Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 30 aprile 2020 n. 8434
PRINCIPI DI DIRITTO
- I) Il programma negoziale con cui il proprietario di un lastrico solare intenda cedere ad altri, a titolo oneroso, la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, o altro impianto tecnologico, con il diritto per il cessionario di mantenere la disponibilità ed il godimento dell’impianto, ed asportare il medesimo alla fine del rapporto, può astrattamente essere perseguito sia attraverso un contratto ad effetti reali, sia attraverso un contratto ad effetti personali. La riconduzione del contratto concretamente dedotto in giudizio all’una o all’altra delle suddette categorie rappresenta una questione di interpretazione contrattuale, che rientra nei poteri del giudice di merito.
- II) Lo schema negoziale a cui riferire il contratto con il quale le parti abbiano inteso attribuire al loro accordo effetti reali è quello del contratto costitutivo di un diritto di superficie, il quale attribuisce all’acquirente la proprietà superficiaria dell’impianto installato sul lastrico solare, può essere costituito per un tempo determinato e può prevedere una deroga convenzionale alla regola che all’estinzione del diritto per scadenza del termine il proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione. Il contratto con cui un condominio costituisca in favore di altri un diritto di superficie, anche temporaneo, sul lastrico solare del fabbricato condominiale, finalizzato alla installazione di un ripetitore, o altro impianto tecnologico, richiede l’approvazione di tutti i condomini.
III) Lo schema negoziale a cui riferire il contratto con il quale le parti abbiano inteso attribuire al loro accordo effetti obbligatori è quello del contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale, con rinuncia del concedente agli effetti dell’accessione. Con tale contratto il proprietario di un’area concede ad altri il diritto personale di edificare sulla stessa, di godere e disporre dell’opera edificata per l’intera durata del rapporto e di asportare tale opera al termine del rapporto. Detto contratto costituisce, al pari del diritto reale di superficie, titolo idoneo ad impedire l’accessione ai sensi dell’articolo 934, primo comma, c.c. Esso è soggetto alla disciplina dettata, oltre che dai patti negoziali, dalle norme generali contenute nel titolo II del libro IV del codice civile (art. 1323 c.c.), nonché, per quanto non previsto dal titolo, dalle norme sulla locazione, tra cui quelle dettate dagli artt. 1599 c.c. e 2643 n. 8 c.c. II contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale stipulato da un condominio per consentire ad altri la installazione di un ripetitore, o altro impianto tecnologico, sul lastrico solare del fabbricato condominiale richiede l’approvazione di tutti i condomini solo se la relativa durata sia convenuta per più di nove anni.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- La Sezione remittente, nel proporre a queste Sezioni Unite la questione di massima riportata nel precedente § 14 ha evidenziato come la relativa soluzione postuli un chiarimento sulla «esatta qualificazione del contratto col quale un condominio conceda in godimento ad un terzo, dietro il pagamento di un corrispettivo, il lastrico solare, o altra idonea superficie comune, allo scopo precipuo di consentirgli l’installazione di infrastrutture ed impianti (nella specie, necessari per l’esercizio del servizio di telefonia mobile), che comportino la trasformazione dell’area, garantendo comunque al detentore del lastrico di acquisire e conservare la proprietà dei manufatti sia nel corso del rapporto sia alla cessazione di esso» (§ VII, pag. 8, dell’ordinanza di rimessione).
- Il suddetto rilievo va condiviso.
In effetti, alla luce del disposto dell’articolo 1108, comma 3, c.c., è proprio la qualificazione del menzionato contratto – e quindi, in definitiva, la verifica se esso concerna la costituzione di un diritto reale di superficie oppure la concessione di un diritto personale di godimento lato sensu riconducibile al tipo negoziale della locazione – ad orientare la soluzione della questione relativa alla necessità del consenso di tutti i partecipanti al condominio per la relativa approvazione.
- Prima di affrontare il tema della qualificazione negoziale indicato nel paragrafo che precede è peraltro opportuno, onde perimetrare con chiarezza il campo dell’indagine, chiarire che, ai fini della soluzione della questione della necessità delconsenso unanime dei condominiper l’approvazione della cessione temporanea a terzi di un lastrico condominiale, finalizzata all’installazione di un ripetitore di segnale, non viene in rilievo la disciplina dettata dall’articolo 1120 c.c. per le innovazioni.
18.1. In proposito va preliminarmente evidenziato che non può trovare seguito l’opinione, avanzata in dottrina, secondo cui la collocazione di un ripetitore sul tetto di un fabbricato esulerebbe, di per se stessa, dal concetto di innovazione o di modificazione in senso proprio.
18.2. Tale opinione si fonda sul rilievo che il ripetitore non inciderebbe sulla consistenza materiale del tetto e non sarebbe funzionale alla utilità del medesimo o all’uso che esso consente ai condomini, cosicché lo stesso non risulterebbe diretto «al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento» (art. 1120, primo comma, c.c.) del tetto, del quale lascerebbe inalterata la consistenza e la conformazione ed al quale verrebbe ad aggiungersi.
Al riguardo, per contro, va qui richiamato il risalente e consolidato orientamento di questa Corte secondo cui costituisce innovazione ex art. 1120 c.c. la modificazione della cosa comune che alteri l’entità materiale del bene operandone la trasformazione, ovvero determini la trasformazione della sua destinazione, nel senso che detto bene presenti, a seguito delle opere eseguite, una diversa consistenza materiale ovvero sia utilizzato per fini diversi da quelli precedenti l’esecuzione della opere (sentt. nn. 2940/1963, 240/1997, 862/1998, 15460/2002, 18052/12, ord. n. 20712/2017).
Sulla scorta di tali principi di diritto risulta inevitabile concludere che la collocazione sul lastrico condominiale di un manufatto stabilmente infisso nell’impiantito va considerata una “innovazione“, nel senso di cui all’articolo 1120 c.c., in quanto determina una parziale trasformazione della destinazione del medesimo lastrico. Esula dall’oggetto del presente giudizio l’esame del rapporto tra il campo applicativo dell’articolo 1120 c.c., come modificato dalla riforma della disciplina del condominio recata dalla legge n. 220/2012, e l’articolo 1117 ter c.c., introdotto ex novo da detta riforma. In questa sede è sufficiente sottolineare che un lastrico solare sul quale venga realizzato un manufatto mantiene, ciò non di meno, la propria funzione di copertura del fabbricato e di protezione del medesimo dalle intemperie, ma tuttavia perde, per la parte della sua estensione su cui il manufatto insiste, la sua destinazione al calpestio.
18.3. La ragione per cui la cessione temporanea a terzi di un lastrico condominiale, finalizzata all’installazione sul medesimo di un ripetitore di segnale, non è riconducibile alla disciplina delle innovazioni dettata dall’articolo 1120 c.c. non va, dunque, rinvenuta nelle caratteristiche oggettive dell’opera, bensì nella considerazione che l’immutatio loci derivante dall’ancoraggio dell’impianto al lastrico solare viene realizzata non su disposizione, a spese e nell’interesse del condominio, bensì su disposizione, a spese e nell’interesse del terzo cessionario del godimento del lastrico. Non si tratta, in altri termini, dell’installazione, ad opera del condominio, di un impianto tecnologico destinato all’uso comune, del quale il medesimo condominio abbia deciso di dotarsi (e le cui spese, per il principio maggioritario, gravino anche sui dissenzienti, salva la specifica disciplina dettata dall’articolo 1121 c.c.), ma dell’installazione, ad opera ed a spese di un terzo, di un impianto tecnologico destinato all’utilizzo esclusivo di tale terzo.
