Corte di Cassazione, Sezione Seconda, Ordinanza 28 agosto 2024, n. 23233
PRINCIPIO DI DIRITTO
In tema di chiamata in garanzia, dev’essere data continuità all’orientamento in virtù del quale la domanda principale dell’attore si estende, infatti, automaticamente al chiamato in causa dal convenuto, quando la chiamata del terzo sia effettuata per ottenere la liberazione dello stesso convenuto dalla pretesa attorea, individuandosi il terzo come l’unico obbligato nei confronti dell’attore, in posizione alternativa con il convenuto ed in relazione alla medesima obbligazione dedotta nel giudizio
TESTO RILEVANTE DELLA PRONUNCIA
- Con il primo motivo si deduce, con riferimento all’art. 360, comma 1, nn. 3) e 5) cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ., e dell’art. 163,comma 3, n. 5) cod. proc. civ.; omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione. A giudizio della ricorrente, la Corte d’Appello ha consentito l’ingresso in secondo grado di una domanda nuova, relativa al risarcimento dei danni a norma dell’art. 1669 cod. civ.nei confronti di (OMISSIS) s.r.l.: il convenuto G.B., infatti, nella richiesta di chiamata in causa della società costruttrice, non aveva specificato sulla base di quale titolo giuridico tale società dovesse essere chiamata, ponendo a fondamento della chiamata solo la domanda formulata dall’attrice nei propri confronti, come se si fosse trattato di una chiamata in garanzia propria. Nel caso di specie, trattandosi di garanzia impropria e di rapporti autonomi, l’attore avrebbe dovuto formulare un’espressa domanda nei confronti della terza chiamata, da compiersi entro il termine perentorio dell’udienza di trattazione ex art. 183, comma 5, cod. proc. civ. (Cass. Sez. 2, n. 8411 del 27.04.2016). Né può correttamente desumersi la causa petendi della chiamata in garanzia (come pure ha fatto la Corte d’Appello) dalla stessa difesa della terza chiamata, fondata – oltre che sulla mancata indicazione del titolo giuridico dell’azione in garanzia, eccepita sin dalla comparsa di costituzione e risposta innanzi al giudice di prime cure – anche sulla decadenza/prescrizione dell’azione ex art. 1669 cod. civ.
1.1. Il motivo è infondato. Nella fattispecie oggetto della odierna controversia, la società costruttrice era stata chiamata in causa dal venditore G.B. in manleva quale unico soggetto responsabile del danno risentito da G.A., avente causa del G.B., originario acquirente dall’appaltatrice-venditrice: perciò deve escludersi una nuova domanda in appello, poiché il titolo della responsabilità del terzo, ex art. 1669 cod. civ., era già compreso nella ragione che aveva indotto il convenuto a chiamare in causa il terzo in primo grado, anche in assenza di una esplicita domanda dell’attore in tal senso (Cass. 29/01/2018, n. 2074; Cass. 09/04/2019, n. 9808). La domanda principale dell’attore si estende, infatti, automaticamente al chiamato in causa dal convenuto, quando la chiamata del terzo sia effettuata per ottenere la liberazione dello stesso convenuto dalla pretesa attorea, individuandosi il terzo come l’unico obbligato nei confronti dell’attore, in posizione alternativa con il convenuto ed in relazione alla medesima obbligazione dedotta nel giudizio (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27525 del 29/12/2009, Rv. 610830 – 01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 25559 del 21/10/2008, Rv. 605465 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 1748 del 28/01/2005, Rv. 580023 – 01). Ciò in considerazione della comunanza del fatto costitutivo delle due fattispecie di responsabilità, quella di cui all’art. 1669 cod. civ. riguardante la costruttrice e quella fondata sulla mendace informazione resa dal venditore G.B. in merito alla natura e gravità del difetto, rappresentata dalla causazione del danno.
- Con il secondo motivo si deduce, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., violazione dell’art. 163, n. 3) cod. proc. civ., laddove la norma dispone che la citazione deve contenere la determinazione della cosa oggetto della domanda e dell’art. 164, comma 4, cod. proc. civ.La ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha riconosciuto alla parte attrice la possibilità di specificare le voci di danno solo in comparsa conclusionale: invece, l’attore aveva il dovere di indicare e allegare i fatti materiali che assume come fonte di danno.
2.1. Il motivo è infondato. La domanda con la quale un soggetto chieda il risarcimento dei danni a lui cagionati da un dato comportamento del convenuto, senza ulteriori specificazioni, si riferisce a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta; pertanto, a fronte di una domanda di risarcimento pure generica, che utilizzi formule: «danni tutti, patrimoniali e non patrimoniali, patiti e patiendi»; danno «subìto e subendo», come nel caso di specie, ed in assenza di ulteriori allegazioni, deve riconoscersi anche la voce di danno non patrimoniale (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20643 del 13/10/2016, Rv. 642923 – 01). Resta fermo che la domanda introduttiva di un giudizio di risarcimento del danno, poiché ha ad oggetto un diritto c.d. eterodeterminato, esige che l’attore indichi espressamente i fatti materiali che assume essere stati lesivi del proprio diritto, a pena di nullità per violazione dell’art. 163, n. 4, cod. proc. civ. (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17408 del 12/10/2012, Rv. 624080 – 01 cit. nel ricorso; Conf.: Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 10577 del 04/05/2018 (Rv. 648595 – 01).
Nel caso che ci occupa, i fatti materiali generatori del danno sono stati allegati e sono rimasti immutati (episodi di tracimazione e rigurgito di acque nere nel seminterrato), ed è pertanto ammissibile l’allegazione di produzione documentale anche se inerente a fatti sopravvenuti ma collegati con il fatto generatore della pretesa risarcitoria (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 2533 del 26/01/2024, Rv. 670022 – 01 ; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 25631 del 15/10/2018, Rv. 651369 – 01).
