Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, ordinanza 17 settembre 2021 n. 25163
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- – E’ rilievo preliminare che il riferimento della controricorrente (OMISSIS) all’intervenuta pronuncia del tribunale di Malta in data 31 gennaio 2014, asseritamente affermativa della propria giurisdizione relativamente al trust “(OMISSIS)”, non è idoneo a compromettere l’odierna iniziativa del Fallimento.
Si rivela assorbente la considerazione che nello stesso controricorso è indicato l’oggetto del giudizio sottoposto dal trustee al detto tribunale. Tale oggetto si dice esser stato diretto a contrastare la pretesa decadenza dei falliti dalla carica di protectors del trust in questione, affermata stragiudizialmente dal Fallimento; donde il tribunale di Malta ha statuito (in base alla traduzione in atti) che “i curatori non hanno nessuna autorità di terminare la nomina della società ricorrente come trustee. (..) Il ricorrente deve interpellare i disponenti per verificare cosa desiderano fare a seguito del fallimento dei guardiani”.
Ove anche si assuma – come la (OMISSIS) assume che nella citata statuizione sia implicita un’affermazione di giurisdizione, è un fatto che non v’è identità rispetto alle domande di cui qui si discute, ed è un fatto che la giurisdizione si determina in base all’oggetto specifico della domanda proposta nell’ambito del giudizio di cognizione (art. 386 c.p.c.), individuata dal riferimento al cd. petitum sostanziale. Il quale è contrassegnato dalla natura della situazione soggettiva giuridicamente tutelata come dedotta in giudizio con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico di cui essi sono rappresentazione (ex aliis Cass. Sez. U. n. 10233-17, Cass. Sez. U. n. 11229-14, Cass. Sez. U. n. 2926-12, Cass. Sez. U. n. 8034-11, Cass. Sez. U. n. 16296-07).
- – Ancora in via preliminare va osservato che non possiede efficacia preclusiva del presente regolamento la decisione del tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia di impresa, richiamata dalla parte resistente in nota 5 del controricorso, atteso che si è trattato – come appunto si dice – di una declinatoria della giurisdizione nella fase cautelare ante causam. Per consolidato principio la proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione non è preclusa dalla decisione cautelare – sia stata essa adottata o meno in corso di causa – poichè questa non costituisce sentenza neppure qualora risolva contestualmente la questione di giurisdizione, tranne naturalmente che la questione medesima sia stata riferita al solo procedimento cautelare e il regolamento sia stato proposto per ragioni che attengono a esso in via esclusiva (cfr. Cass. Sez. U. n. 8774-21, Cass. Sez. U. n. 14041-14).
III. – Deve essere affermata la giurisdizione del giudice italiano.
La domanda che dall’esame diretto della citazione emerge come principale – e alla cui stregua devesi notoriamente determinare la giurisdizione (v. di recente Cass. Sez. U. n. 12479-20) – è quella di simulazione assoluta dei contratti istitutivi dei trust (punto 2 della citazione). In termini consequenziali a tale domanda, e poi a quelle alternative e subordinate di simulazione relativa, nullità parziale, parziale inopponibilità dei conferimenti immobiliari e via seguitando, si collocano le domande di restituzione di tutti i beni e di risarcimento dei danni.
Per converso, nell’economia della prospettazione fatta dalla curatela è da intendere come posta in senso chiaramente strumentale la domanda di rendimento del conto, benchè primigenia secondo l’ordine aritmetico di formulazione; cosa già evidente in base alla specificazione contenuta nel capo 12 del petitum formale della citazione, ma comunque chiarita, a scanso di ogni equivoco, dalla precisazione contenuta nella memoria attorea ex art. 183 c.p.c. (“1) in via preliminare e dunque strumentale rispetto alle ulteriori domande formulate (..) ordinare di rendere analitico conto (..)”).
E’ appena il caso di ricordare che il procedimento di rendiconto, basato sul presupposto dell’esistenza dell’obbligo legale o negoziale di una delle parti di rendere il conto all’altra (facendo conoscere il risultato della propria attività in quanto influente nella sfera di interessi patrimoniali anche altrui), si ricollega all’esistenza di un rapporto di natura sostanziale. E’ vero che il giudizio di conto si instaura a seguito di una domanda che può essere proposta in via principale, per modo da svilupparsi come un giudizio di cognizione la cui statuizione terminale, in caso di accettazione del conto, è un’ordinanza non impugnabile del giudice istruttore, mentre – in caso contrario – è una sentenza avente attitudine ad acquisire efficacia di giudicato sul modo di essere della situazione sostanziale inerente l’obbligo di rendiconto.