La vicenda va quindi guardata non nella prospettiva dell’approvazione di una innovazione ai sensi dell’articolo 1120 c.c., bensì nella prospettiva dell’approvazione di un atto di amministrazione (il contratto con il terzo) ai sensi dell’articolo 1108, terzo comma, c.c.. Si tratta dunque, in sostanza, di verificare se l’atto di amministrazione costituito da un contratto di cessione totale o parziale del lastrico condominiale ad una impresa di telefonia ai fini della installazione di un ripetitore – per un tempo determinato e con la conservazione in capo al concessionario dell’ esclusiva disponibilità dell’impianto (col conseguente jus tollendi) – rientri tra quelli che il terzo comma dell’articolo 1108 c.c. sottrae al potere dell’assemblea e, quindi, alla regola maggioritaria.
- Esclusa, quindi, la rilevanza, ai fini che ci occupano, del disposto dell’articolo 1120 c.c., la prima considerazione da svolgere in relazione alla questione di massima sollevata dalla Seconda Sezione civile è che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, quando non risulti possibile l’uso diretto della cosa comune per tutti i partecipanti al condominio, in proporzione delle rispettive quote millesimali (promiscuamente o con turnazioni temporali o con frazionamento degli spazi), la compagine condominiale può deliberare l’uso indiretto della cosa comune e tale deliberazione, quando si tratti diatto di ordinaria amministrazione(come nel caso della locazione di durata non superiore a nove anni), può essere adottata a maggioranza (sentt. nn. 8528/1994, 10446/1998, 4131/2001 e, più recentemente, 22435/2011).
- Può quindi pervenirsi alla prima, parziale, conclusione che, ai fini dell’approvazione di un contratto avente ad oggetto la concessione temporanea, a titolo oneroso, della facoltà di installare un ripetitore di segnale sul lastrico condominiale, ai sensi dell’articolo 1108, terzo comma, c.c.,non è necessario il consenso di tutti i condomininel caso in cui tale concessione trovi titolo in un contratto che non abbia ad oggetto il trasferimento o la costituzione di diritti reali e non attribuisca un diritto personale di godimento di durata superiore a nove anni.
- Il nodo nel quale si sostanzia la questione di massima proposta dalla Seconda Sezione civile si risolve, allora, nello stabilire se un contratto con cui il proprietario di un lastrico solare attribuisca all’altro contraente, a titolo oneroso, il diritto di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore e diasportarlo al termine del rapportodebba qualificarsi come contratto ad effetti reali o come contratto ad effetti obbligatori; nella prima ipotesi, infatti, ove il lastrico solare appartenga ad un condominio, l’approvazione del contratto richiede, ai sensi dell’articolo 1108, terzo comma, c.c., il consenso di tutti i condomini.
- Va sottolineato che la questione di massima posta dalla Sezione remittente è riferita, in ragione dell’oggetto del giudizio, ad un lastrico condominiale. La questione di qualificazione negoziale menzionata nel paragrafo che precede, tuttavia, prescinde, evidentemente, dalla natura individuale o comune o condominiale della proprietà del lastrico. Conseguentemente, nella presente sentenza dapprima si esaminerà la questione della qualificazione del contratto con cui il proprietario di un lastrico solare attribuisca ad altri, a titolo oneroso, il diritto di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore e di asportarlo al termine del rapporto contrattuale; successivamente, si trarranno le conseguenze degli esiti di tale esamenella specifica ipotesiche detto contratto riguardi un lastrico di copertura di un fabbricato condominiale.
- La questione delineata nel paragrafo 21 si connota, in primo luogo, come questione diermeneusi negoziale, la cui soluzione compete al giudice di merito. Come è stato segnalato da avvertita dottrina, infatti, al fine di attribuire al contratto di cui si discute effetti reali o effetti obbligatori, bisogna innanzi tutto valutare l’effettiva volontà delle parti, desumibile, oltre che dal nomen juris (di per se stesso non determinante, ma nemmeno del tutto trascurabile nel processo interpretativo), anche da altri elementi testuali, quali la previsione relativa alla durata, la disciplina negoziale della sorte del manufatto al momento della cessazione del rapporto, la determinazione del corrispettivo come unitario o come canone periodico, la regolazione degli obblighi del cessionario in ordine alla manutenzione della base della installazione, l’eventuale richiamo a specifici aspetti della disciplina delle locazioni non abitative; nonché da elementi extratestuali, quali la forma dell’atto e il comportamento delle parti.
A quest’ultimo riguardo può, ad esempio, evidenziarsi come la stipula del contratto per atto pubblico può essere valorizzata a favore della qualificazione dell’atto come contratto a effetti reali ed altrettanto può dirsi, ai sensi dell’articolo 1326, secondo comma, c.c., in relazione al comportamento delle parti, successivo alla conclusione del contratto, consistente nella decisione di trascrivere l’atto nei registri immobiliari pur quando il diritto di utilizzazione del lastrico solare sia stato concesso per una durata inferiore a nove anni.
Il tema posto dalla Sezione remittente si colloca, tuttavia, a monte dell’ermeneusi negoziale concernente il singolo contratto dedotto in giudizio, in quanto investe la stessa possibilità astratta di qualificare il contratto di concessione di un lastrico solare per l’installazione di un ripetitore di segnale come contratto costitutivo di un diritto reale di superficie o come contratto ad effetti obbligatori; ipotesi, la prima, non percorribile ove si neghi ai ripetitori di segnale la qualifica di beni immobili e, la seconda, non sempre riconosciuta dalla giurisprudenza di merito (cfr. Corte di appello di Firenze, 15 ottobre 2005 n. 1470: «In ogni caso, la struttura la cui realizzazione si è consentita con la delibera impugnata è destinata ad essere stabilmente infissa sul lastrico solare, ergendosi in altezza; ciò significa che con la decisione assembleare si è costituito sul lastrico comune un diritto reale di superficie»).
- La prima questione da risolvere, ai fini dello scioglimento della questione di ermeneusi negoziale prospettata nel paragrafo 21, consiste, allora, nello stabilire se i ripetitori di segnale debbano considerarsibeni immobili(e, più specificamente, costruzioni) o beni mobili; in questa seconda ipotesi, infatti, la possibilità di qualificare il contratto di cui si tratta come atto costitutivo di un diritto di superficie non potrebbe porsi nemmeno in astratto.
24.1. La Sezioni Unite ritengono che i menzionati ripetitori debbano essere considerati beni immobili, rientrando essi tra le «altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio» secondo il disposto dell’articolo 812, comma 2, c.c..
