong>sottoscrive</strong> il relativo <strong>verbale di consegna</strong>;</li> <li><strong>inizia il godimento</strong> del bene ed il corrispondente <strong>versamento periodico dei canoni</strong> dovuti al concedente (comprensivi di <strong>costo</strong> del bene, <strong>spese di gestione</strong>, <strong>interessi ed utili</strong> per il concedente, che ha anticipato l’intera somma al fornitore);</li> <li>salvo (per vero, solo teoriche) deroghe, l’utilizzatore non può <strong>né cedere</strong> il bene (non suo) a terzi, <strong>né sublocarlo</strong>;</li> <li>alla <strong>scadenza</strong> del contratto, se è stata prevista dalle parti <strong>l’opzione di acquisto</strong>, l’utilizzatore può acquistare la <strong>proprietà</strong> del bene pagando l’ultima rata di canone: trova luogo in tal caso tra concedente ed utilizzatore, dal punto di vista tecnico, una <strong>vendita a rate con riserva di proprietà</strong>; laddove l’opzione di acquisto <strong>non sia prevista</strong> o comunque <strong>non venga esercitata</strong>, il contratto tra concedente e utilizzatore in leasing <strong>configura tecnicamente</strong> una <strong>locazione</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Che natura giuridica ha il leasing?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>è una <strong>locazione</strong>, prevalendo nella sostanza la <strong>causa di godimento</strong> del bene per un <strong>determinato tempo</strong> verso il pagamento di un <strong>determinato corrispettivo</strong>; si oppone tuttavia che nel <strong>leasing</strong>, a differenza di quanto avviene nella <strong>locazione</strong>, il concedente <strong>non ha alcun rapporto</strong> – <em>ex ante</em> - con il <strong>bene</strong>, prima che l’utilizzatore <strong>gli chieda di acquistarlo</strong> (per poi concederglielo), né – <em>ex post</em> – ha <strong>interesse a riutilizzare il bene</strong> come invece accade al <strong>locatore cui viene restituito dal conduttore a fine locazione</strong>; inoltre, se fosse veramente <strong>una locazione</strong>, non si spiegherebbe <strong>per quale motivo</strong> l’utilizzatore dovrebbe <strong>pagare i canoni anche</strong> laddove <strong>il bene perisse o comunque si perdesse</strong> per <strong>causa a lui non imputabile</strong>; non sarebbe inoltre <strong>necessario inserire</strong> - come invece <strong>sovente avviene nel leasing</strong> – la <strong>specifica clausola</strong> che per il caso di <strong>risoluzione del contratto</strong> prevede il <strong>diritto del concedente di ritenere i canoni percetti</strong> dall’utilizzatore, essendo tale diritto <strong>già previsto</strong> per i <strong>contratti ad esecuzione continuata e periodica</strong>, in via <strong>generale</strong>, dall’<strong>1458, comma 1,</strong> c.c.; peraltro, nella <strong>locazione</strong> i <strong>vizi</strong> della cosa locata e l’eventuale <strong>evizione</strong> sono <strong>a carico del locatore</strong>, mentre nel <strong>leasing</strong> essi sono <strong>a carico dell’utilizzatore</strong>; nel <strong>leasing</strong>, a differenza della <strong>locazione</strong>, <strong>l’intera manutenzione</strong> del bene concesso (compresa quella <strong>straordinaria</strong>) è <strong>a carico del solo utilizzatore</strong>; nel <strong>leasing</strong>, a differenza che nella <strong>locazione</strong>, eventuali <strong>miglioramenti o addizioni</strong> alla cosa locata divengono <strong>di proprietà del concedente</strong> (se l’utilizzatore non riscatta) <strong>senza</strong> che sia dovuto <strong>indennizzo alcuno</strong>; nella <strong>locazione</strong> si è al cospetto di un <strong>canone classico</strong>, quale <strong>mero corrispettivo del godimento</strong> del bene di proprietà del locatore, mentre nel <strong>leasing</strong> il canone <strong>fa da contraltare</strong> al <strong>godimento</strong> ed insieme al <strong>finanziamento</strong> che lo accompagna (e lo consente), dovendosi peraltro distinguere <strong>l’ipotesi di leasing che dura meno</strong> della vita economica del bene concesso, laddove il canone <strong>comprende il prezzo</strong> del bene, dall’ipotesi di <strong>leasing che ha durata pari alla vita</strong> <strong>economica</strong> del bene, in cui il canone <strong>è commisurato al valore economico</strong> del bene medesimo;</li> <li>è un <strong>mutuo</strong>, o comunque un <strong>contratto di credito</strong> (e non di godimento) dal momento che l’utilizzatore, nel <strong>pagare i canoni</strong>, null’altro fa se non <strong>rimborsare a rate un finanziamento ricevuto</strong> per il <strong>godimento di un bene</strong> del quale intende avvalersi; si oppone tuttavia che i <strong>contratti di credito</strong> presuppongono un <strong>credito (erogato) di ammontare certo</strong> e <strong>determinato</strong>, circostanza <strong>non predicabile</strong> nel leasing; che se si trattasse di un <strong>finanziamento</strong>, in caso di <strong>cessazione del rapporto</strong> per <strong>inadempimento dell’utilizzatore</strong> e di <strong>restituzione del bene al finanziatore</strong>, questo dovrebbe <strong>restituire</strong> (almeno in parte) i <strong>canoni percepiti</strong>, mentre nel leasing questi <strong>normalmente trattiene i canoni</strong> e <strong>ottiene anche una penale</strong> (per un importo pari alla <strong>differenza</strong> tra i <strong>canoni residui</strong> che avrebbe potuto riscuotere ed il <strong>minor importo ottenuto giusta reimpiego del bene sul mercato</strong>); che nel leasing <strong>il concedente</strong> <strong>paga il fornitore per acquistare il bene nell’interesse dell’utilizzatore</strong>, ma poiché quest’ultimo <strong>non è debitore del fornitore</strong> in parola, non si verifica quello che <strong>normalmente</strong> si verifica in occasione di un <strong>vero e proprio finanziamento</strong>, in cui il soggetto finanziatore <strong>o paga direttamente il soggetto finanziato</strong>, o paga <strong>un creditore di questi</strong>;</li> <li>è una <strong>vendita a rate con riserva di proprietà</strong>, onde è da assumersi <strong>applicabile l’art.1526 c.c.</strong> secondo cui in caso di <strong>risoluzione per inadempimento del compratore</strong> il venditore <strong>deve restituirgli le rate riscosse</strong>, il che <strong>applicato al leasing</strong> impone al <strong>concedente</strong> di <strong>restituire all’utilizzatore i canoni riscossi</strong> in caso di <strong>inadempimento</strong> di quest’ultimo; si oppone tuttavia dal punto di vista <strong>soggettivo</strong> che il <strong>concedente del leasing non è un venditore</strong>, non essendo di regola un <strong>imprenditore commerciale</strong> quanto piuttosto un <strong>intermediario finanziario</strong>, mentre <strong>l’utilizzatore</strong>, per parte sua, <strong>non è un acquirente di un bene di consumo</strong> (vendita a rate) ma sovente <strong>anch’egli un imprenditore</strong> che vuole <strong>avvalersi di un bene strumentale</strong> <strong>all’esercizio della propria impresa</strong>; e, dal punto di vista <strong>oggettivo</strong>, che nel <strong>leasing</strong> il <strong>canone</strong> non è il <strong>mero corrispettivo del godimento del bene</strong>, ma tiene conto del <strong>costo del bene stesso</strong> per il concedente, dell’<strong>ammortamento</strong>, degli <strong>interessi, utili e spese</strong> dovuti al concedente in relazione al <strong>capitale da questi investito</strong> per <strong>acquistare il bene nell’interesse dell’utilizzatore</strong>, circostanze tutte che giustificano <strong>un regime opposto</strong> rispetto a quello di cui