Sono nulle le clausole di un contratto di fideiussione che rechino un effetto distorsivo della concorrenza in quanto non garantiscono e/o impediscono l’accesso al credito addossando al solo fideiussore gli obblighi derivanti dall’obbligazione principale pur in assenza, come nell’odierno, di qualsiasi garanzia di solvibilità da parte della debitrice principale. Tale principio riveste carattere generale che non è legato alle specifiche caratteristiche della fideiussione omnibus ma è estensibile anche alle ordinarie fideiussioni.
Con atto di opposizione al decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, emesso dal Tribunale di Torino in data 10.03.2020, recante il n. 2128/2020, depositato in data 11.03/2020, per l’importo pari ad euro 259.856,16 oltre interessi e spese come liquidate, la Royal Park Real Estate S.p.a., fideiubente della società I Revori S.r.l., ha convenuto in giudizio la CF Liberty Servicing S.p.a. non in proprio ma nella qualità di mandataria del Banco BPM S.p.a., a sua volta avente causa della Banca Popolare di Milano S.p.a., con cui la società I Revori S.r.l., in data 28.10.2014, ha stipulato un contratto di finanziamento per un importo pari ad euro 1.000.000,00 e tale obbligazione è stata assistita da apposita fideiussione, accesa in data 20.10.2014, rilasciata dalla società Immobiliare I Roveri S.p.a., successivamente incorporata per fusione alla Royal Park Real Estate S.p.a., sino alla concorrenza di euro 1.200.000,00 (doc. 1A,1,2,3 e 8 all. opponente). A causa del protratto inadempimento della debitrice e della garante, nonostante le diffide inoltrategli, la CF Liberty Servicing S.p.a. ha adito le vie giudiziarie e, costituitasi nel presente giudizio, chiede voglia confermarsi il decreto ingiuntivo di cui è causa.
L’opponente, richiesta la sospensione dell’esecuzione provvisoria ex art. 649 c.p.c., eccepisce che il decreto ingiuntivo debba essere dichiarato nullo e/o annullabile e, pertanto, revocato. L’odierno Giudice, con l’ordinanza del 22.7.2020, in ragione dell’istanza di sospensione di cui all’art. 649 c.p.c., ha accolto tale richiesta in ragione del fatto che la Banca non ha rispettato il termine di cui all’art. 1957 c.c.. All’udienza del 17.2.2021, a seguito di trattazione scritta, concessi i richiesti termini ex art. 183, co. 6, c.p.c. e dopo aver fissato udienza di precisazione delle conclusioni, il Giudice ha trattenuto la causa in decisione assegnando alle parti il termine di cui all’art. 190 c.p.c..
Preliminarmente, e sulla eccepita volontaria elusione della portata precettiva dell’obbligo di mediazione ravvisabile, a detta dell’opponente, nella proposizione di un procedimento meramente formale l’odierno Giudice ne dichiara la regolarità e non rileva alcuna illegittimità al riguardo. Più precisamente, e come si evince dai verbali prodotti in giudizio, in occasione della prima seduta tenutasi in data 11.11.2020 parte opposta ha richiesto un differimento, fissato da parte opponente alla data del 27.11.2020, in occasione del quale entrambe le parti non sono riuscite ad addivenire ad alcun accordo (doc. 14 all. opponente). L’eccezione sollevata dall’opponente deve quindi essere rigettata dal momento che non sussiste alcuna ipotesi di improcedibilità dell’odierna opposizione.
Sulla eccepita nullità della fideiussione per conformità del contratto al c.d. modello ABI si osserva che le clausole di cui agli artt. 2 e 6 contenute nel contratto sottoscritto con l’Immobiliare I Roveri S.p.a. ripropongono fedelmente, anche nella numerazione, quelle che la Banca d’Italia, con provvedimento n. 55 del 2.5.2005, peraltro prodotto dall’opponente assieme allo schema ABI 2005, ha dichiarato essere confliggenti con la normativa antitrust. Più precisamente la clausola numero 6 del contratto di fideiussione, sottoscritto dall’Immobiliare I Roveri S.p.a. in data 20.10.2014, riproduce perfettamente quella di cui all’art. 6 dello schema c.d. ABI (doc. 2,3,8,11,12 e 13 all. opponente). Ivi, e per quel che attiene l’odierno procedimento, si statuisce che “i diritti derivanti alla Banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fidejussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i termini previsti dall’art. 1957 Cod. Civ., che si intende derogato” (pag. 5 doc. 8 all. opponente).