24.2. Al riguardo va sottolineato come la giurisprudenza di legittimità abbia chiarito che costituisce bene immobile qualsiasi costruzione, di qualunque materiale formata, che sia incorporata o materialmente congiunta al suolo, anche se a scopo transitorio (Cass. n. 679/1968); che deve considerarsi costruzione qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso a corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, e ciò indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell’opera, dai caratteri del suo sviluppo volumetrico esterno, dall’uniformità o continuità della massa, dal materiale impiegato per la sua realizzazione e dalla sua funzione o destinazione (Cass. n. 20574/2007); che, ai fini delle norme codicistiche sulla proprietà, la nozione di costruzione non è limitata a realizzazioni di tipo strettamente edile, ma si estende ad un qualsiasi manufatto, avente caratteristiche di consistenza e stabilità, per le quali non rileva la qualità del materiale adoperato (Cass. n. 4679/2009, pag. 6); che la nozione di “costruzione” comprende qualsiasi opera, non completamente interrata, avente i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo (Cass. n. 22127/2009 che ha ritenuto che integrasse la nozione di “costruzione” una baracca di zinco costituita solo da pilastri sorreggenti lamiere, priva di mura perimetrali ma dotata di copertura).
24.3. In definitiva, ricordato il risalente ed autorevole insegnamento secondo cui la distinzione tra immobili e mobili è, al pari di tutte le altre distinzioni sulle cose, ispirata da criteri economico-sociali e non da criteri naturalistici, deve affermarsi che, come è stato segnalato in dottrina, ai fini della qualificazione di un bene come immobile, l’ “incorporazione” a cui fa riferimento il primo comma dell’articolo 812 c.c. va intesa come relazione strumentale e funzionale tra bene incorporato e bene incorporante; ciò che quindi essenzialmente rileva – più che la stabilità dell’unione del bene al suolo, o il tipo di tecnica usata per realizzare tale unione, o la irreversibilità dell’unione stessa – è l’idoneità del bene incorporato al suolo a formare oggetto di diritti non in sé isolatamente considerato, ma in quanto rapportato alla sua dimensione spaziale.
Un bene è immobile, in senso giuridico, in quanto gli interessi che esso soddisfa sono determinati proprio dalla sua staticità, nel senso che esso assolve a determinate esigenze in quanto insiste su un certo luogo. Ciò che, appunto, può dirsi di un ripetitore di segnale.
24.4. Va aggiunto che i ripetitori telefonici devono altresì considerarsi – oltre che, genericamente, beni immobili ai sensi dell’articolo 812 c.c. – anche “costruzioni” agli specifici effetti tanto dell’articolo 934 c.c. (e, dunque, suscettibili di accessione), quanto dell’articolo 952 c.c. (e, dunque, suscettibili di costituire oggetto di un diritto di superficie). Supportano tale conclusione le indicazioni, puntualmente sottolineate nella ordinanza di remissione, che si desumono, per un verso, dal testo unico dell’edilizia (D.P.R. n. 380/2001), il quale, nell’articolo 3, comma 1, lett. e), punto 4, ricomprende espressamente, fra gli interventi di “nuova costruzione” la «istallazione … di ripetitori per i servizi di telecomunicazione»; per altro verso, dal codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs. n. 259/2003), il quale, nell’articolo 86, comma 3, espressamente assimila alle opere di urbanizzazione primaria le «infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88», ossia, a mente dell’articolo 87, comma 1, D.P.R. n. 259/2003, le «infrastrutture per impianti radioelettrici … e, in specie, l’installazione di torri, di tralicci, di impianti radio-trasmittenti, di ripetitori di servizi di comunicazione elettronica, di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche mobili GSM/UMTS, per reti di diffusione, distribuzione e contribuzione dedicate alla televisione digitale terrestre, per reti a radiofrequenza dedicate alle emergenze sanitarie ed alla protezione civile, nonché per reti radio a larga banda punto-multipunto nelle bande di frequenza all’uopo assegnate».
24.5. La conclusione enunciata nel paragrafo precedente risulta suffragata anche dalla giurisprudenza penale di questa Suprema Corte, la quale – in sintonia con la giurisprudenza costituzionale (C. cost. n. 129/2006) e amministrativa (Cons. Stato nn. 100/2005, 4159/2005, 2436/2010) – ha chiarito che, in tema di installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici, il provvedimento autorizzatorio e la procedura di denunzia di inizio attività previsti dall’art. 87 D.Lgs. n. 259/2003 hanno quale contenuto anche la verifica della compatibilità urbanistico-edilizia dell’intervento (Cass. Pen. 41598/2005); donde la conseguenza che l’installazione di impianti di telefonia mobile senza il preventivo rilascio dell’autorizzazione disciplinata dal suddetto articolo 87 D.Lgs. n. 259/2003 integra il reato previsto dall’art. 44, lett. b), D.P.R. n. 380 del 2001.
24.6. Né, si osserva da ultimo, la tesi che i ripetitori di segnale rientrano nella categoria delle “costruzioni”, che qui si sostiene, trova ostacolo nella disposizione, che pure si rinviene nel citato terzo comma dell’articolo 86 D.P.R. n. 259/2003, che le infrastrutture suddette «non costituiscono unità immobiliari ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n. 28, e non rilevano ai fini della determinazione della rendita catastale». Tale disposizione ha infatti portata e finalità esclusivamente tributaria, innovando rispetto alla precedente prassi dall’Amministrazione finanziaria, che, con la circolare dell’Agenzia del Territorio n. 4/2006, aveva, di contro, stabilito che gli impianti per la diffusione della telefonia mobile dovessero essere dichiarati al catasto edilizio urbano nel caso in cui risultassero collocati su aree o locali (preesistenti o di nuova costruzione) specificamente destinati ad ospitarli.
- Se, dunque, un ripetitore di segnale può essere consideratoun bene immobilee, più specificamente, una costruzione, si deve concludere che il programma negoziale con cui il proprietario di un lastrico solare intenda concedere ad altri, a titolo oneroso, la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, con il diritto per il cessionario di mantenerne la disponibilità ed il godimento e di asportarlo alla fine del rapporto, può astrattamente essere perseguito attraverso un contratto ad effetti reali e, precisamente, attraverso un contratto costitutivo del diritto reale di superficie.
Non può dunque condividersi l’opinione, avanzata in dottrina, secondo la quale il concetto di costruzione di cui all’articolo 952 c.c. evocherebbe una nozione tradizionale di costruzione che richiamerebbe pur sempre l’idea di un manufatto stabilmente destinato a circoscrivere lo spazio e, quindi, a distinguere uno spazio interno dallo spazio esterno, in tal modo generando un volume. La suddetta opinione, infatti, non soltanto non risulta sorretta da evidenze esegetiche che autorizzino ad assegnare alla nozione di costruzione contemplata nell’ articolo 952 c.c. un significato diverso da quello alla stessa correntemente assegnato dalla giurisprudenza civile richiamata nel precedente paragrafo 24.2, ma risulta incompatibile anche con gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza penale, amministrativa e costituzionale richiamata nel paragrafo che precede.
25.1. Per completezza argomentativa è opportuno escludere espressamente che la situazione soggettiva di vantaggio generata dalla cessione del godimento di un lastrico solare finalizzata alla installazione di un ripetitore da parte del cessionario possa essere riferita a diritti reali diversi dalla superficie.
25.2. In primo luogo va esclusa la utilizzabilità del modello della servitù volontaria (anche industriale, ex art. 1028, ultima parte, c.c.), per l’assorbente considerazione che la servitù presuppone una utilitas per il fondo dominante e, quindi, l’esistenza di un fondo dominante, nella specie non configurabile.