all’art.1526 c.c., facendo da sfondo alla <strong>clausola</strong> che le parti <strong>normalmente prevedono nel leasing</strong> alla cui stregua, in caso di <strong>inadempimento dell’utilizzatore</strong>, il concedente <strong>trattiene</strong> (e <strong>non restituisce</strong>) i canoni riscossi;</li> <li>è una ipotesi di <strong>cessione del contratto</strong>; si oppone a tale tesi che il <strong>consenso del fornitore</strong>, seppure <strong>spesso presente</strong> (anche se nel <strong>leasing operativo</strong> è <strong>addirittura assente</strong>, non venendo coinvolto il ridetto fornitore in una <strong>vicenda</strong> che <strong>avvince solo concedente-produttore ed utilizzatore</strong>), <strong>non è essenziale</strong> per configurare un leasing (che coinvolge il <strong>concedente</strong> e l’<strong>utilizzatore</strong> del bene, dal fornitore acquistato dal primo nell’interesse di godimento del secondo);</li> <li>è un <strong>contratto misto</strong>: la <strong>struttura contrattuale</strong> è <strong>unica</strong>, ma vi <strong>confluiscono</strong> <strong>diversi contratti tipici</strong> che <strong>non perdono la loro identità propria</strong>, realizzandosi una <strong>combinazione</strong> delle <strong>rispettive cause</strong>;</li> <li>è un <strong>contratto</strong> <strong>complesso</strong>: i contratti tipici che vi confluiscono <strong>perdono la rispettiva identità</strong> <strong>fondendosi</strong> in una <strong>causa unica e nuova</strong>, con <strong>effetti</strong> degli uni e degli altri <strong>globalmente considerati</strong> (ancorché tutti presenti);</li> <li>è la <strong>risultante</strong>, <strong>economicamente unitaria</strong>, di <strong>più negozi giuridicamente collegati</strong> tra loro (dottrina dominante): si è al cospetto di un <strong>contratto</strong> fino a poco tempo fa <strong>atipico</strong>, ed <strong>ormai tipico</strong>, la cui <strong>peculiarità</strong> è il <strong>collegamento tra due negozi</strong> che restano <strong>strutturalmente autonomi</strong> sul crinale <strong>giuridico</strong>, seppure <strong>funzionalmente collegati</strong> tra loro in ottica <strong>economica</strong>. Il leasing va allora distinto <strong>come operazione giuridica</strong> dalla sottostante <strong>operazione economica</strong>: dal punto di vista <strong>giuridico</strong>, la <strong>mancanza</strong> di <strong>uno scopo comune</strong> da conseguire ex <strong>1420</strong> c.c. <strong>impedisce</strong> di annoverare il leasing tra i <strong>contratti plurilaterali</strong>, facendosi piuttosto luogo al <strong>confluire</strong>, in <strong>collegamento tra loro</strong>, di <strong>due negozi bilaterali</strong>; dal punto di vista <strong>economico</strong>, il leasing configura invece una <strong>operazione trilaterale</strong> che coinvolge <strong>fornitore-venditore</strong> del bene, <strong>concedente-acquirente</strong> ed <strong>utilizzatore</strong> del bene medesimo; dal punto di vista <strong>giuridico</strong>, i due contratti che <strong>si collegano</strong> tra loro sono <strong>da un lato la compravendita o l’appalto</strong>, che avvince il <strong>fornitore</strong> del bene ed il <strong>concedente</strong> (nel caso della compravendita il <strong>concedente-acquirente</strong> si è obbligato con l’utilizzatore ad acquistare il bene dal <strong>fornitore-venditore</strong>; nel caso dell’appalto il <strong>concedente-committente</strong> si è invece obbligato con l’utilizzatore a farlo costruire dal <strong>fornitore-appaltatore</strong>) e dall’altro il <strong>leasing vero e proprio</strong>, che interviene tra <strong>concedente</strong> ed <strong>utilizzatore</strong></li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Come si atteggia il collegamento negoziale tra compravendita (o appalto) e leasing?