Cass. civ., II, sent., 28.03.2022, n. 9978
PRINCIPIO DI DIRITTO
Ai sensi dell’art. 183, cod. proc. civ., nella versione come introdotta dalla l. n. 353/1990, in vigore dal 30 aprile 1995, e poi modificata ex d.l. 432/1995, convertito nella l. 534/1995, la domanda nuova dell’attore, ammissibile nei limiti in cui costituisca conseguenza della riconvenzionale o delle eccezioni del convenuto, può essere formulata oltre che nel corso dell’udienza, ai sensi del quarto comma, anche, ove richiesto, nel primo termine perentorio di trenta giorni fissato dal giudice ai sensi del quinto comma del medesimo articolo.
MASSIMA
L’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare esige che al momento della pronuncia giudiziale – ovvero al momento della proposizione della domanda – sussistano tutte le condizioni giuridiche, con i relativi presupposti di fatto, che consentano alla sentenza costitutiva di rispecchiare integralmente le previsioni delle parti in sede di preliminare. Tale principio da un lato impone la verifica ufficiosa della sussistenza di “tutte le condizioni giuridiche, con i relativi presupposti di fatto” per dare esecuzione al preliminare, e, dall’altro lato, comporta che non possa trovare accoglimento la domanda proposta ai sensi dell’art. 2932 cod. civ. avente ad oggetto un contratto che non è più remunerativo per gli eredi del promittente venditore, essendo venuta meno l’utilità rappresentata dalla riserva di usufrutto.
La morte della promittente venditrice costituisce sopravvenienza che incide sull’equilibrio contrattuale originariamente pattuito, non consentendo alla sentenza costitutiva di rispecchiare integralmente le previsioni delle parti in sede di preliminare, finendo con il realizzare un evidente minore effetto remunerativo per l’erede della stessa, essendo venuta meno l’utilità personale e direttamente rilevante ai fini della giustificazione del prezzo di vendita concordato, rappresentata dalla riserva di abitazione nell’immobile a favore della promittente venditrice.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Il primo motivo del ricorso principale è rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 10 del d.lgs. 104/1996 e di ogni altra norma e principio in tema di divieto di vendita di immobili oggetto di dismissione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1418 cod.civ. e di ogni altra norma e principio in materia di nullità, anche di protezione, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, cod.proc.civ.”
12.1. I ricorrenti assumono l’erroneità della sentenza per aver ritenuto che l’art. 6, comma 10 del d.lgs. 104/1996 impedisse il trasferimento della proprietà dell’immobile perché al momento della domanda non era ancora decorso il decennio in quanto i) il divieto non opererebbe nei confronti dell’erede dell’acquirente; ii) qualora si ritenesse operante anche nei confronti dell’erede, il giudice ha omesso di considerare che la Pagliara aveva la propria residenza a più di 50 km di distanza dall’immobile oggetto del preliminare, circostanza che avrebbe reso comunque inoperante il divieto previsto dalla normativa in esame; iii) il contratto non poteva comunque considerarsi nullo in quanto la violazione della citata disposizione non comporta alcuna invalidità o inefficacia, ma solo la nascita di un’obbligazione risarcitoria a favore dell’ente alienante.
13.Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 cod.civ. e di ogni altra norma e principio in materia di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre e di coincidenza fra effetti del preliminare e del definitivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod.proc.civ..
13.1. I ricorrenti assumono l’erroneità della decisione impugnata per aver dichiarato sic et simpliciter l’ineseguibilità del preliminare, per la morte della promessa venditrice e la diversità degli effetti del definitivo, sottraendosi al dovere di valutare la fattispecie, citando a sostegno della loro tesi Cass. n. 5618/1990.
14.Il terzo motivo lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 cod.civ., anche in relazione all’art. 2697 cod.civ. e di ogni altra norma e principio in tema di fatti e di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di trasferimento della proprietà di un immobile in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., nonché l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ..