25.3. Parimenti va esclusa la utilizzabilità del modello del diritto reale di uso disciplinato dall’articolo 1021 c.c.. E’ vero, infatti, che, come affermato da questa Corte con la sentenza n. 7811/2006, l’edificazione sul fondo rientra tra le facoltà dell’usuario (fermo restando l’obbligo di quest’ultimo di restituire la cosa, al momento dell’estinzione del diritto per decorso del termine di durata, nello stato in cui l’ha ricevuta e salva la regolamentazione convenzionale degli effetti determinati dalla realizzazione della costruzione).
Ed è parimenti vero che, in linea di principio, non vi sono ragioni che escludono che tale diritto possa sorgere in capo alle persone giuridiche (salvo che, come segnalato da risalente ed autorevole dottrina, le facoltà di queste ultime si limitano all’utilizzazione e non comprendono la raccolta dei frutti, anche quando si tratti di cose fruttifere, non verificandosi, nei loro riguardi, la condizione a cui è subordinato il diritto ai frutti, ossia la sussistenza di bisogni personali da soddisfare).
Tuttavia, la non riferibilità al diritto reale di uso della situazione soggettiva dell’impresa di telecomunicazioni che si renda cessionaria di un lastrico al fine di installarvi un ripetitore discende dal rilievo che l’unica facoltà che contrattualmente compete alla cessionaria è, appunto, quella di installare sul lastrico un ripetitore. Laddove questa Corte ha chiarito che l’ampiezza del potere dell’usuario di servirsi della cosa traendone ogni utilità ricavabile, se può incontrare limitazioni derivanti dalla natura e dalla destinazione economica del bene, non può soffrire condizionamenti maggiori o ulteriori derivanti dal titolo (Cass. n. 17320/2015, nonché Cass. n. 5034/2008, dove si è altresì precisato che la differenza, dal punto di vista sostanziale e contenutistico, tra il diritto reale d’uso e il diritto personale di godimento è costituita dall’ampiezza ed illimitatezza del primo, rispetto alla multiforme possibilità di atteggiarsi del secondo che, in ragione del suo carattere obbligatorio, può essere diversamente regolato dalle parti nei suoi aspetti di sostanza e di contenuto).
Donde la non utilizzabilità del paradigma del diritto reale di uso, giacché il principio del numerus clausus dei diritti reali non consente di ritenere che il nucleo di poteri e di modalità di godimento che connotano l’utilità che il titolare di un determinato diritto reale può trarre dal bene che ne forma oggetto possa essere conformato dall’autonomia privata; quest’ultima, infatti, può conformare, ai sensi dell’articolo 1322 c.c., i rapporti obbligatori, ma non le situazioni reali, in ciò sostanziandosi, in ultima analisi, la differenza tra “tipo contrattuale” e “tipo di diritto reale“.
- Lo schema negoziale attraverso il quale il proprietario di un lastrico solare può concedere ad altri, a titolo oneroso, il diritto reale di installarvi un ripetitore, mantenerne la disponibilità ed il godimento per un certo tempo ed asportarlo al termine del rapporto va allora individuato, come anticipato nel § 25, nel contratto costitutivo di un diritto reale di superficie; diritto che, appunto, conferisce all’acquirente la facoltà di realizzare e mantenere, sul suolo altrui, una costruzione destinata, una volta realizzata, ad entrare nella sua proprietà superficiaria.
Il diritto di superficie può essere a tempo determinato, in conformità al disposto dell’articolo 953 c.c. e, al momento della sua estinzione per la scadenza del termine, il titolare della proprietà superficiaria può asportare il manufatto, ove ciò le parti abbiano pattuito, in deroga alla norma contenuta nel medesimo dell’articolo 953 c.c. (dispositiva e non imperativa), alla cui stregua il proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione quando il diritto di superficie si estingue.
26.1. Perché il diritto conferito al cessionario del lastrico solare -comprensivo delle facoltà di installarvi l’impianto, di utilizzare e manutenere quest’ultimo e, infine, di asportarlo al momento dell’estinzione del diritto per il decorso del termine pattuito – possa essere configurato come un diritto reale di superficie sarà peraltro necessario riscontrare che le parti abbiano inteso attribuire al suddetto diritto le caratteristiche tipiche della realità; vale a dire, l’ efficacia erga omnes (ossia la possibilità di farlo valere nei confronti di tutti e non solo del concedente), la trasferibilità a terzi, l’assoggettabilità al gravame ipotecario.
- Una volta acclarato che la concessione a titolo oneroso della facoltà di installare e mantenere per un certo tempo un ripetitore su un lastrico solare, con il diritto per il cessionario di mantenere la disponibilità ed il godimento del ripetitore, ed asportare il medesimo alla fine del rapporto, può astrattamente essere realizzata attraverso un contratto ad effetti reali e, specificamente, un contratto costitutivo del diritto di superficie, va ora verificata la possibilità che analogo risultato socio-economico possa essere conseguito, mutatis mutandis, anche mediante un contratto ad effetti obbligatori.
- Ritengono le Sezioni Unite che debba riconoscersi al proprietario di un lastrico solare la possibilità di attribuire ad altri,mediante un contratto ad effetti obbligatori, il diritto personale di installarvi un ripetitore, o altro impianto tecnologico, con facoltà per il beneficiario di mantenere la disponibilità ed il godimento dell’impianto e di asportare il medesimo alla fine del rapporto.
Non vi è infatti ragione per negare alle parti la possibilità di scegliere, nell’esercizio dell’autonomia privata riconosciuta dall’articolo 1322 c.c., se perseguire risultati socio-economici analoghi, anche se non identici, mediante contratti ad effetti reali o mediante contratti ad effetti obbligatori; come si verifica, ad esempio, in relazione all’attribuzione del diritto di raccogliere i frutti dal fondo altrui (che può essere conseguita attraverso un contratto costitutivo del diritto di usufrutto o attraverso un contratto attributivo di un diritto personale di godimento, lato sensu riconducibile al modello del contratto di affitto) o in relazione all’attribuzione del diritto di attraversare il fondo altrui (che può essere conseguita attraverso un contratto costitutivo di una servitù di passaggio o attraverso un contratto attributivo di un diritto personale di passaggio, cfr. Cass. 2651/2010, Cass. 3091/2014).
28.1. L’accordo con cui il proprietario di un’area conceda ad altri il diritto personale di edificare sulla stessa e rinunci agli effetti dell’accessione e, così, consenta alla controparte di godere e disporre del fabbricato e di asportarlo alla cessazione del rapporto è riconducibile allo schema del contratto atipico di concessione dello jus ad aedificandum ad effetti obbligatori.
28.2. L’ammissibilità, nel nostro ordinamento, del suddetto negozio atipico è già stata affermata da questa Corte nella sentenza n. 2851/1967, dove si è affermato che la concessione ad aedificandum, da cui deriva il diritto di fare e mantenere determinate costruzioni al di sopra del suolo altrui, può, in taluni casi, pur attribuendo il godimento esclusivo dell’opera in correlazione e per la durata del diritto di godimento del terreno, avere un contenuto diverso dal diritto reale ed assumere, in particolare, le caratteristiche di un diritto personale di natura obbligatoria.
