Cassazione civile, Sez. V, ordinanza 5 aprile 2024, n. 9084
PRINCIPIO DI DIRITTO
In caso di cessioni soggette ad imposta sul valore aggiunto le dichiarazioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1, comunque riferite al momento in cui si realizza l’effetto traslativo, possono essere effettuate, oltre che nell’atto di acquisto, anche in sede di contratto preliminare”; – come ha già condivisibilmente affermato questa Corte, l’eventuale pretesa impositiva sulla differenza dell’aliquota IVA applicata deve ritenersi illegittima, in quanto le somme anticipatamente incassate, a qualsiasi titolo (acconto o caparra confirmatoria), dalla società contribuente per la vendita degli immobili, a condizione che siano ricomprese nel prezzo della compravendita indicato nell’atto di acquisto definitivo, vanno sottoposte a tassazione agevolata, purché al momento della stipula del contratto definitivo sussistano in capo all’acquirente i requisiti per fruirne e lo stesso ne abbia fatto espressa dichiarazione in detto atto definitivo
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
– Preliminarmente, va qualificato come ricorso principale quello proposto dalla A.A. Costruzioni, in quanto notificato per primo (in data 12.03.2015), mentre va qualificato come ricorso incidentale quello proposto dall’Agenzia delle entrate (notificato in data 16.03.2015): – ciò premesso, con il primo motivo del ricorso principale, la contribuente deduce la violazione e falsa applicazione della nota II bis all’art. 1 Tariffa, parte prima, del d.P.R. n. 131 del 1986 , richiamato dalla disposizione di cui al n. 21 della Tariffa, parte II, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto erroneamente che, in assenza della dichiarazione resa nel contratto preliminare circa il possesso dei requisiti per beneficiare dell’aliquota IVA agevolata per l’acquisto della “prima casa”, agli acconti dovesse applicarsi l’aliquota ordinaria, anche se detta dichiarazione è stata poi resa nell’atto di acquisto; – il motivo è fondato; – secondo il comma 2 della nota II-bis della parte prima della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 , “In caso di cessioni soggette ad imposta sul valore aggiunto le dichiarazioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1, comunque riferite al momento in cui si realizza l’effetto traslativo, possono essere effettuate, oltre che nell’atto di acquisto, anche in sede di contratto preliminare”; – come ha già condivisibilmente affermato questa Corte, l’eventuale pretesa impositiva sulla differenza dell’aliquota IVA applicata deve ritenersi illegittima, in quanto le somme anticipatamente incassate, a qualsiasi titolo (acconto o caparra confirmatoria), dalla società contribuente per la vendita degli immobili, a condizione che siano ricomprese nel prezzo della compravendita indicato nell’atto di acquisto definitivo, vanno sottoposte a tassazione agevolata, purché al momento della stipula del contratto definitivo sussistano in capo all’acquirente i requisiti per fruirne e lo stesso ne abbia fatto espressa dichiarazione in detto atto definitivo (Cass. n. 5943 dell’8/03/2017); – di conseguenza, qualora gli acquirenti abbiano diritto di fruire dell’agevolazione, va esclusa anche la pretesa sanzionatoria per irregolare fatturazione, essendo indifferente che abbiano reso la prescritta dichiarazione sulla sussistenza dei requisiti per usufruire dell’aliquota agevolata in sede di stipulazione del contratto preliminare o solo al momento della conclusione del contratto definitivo, dato che il legislatore espressamente riferisce la rilevanza di detta dichiarazione alla realizzazione dell’effetto WOLTERS KLUWER ONE LEGALE © Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. 