Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 23 agosto 2024, n. 7220
PRINCIPIO DI DIRITTO
La volontà di obbligarsi della P.A. non può desumersi per implicito da fatti o atti,
dovendo essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali l’atto scritto ad substantiam, e pertanto nei confronti di essa non è configurabile il rinnovo tacito del contratto, né rileva, per la formazione del contratto stesso, un mero comportamento concludente, anche se protrattosi per anni
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Le doglianze non sono suscettibili di positivo apprezzamento.
Il diniego impugnato, innanzitutto, ha correttamente richiamato l’insegnamento giurisprudenziale, il quale esclude che, in presenza di un’istanza di rinnovo della concessione di bene pubblico, si possa configurare un rinnovo tacito o per facta concludentia, ovvero un rinnovo automatico.
Sotto il primo profilo, occorre richiamare il principio giuridico “secondo cui la volontà
di obbligarsi della P.A. non può desumersi per implicito da fatti o atti, dovendo essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali l’atto scritto ad substantiam, e pertanto nei confronti di essa non è configurabile il rinnovo tacito del contratto, né rileva, per la formazione del contratto stesso, un mero comportamento concludente, anche se protrattosi per anni” (così Cass. civ., Sez. III, 11 novembre 2015, n. 22994, citata dal diniego impugnato; nello stesso senso v. pure Cass. civ., Sez. III, 10 giugno 2005, n.12323; id., 12 febbraio 2002, n. 1970; id., 11 gennaio 2000, n. 188).
Dunque, non rileva la circostanza – su cui l’appellante insiste nella memoria finale –
che a seguito dall’istanza di rinnovo presentata dalla FIMA nel 2010, Roma Capitale le abbia comunicato la nuova indennità d’uso e che il relativo importo sia stato accettato dal Presidente della Fondazione con nota acquisita al protocollo il 14 marzo 2013.
La giurisprudenza di questo Consiglio, del resto, ha costantemente affermato che il
pagamento dei canoni dopo l’intervenuta scadenza del titolo non può considerarsi, di per sé, come rinnovo tacito della concessione (cfr. C.d.S., Sez. II, 18 luglio 2019, n. 5076; Sez. V, 30 luglio 2018, n. 4662; Sez. VI, 9 giugno 2014, n. 2933), assumendo esso il significato di incameramento di quanto dovuto a parziale ristoro della persistente occupazione del bene (C.d.S., Sez. VI, 6 agosto 2013, n. 4098).