PRINCIPIO DI DIRITTO
Atteso che la nullità del contratto, ai sensi dell’art. 1421 c.c., può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e che ogni clausola volta a limitare o escludere l’esercizio, da parte di terzi, di tale facoltà è da intendersi nulla sia perché costituirebbe una pattuizione de iure tertii, come tale sempre inefficace (salvo che il terzo partecipi al contratto), sia perché contrasterebbe con l’ordine pubblico, dal momento che le ipotesi di nullità generale sono dettate nell’interesse generale e ridurre il potere di farle valere a determinati soggetti contrasterebbe con quel generale interesse, l’utilizzatore in leasing di un immobile è legittimato a proporre, nei confronti del venditore, l’azione di nullità del contratto di vendita, in tesi derivante dalla cessione di un appartamento separatamente dal posto-auto, ai sensi della L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexies.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Col primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione degli artt. 112e 346 c.p.c.. Sostiene, al riguardo, una tesi così riassumibile: -) in primo grado la U. aveva eccepito il difetto di legittimazione attiva (sostanziale) della società attrice; -) il Tribunale di Prato aveva implicitamente rigettato tale eccezione; -) la U. in appello non l’aveva riproposta. Ne trae la conclusione che la Corte d’appello, affermando il difetto di legittimazione della immobiliare Adler, avrebbe giudicato ultra petita.
1.1. Il motivo è infondato. In primo grado il Tribunale rigettò la domanda della Immobiliare Adler sul presupposto della inesistenza della norma sulla quale l’attrice aveva fondato la propria pretesa. Il Tribunale, dunque, non esaminò la questione della legittimazione sostanziale della Immobiliare Adler in base ai patti contrattuali, la quale rimase assorbita. Nessun giudicato interno, dunque, si era formato, e legittimamente la Corte d’appello potè rilevare ex officio la suddetta questione.
- Col secondo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 1339,1374,1419 c.c.; L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies. Sostiene la ricorrente che erroneamente la Corte d’appello l’ha ritenuta priva di legittimazione (sostanziale) per invocare la nullità del contratto di compravendita. Deduce di non avere mai formulato alcuna domanda di nullità, ma solo una domanda di “accertamento dell’avvenuta costituzione di un diritto reale d’uso a parcheggio” in suo favore (così il ricorso, pagina 16). Aggiunge che tale domanda era volta ad ottenere non una pronuncia di nullità del contratto, ma la sua integrazione secondo le previsioni di legge, ai sensi dell’art. 1374 c.c.. Una nullità del contratto di compravendita, osserva la ricorrente, si sarebbe potuta invocare solo se quest’ultimo avesse contenuto un patto espresso in virtù del quale il venditore riservava a sé la proprietà o l’uso del posto auto; oppure se il costruttore avesse alienato a terzi il solo posto auto, separatamente dall’immobile. Nel caso di specie, invece, il contratto di compravendita immobiliare non conteneva alcuna di queste clausole, ma semplicemente taceva sulla sorte del posto auto: sicché, conclude la ricorrente, era inconcepibile una azione volta a far dichiarare la nullità di un patto mai stipulato.
2.1. Il motivo è infondato, perché muove da una erronea interpretazione della sentenza impugnata. Va premesso che, in linea generale, “nullo” è il contratto di vendita immobiliare nel quale il venditore, con clausola espressa, riservi a sé la proprietà o l’uso del posto auto. “Nullo”, altresì, è il contratto di vendita immobiliare col quale il venditore alieni il solo posto auto, separatamente dalla proprietà dell’immobile. Non può, invece, dirsi “nullo” il contratto di vendita immobiliare nel quale le parti, puramente e semplicemente, tacciano sulla sorte del posto auto. In questo caso, infatti, il contratto “deve ritenersi integrato ope legis con il riconoscimento del diritto dello spazio relativo” al parcheggio (Sez. 2, Sentenza n. 5036 del 09/06/1987, Rv. 453637 – 01; conformi sono Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 18796 del 10/09/2020, Rv. 659217 – 01, e Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 5831 del 08/03/2017, Rv. 643173 – 01, secondo cui “ove (nel contratto di vendita) manchi un’espressa riserva di proprietà o sia stato omesso qualsiasi riferimento al riguardo”, le aree di posteggio devono ritenersi trasferite all’acquirente.
