<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"> Con la sentenza n. 44118 del 2019 la Suprema Corte si è pronunciata <strong>sull’applicabilità dell’art. 131 bis c.p., che prevede la non punibilità per particolare tenuità del fatto, laddove il Giudice di Pace abbia, da un lato, applicato l’art. 131 bis c.p. e, sotto altro versante, abbia condannato l’imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile.</strong> È vero – argomenta la Corte- che le Sezioni Unite hanno stabilito che la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p., non è applicabile nei procedimenti relativi a reati di competenza del giudice di pace (Sez. U, n. 53683 del 22/06/2017, Pmp, Rv. 271587), ma va tuttavia considerato che il proscioglimento "nei casi di particolare tenuità del fatto" non è avulso dal "microsistema" dettato per giudice di pace, poiché trova la sua declinazione procedimentale nella previsione del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 34. È pacifico che i presupposti dell’art. 131-bis c.p. e quelli del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 34 divergono, posto che, nel procedimento dinanzi al giudice di pace, dopo l’esercizio dell’azione penale la sentenza per particolare tenuità del fatto può essere emessa "solo se l’imputato e la persona offesa non si oppongono" (D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 34, comma 3). Così come è indiscutibile che, relativamente all’istituto di cui all’art. 34, la necessaria presenza della persona offesa trova fondamento nella "finalità conciliativa", che rappresenta un tratto tipico del sistema delineato dal D.Lgs. n. 274 del 2000 (Sez. 5, n. 3784 del 28/11/2017, dep. 2018, Indraccolo, in motivazione). <strong>Sistema che presenta caratteri assolutamente peculiari tali da renderlo non comparabile con il procedimento davanti al tribunale, e comunque tali da giustificare sensibili deviazioni rispetto al modello ordinario</strong>, le quali si innestano in un procedimento connotato, già di per sé, da un’accentuata semplificazione e concernente reati di minore gravità, con un apparato sanzionatorio del tutto autonomo (cfr. Sez. U, n. 53683 del 22/06/2017, Pmp, in motivazione; Corte Cost. ordinanza nn. 50 del 2016, 28 del 2007, 312 e 228 del 2005; sentenza n. 47 del 2014). È del pari certo, però, che il proscioglimento per particolare tenuità del fatto costituisce un esito previsto dal procedimento dinanzi al giudice di pace. <strong>L’eventuale errore da parte del giudice di pace nel richiamare l’art. 131-bis c.p. piuttosto che il D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 34</strong> <strong>non può essere censurato solo in quanto tale</strong>, ma richiede la deduzione di un effettivo pregiudizio da rimuovere per effetto di quella decisione, occorre cioè, sotto il profilo dell’interesse ad impugnare, un "precipitato" di concretezza, che è onere della parte dedurre (Sez. 5, n. 44128 del 26/06/2018, P, in motivazione). Ciò rilevato, la Corte ritiene comunque che <strong>la declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto non consente di decidere sulla domanda di liquidazione delle spese proposta dalla parte civile, poiché si può far luogo alle statuizioni civili nel giudizio penale solo in presenza di una sentenza di condanna o nelle ipotesi previste dall’art. 578 c.p.p., tra le quali non rientra quella di cui all’art. 131-bis c.p. (Sez. 5, n. 6347 del 06/12/2016, dep. 2017, La Mastra, Rv. 269449).</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Domiziana Pinelli</em></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p>