E’ quindi giuridicamente configurabile, si precisa in Cass. n. 2851/1967, un negozio ad effetti obbligatori, qualificabile come tipo anomalo di locazione, in cui al locatario si concede il godimento di un terreno, con facoltà di farvi delle costruzioni di cui godrà precariamente come conduttore e che, alla fine del rapporto, dovranno essere rimosse a sua cura.
In senso conforme si sono successivamente espresse le sentenze nn. 2036/1968, 3318/1968, 3721/1974, 3351/1984, 4111/1985, 1392/98 e 7300/01, le quali hanno reiteratamente ribadito che, in ragione dell’autonomia contrattuale riconosciuta alle parti dall’art. 1322 c.c., la concessione ad aedificandum, non si concreta sempre e necessariamente in un diritto di superficie, ai sensi dell’art. 952 c.c., ma, in taluni casi, può assumere i caratteri e i contenuti di un diritto personale nei soli confronti del concedente, che trova la sua fonte in un contratto (atipico) con effetti meramente obbligatori non soggetto a rigori di forma o di pubblicità.
28.3 Va quindi conclusivamente affermato che il programma negoziale con cui il proprietario di un lastrico solare intenda concedere ad altri, a titolo oneroso, la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, con il diritto per il cessionario di mantenere la disponibilità ed il godimento del ripetitore, ed asportare il medesimo alla fine del rapporto, può astrattamente essere perseguito tanto attraverso un contratto ad effetti reali quanto attraverso un contratto ad effetti obbligatori.
- Posta la premessa di cui al paragrafo che precede, ed al fine di individuare un criterio idoneo ad orientare la concreta ermeneusi negoziale a cui si è fatto riferimento nel paragrafo 21, va ancora osservato che, in linea generale, nel contratto costituivo di un diritto reale di superficie, l’interesse prevalente del beneficiario dell’attribuzione, che connota la funzione economico-sociale (astratta) tipica di tale contratto, ha ad oggetto la possibilità del superficiario direalizzare e tenere opere edilizie sul fondo altrui, anche ricostruendole; mentre restano sullo sfondo, come è stato osservato da attenta dottrina, gli altri elementi che conformano il concreto regolamento di interessi voluto dalle parti, come le caratteristiche della costruzione dedotta in contratto (stabile o instabile, di maggiore o minore entità), l’eventuale esistenza di limitazioni del diritto nel tempo, il rapporto intercorrente fra disponibilità del fondo e godimento delle costruzioni o addizioni poste in essere.
29.1. Nel contratto volto a consentire la installazione di un ripetitore sul lastrico di un palazzo condominiale l’interesse principale del beneficiario non cade, per contro, sull’acquisizione di una generica possibilità di costruire, bensì sull’acquisizione della disponibilità di un luogo ove installare il ripetitore. Va sottolineato, infatti, che l’utilità che un ripetitore fornisce non discende dalla sua natura di costruzione, ma dalla sua posizione topografica; esso viene fissato al lastrico per ovvie ragioni di stabilità e sicurezza, ma potrebbe svolgere la propria funzione anche se fosse semplicemente poggiato sull’impiantito.
29.2. Può quindi affermarsi che, nell’accordo con cui una compagnia di telecomunicazioni acquisisce il diritto di collocare per un certo tempo un proprio ripetitore sul lastrico di copertura di un edificio, il profilo di interesse principale del beneficiario del diritto cade, in sostanza, sul godimento dell’area (di quella specifica area, che si trova in quel determinato punto dello spazio che risulta funzionale alla ripetizione del segnale); cosicché vengono in primo piano, nello schema negoziale, proprio quegli elementi che, come osservato nel paragrafo 29, nel contratto costitutivo del diritto reale di superficie sono destinati a restare sullo sfondo, vale a dire le caratteristiche della costruzione dedotta in contratto (il contratto è funzionale all’ installazione di un ripetitore, non di altri manufatti, e le caratteristiche tecniche del ripetitore sono vincolate dalle previsioni del titolo abilitativo di cui all’art. 87 D.Lgs. n. 259/2003); la determinazione della durata del rapporto; il diritto del beneficiario di asportare il ripetitore alla cessazione del rapporto contrattuale.
29.3. Dalle considerazioni fin qui svolte discende quindi, in definitiva, che il contratto avente ad oggetto la concessione totale o parziale, a titolo oneroso, del godimento del lastrico solare di un fabbricato, allo scopo di consentire al concessionario l’installazione di un ripetitore di segnale, del quale il medesimo concessionario abbia la facoltà di godere e disporre nel corso del rapporto e di asportarlo al termine del rapporto, va ricondotto – in mancanza di indicazioni di segno contrario suggerite dall’interpretazione del singolo contratto -allo schema del contratto atipico di concessione ad aedificandum ad effetti obbligatori; concessione soggetta, oltre che ai patti negoziali, alle norme generali contenute nel titolo II del libro IV del codice civile (art. 1323 c.c.), nonché, per quanto non previsto dal titolo, alle norme sul contratto tipico di locazione.
29.4. La conclusione enunciata nel paragrafo che precede appare altresì supportata dalla considerazione che qualificare la concessione del diritto di godimento del lastrico solare finalizzato all’installazione di un ripetitore come attribuzione di un diritto reale di superficie implicherebbe la necessità di riconoscere alla compagnia telefonica concessionaria la qualità di condomina (con conseguente necessità di revisione della tabella millesimale); il che sembra un effetto tendenzialmente eccedente l’intenzione delle parti, almeno secondo l’id quod plerumque accidit, e sempre in mancanza di evidenze ermeneutiche da cui emerga che, nella specifica situazione dedotta in giudizio, i contraenti abbiano inteso conferire al concessionario del godimento del lastrico proprio un diritto reale di superficie, sia pure temporaneo.
Evenienza, quest’ultima, che potrebbe verificarsi ove il soggetto che intende installare il ripetitore abbia interesse a disporre di un diritto sul quale inscrivere l’ipoteca destinata a garantire il finanziamento dell’iniziativa o, comunque, a disporre di un diritto che, quand’anche di durata inferiore a nove anni, possa essere alienato secondo le regole di circolazione previste dal sistema della pubblicità immobiliare per porre l’acquirente al riparo dagli effetti del principio resoluto jure dantis, resolvitur et jus accipientis (art. 2652 c.c.).
- Con riferimento all’applicabilità della disciplina della locazione al contratto atipico di concessione ad aedficandum di natura obbligatoria, cui si è fatto cenno alla fine del paragrafo 29.3, va sottolineato che, come evidenziato dalla dottrina, la demarcazione traconcessione ad aedficandum atipica ad effetti obbligatorie contratto tipico di locazione corre lungo una linea troppo sottile per assicurare una separazione netta tra i due modelli negoziali.
In linea di massima la differenza tra tali modelli va ravvisata nella maggior ampiezza dell’uso attivo del bene altrui consentito dal contratto tipico di locazione rispetto all’uso limitato al diritto di appoggio di una costruzione, che costituisce il nucleo della concessione atipica ad aedficandum. Si tratta tuttavia di una differenza, come detto, di massima, giacché anche nella locazione tipica il diritto di godimento della cosa attribuito al conduttore può essere convenzionalmente limitato ad una sua particolare utilità, senza il trasferimento della detenzione del bene in via esclusiva (in termini, Cass. n. 2233/1951, poi ripresa da Cass. n. 17156/2002).
