TAR LOMBARBIA – BRESCIA, I – sentenza 04.03.2022 n. 224
MASSIMA
La concreta applicazione dell’istituto dell’adesione di un’amministrazione aggiudicatrice ad un contratto, già stipulato da altra amministrazione con un determinato appaltatore, deve realizzare un delicato bilanciamento tra i principi interni e comunitari, i quali privilegiano la concorrenza fra operatori economici nel mercato delle commesse pubbliche, e quelli di economicità e buon andamento della p.a., che giustificano forme di aggiudicazione senza diretto confronto concorrenziale, tali da sollevare le amministrazioni e le imprese dagli oneri connessi alla indizione e alla partecipazione di “gare fotocopia”.
Il predetto istituto è validamente utilizzato solo qualora l’oggetto delle prestazioni, che l’aggiudicataria potrà essere chiamata ad eseguire in favore di altre stazioni appaltanti, sia determinato o determinabile in base a criteri trasparenti evincibili dalla stessa lex specialis.
L’estensione deve avvenire “alle medesime condizioni” originariamente pattuite e, poiché l’istituto de quo rappresenta una deroga all’evidenza pubblica, la locuzione deve essere interpretata nel senso che l’aderente può modificare le condizioni solo per assicurare quel fisiologico adattamento che è essenzialmente connesso al mutamento del tempo e del luogo di esecuzione della prestazione.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Prima di affrontare il merito del ricorso il Collegio deve necessariamente esaminare l’eccezione di inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum della società Servizi Ospedalieri sollevata dalla controinteressata nella propria memoria del 7 febbraio 2022 perché il suo status di mandante la renderebbe titolare di un interesse diretto al ricorso.
L’eccezione è fondata.
L’intervento nel processo amministrativo non è, infatti, un litisconsorzio autonomo, bensì adesivo dipendente, a sostegno delle ragioni di una o di altra parte.
È, infatti, inammissibile l’intervento ad opera del soggetto legittimato a proporre direttamente ricorso in via principale avverso l’atto impugnato da terzi perché questo eluderebbe i termini decadenziali individuati dalla legge.
Poiché, quindi, Servizi Ospedalieri s.p.a. era legittimata ad intervenire direttamente in giudizio e il suo atto non può essere qualificato come autonomo ricorso perché tardivo, l’eccezione è ammissibile e la società deve essere estromessa dal giudizio.
- Con il primo e il secondo motivo del ricorso la ricorrente censura sostanzialmente il fatto che il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo in quanto emesso in violazione dei limiti sanciti dalla clausola di estensione, prevista dall’art 18 della lex specialis della gara indetta nel 2017 dall’A.S.S.T. di Crema, perché i due affidamenti non avrebbero il medesimo oggetto. L’estensione sarebbe, infatti, legittima solo qualora vi sia una sostanziale riproduzione di prestazioni individuate nel contratto base o, al più, determinabili a priori secondo criteri univoci e trasparenti.
Situazione, questa, che non si sarebbe verificata nel caso di specie perché la gestione della Centrale di Sterilizzazione di Treviglio sarebbe estranea all’oggetto del contratto, che riguarderebbe esclusivamente la gestione della Centrale di Sterilizzazione di Crema.
Inoltre, l’A.S.S.T. Bergamo Ovest avrebbe negoziato direttamente con la controinteressata mentre avrebbe dovuto limitarsi ad estendere le condizioni previste nella precedente aggiudicazione.
Sul punto la controinteressata e la resistente hanno, invece, evidenziato che nel caso di specie sussisterebbero tutti i requisiti per poter effettuare l’estensione del contratto; l’eccezione del ricorrente, secondo cui il contratto non sarebbe estendibile, deriverebbe da un’interpretazione eccessivamente formalistica della disposizione de qua che la priverebbe di ogni utilità pratica. Il servizio sarebbe, infatti, rimasto sostanzialmente identico a quello originario, eccezion fatta per il luogo di esecuzione della prestazione.