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>si tratta di un <strong>vero e proprio collegamento negoziale tecnicamente inteso</strong>: l’obiettivo – di <strong>stampo economico unitario</strong> - è quello di <strong>soddisfare l’interesse dell’utilizzatore</strong> ad <strong>avere a disposizione il bene</strong> e <strong>goderne</strong>, onde il leasing <strong>o è una fattispecie di contratti collegati</strong> <strong>o “<em>non è</em>”</strong> (c.d. <strong>collegamento necessario</strong>); da ciò discende che laddove la vendita (o l’appalto) sia <strong>annullata</strong>, <strong>dichiarata nulla</strong>, <strong>risolta</strong> o <strong>rescissa</strong>, <strong>la relativa caducazione travolge anche</strong> il <strong>leasing</strong> che su di essa <strong>si appoggia</strong>; inoltre, <strong>l’utilizzatore</strong> deve assumersi <strong>legittimato ad agire in via diretta</strong> (e <strong>non</strong> in via <strong>surrogatoria</strong>, “<strong><em>passando</em></strong>” per il <strong>debitore concedente</strong>, che <strong>ne è creditore</strong>) nei confronti del <strong>venditore</strong> (o dell’appaltatore), dovendo solo ottenere il <strong>consenso del concedente</strong> laddove <strong>l’azione verso il venditore</strong> (o l’appaltatore) sia <strong>intesa a risolvere il contratto di vendita</strong> (o di appalto), che <strong>avvince in via diretta</strong> (seppure collegata) i soli venditore (appaltatore) e concedente;</li> <li>si tratta di un <strong>collegamento negoziale</strong> che <strong>non è necessario</strong>, ma è <strong>meramente facoltativo</strong>; in sostanza quando il fornitore <strong>vende</strong> (o <strong>realizza</strong>, nel caso dell’appalto) il bene su richiesta del concedente, non può assumersi <strong>di necessità</strong> che egli lo faccia <strong>con il contestuale proposito</strong> della <strong>successiva concessione del bene in leasing</strong> all’utilizzatore; peraltro, il fatto che <strong>non si tratti di un collegamento “<em>necessario</em>”</strong> non sottrae all’<strong>autonomia negoziale</strong> delle parti la <strong>possibilità di renderlo tale</strong> per <strong>volontà comune</strong> ad esse, circostanza che normalmente si sostanzia in <strong>una serie di clausole</strong> che <strong>avvincono</strong> i due contratti, onde nel <strong>contratto di vendita (o di appalto)</strong> viene inserito <strong>l’obbligo per il fornitore</strong> di <strong>riconoscere all’utilizzatore</strong> la <strong>legittimazione ad agire</strong> contro di lui nel caso in cui il <strong>bene</strong> gli venga <strong>consegnato in ritardo</strong> o gli venga <strong>consegnato viziato</strong>, ovvero nel <strong>contratto di leasing</strong> viene inserito <strong>l’obbligo per il concedente</strong> di <strong>inserire</strong> nel contratto di vendita (o di appalto) <strong>clausole analoghe</strong>; in questo modo, pur al cospetto di <strong>contratti distinti e collegati tra loro</strong>, il <strong>gioco delle clausole</strong> può <strong>avvincerli</strong> in modo da <strong>consentire azioni dirette</strong> anche <strong>tra soggetti non direttamente legati</strong> da contratto (segnatamente, tra <strong>utilizzatore</strong> e <strong>fornitore</strong>);</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre ricordare della disciplina del rapporto contrattuale che scaturisce dall’operazione di leasing?