Orbene la Banca d’Italia col provvedimento anzidetto ha dichiarato che le clausole di cui ai numeri 2 “Clausole di sopravvenienza della fideiussione”, 6 “Rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 cod. civ.” nota anche come “Clausola di reviviscenza” nonché 8, la quale statuisce l’insensibilità della garanzia prestata rispetto agli eventuali vizi del titolo, sono nulle in quanto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2 della legge 287/1990, recano un effetto distorsivo della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante (doc. 11, 12, 13 all. opponente). Più precisamente, e per quel che attiene la clausola numero 6, l’effetto distorsivo della concorrenza lo si rinviene nel non garantire e/o impedire l’accesso al credito addossando al solo fideiussore gli obblighi derivanti dall’obbligazione principale pur in assenza, come nell’odierno, di qualsiasi garanzia di solvibilità da parte della debitrice principale.
Le Sezioni Unite della Suprema Corte sono intervenute al fine di chiarire che “i contratti di fideiussione “a valle” di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della l. n. 287 del 1990 e 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge citata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata – perché restrittive, in concreto, della libera concorrenza -, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti” (Cass. SU 30.12.2021 n. 41994).
Applicando tale principio al caso di specie ne deriva, quale logica conseguenza, che la clausola in esame è da considerarsi nulla ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1419 c.c. conformemente ai principi espressi dalla Suprema Corte. Caducata la deroga consacrata nella clausola di cui al numero 6 del modello ABI trova quindi applicazione la disciplina di cui all’art. 1957 c.c. la quale impone il rispetto del termine decadenziale di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale perché il creditore possa proporre le proprie istanze nei confronti del debitore e far sì che il fideiussore continui ad essere gravato dell’adempimento dell’obbligazione.
Nell’odierno procedimento, a fronte dell’eccezione ritualmente sollevata dall’attrice, non è emerso che la creditrice quest’oggi opposta abbia proposto alcuna istanza entro tale termine sia nei confronti della debitrice principale, sia nei confronti del fideiussore né, del pari, ha eccepito alcunché in merito. Peraltro, e come ampiamente sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità, l’istanza che il creditore avrebbe dovuto porre in essere entro il termine decadenziale anzidetto, deve essere intesa quale ricorso ai vari mezzi di tutela giurisdizionale del diritto di credito, in via di cognizione o di esecuzione. Il mero invio di una diffida, come rilevato in più occasioni dalla Corte di Cassazione, non può essere intesa quale istanza ai sensi dell’art. 1957 c.c. (Cass. sent. 1724/2016 nonché Cass. sent. n. 6823/2001).
Nel caso di specie i) la data in cui sarebbe venuta in scadenza l’ultimo rateo era stata fissata al 31.12.2016; ii) le diffide inviate dalla Banca Popolare di Milano S.p.a. alla debitrice e all’odierna opponente sono risalenti al 11.10.2018 (doc. 8 all. opposta); iii) il decreto ingiuntivo è stato emesso in data 10.3.2020 ed è stato pubblicato l’11.3.2020. Alla luce di quanto affermato se ne deduce quindi che la Royal Park Real Estate S.p.a., in ragione della non proposizione di alcuna istanza entro il termine decadenziale di sei mesi dalla scadenza del termine per l’adempimento dell’obbligazione principale, nulla deve corrispondere alla creditrice.
In proposito deve ancora rilevarsi che non può ritenersi condivisibile la tesi secondo cui l’operatività della invalidità di cui discute sia limitata alle sole fideiussioni omnibus cui farebbe riferimento il provvedimento della Banca d’Italia. Ciò in quanto il principio espresso costituisce un principio di carattere generale che non è legato alle specifiche caratteristiche della fideiussione omnibus ma è estensibile anche alle ordinarie fideiussioni. Nessun rilievo può poi essere attribuito al fatto che il fideiussore sia una società e non un consumatore laddove nessuna limitazione di tal genere può essere fatta derivare dal fatto che l’invalidità derivi dal mancato rispetto della disciplina antitrust. Né la previsione della clausola ex art. 7 del contratto, peraltro non riprodotta nelle copie del contratto depositate, di pagamento a semplice richiesta scritta può essere considerata sufficiente a ritenere comunque non operante il limite di cui all’art. 1957 c.c. non essendo tale contatto, per ciò solo, definibile come contratto autonomo di garanzia in assenza della esclusione per il garante della possibilità di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale (Cass. 17.6.2022 n. 19693).
Sulla base di tali considerazioni il decreto ingiuntivo opposto deve essere pertanto revocato respingendosi la domanda di condanna al pagamento del medesimo importo nei confronti dell’odierna opponente. Tali considerazioni sono assorbenti rispetto agli ulteriori profili di invalidità sollevati dalla parte opponente in base al principio della ragione più liquida.
Alla luce delle considerazioni di cui sopra la domanda formulata dalla società Royal Park Real Estate S.p.a. devono essere accolte revocandosi, per l’effetto, il decreto ingiuntivo quest’oggi opposto nei confronti della stessa.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate, tenuto conto del valore della domanda, come da dispositivo.
Tribunale di Torino, sentenza 7 ottobre 2022, n. 3897