- Con il terzo motivo si deduce, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., violazione dell’art. 106 cod. proc. civ.nella parte in cui distingue la chiamata del terzo al quale la parte ritiene comune la causa e la chiamata del soggetto dal quale la parte pretende di essere garantita, e dell’art. 1494 cod. civ.che dispone che il compratore sia tenuto a risarcire il danno se non prova di aver ignorato senza colpa l’esistenza dei vizi della cosa. In via subordinata, la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui, pur riconoscendo la violazione dei principi di correttezza e buona fede nell’adempimento dei rapporti contrattuali ex art. 1175 cod. civ. a carico del venditore, addebita anche queste conseguenze economiche, derivanti da un personale comportamento, alla società costruttrice. A giudizio della ricorrente, la chiamata in causa di (OMISSIS) s.r.l. ex art. 106 cod. proc. civ. è una chiamata in garanzia impropria, in quanto fondata su un titolo diverso dalla domanda principale: non può, dunque, la società appaltatrice rispondere di un comportamento negoziale del garantito attinente ad un titolo diverso e autonomo.
3.1. Il motivo è fondato. Stabilito che, con riferimento alla causazione del danno (episodi di tracimazione e rigurgito di acque nere nel seminterrato) vi è comunanza del rapporto controverso, e che si tratta di chiamata del terzo responsabile (v. supra, punto 1.1.), la Corte d’appello avrebbe dovuto valutare la specifica responsabilità del venditore G.B. derivante dal medesimo fatto causativo del danno, ossia il vizio di costruzione dell’immobile imputabile alla costruttrice, costituito dalla non corretta realizzazione del raccordo fra tubazione interna in uscita e fognatura pubblica. La specifica responsabilità del G.B. deriva, a sua volta, dal fatto – accertato in giudizio – che egli fosse a conoscenza degli eventi dannosi (sebbene non fosse a conoscenza delle sopra menzionate cause, tanto che invece addebitava detti eventi al Comune e non alla costruttrice-venditrice (OMISSIS) s.r.l.).
La sentenza merita, pertanto di essere cassata in parte qua, affinché il giudice del rinvio esamini e valuti la specifica responsabilità del venditore per violazione del principio di buona fede e correttezza nelle trattative e in fase di esecuzione del rapporto.
- Con il quarto motivo si deduce, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., violazione dell’art. 1669 cod. civ., nella parte in cui prevede che in presenza di gravi difetti il committente (o i suoi aventi causa) deve, a pena di decadenza, farne denuncia entro un anno dalla scoperta e promuovere l’azione entro un anno dalla scoperta. In via subordinata, la ricorrente precisa che mentre il G.B. ha dimostrato di essere consapevole del difetto già il 21.05.2001, come risulta da una missiva recante tale data, ha poi notificato l’atto di chiamata in garanzia solo in data 22.04.2004, così incorrendo nella prescrizione annuale di cui all’art. 1669 cod. civ.
4.1. Il motivo è inammissibile. Con motivazione congrua rispetto al parametro di cui al n. 5) dell’art. 360, comma 1, c.p.c. (cfr. p. 6 della sentenza), la Corte d’Appello ha dato atto delle ragioni per le quali si dovesse ritenere che l’originario attore avesse avuto una conoscenza solo imperfetta dei vizi, posto che il venditore G.B. aveva resa nota la sua conoscenza del problema dei deflussi attraverso due missive (del 21.05.2001 e del 23.05.2003, rispettivamente indirizzate alla (OMISSIS) s.r.l. e all’acquirente G.A.) sempre attribuendone, però, la causa al collettore principale di proprietà del Comune (v. sentenza p. 8, 3° e 4° capoverso), ritenendo pertanto necessario il completamento della consulenza tecnica richiesta in sede di giudizio di primo grado all’uopo richiesto, non essendo a tanto idonea la parziale consapevolezza prima acquisita (v. sentenza p. 7, 1° capoverso). Tanto, dall’altro punto di vista della conformità al diritto ex n. 3) dell’art. 360, comma 1, richiamato nel mezzo di gravame è in linea con l’orientamento di questa corte richiamato in sentenza (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10048 del 24/04/2018, Rv. 648162 – 02; Cass. n. 9966Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 12829 del 2018, in motivaz.; Cass. Sez. 2, 16/02/2015, n. 3040; Cass. Sez. 3, 08/05/2014, n. 9966; Cass., Sez. 1, 01/02/2008, n. 2460; Cass. Sez. 2, 23/01/2008, n. 1463) secondo cui il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti nella costruzione di un immobile, previsto dall’art. 1669 cod. civ. a pena di decadenza dall’azione di responsabilità contro l’appaltatore decorre dal giorno in cui il committente consegua una sicura conoscenza dei difetti e delle loro cause, e tale termine può essere postergato all’esito degli accertamenti tecnici che si rendano necessari per comprendere la gravità dei vizi e stabilire il corretto collegamento causale. L’importanza a tal fine degli accertamenti tecnici è stata sottolineata anche (da Cass. n. 1463 del 2008) per il fatto che, ai fini del decorso del termine, è necessaria la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause, non potendosi onerare il danneggiato della proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo.
4.2. La doglianza è, dunque, inammissibile, in quanto non è consentito contrapporre, alla ricostruzione del fatto e delle prove prescelto dal giudice di merito, una lettura alternativa del compendio istruttorio, poiché il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (v. anche: Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).
- In definitiva, in accoglimento del terzo motivo del ricorso, il Collegio cassa la sentenza impugnata e rinvia alla medesima Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.