28 Aprile 2024 pag. 2 traslativo che scaturisce, appunto, soltanto dalla stipulazione del contratto definitivo (Cass. n. 20077 del 2/06/2022); – con il secondo motivo, deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di pronunciarsi sul motivo dell’appello incidentale proposto dalla contribuente, riguardante la contraddittorietà del rilievo con il quale l’Agenzia ha ritenuto, da un lato, di applicare una sanzione formale per la pretesa irregolare fatturazione, senza addebito d’imposta, parametrata ad un’asserita imposta non versata, sebbene non prevista da alcuna norma di legge, con conseguente violazione del principio di legalità di cui all’art. 3 della l. n. 472 del 1997; – con il terzo motivo, lamenta la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132, comma 1, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per motivazione apparente, non avendo la CTR indicato gli elementi sulla base dei quali non ha ravvisato alcuna obiettiva incertezza sulla portata precettiva della contestata violazione; – l’esame dei predetti motivi è assorbito dall’accoglimento del primo motivo; – passando ad esaminare il ricorso incidentale, con l’unico motivo, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972 e del punto 127- quinquies della Tabella A parte III allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto erroneamente applicabile all’esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria la medesima aliquota agevolata al 4%, prevista per la realizzazione del complesso immobiliare, considerandole accessorie, sebbene si trattasse di opere che potevano rispondere a finalità proprie ed ulteriori rispetto alla costruzione di edifici abitativi e commerciali e per le quali si doveva applicare in ogni caso la disciplina speciale di cui al n. 127- quinquies della Tabella A Parte III allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, che prevede l’aliquota IVA del 10%; – il motivo è fondato; – la questione prospettata dalla ricorrente riguarda il riconoscimento, ai fini tributari, del carattere dell’accessorietà delle prestazioni; – l’art. 12 del d.P.R. n. 633 del 1972 stabilisce che (comma 1); “Il trasporto, la posa in opera, l’imballaggio, il confezionamento, la fornitura di recipienti o contenitori e le altre cessioni o prestazioni accessorie ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, effettuati direttamente dal cedente o prestatore ovvero per suo conto e a sue spese, non sono soggetti autonomamente all’imposta nei rapporti fra le parti dell’operazione principale. Se la cessione o prestazione principale è soggetta all’imposta, i corrispettivi delle cessioni o prestazioni accessorie imponibili concorrono a formarne la base imponibile.” (comma 2) “Se la cessione o prestazione principale è soggetta all’imposta, i corrispettivi delle cessioni o prestazioni accessorie imponibili concorrono a formarne la base imponibile”; – le opere di urbanizzazione primaria e secondaria ricomprese nella Tab A parte III n. 127-quinquies), allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, sono assoggettate ad aliquota IVA del 10%; – al fine di stabilire se alle opere di urbanizzazione, realizzate in occasione della costruzione del complesso edilizio di cui si discute, doveva applicarsi l’aliquota del 10% di cui al citato n. 127-quinquies o quella agevolata del 4%, a cui era stata assoggettata la realizzazione di detto edificio, occorreva verificare se la realizzazione delle opere di urbanizzazione si ponesse in posizione di accessorietà rispetto alla prestazione principale (realizzazione del complesso immobiliare) oppure, se le prestazioni oggetto del contratto d’appalto fossero due e autonome, come sostiene l’Agenzia delle entrate; – secondo la giurisprudenza unionale, ai fini dell’IVA, ciascuna prestazione deve essere normalmente considerata distinta e indipendente, come risulta dall’art. 1, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva IVA (Corte giust. C-42/14, Wojskowa Agencja Mieszkaniowa w Warszawie, punto 30); – in alcuni casi, tuttavia, “una prestazione dev’essere considerata accessoria ad una prestazione WOLTERS KLUWER ONE LEGALE © Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. 