La controinteressata evidenzia, infine, che le migliorie proposte non sarebbero in grado di inficiare la corrispondenza tra i due servizi perché esse conseguirebbero a un fisiologico miglioramento del servizio, connesso anche all’evoluzione tecnologica così come la riduzione del prezzo, a titolo di sconto, del 3% non inficerebbe il sub-procedimento di valutazione dell’anomalia dell’offerta posto che esso sarebbe previsto solo per la fase di gara; al termine della procedura la serietà e sostenibilità dell’offerta sarebbero, infatti, implicitamente dimostrate dalla corretta esecuzione del contratto.
La censura è in parte fondata e comunque assorbente.
La concreta applicazione dell’istituto dell’adesione di un’amministrazione aggiudicatrice ad un contratto, già stipulato da altra amministrazione con un determinato appaltatore, deve realizzare un delicato bilanciamento tra i principi interni e comunitari, i quali privilegiano la concorrenza fra operatori economici nel mercato delle commesse pubbliche, e quelli di economicità e buon andamento della p.a., che giustificano forme di aggiudicazione senza diretto confronto concorrenziale, tali da sollevare le amministrazioni e le imprese dagli oneri connessi alla indizione e alla partecipazione di “gare fotocopia”.
La legittimità di tale istituto è stata confermata dalla giurisprudenza, che ne ha rinvenuto il fondamento, in alcuni casi, nell’orientamento normativo favorevole all’utilizzo di forme di acquisizione centralizzata ed aggregata di beni e servizi occorrenti al funzionamento della P.A. (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, n. 442 del 4 febbraio 2016) e, in altri, nella fattispecie dei contratti quadro (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 11/04/2017 n.1690 e Corte giustizia UE sez. VIII – 19/12/2018, n. 216): tuttavia, in entrambi i casi l’istituto è validamente utilizzato solo qualora l’oggetto delle prestazioni, che l’aggiudicataria potrà essere chiamata ad eseguire in favore di altre stazioni appaltanti sia determinato o determinabile in base a criteri trasparenti evincibili dalla stessa lex specialis (Consiglio di Stato sez. V, 11/02/2014, n.663).
Tale impostazione che è stata avvalorata anche dalla comunicazione congiunta AGCM e ANAC del 21 dicembre 2016 nella quale è stato affermato, tra l’altro, che la delicatezza della materia impone che «l’adesione successivamente disposta avvenga senza alcuna rinegoziazione delle condizioni prestazionali ed economiche formulate in sede di offerta dal soggetto aggiudicatario e definite dalla lex specialis della gara originaria», fatti salvi gli adattamenti della prestazione «che siano dettati da specifiche esigenze dell’aderente e non alterino, nella sostanza, il dialogo competitivo tra gli operatori» (ex multis T.A.R. per la Lombardia, Milano, Sez. II, 7 maggio 2020, n. 749).
Ebbene, nel caso di specie l’oggetto della prestazione da estendere è chiaramente determinato, ed è costituito dalla gestione di una centrale di sterilizzazione, così come lo sono i soggetti che potranno successivamente aderire e, dal tenore letterale della lex specialis di gara redatta dall’A.T.S. di Crema, emerge inequivocabilmente che, in caso di estensione del contratto, possano essere utilizzate centrali di sterilizzazione diverse da quelle della stazione appaltante.
L’art. 18 del capitolato prevede, infatti, che in caso di estensione la «Stazione Appaltante resterà estranea in ordine ai patti e condizioni che si stabiliranno tra fornitore e l’Azienda cui viene esteso l’accordo, che daranno origine ad un rapporto contrattuale autonomo» ipotesi, questa, che può concretizzarsi solo se il servizio viene prestato presso le centrali di committenza degli aderenti.
