Cassazione civile, sez. II, ordinanza 28 settembre 2022, n. 28173
PRINCIPIO DI DIRITTO
Le clausole di polizza che delimitano il rischio assicurato non possano prescindere dalle condizioni generali, condizioni che sono in ogni caso “soggette al criterio ermeneutico posto dall’articolo 1370 c.c. e, pertanto, nel dubbio devono essere intese in senso sfavorevole all’assicuratore” (così Cass. 866/2008; cfr. anche Cass 668/2016, secondo la quale nell’interpretare il contratto di assicurazione il giudice deve ricorrere all’ausilio di tutti i criteri ermeneutici previsti dagli artt. 1362 e ss. c.c. e, in particolare, a quella della interpretazione contro il disponente di cui all’art. 1370 c.c.).
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
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Il primo motivo lamenta – in relazione alla conferma del rigetto della domanda di garanzia nei confronti delle compagnie di assicurazione – “violazione degli artt. 1321, 1339,1341,1363,1366,1370 e 1372 c.c., 115 c.p.c.”: la Corte d’appello, nel negare che l’attività svolta (lavori edili) rientrasse nell’oggetto dell’assicurazione (la ricorrente era, al momento della realizzazione dei lavori, titolare di due polizze per la responsabilità civile con Zurich e, in coassicurazione, con Aurora), ha violato le disposizioni richiamate. Il motivo è fondato. La Corte d’appello, nel confermare il rigetto della domanda di manleva nei confronti delle compagnie assicurative, ha rilevato che l’attività svolta dall’assicurato così come descritta nella polizza (“la ditta assicurata svolge attività di ingegneria applicata costituita da prospezioni geologiche e geotecniche con metodi meccanici e geofisici a terra; produzione, istallazione e gestione di reti di monitoraggio tecnico, strutturale, idraulico e ambientale; prove non distruttive; rilievi topografici e ad infrarosso termico; prospezioni e scavi archeologici; attività di bonifica di ordigni bellici”) era relativa ad attività del tutto diversa da quella svolta nella fattispecie in esame (il rifacimento della copertura sovrastante la palestra Mithos), da ricondursi ad attività edilizia. La Corte d’appello ha poi escluso che l’operatività della garanzia per lavori edili possa ricavarsi dalle condizioni generali della polizza, in quanto tali condizioni, che sì comprendono lavori edili, sarebbero estremamente ampie così che per “essere operanti avrebbero dovute essere richiamate dalla intestazione delle polizze sottoscritte dalle parti, con la chiara indicazione delle pattuizioni applicabili”. Al riguardo non sarebbe sufficiente – ad avviso del giudice d’appello – che all’intestazione condizioni generali segua, nel caso in esame, l’espressione “sempre operanti”, trattandosi di dicitura troppo “troppo generica”. In tal modo la Corte d’appello sembra richiedere per l’operatività delle condizioni generali, condizioni che sono state predisposte dalla compagnia assicurativa, che queste vengano specificamente sottoscritte dallo stesso predisponente. La Corte d’appello in tal modo trascura come le clausole di polizza che delimitano il rischio assicurato non possano prescindere dalle condizioni generali, condizioni che sono in ogni caso “soggette al criterio ermeneutico posto dall’articolo 1370 c.c. e, pertanto, nel dubbio devono essere intese in senso sfavorevole all’assicuratore” (così Cass. 866/2008; cfr. anche Cass 668/2016, secondo la quale nell’interpretare il contratto di assicurazione il giudice deve ricorrere all’ausilio di tutti i criteri ermeneutici previsti dagli artt. 1362 e ss. c.c. e, in particolare, a quella della interpretazione contro il disponente di cui all’art. 1370 c.c.).
- Il secondo motivo contesta violazione degli artt. 1669, 1175,
1223 e 1227 c.c. in relazione al rigetto della eccezione di decadenza e
prescrizione, formulata dalla ricorrente rispetto alla azione di danni
fatta valere dal Condominio: l’atto introduttivo del giudizio per danni è
stato notificato dal Condominio solo in data 24 febbraio 2006, quando
invece il medesimo era a conoscenza dei danni sin dall’anno 2003,
quando sono state depositate le conclusioni del consulente tecnico nel
procedimento di accertamento tecnico preventivo.
Il motivo non può essere accolto. La Corte d’appello ha
correttamente confermato il rigetto delle eccezioni di decadenza e
prescrizione di cui all’art. 1669 c.c. (norma ritenuta applicabile in
quanto i vizi erano tali da pregiudicare in modo rilevante il normale
godimento dell’immobile). La Corte d’appello ha infatti richiamato
l’orientamento di questa Corte secondo il quale il dies a quo stabilito
per i termini di prescrizione e decadenza va individuato nel momento in
cui la parte sia stata effettivamente in grado di conoscere l’eziologia e
la gravità dei danni (cfr. per tutte Cass. 777/2020). Tale piena
conoscenza è stata individuata dal giudice d’appello, con accertamento
in fatto insindacabile da questa Corte di legittimità, nella data del
deposito della relazione non nel primo procedimento di accertamento
tecnico preventivo, ma nel procedimento tecnico svolto in corso di
causa, deposito avvenuto il 30 ottobre 2005.
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Il terzo motivo contesta, circa l’accoglimento della domanda
riconvenzionale della subappaltatrice Rive Italia, la violazione degli artt.
1176, 1460 e 1669 c.c.
In relazione a tale motivo va dichiarata la cessazione della materia
del contendere, avendo la ricorrente e il Fallimento Rive Italia (v.
supra) proposto istanza congiunta con cui hanno dichiarato di avere
rinunciato ad ogni reciproca pretesa e hanno chiesto di dichiarare fra
loro cessata la materia del contendere.
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La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto e la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Bologna, che deciderà attenendosi ai principi di diritto sopra ricordati; il giudice di rinvio provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio, con l’eccezione delle spese relative a Fallimento Rive Italia e Strago, rispetto alle quali le stesse parti hanno convenuto di compensarle.