14.1. I ricorrenti deducono l’erroneità della sentenza impugnata in quanto, a fronte della domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre e poiché controparte non l‘aveva contrastata con quella di risoluzione del preliminare per inadempimento, il giudice avrebbe dovuto comunque emettere sentenza costitutiva di trasferimento del cespite subordinata al pagamento, da parte degli odierni ricorrenti, di tutte le somme che non risultavano già versate.
14.2. Inoltre, deducono l’omesso esame dell’art.4 del preliminare di vendita che quietanzava il pagamento di lire 75 milioni; il riconoscimento di controparte che le rate di prezzo in misura equivalente alle rate del mutuo erano state pagate sino alla data di estinzione, da parte della Pagliara, del conto corrente di appoggio intestato al de cuius; il pacifico rifiuto di ricevere le ulteriori prestazioni; la dichiarazione di essere pronti al pagamento del prezzo dei promessi acquirenti.
- Il quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 183 cod.proc.civ, nel testo vigente ratione temporis e di ogni altra norma e principio in tema di novità della domanda conseguente a riconvenzionale avversaria, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ..
15.1. I ricorrenti assumono l’erroneità della sentenza per avere considerato tardiva o comunque nuova la domanda di restituzione degli importi versati, nonostante la stessa fosse stata formulata con le prime note ex art. 183 cod.proc.civ. .
16.Quanto alle censure dedotte dalla controricorrente con ricorso incidentale subordinato, il primo motivo denuncia la nullità della sentenza in relazione all’art. 360, comma 1, n.4, cod. proc. civ., per non essersi la Corte d’appello pronunciata sulla domanda di nullità del contratto perché in frode alla legge o perché, volendo ritenere rigettata tale domanda, non ha articolato in merito nessuna motivazione.
17.Il secondo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 40, l. n. 47/1985 e dell’art. 2932 cod.civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod.proc.civ., per non avere la Corte d’appello considerato che il termine per la conclusione del contratto definitivo non era successivo al decorso del termine di inalienabilità.
18.Il terzo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod.proc.civ., dell’art.6, comma 10 del d.lgs. 104/1996 per avere la Corte d’appello ignorato che per giurisprudenza costante di legittimità non può essere emanata sentenza di trasferimento coattivo ex art. 2932 cod. civ. in assenza della dichiarazione, contenuta nel preliminare o successivamente prodotta in giudizio, sugli estremi della concessione edilizia.
19.Il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 6, comma 10 del d.lgs.104/1996 per avere la Corte d’appello escluso che il divieto di alienazione si applichi anche agli eredi dell’assegnatario.
20.Tanto premesso sul contenuto del ricorso principale e di quello incidentale condizionato, è logicamente prioritario l’esame del secondo e del quarto motivo del ricorso principale riguardanti rispettivamente il rigetto della domanda ex art. 2932 cod. civ. e la dichiarata inammissibilità della domanda di restituzione formulata dai ricorrenti, originari attori, con la prima memoria ex art. 183, comma 5, cod.proc.civ. nel testo all’epoca applicabile.
- Il secondo motivo è infondato.
21.1. Questa Corte ha chiarito che l’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare esige che al momento della pronuncia giudiziale – ovvero al momento della proposizione della domanda – sussistano tutte le condizioni giuridiche, con i relativi presupposti di fatto, che consentano alla sentenza costitutiva di rispecchiare integralmente le previsioni delle parti in sede di preliminare, e tale principio, costante nella giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, Cass., sez. 2, sentenza n. 7273 del 2006), da un lato impone la verifica ufficiosa della sussistenza di “tutte le condizioni giuridiche, con i relativi presupposti di fatto” per dare esecuzione al preliminare, e, dall’altro lato, comporta che non possa trovare accoglimento la domanda proposta ai sensi dell’art. 2932 cod. civ. avente ad oggetto un contratto che non è più remunerativo per gli eredi del promittente venditore, essendo venuta meno l’utilità rappresentata dalla riserva di usufrutto (Cass., sez. 2, sentenza n. 167 del 1976, Cass. 15906/2016).
