Corte di Cassazione, I Sez. Civile, 03 marzo 2025, n. 5559
PRINCIPIO DI DIRITTO
“Il danno da risarcire al promissario, ove sia stata accolta la domanda di risoluzione del contratto preliminare dallo stesso proposta per inadempimento del promittente, non può comprendere i frutti che lo stesso avrebbe tratto dalla cosa promessa successivamente alla domanda di risoluzione, perché questa, comportando la rinuncia definitiva alla prestazione promessa da quest’ultimo (art. 1453, comma 3°, c.c.), che nel caso del preliminare di locazione è la concessione in godimento dell’immobile a partire dal momento della stipula del definitivo, preclude anche al promissario locatore che ha agito in giudizio di lucrare i frutti che dal godimento della cosa promessa avrebbe tratto nel periodo successivo alla predetta rinuncia”.
TESTO RILEVANTE DELLA PRONUNCIA
2.1. Con il primo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 1218,1223,1453 e 1458 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha ammesso l’opponente al passivo del Fallimento per il danno da lucro cessante limitatamente ai guadagni che la stessa avrebbe percepito nel periodo intercorrente tra la data che le parti avevano ipotizzato per l’inizio del rapporto di locazione (gennaio del 2016) e la data in cui la promissaria conduttrice aveva introdotto il giudizio per la risoluzione del contratto preliminare di locazione a causa dell’inadempimento della promittente locatrice (ottobre del 2016), omettendo, tuttavia, di considerare che: – nei contratti a prestazione periodica o continuata, come la locazione, il lucro cessante non può che estendersi a tutta la durata del contratto, perché è fino alla scadenza naturale del rapporto che il contraente adempiente avrebbe percepito l’utilità che ha invece perso a causa dell’inadempimento dell’altro; – se la (OMISSIS) s.r.l. non si fosse resa inadempiente, dando causa alla risoluzione del contratto preliminare di locazione in questione, la (OMISSIS) s.r.l. avrebbe potuto, pertanto, godere dell’immobile oggetto della locazione e percepire gli utili derivanti dalla sua destinazione a supermercato del tutta la durata, pari a diciotto anni, del rapporto.
2.2. Con il secondo motivo, la società ricorrente lamentando la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 820,1571,1575 e 1587 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha ammesso l’opponente al passivo del Fallimento per il danno da lucro cessante limitatamente ai guadagni che la stessa avrebbe percepito nel periodo intercorrente tra la data che le parti avevano ipotizzato per l’inizio del rapporto di locazione (gennaio del 2016) e la data in cui la promissaria conduttrice aveva introdotto il giudizio per la risoluzione del contratto preliminare di locazione a causa dell’inadempimento della promittente locatrice (ottobre del 2016) sul rilievo che tale domanda aveva comportato la rinuncia definitiva da parte della stessa ai frutti che avrebbe tratto dalla cosa, omettendo, tuttavia, di considerare che, in realtà, nel contratto di locazione, “soltanto il locatore ricava frutti dal bene in quanto dando l’immobile in godimento a terzi (Conduttore) riceve il corrispettivo della locazione (canone)”, mentre, al contrario, “il godimento dell’immobile da parte del Conduttore non è un frutto ma la prestazione stessa che il Locatore deve garantire ai sensi dell’art. 1575 c.c.”.
2.3. Con il terzo motivo, la società ricorrente, lamentando la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 n. 4 c.p.c., e 118 disp.att. c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale, con motivazione inidonea a rappresentare l’iter logico-giuridico seguito e la conseguente ratio decidendi, ha ammesso l’opponente per il danno da lucro cessante limitatamente ai guadagni che la stessa avrebbe percepito nel periodo intercorrente tra la data che le parti avevano ipotizzato per l’inizio del rapporto di locazione (gennaio del 2016) e la data in cui la promissaria conduttrice aveva introdotto il giudizio per la risoluzione del contratto preliminare di locazione a causa dell’inadempimento della promittente locatrice (ottobre del 2016), omettendo, però, di considerare che soltanto nella responsabilità precontrattuale il danno risarcibile è unicamente quello consistente nelle perdite che sono derivate dall’aver fatto affidamento nella conclusione del contratto e nei mancati guadagni verificatisi in conseguenza delle altre occasioni contrattuali perdute (cosiddetto “interesse negativo”), mentre nella responsabilità contrattuale, come quella in esame, il danno risarcibile si estende fino all’interesse positivo ed è rappresentato dalla perdita che il soggetto avrebbe evitato (danno emergente) e dal vantaggio economico che avrebbe conseguito (lucro cessante) se il contratto fosse stato correttamente eseguito.
2.4. I motivi, da trattare congiuntamente, sono infondati.
2.5. Il tribunale, infatti, ha correttamente applicato i principi ripetutamente affermati da questa Corte, secondo cui il danno da risarcire al promissario, ove sia stata accolta (come nel caso in esame) la domanda di risoluzione del contratto preliminare dallo stesso proposta per inadempimento del promittente, non può comprendere i frutti che lo stesso avrebbe tratto dalla cosa promessa successivamente alla domanda di risoluzione, perché questa, comportando la rinuncia definitiva alla prestazione promessa da quest’ultimo (art. 1453, comma 3°, c.c.), che nel caso del preliminare di locazione è la concessione in godimento dell’immobile a partire dal momento della stipula del definitivo, preclude anche al promissario locatore che ha agito in giudizio di lucrare i frutti che dal godimento della cosa promessa avrebbe tratto nel periodo successivo alla predetta rinuncia (cfr. Cass. n. 5063 del 1993; più di recente, Cass. n. 11012 del 2018, che ha confermato la sentenza impugnata nella parte in cui, dichiarata la risoluzione del contratto preliminare, ha negato il diritto al risarcimento del danno correlato alla mancata percezione dei canoni che sarebbero stati riscossi, ove fosse stato concluso il contratto definitivo, per la locazione estiva dell’immobile promesso in vendita, sito in località marina).
- Il ricorso dev’essere, dunque, rigettato.
- Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
- La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.