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>in caso di <strong>perimento del bene</strong>, di relativo <strong>furto</strong>, ovvero di <strong>danno a terzi</strong>, normalmente <strong>per contratto di leasing</strong> il <strong>rischio</strong> grava sull’<strong>utilizzatore</strong>, che deve <strong>continuare a versare i canoni</strong> al concedente in caso di <strong>perimento o furto</strong>, e <strong>risarcire i terzi</strong> in caso di <strong>danni da questi subiti dal bene concesso</strong>; viene invece assunta <strong>illegittima </strong>la clausola che fa ricadere sull’utilizzatore il <strong>rischio della mancata consegna del bene</strong> da parte del <strong>fornitore</strong>;</li> <li>se <strong>il fornitore è inadempiente</strong> con riferimento al <strong>bene acquistato dal concedente</strong> e <strong>dato in godimento all’utilizzatore</strong>, attraverso il <strong>gioco delle clausole</strong> contenute nel <strong>contratto di leasing</strong>, sull’<strong>utilizzatore</strong> grava in genere <strong>l’onere di agire</strong> <strong>a tutela dei diritti del concedente</strong> vantati nei confronti del fornitore inadempiente; in sostanza; più in specie, nell’ipotesi dell’<strong>evizione</strong> e dei <strong>vizi</strong> del bene concesso, le <strong>clausole</strong> tra concedente ed utilizzatore prevedono di regola che <strong>sia l’utilizzatore ad agire direttamente</strong> nei confronti del <strong>fornitore</strong> (pur non essendo a lui legato da un contratto) con <strong>azione di adempimento</strong> ovvero <strong>risarcitoria</strong>; più <strong>dubbia</strong> è la possibilità di prevedere la <strong>esperibilità dell’azione diretta per la risoluzione</strong>, che <strong>non potrebbe non spettare</strong> <strong>in ogni caso al concedente</strong> quale espressione del relativo <strong>diritto di sciogliersi dal contratto</strong> col fornitore (anche peraltro dove si <strong>ammettesse</strong> la possibilità per l’utilizzatore di agire nei confronti del fornitore per la <strong>risoluzione</strong> del contratto, specie con riguardo ai <strong>vizi della cosa</strong> fornita e poi concessagli, sarebbe comunque <strong>imprescindibile il litisconsorzio necessario</strong> rispetto al concedente);</li> <li>se <strong>l’utilizzatore è inadempiente</strong>, il contratto <strong>si risolve</strong>; gli <strong>effetti</strong> della risoluzione si compendiano nella <strong>restituzione del bene</strong> al concedente e nel <strong>pagamento dei canoni scaduti</strong> (laddove si tratti di <strong>leasing tradizionale</strong> <strong>di godimento</strong>, in cui il concedente può trattenerli ex art.1458 c.c., a differenza di quanto invece accade nel <strong>leasing traslativo</strong>); ulteriore effetto della risoluzione è il <strong>pagamento al concedente</strong> (previsto da una <strong>clausola standardizzata</strong> nei pertinenti contratti) di una <strong>penale</strong> nel caso in cui la <strong>somma ottenuta dal concedente giusta reimpiego del bene sul mercato</strong> sia <strong>inferiore</strong> all’importo dei <strong>canoni residui</strong> <strong>non pagati</strong>, penale pari alla <strong>differenza</strong> tra detti due valori;</li> <li>i <strong>contratti standard di leasing</strong> in circolazione sul mercato prevedono, di regola, una <strong>clausola</strong> che <strong>esclude la responsabilità del concedente</strong> nei confronti dell’<strong>utilizzatore</strong> qualora <strong>il fornitore non consegni</strong> a quest’ultimo la cosa o <strong>gliela consegni viziata</strong>, quand’anche tra fornitore ed utilizzatore <strong>non corra alcun rapporto contrattuale</strong>: si tratta di clausole che <strong>riversano il rischio dell’inadempimento del fornitore sull’utilizzatore</strong>, e sulla cui <strong>validità</strong> si discute: chi <strong>ammette</strong> tale validità la <strong>subordina</strong> alla <strong>contestuale previsione</strong> nel contratto di leasing di <strong>strumenti giuridici</strong> che consentano all’utilizzatore di <strong>tutelarsi direttamente nei confronti del fornitore</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p>