21.2. Nel caso di specie, con il preliminare i promissari acquirenti si erano impegnati ad acquistare il diritto di proprietà dell’immobile di cui in causa, riservando alla promittente venditrice il diritto di abitazione vita natural durante. La morte della De Augostinis, come correttamente rilevato dalla Corte d’appello, costituisce sopravvenienza che incide sull’equilibrio contrattuale originariamente pattuito, non consentendo alla sentenza costitutiva di rispecchiare integralmente le previsioni delle parti in sede di preliminare, finendo con il realizzare un evidente minore effetto remunerativo per l’erede della promittente venditrice, essendo venuta meno l’utilità personale e direttamente rilevante ai fini della giustificazione del prezzo di vendita concordato, rappresentata dalla riserva di abitazione nell’immobile a favore della promittente venditrice.
- Il quarto motivo del ricorso principale riguardante la domanda di restituzione di quanto versato è, invece, fondato.
22.1. L’art. 183 cod.proc.civ. nella versione ratione temporis vigente (come introdotta dalla l. n. 353/1990, in vigore dal 30 aprile 1995, e poi modificata ex d.l. 432/1995, convertito nella l. 534/1995 e vigente sino alla modifica introdotta con d.l.35/2005 convertito nella l.263/2005 ed in vigore dal 1 marzio 2006) così disponeva: “[I]. Nella prima udienza di trattazione il giudice istruttore interroga liberamente le parti presenti e, quando la natura della causa lo consente, tenta la conciliazione. La mancata comparizione delle parti senza giustificato motivo costituisce comportamento valutabile ai sensi del secondo comma dell’articolo 116. [II]. Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata, e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutabile ai sensi del secondo comma dell’articolo 116. [III]. Il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione. [IV]. Nella stessa udienza l’attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. Può altresì chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli 106 e 269, terzo comma, se l’esigenza è sorta dalle difese del convenuto. Entrambe le parti possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate. [V]. Se richiesto, il giudice fissa un termine perentorio non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie contenenti precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte. Concede altresì alle parti un successivo termine perentorio non superiore a trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove o modificate dell’altra parte e per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime. Con la stessa ordinanza il giudice fissa l’udienza per i provvedimenti di cui all’articolo 184”.
22.2.La violazione dedotta dai ricorrenti riguarda i commi 4 e 5 del precetto di cui all’art. 183 cod. proc. civ. come sopra trascritto lì dove la Corte d’appello ha ritenuto tardiva la domanda di restituzione delle somme versate alla De Augostinis avanzata nelle prime note ex art. 183 comma 5, cod. proc. civ..
22.3.In relazione all’interpretazione del relativo disposto normativo che disciplina nello specifico l’esercizio dello ius variandi, le Sezioni Unite di questa Corte hanno svolto nella sentenza n. 12310/2015 una rilevante, ed utile per il caso di specie, ricognizione della struttura e della portata precettiva dell’art. 183 del codice di rito con specifico riguardo all’ampiezza e portata della ivi prevista ammissibilità della modifica di domande, eccezioni e conclusioni.
22.4.Premessa la necessaria considerazione dei tre elementi identificativi della domanda e rappresentati da quello delle personae, del petitum e della causa petendi, le Sezioni Unite hanno chiarito che le c.d. domande nuove sono vietate ad eccezione di quelle che per l’attore rappresentano una reazione alle opzioni del convenuto, cioè alla domanda riconvenzionale o alle eccezioni dallo stesso formulate costituendosi in giudizio.
22.5.Ebbene, nel caso di specie la domanda di restituzione proposta dagli originari attori, che avevano agito per ottenere la sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ., è riconducibile a questa categoria di “domande nuove” per essere diretta conseguenza delle eccezioni di nullità del contratto preliminare e della domanda subordinata di rescissione per lesione ultra dimidium svolta dalla convenuta Pagliara per contrastare la loro domanda di adempimento in forma specifica dell’obbligo di contrarre.