Non è men vero però che ciò può avvenire non solo in via principale esclusiva, ma anche in senso strumentale rispetto ad altra situazione costituente il diritto principale cui si ricollega l’obbligo di rendiconto (v. Cass. n. 1728310, Cass. n. 12463-99). Il che è quanto accade nell’odierna fattispecie in cui il diritto principale,, al quale l’obbligo di rendiconto risulta correlato dal Fallimento, deriva dalla dedotta simulazione assoluta dei trust, cui consegue la pretesa alla riconsegna “di tutti i beni mobili, immobili, quote, denaro, titoli, obbligazioni e strumenti finanziari in genere” e comunque di “ogni bene presente nei fondi dei trust e nella disponibilità dei medesimi”. IV. – Ciò stante, la questione sottoposta alla Corte non può trovare soluzione nel Regolamento (CE) n. 1346/2000 richiamato dalla curatela ricorrente.
Quel regolamento è relativo alle procedure di insolvenza, ma la domanda principale, come sopra intesa, non deriva dal fallimento. Alla Corte di giustizia della UE – chiamata a pronunciarsi in sede di rinvio pregiudiziale sulla questione dei rapporti tra i Regolamenti (CE) n. 44/2001 e (CE) n. 1346/2000, nei rispettivi ambiti di applicazione – si deve la duplice affermazione che (a) i regolamenti devono essere interpretati in modo da evitare qualsiasi sovrapposizione tra le norme giuridiche stabilite nei testi, nonchè qualsiasi vuoto giuridico rispetto alle azioni proponibili (v. C. Giust. 9-11-2017, causa C-641/16 Teinkers France e altro); e che (b) a sua volta nel Regolamento n. 44/2001 e in quello che ne è seguito n. 1215/2012, l’intenzione del legislatore comunitario è stata di accogliere una concezione ampia della nozione di “materia civile e commerciale”.
Per modo che “solo le azioni che scaturiscono direttamente da una procedura di insolvenza e che sono a questa strettamente connesse sono escluse dall’ambito di applicazione della convenzione di Bruxelles e, successivamente, del regolamento n. 44/2001” (v. esplicitamente C. Giust. 6-22019, causa C535/17, con ulteriori richiami). Pertanto unicamente le azioni così caratterizzate rientrano nell’ambito di applicazione del Regolamento (CE) n. 1346/2000, cosa d’altronde confermata anche dal Regolamento (UE) n. 848/2015 del Parlamento Europeo e del Consiglio.
Il quale, sebbene non applicabile ratione temporis alla procedura d’insolvenza de qua, apertasi nell’anno 2013, tuttavia emblematicamente ancora prevede (art. 6) – così rafforzando l’esegesi dell’anteriore Regolamento del 2000 – che i giudici dello Stato membro nel cui territorio è aperta una procedura di insolvenza sono competenti a conoscere delle azioni che derivano direttamente da tale procedura e che vi si inseriscono strettamente.
Non è tale l’azione principale che qui rileva onde determinare la giurisdizione (vale a dire l’azione di simulazione assoluta dei trust), cosicchè non sulla base del regolamento relativo alle procedure di insolvenza, ma di quello generale relativo alla materia civile e commerciale, deve essere adottata la decisione in questa sede. V. – La fattispecie processuale è retta ratione temporis dal Regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (cd. Bruxelles I bis). L’art. 4 di tale Regolamento conferma che “le persone domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro cittadinanza, davanti alle autorità giurisdizionali di tale Stato membro”.
Ma a sua volta l’art. 8 del Regolamento prevede che “una persona domiciliata in uno Stato membro può inoltre essere convenuta:
1) in caso di pluralità di convenuti, davanti all’autorità giurisdizionale del luogo in cui uno di essi è domiciliato, sempre che tra le domande esista un collegamento così stretto da rendere opportuna una trattazione unica e una decisione unica onde evitare il rischio di giungere a decisioni incompatibili derivanti da una trattazione separata;
2) qualora si tratti di chiamata in garanzia o altra chiamata di terzo, davanti all’autorità giurisdizionale presso la quale è stata proposta la domanda principale, a meno che quest’ultima non sia stata proposta solo per distogliere colui che è stato chiamato in causa dalla sua autorità giurisdizionale naturale;
3) qualora si tratti di una domanda riconvenzionale derivante dal contratto o dal fatto su cui si fonda la domanda principale, davanti all’autorità giurisdizionale presso la quale è stata proposta la domanda principale;
4) in materia contrattuale, qualora l’azione possa essere riunita con un’azione in materia di diritti reali immobiliari proposta contro il medesimo convenuto, davanti all’autorità giurisdizionale dello Stato membro in cui l’immobile è situato”.