Inoltre, poiché ogni possibile aderente, trattandosi di aziende sanitarie territoriali, in cui sono incluse strutture di cura, di regola dispone di una propria centrale di sterilizzazione, l’interpretazione proposta dal ricorrente ne impedirebbe l’utilizzo, e renderebbe così di fatto inoperativa, o comunque palesemente irragionevole, la clausola di estensione ponendosi, così in contrasto con l’art. 1367 c.c. a fronte del quale «nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno».
D’altro canto, ipotizzare che l’unica centrale utilizzabile sia quella di Crema, equivale a far gravare su questa, nel tempo, un peso insostenibile, rendendo anche sotto questo profilo concretamente inoperativa la clausola estensiva: che va invece ovviamente intesa, come appena detto, nel senso di poter trovare concreta applicazione.
Appurato, quindi, che il capitolato consente l’espletazione del servizio presso le centrali di sterilizzazione dell’aderente, il Collegio evidenzia, però, che l’estensione deve avvenire “alle medesime condizioni” originariamente pattuite e, poiché l’istituto de quo rappresenta una deroga all’evidenza pubblica, la locuzione deve essere interpretata nel senso che l’aderente può modificare le condizioni solo per assicurare quel fisiologico adattamento che è essenzialmente connesso al mutamento del tempo e del luogo di esecuzione della prestazione;
Ebbene, in specie, dall’analisi degli atti di causa emerge che la resistente e la controinteressata non si sono limitati ad adattamenti marginali, ma hanno invece modificato l’originario sinallagma contrattuale ponendo in essere una vera e propria negoziazione.
Nella comunicazione della Servizi Italia s.p.a. del 9 dicembre 2021 si legge, infatti, che la società si rende disponibile a estendere il contratto stipulato con l’A.S.S.T. di Crema alle «medesime condizioni tecniche ed economiche, con un’applicazione di uno sconto pari al 3% (tre per cento) sui corrispettivi attualmente in essere e la fornitura di ulteriori migliorie» quali la fornitura di «tre sistemi di tracciabilità e automazione del lavaggio manuale degli endoscopi in uso», l’uso del sistema gestionale Itineris per la tracciabilità dello strumentario chirurgico, la manutenzione degli impianti presenti nella centrale di sterilizzazione nonché il lavaggio e la disinfezione di un determinato numero di calzature all’anno: sconto e integrazioni, che, seppur fornite gratuitamente, avrebbero un valore di mercato stimato dalla stessa controinteressata in 529.313,00 euro.
Invero, migliorie così significative, per un importo complessivamente pari ad oltre il 6 per cento del corrispettivo risultante dal contratto oggetto di estensione.
Ora, se si considera che notoriamente il divario tra l’aggiudicatario e il secondo classificato in gara non di rado corrisponde a uno scarto percentuale – e dunque a un valore economico – assai inferiore, le migliorie de quibus non possono certo essere ritenute marginali e connesse al fisiologico adattamento della commessa: né, d’altra parte, la Stazione appaltante ha dimostrato di aver svolto preventivamente adeguate indagini di mercato da cui avesse tratto il ragionevole convincimento che l’offerta in estensione di Servizi Italia era la migliore conseguibile, e che la gara non avrebbe potuto avere un diverso esito (si pensi, in tal senso, alla proposta inizialmente fatta dalla ricorrente).
- Poiché, quindi, l’ASST Bergamo ovest non ha esteso tout court l’oggetto dell’appalto, seppur con gli inevitabili adattamenti operativi, ma ha svolto un’illegittima procedura negoziata con la sola controinteressata che è sfociata nell’aggiudicazione, egualmente illegittima, di una nuova commessa: essa ha dunque fatto cattivo governo dell’istituto dell’estensione contrattuale e il provvedimento impugnato è illegittimo e deve essere annullato.
- Alla luce della complessità della vicenda il Collegio ritiene che le spese di lite possano essere parzialmente compensate tra le parti e sono liquidate come da dispositivo.