In ogni caso la questione della differenza tra concessione atipica ad aedificandum di natura obbligatoria e contratto tipico di locazione non presenta significative ricadute sull’individuazione della disciplina applicabile giacché, come già precisato da questa Corte nella sentenza n. 18229/2003, ai contratti atipici, o innominati, possono legittimamente applicarsi, oltre alle norme generali in materia di contratti, anche le norme regolatrici dei contratti nominati, quante volte il concreto atteggiarsi del rapporto, quale risultante dagli interessi coinvolti, faccia emergere situazioni analoghe a quelle disciplinate dalla norme dettate per i contratto tipici.
- Dalla evidenziata applicabilità della disciplina della locazione al contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale discende che a tale contratto si applica tanto l’articolo1599c.c., in tema di opponibilità del contratto al terzo acquirente, quanto l’articolo 2643 n. 8 c.c., in tema di trascrizione dei contratti di locazione immobiliare di durata superiore ai nove anni.
31.1. Per quanto in particolare riguarda l’articolo 1599 c.c., va precisato che la sua applicabilità al contratto atipico di concessione ad aedificandum non trova ostacolo nell’affermazione, contenuta in diversi precedenti di questa Corte (Cass. 2343/1966, Cass. 5454/1991, Cass. 664/2016), che la disciplina dal medesimo dettata ha natura eccezionale. Tali precedenti, infatti, sono stati tutti pronunciati in materia di contratto di comodato ed affermano l’eccezionalità delle disposizioni di cui all’articolo 1599 c.c. al fine di escludere che le stesse possano applicarsi, appunto, al contratto di comodato, il quale si differenzia radicalmente dalla locazione perché, per il disposto del secondo comma dell’articolo 1803 c.c. «è essenzialmente gratuito».
Per contro, qualora il contratto atipico di concessione ad aedificandum avente ad oggetto l’installazione temporanea di un ripetitore di segnale su un lastrico solare sia a titolo oneroso, come nel caso dedotto nel presente giudizio, non vi è ragione di regolarne il regime di opponibilità all’acquirente dell’immobile coperto da tale lastrico con una disciplina diversa da quella dettata dall’articolo 1599 c.c. per il contratto tipico di locazione.
31.2. E’ altresì opportuno precisare – ancora sulla applicabilità dell’articolo 1599 c.c. al contratto atipico di concessione ad aedificandum avente ad oggetto l’installazione temporanea, a titolo oneroso, di un ripetitore di segnale su un lastrico solare – che l’opponibilità di tale contratto all’acquirente dell’immobile secondo il regime, e nei limiti, dell’articolo 1599 c.c. copre non soltanto la pattuizione relativa alla concessione dell’occupazione del lastrico ma anche la pattuizione che attribuisca incondizionatamente lo jus tollendi, al termine del rapporto, alla compagnia di telecomunicazioni.
Come la giurisprudenza di questa Corte non ha mancato di sottolineare (sent. 11767/1992), infatti, la regola emptio non tollit locatum dettata dall’art. 1599 c.c. implica una cessione legale del contratto, con la continuazione dell’originario rapporto e l’assunzione, da parte dell’acquirente, della stessa posizione del locatore. D’altra parte il patto con cui le parti escludono il diritto del proprietario del lastrico di ritenere, al termine del rapporto, i manufatti ivi installati, pur divergendo dalla disciplina dettata dall’articolo 1593 c.c., non determina, proprio in ragione della natura non imperativa di tale disciplina, alcuna radicale inconciliabilità con il modello tipico della locazione.
- Va peraltro evidenziato come la tendenziale attrazione della disciplina del rapporto fondato su una concessione ad aedificandum di natura personale nel corpus delle regole dettate dal codice civile per il contratto di locazione non pone in discussione la validità della pattuizione che sottragga al proprietario del lastricoil diritto di ritenere le addizioni(il ripetitore) alla cessazione del rapporto e, specularmente, attribuisca lo jus tollendi alla compagnia di telecomunicazioni concessionaria del godimento del lastrico (salvo l’obbligo di ripristino del lastrico medesimo in caso di eventuali danneggiamenti derivanti dalle operazioni di rimozione); il disposto del primo comma dell’articolo 1593 c.c. – che attribuisce al locatore lo jus retinendi in ordine alle addizioni eseguite dal conduttore – è infatti norma non imperativa, come reiteratamente affermato da questa Corte nelle sentenze nn. 1126/1985, 192/1991, 6158/1998, 13245/2010.
- Va infine ancora aggiunto, per una compiuta ricostruzione del sistema, che la locazione (nel campo della cui disciplina, come si è sottolineato alla fine del paragrafo 29.3, è attratta la concessione ad aedificandum di natura personale) costituiscetitolo idoneo ad impedire l’accessione. Tale principio è stato espresso da questa Corte già nella sentenza n. 233/1968, secondo cui «la regola dell’accessione delle opere fatte dal terzo, con materiali propri, su suolo altrui -sancita dall’art. 936 cod. civ. – trova applicazione solo nel caso in cui il costruttorepossa effettivamente considerarsi terzo per non essere legato al proprietario del suolo da un vincolo contrattuale o comunque negoziale.
Pertanto, nel caso che la costruzione su suolo altrui sia stata oggetto di espressa convenzione fra il proprietario del suolo e il costruttore, non può il giudice di merito ritenere senz’altro avverata l’accessione senza prima esaminare – secondo criteri di corretta ermeneutica – il contenuto di tale convenzione, al fine di escludere che con essa si fosse inteso costituire sia un diritto di superficie, sia una concessione ad aedificandum quale rapporto ad effetti meramente obbligatori, che può trovare sua fonte e sua disciplina in un contratto atipico non soggetto a requisiti di forma e di pubblicità».
A tale pronuncia ha fatto seguito la sentenza n. 2413/1976, secondo cui «la regola dell’accessione di cui all’art. 934 cod. civ. non ha carattere di assolutezza, ma è limitata alle sole ipotesi in cui non risulti dal titolo o dalla legge che l’opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene ad un soggetto diverso dal proprietario di questo. Pertanto, nell’ipotesi in cui la costruzione sia stata oggetto di espressa convenzione tra il proprietario del suolo e il costruttore, il giudice del merito non può ritenere senz’altro avverata l’accessione se non abbia prima esaminato il contenuto di tale convenzione al fine di escludere che tra le parti si fosse inteso costituire, quanto meno, una concessione ad aedificandum che, essendo un rapporto ad effetti meramente obbligatori, può trovare la sua fonte e disciplina anche in un contratto atipico, non soggetto a requisiti di forma e di pubblicità»; nello stesso senso si sono poi pronunciate le ulteriori sentenze nn. 4111/1985, 4887/1987, 1392/1998, 7300/2001, 3440/2005.