22.6.Si tratta, dunque, sulla scorta del perimetro normativo come ricostruito sistematicamente dalle Sezioni Unite della Corte nella richiamata sentenza 12310/2015, di una domanda nuova ammissibile.
22.7. Né sussiste, alla stregua della portata precettiva del quinto comma dell’art. 183, il limite per la formulazione delle domande nuove conseguenti alle eccezioni e domanda riconvenzionale del convenuto costituito dall’udienza di prima comparizione, come suggerito dalla controricorrente, con l’esclusione della possibilità di svolgerle nelle memorie depositate a seguito di assegnazione da parte del giudice del richiesto termine perentorio per il deposito di memorie contenenti precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte ed assuntivamente destinate solo alla precisazione o modificazione delle conclusioni già tempestivamente formulate.
22.8.Una simile conclusione non corrisponde all’architettura della norma in esame, al suo tenore letterale né alla ratio della previsione del comma quinto che, infatti, prevede un secondo termine perentorio assegnato dal giudice per replicare alle domande ed eccezioni nuove o modificate dell’altra parte e per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime. Si tratta di termini che se richiesti consentono alle parti di mettere a fuoco i rispettivi interessi sostanziali così come sono andati definendosi all’esito dell’instaurato contraddittorio e del dialogo processuale con il giudice a seguito dei chiarimenti eventualmente dallo stesso richiesti o dei rilievi officiosi svolti nello snodo processuale fondamentale costituito dall’udienza ex art. 183 cod. proc.civ..
22.9. Merita evidenziare come detta conclusione si inscriva nella esigenza valorizzata dalle Sezioni Unite della Corte nella sentenza 12310/2015 di massimizzare la portata dell’intervento giurisdizionale richiesto dalle parti, così da risolvere in maniera tendenzialmente definitiva i problemi che hanno portato le parti dinanzi al giudice, evitando che esse tornino nuovamente in causa in relazione alla medesima vicenda sostanziale. Tale esigenza appare evidente nel caso di specie in cui la tutela realizza al massimo la sua funzione ove riesca a definire in un unico contesto processuale i contrapposti interessi delle parti rispetto all’ unica vicenda negoziale del contestato preliminare di vendita.
22.10. Per completezza va dato conto che non appare pertinente ai fini della decisione sulla censura in esame il richiamo all’art. 345 cod. proc. civ. operato in motivazione dalla Corte d’appello poiché la domanda proposta dagli attori di restituzione di quanto versato non è domanda nuova nel senso di proposta per la prima volta nel secondo grado di giudizio, ma oggetto del gravame dai medesimi proposto nei confronti della decisione del primo giudice.
22.11. La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello di Roma per riesame del gravame alla luce del seguente principio di diritto: Ai sensi dell’art. 183, cod. proc. civ., nella versione come introdotta dalla l. n. 353/1990, in vigore dal 30 aprile 1995, e poi modificata ex d.l. 432/1995, convertito nella l. 534/1995, la domanda nuova dell’attore, ammissibile nei limiti in cui costituisca conseguenza della riconvenzionale o delle eccezioni del convenuto, può essere formulata oltre che nel corso dell’udienza, ai sensi del quarto comma, anche, ove richiesto, nel primo termine perentorio di trenta giorni fissato dal giudice ai sensi del quinto comma del medesimo articolo.
23.L’accoglimento del quarto motivo e il rigetto del secondo comportano l’assorbimento degli altri motivi proposti con ricorso principale, nonché dei motivi proposti con il ricorso incidentale (Cass.28663/2013) da Pagliara in quanto l’accoglimento del quarto motivo non rileva ai fini delle doglianze riguardanti il preliminare, l’interpretazione dell’art. 6 comma 10 d.lgs. 104/1996 né la domanda di rescissione.
- A seguito della cassazione della sentenza impugnata è disposto rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, affinché riesamini il gravame proposto da Saulle e Petti alla luce dell’enunciato principio di diritto.
- La Corte d’appello di Roma provvederà altresì sulle spese del giudizio di legittimità.