2.2. Nel caso di specie tuttavia la Corte d’appello, nell’interpretare il contratto, ha ritenuto che questo avesse escluso espressamente il trasferimento del posteggio (cfr. la sentenza, p. 7: “oggetto della compravendita è solo l’immobile” (…); “(il contratto) non ha trasferito la proprietà del posto auto”). Questa interpretazione del contratto non è stata impugnata dalla società ricorrente. Si è dunque formato il giudicato sulla interpretazione del contratto secondo cui questo escludeva espressamente il trasferimento del posto auto. Viene, così, a cadere il fondamento del secondo motivo di ricorso: e cioè che la domanda attorea non poteva qualificarsi come “azione di nullità”, perché il contratto non prevedeva alcun patto nullo. Il contratto, invece, per come interpretato dalla Corte d’appello, conteneva effettivamente una pattuizione nulla, e di conseguenza non irragionevole fu la qualificazione della domanda attorea, da parte della Corte d’appello, come azione di nullità.
- Col terzo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione degli artt. 1421e 1423 c.c.. Sostiene che la Corte d’appello ha escluso la legittimazione ad agire della Immobiliare Adler sul presupposto che il contratto di compravendita immobiliare riservasse all’acquirente l’esercizio delle azioni di annullamento e risoluzione, negandole invece all’utilizzatore in leasing. Ma – prosegue la ricorrente – per espressa ammissione della Corte d’appello quella esercitata dalla Immobiliare Adler era un’azione di nullità, non di annullamento, e dunque era consentita all’utilizzatore. Aggiunge che, anche ad ammettere che i patti intercorsi fra venditore e acquirente-concedente riservassero a quest’ultimo l’azione di nullità, tale clausola sarebbe stata nulla perché contraria all’ordine pubblico.
3.1. Il motivo è fondato. I contratti vanno interpretati nel senso fatto proprio dalla connessione delle parole, ed una clausola la quale riservi all’acquirente-concedente le azioni di “annullamento e risoluzione” non può essere interpretata fino a ricomprendere le azioni di nullità. Aggiungasi che, in ogni caso, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, e l’accordo col quale il com(…)re e il venditore decidessero di escludere l’esercizio dell’azione dell’unità da parte di un terzo sarebbe comunque radicalmente nullo per più ragioni: sia perché costituirebbe una pattuizione de iure tertii, come tale sempre inefficace (salvo, ovviamente, che il terzo partecipi al contratto: tale circostanza tuttavia, nel caso di specie, non è stata riferita da alcuno dei litiganti, e l’esposizione dei fatti contenuta tanto nella sentenza, quanto nel ricorso e nel controricorso, non consente di stabilire se quello stipulato il 25.9.2001 fu il contratto di vendita, oppure quello di leasing, o fu un atto complesso plurilaterale che produsse gli effetti tanto della vendita, quanto del leasing); sia perché una simile clausola contrasterebbe con l’ordine pubblico, dal momento che le ipotesi di nullità contrattuale sono dettate nell’interesse generale, e ridurre il potere di farle valere a determinati soggetti soltanto contrasterebbe con quel generale interesse.
3.2. La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, la quale tornerà ad esaminare l’appello della Immobiliare Adler applicando il seguente principio di diritto: “l’utilizzatore in leasing di un immobile è legittimato a proporre, nei confronti del venditore, l’azione di nullità del contratto di vendita, in tesi derivante dalla cessione di un appartamento separatamente dal posto-auto, ai sensi della L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexies “.
- 4. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
Cass. civ., III, ord., 14.10.2021, n. 28024