- Va altresì precisato, per evitare ogni equivoco, che nessun contrasto sussiste tra gli arresti giurisprudenziali citati nel paragrafo precedente e la recente sentenza queste stesse Sezioni Unite n. 3873/2018, in tema di accessione dell’opera costruita su un’area in comproprietà da uno dei comproprietari. La sentenza n. 3873/2018 ha, infatti, superato il tradizionale orientamento secondo cui presupposto indefettibile dell’accessione sarebbe la qualità di “terzo” del costruttore, ma a tale conclusione essa è giunta con riferimento al tema della operatività dell’accessione nei rapporti tra comproprietari (vedi pag. 16, primo capoverso, di detta sentenza: «l’operare dell’istituto dell’accessione non è affatto precluso dalla circostanza che, in presenza di una comunione del suolo, la costruzione sia realizzata da uno [o da alcuni] soltanto dei comproprietari»).
La sentenza n. 3873/2018, per contro, non tratta il tema dell’operatività dell’accessione nei rapporti tra il proprietario del suolo e colui che al medesimo sia legato da un rapporto contrattuale. Anch’essa, peraltro, sottolinea che l’art. 934 c.c. fa salve le deroghe alla regola dell’accessione previste dalla “legge” o dal “titolo” e include, tra le prime, quelle relative alle addizioni eseguite dal locatore (§ 2.5, pag. 23).
Questa Corte, del resto, ha già persuasivamente affermato, nella sentenza n. 2501/2013, che il contratto di locazione vale a impedire l’accessione finché vige il contratto medesimo e che il diritto del conduttore sul bene costruito è un diritto non reale che si estingue al venir meno del contratto e con il riespandersi del principio dell’accessione. Va poi considerato che è vero che la deroga alla regola dell’accessione derivante dalla “legge”, in ordine alle addizioni del conduttore, subordina lo jus tollendi di quest’ultimo al duplice presupposto che il relativo esercizio non rechi nocumento alla cosa e che il proprietario non preferisca ritenere le addizioni (art. 1593 c.c.); ma è vero pure che la norma dettata dall’articolo 1593 c.c. non ha natura imperativa, come evidenziato nel precedente § 26, e pertanto può essere convenzionalmente derogata; e la convenzione derogatoria costituisce, appunto, il “titolo” a cui fa riferimento l’articolo 934 c.c..
- Le Sezioni Unite ritengono, quindi, di dover dare continuità all’orientamento, già seguito da questa Corte nella sentenza n. 4111/1985, che l’art. 934 c.c. – là dove prevede che il principio superficies solo cedit possa essere derogato dal titolo, non esclude, proprio per l’indeterminatezza della menzione del “titolo” – che le parti, nell’esercizio della autonomia contrattuale loro riconosciuta dall’art. 1322 c.c., possano, anziché addivenire alla costituzione di un diritto reale di superficie, derogare al principio dell’accessione dando vita ad un rapporto meramente obbligatorio.
Non vi sono, del resto, ragioni per ritenere non meritevole di tutela l’interesse che il locatore e il conduttore vogliano realizzare attribuendo al conduttore del fondo locato, in deroga al principio dell’accessione, il diritto personale di godere delle costruzioni ivi da lui realizzate e di asportarle al termine del rapporto; anche, eventualmente, nel caso in cui l’asportazione rechi nocumento al fondo, salva l’obbligazione di ripristino, e con esclusione dello jus retinendi del locatore.
- E’ ora necessario, per dare risposta alla questione di massima sollevata dalla Seconda Sezione civile, rapportare, come preannunciato nel § 22, le conclusioni fin qui raggiunte alla specifica situazione in cui il lastrico solare destinato a riceve l’installazione di un ripetitore di segnale costituiscaparte comune di un edificio condominiale ex art. 1117 c.c.
Al riguardo il Collegio osserva, riprendendo quanto già accennato nel § 20, che, ai sensi dell’articolo 1108, terzo comma, c.c., per la costituzione di un diritto reale di superficie sul lastrico condominiale è necessario il consenso di tutti i condomini; per contro, per il rilascio di una concessione ad aedificandum, come tratteggiata nel § 29.3, di durata non superiore a nove anni è sufficiente la maggioranza prevista per gli atti di ordinaria amministrazione dagli articoli secondo e terzo comma c.c., a seconda che si tratti di prima o di seconda convocazione dell’assemblea condominiale.
- Indefinitiva, la questione di massima sollevata dalla Seconda Sezione civile va risolta nel senso che il contratto con cui un condominio abbia concesso ad altri, dietro il pagamento di un corrispettivo, il lastrico solare, o altra idonea superficie comune, allo scopo di consentire al concessionario l’installazione di infrastrutture ed impianti che comportino la trasformazione dell’area, riservando comunque al detentore del lastrico di godere e disporre dei manufatti nel corso del rapporto e di asportarli alla fine dello stesso, richiede l’approvazione di tutti i condomini se, secondo l’interpretazione del giudice di merito, esso abbia attribuito al concessionario un diritto temporaneo di superficie; non richiede l’approvazione di tutti i condomini se, secondo l’interpretazione del giudice di merito, esso abbia attribuito al concessionario una concessione ad aedificandum di natura obbligatoria di durata inferiore a nove anni.
- Vanno quindi enunciati i seguenti principi di diritto.
- I) Il programma negoziale con cui il proprietario di un lastrico solare intenda cedere ad altri, a titolo oneroso, la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, o altro impianto tecnologico, con il diritto per il cessionario di mantenere la disponibilità ed il godimento dell’impianto, ed asportare il medesimo alla fine del rapporto, può astrattamente essere perseguito sia attraverso un contratto ad effetti reali, sia attraverso un contratto ad effetti personali. La riconduzione del contratto concretamente dedotto in giudizio all’una o all’altra delle suddette categorie rappresenta una questione di interpretazione contrattuale, che rientra nei poteri del giudice di merito.
- II) Lo schema negoziale a cui riferire il contratto con il quale le parti abbiano inteso attribuire al loro accordo effetti reali è quello del contratto costitutivo di un diritto di superficie, il quale attribuisce all’acquirente la proprietà superficiaria dell’impianto installato sul lastrico solare, può essere costituito per un tempo determinato e può prevedere una deroga convenzionale alla regola che all’estinzione del diritto per scadenza del termine il proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione. Il contratto con cui un condominio costituisca in favore di altri un diritto di superficie, anche temporaneo, sul lastrico solare del fabbricato condominiale, finalizzato alla installazione di un ripetitore, o altro impianto tecnologico, richiede l’approvazione di tutti i condomini.
III) Lo schema negoziale a cui riferire il contratto con il quale le parti abbiano inteso attribuire al loro accordo effetti obbligatori è quello del contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale, con rinuncia del concedente agli effetti dell’accessione. Con tale contratto il proprietario di un’area concede ad altri il diritto personale di edificare sulla stessa, di godere e disporre dell’opera edificata per l’intera durata del rapporto e di asportare tale opera al termine del rapporto. Detto contratto costituisce, al pari del diritto reale di superficie, titolo idoneo ad impedire l’accessione ai sensi dell’articolo 934, primo comma, c.c. Esso è soggetto alla disciplina dettata, oltre che dai patti negoziali, dalle norme generali contenute nel titolo II del libro IV del codice civile (art. 1323 c.c.), nonché, per quanto non previsto dal titolo, dalle norme sulla locazione, tra cui quelle dettate dagli artt. 1599 c.c. e 2643 n. 8 c.c. II contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale stipulato da un condominio per consentire ad altri la installazione di un ripetitore, o altro impianto tecnologico, sul lastrico solare del fabbricato condominiale richiede l’approvazione di tutti i condomini solo se la relativa durata sia convenuta per più di nove anni.