La norma, particolarmente in relazione alla fattispecie prevista al n. 1, replica lo stesso criterio di collegamento dettato dall’art. 6 dell’anteriore Regolamento (CE) n. 44/2001, del quale questa Corte, pur sottolineandone la necessità di esegesi restrittiva, ha già riconosciuto l’ambito concettuale, identificandolo in quello di una disciplina concorrente. Sebbene cioè nel contesto di una necessaria interpretazione restrittiva, determinata dal fatto che si tratta di una regola speciale in deroga a quella generale di cui al precedente art. 2, così da non poter essere estesa oltre le ipotesi previste (v. Cass. Sez. U. n. 11519-17), è stato osservato che l’art. 6 consente, in caso di pluralità di convenuti, di convenirli tutti davanti al giudice del luogo in cui uno qualsiasi di essi è domiciliato, sempre che tra le domande esista un nesso così stretto da rendere opportuna una trattazione unica e una decisione unica, per modo da evitare il rischio, sussistente in caso di trattazione separata, di giungere a decisioni incompatibili (Cass. Sez. U. n. 14041-14).
- – Le parti controricorrenti hanno contestato la pertinenza di tale precedente, puntualmente richiamato dalla difesa del Fallimento, perchè – hanno obiettato – esso è stato occasionato da un’azione ereditaria di nullità di un trust costituito all’estero, proposta da uno degli eredi del disponente nei confronti di altro erede italiano; e quindi da un’azione promossa nell’ambito di un giudizio ereditario litisconsortile.
La sottolineatura non assume alcuna rilevanza, dal momento che anche quella di simulazione assoluta – qui in considerazione – è un’azione di tipo litisconsortile. In particolare l’azione di simulazione (assoluta o relativa) dà luogo al litisconsorzio necessario fra tutti i partecipanti all’accordo simulatorio, giacchè l’accertamento da svolgere comporta il mutamento della situazione giuridica unica e necessariamente comune a tutti i soggetti che hanno concorso a realizzare la fattispecie apparente, nei confronti dei quali la sentenza che accerta la simulazione è destinata a spiegare i suoi effetti (cfr. secondo un orientamento oggi consolidato Cass. n. 22054-04, Cass. n. 8957-14, Cass. n. 13145-17).
Ne segue che l’odierna domanda principale di simulazione esattamente come l’azione ereditaria sopra citata – postula proprio il litisconsorzio necessario: il litisconsorzio in vero di tutti i soggetti che sono stati parti degli atti costitutivi dei trust. E non è dubitabile che in caso di litisconsorzio esista quel “collegamento così stretto da rendere opportuna una trattazione unica e una decisione unica” al quale allude l’art. 8 del Regolamento citato.
VII. “(OMISSIS)”.
VIII. – Va poi aggiunto che è vano richiamare – come invece hanno fatto i controricorrenti – la Convenzione dell’Ala del 1 luglio 1985 relativa alla disciplina generale del trust. Il riferimento non è infatti conducente rispetto al regolamento di giurisdizione.
Che il trust di cui si discute sia “regolato dalla legge scelta dal disponente”, come prevede l’art. 6 della detta Convenzione, ovvero in mancanza dalla legge con la quale il trust abbia “collegamenti più stretti”, come precisa l’art. 7; o ancora che, ex art. 8, sia la detta legge come sopra determinata a disciplinare “la validità, l’interpretazione, gli effetti e l’amministrazione del trust”, sono tutti aspetti che non incidono affatto sul profilo attributivo della giurisdizione. Il quale resta saldamente ancorato al criterio concorrente dettato in materia dal ripetuto art. 8 del Regolamento (UE) n. 1215/2012, in ragione (i) del carattere litisconsortile dell’azione promossa dal fallimento in via principale (l’azione di simulazione assoluta dei trust) e (ii) dell’essere destinatari dell’azione anche e necessariamente le persone fisiche disponenti domiciliate in Italia.
Deve quindi essere affermata la giurisdizione del giudice italiano, identificabile nel tribunale concretamente adito dal Fallimento. Il tribunale provvederà anche sulle spese del presente regolamento.