28 Aprile 2024 pag. 3 principale quando essa non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore” (CGUE, sentenza 11 gennaio 2001, in causa C-76/99; 25 febbraio 1999, in causa C-349/96; 22 ottobre 1998, in cause riunite C-308/96, C94/97; 8 dicembre 2016, in C-208/15; 4 settembre 2019, in causa C-71/18; 19 dicembre 2020, in causa C801/19); – si è, infatti, rilevato, anche in sede di legittimità, che “Per decidere, ai fini dell’IVA, se una prestazione di servizi che è composta da più elementi debba essere considerata come una prestazione unica o come due o più prestazioni autonome che devono essere valutate separatamente, si deve tener conto della duplice circostanza che, da un lato, dall’art. 2, n. 1, della sesta direttiva 77/388 discende che ciascuna prestazione dì servizi dev’essere considerata di regola come autonoma e indipendente e che, dall’altro, la prestazione costituita da un unico servizio sotto il profilo economico non dev’essere artificialmente divisa in più parti per non alterare la funzionalità del sistema dell’imposta sul valore aggiunto. A questo proposito, si configura una prestazione unica in particolare nel caso in cui uno o più elementi devono essere considerati nel senso che costituiscono la prestazione principale, mentre uno o alcuni elementi devono essere considerati come una prestazione accessoria o alcune prestazioni accessorie cui si applica la stessa disciplina tributaria della prestazione principale” (CGUE, C-349/96, cit.; Cass 30 agosto 2022, n. 25485 e 29 novembre 2022, n. 35135); – sulla scia della giurisprudenza unionale, quindi, questa Corte ha avuto modo di precisare che “In sintesi, per la giurisprudenza comunitaria, la prestazione accessoria deve essere dunque strumentale a quella principale e avere il fine di permettere l’effettuazione o la migliore fruizione della prestazione principale; cioè, con altre parole, l’elemento decisivo è rappresentato dal fatto che l’operazione accessoria si configuri essenzialmente come un mezzo per il completamento o la realizzazione della operazione principale (così anche in dottrina)” (Cass, 30 settembre 2011, n. 20029 e Cass. 20 dicembre 2021, n. 40725; – ancora più recentemente è stato affermato che “In tema di IVA, e conformemente alla giurisprudenza unionale, la circostanza che più prestazioni formalmente distinte devono essere considerate come operazione unitaria, qualora due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo siano connessi, al punto da formare una sola prestazione economica indissociabile, con obbligazioni di dare o di fare costituite da una prestazione principale ed altre accessorie, atte a garantire la migliore fruizione del servizio principale, impone che il concetto di accessorietà rifugga da astratta predeterminazione, non sia vincolato al significato meramente formale del negozio giuridico cui sottende il rapporto economico assoggettato all’imposta e, rispetto ai contratti cd. misti,l’unitarietà dell’obbligazione sia dedotta dal concreto atteggiarsi degli interessi effettivamente coinvolti, identificandosi non già nel motivo che induce il contraente alla stipula del negozio, ma alla causa del contratto medesimo, con la conseguenza che quella unitarietà va valutata con riguardo alle sole parti del contratto e non rispetto a soggetti terzi, estranei a quel contratto, ancorché parti di un distinto rapporto con uno solo dei soggetti del predetto negozio, cui pur possono essere finalisticamente indirizzati nell’insieme quei beni o quei servizi oggetto del contratto misto” (Cass. n. 3893 del 9/02/2023); – la CTR non si è attenuta ai suddetti principi, essendosi limitata ad affermare che l’accessorietà delle opere di urbanizzazione realizzate andava desunta dal fatto che si trattava di opere realizzate “sulla base di un unico contratto di subappalto”, “accessorie e funzionali al completamento del complesso immobiliare”, senza esprimersi sulla loro eventuale autonoma utilità e sulla indispensabilità di dette opere per la realizzazione dell’opera principale, con esclusivo riguardo alle parti del contratto; – alla luce dei principi sopra richiamati, infatti, va ribadito che il carattere accessorio o meno di una prestazione ad altra deve essere verificato non già con riferimento a colui che, in concreto e sul piano meramente materiale, si riveli il fruitore finale di una prestazione (nella specie, gli acquirenti delle unità immobiliari realizzate nell’ambito del contratto di appalto stipulato dalla contribuente), ma WOLTERS KLUWER ONE LEGALE © Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. 28 Aprile 2024 pag. 4 esclusivamente con riguardo alle parti del contratto; – in conclusione, va accolto il primo motivo del ricorso principale, con conseguente assorbimento del secondo e del terzo motivo, nonché il ricorso incidentale; la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.