- Alla luce dei suddetti principi di diritto devono essere ora esaminati i motivi dei ricorsi per cassazione proposti dalla Manas s.r.l. e dalla H3G s.p.a..
- Il ricorso della Manas s.r.l. si articola in tre motivi.
- Con il primo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1105 c.c.. Nel mezzo di ricorso la Manas s.r.l. premette, in linea di fatto, che il contratto, da lei qualificato come locazione, tra Manas s.r.l. e la Blu s.p.a. (cui era poi subentrata la cessionaria di ramo d’azienda H3G s.p.a.), avente ad oggetto «gli spazi di metri quadrati 10 e lo spazio di copertura necessario per l’istallazione di supporti di antenna e delle relative antenne» (pag. 18, ultimo capoverso, del ricorso Manas), era stato stipulato quando gli unici due condomini del fabbricato di Salita (omissis…), erano la medesima locatrice Manas s.r.l. e la società Sac s.r.l. e che quest’ultima società non si era in alcun modo opposta alla conclusione di detto contratto ed alla installazione dell’impianto de quo. Sempre in linea di fatto, nel mezzo di ricorso si deduce altresì che, nella specie, il contratto concluso tra Manas s.r.l. e la Blu s.p.a era stato ratificato anche da coloro che erano entrati a far parte del condominio dopo la conclusione dello stesso, sia, per taluni di loro, mediante apposita clausola contenuta nel contratto di trasferimento dell’unità immobiliare, sia, per tutti, mediante l’unanime approvazione del regolamento contrattuale di condominio che dava atto dell’esistenza della servitù relativa alla installazione dell’impianto di telefonia sul tetto condominiale.
41.1. Sulla scorta di tale premessa, la ricorrente assume che la Corte di appello di Genova, nell’affermare che il suddetto contratto costituirebbe un atto di appropriazione e non un atto di gestione della cosa comune, avrebbe violato il principio, desumibile dal disposto dell’articolo 1105 c.c., che sugli immobili oggetto di comunione concorrono, in difetto di prova contraria, pari poteri gestori da parte di tutti i comproprietari, in virtù della presunzione che ognuno di essi operi con il consenso degli altri o quanto meno della maggioranza dei partecipanti alla comunione.
La ricorrente richiama, quindi, i precedenti di questa Corte che hanno affermato che ciascun condomino può stipulare un contratto di locazione avente ad oggetto parti condominiali dell’edificio, trattandosi di atto di ordinaria amministrazione per il quale deve presumersi sussistente il consenso degli altri condomini (sentt. nn. 1662/2005, 9879/2005, 19929/2008) e argomenta che «l’interesse del condominio andava valutato all’epoca della stipula del contratto di locazione» (pag. 23, penultimo capoverso, del ricorso).
41.2. Il motivo va disatteso perché non risulta pertinente alla ratio decidendi) la Corte ligure non pone in discussione il principio che ciascun condomino può compiere atti di gestione delle parti comuni nell’interesse di tutti i condomini (che si presumono mandanti impliciti fino a prova contraria), ma afferma che quel contratto – che anche tale Corte, al pari della ricorrente, qualifica come contratto di locazione – non costituiva un atto di gestione delle parti comuni nell’interesse di tutti i condomini, ma un atto di utilizzazione (indiretta) individuale della cosa comune; più precisamente, un atto compiuto della Manas – unica percettrice, si precisa in sentenza (pag. 4, rigo 18) dei canoni contrattuali – per conto e nell’interesse proprio e non per conto e nell’interesse della collettività condominiale.
Il principio evocato nel mezzo di impugnazione in esame, secondo il quale deve presumersi che gli atti di ordinaria amministrazione stipulati da un condomino in relazione a parti condominiali dell’edificio sia sorretto dal consenso degli altri condomini, concerne, infatti, gli atti che il singolo condomino abbia compiuto in relazione a parti comuni dell’edificio condominiale per conto e nell’interesse del condominio.
La vicenda che forma oggetto del presente giudizio, per contro, è stata ricostruita dalla Corte territoriale, con accertamento di fatto non contestato nel mezzo di ricorso, nei termini, radicalmente difformi, di un contratto concluso da un condomino per conto e nell’interesse proprio, la cui esecuzione implicava un intervento sul lastrico solare incompatibile con il diritto degli altri condomini di fare parimenti uso del medesimo lastrico, secondo il disposto dell’articolo 1102 c.c.; donde la non pertinenza dell’ argomento della difesa Manas s.r.l. secondo cui «l’interesse del condominio andava valutato all’epoca della stipula del contratto di locazione» (pag. 23, penultimo capoverso, del ricorso per cassazione).
41.2.1. Quanto poi al rilievo, pure svolto nel mezzo di ricorso in esame, sulla portata della previsione del regolamento contrattuale che dava atto dell’esistenza della servitù relativa alla installazione dell’impianto di telefonia sul tetto condominiale, si tratta di censura inammissibile, in quanto investe l’ interpretazione del regolamento condominiale operata .dal giudice di merito, la quale, secondo il costante orientamento di questa Corte, non può essere sindacata in cassazione se non mediante la denuncia della violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale che sarebbero state violate, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività del preteso errore (tra le tante, Cass. 1406/2007).
- Col secondo motivo la Manas s.r.l. denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1102 e 1559 (recte: 1599) c.c. e sostiene la legittimità dell’uso da lei fatto della cosa comune cedendo ad un terzo la detenzione di una porzione del tetto.
42.1. La doglianza sviluppata nel secondo mezzo di impugnazione del ricorso principale si articola in due censure. La prima censura concerne l’affermazione dell’impugnata sentenza secondo cui l’articolo 1102 c.c. consentirebbe a ciascun condomino di fare uso delle parti condominiali dell’edificio solo in forma diretta e non anche in forma indiretta (vale a dire mediante la cessione a terzi di una porzione del bene condominiale). La seconda censura concerne l’affermazione dell’impugnata sentenza secondo cui la presenza del traliccio sul lastrico solare sarebbe incompatibile con il pari uso degli lastrico stesso da parte degli altri condomini.
42.2. La seconda delle due censure menzionate nel paragrafo precedente va giudicata inammissibile, perché attinge un giudizio di fatto della Corte territoriale – alla cui stregua la collocazione fissa sul lastrico solare di un traliccio costituiva un uso «invasivo incompatibile con le simultanea utilizzazione del bene comune – sia pure potenziale con modalità diverse – da parte degli altri condomini» (pag. 5, rigo 6, della sentenza) che non può essere censurato tramite la denuncia di un vizio di violazione di legge.
42.3. In ragione della inammissibilità della censura menzionata nel paragrafo precedente, la statuizione di incompatibilità della presenza del traliccio con il diritto degli altri condomini di fare parimenti uso del lastrico solare resiste all’impugnazione. Risulta conseguentemente irrilevante, ai fini del decidere, la questione di diritto posta con la prima censura, concernente la possibilità, per il singolo comproprietario, di servirsi della cosa comune in forma indiretta; l’uso della cosa comune da parte del singolo comproprietario, quand’anche lo si ritenga ammissibile in forma indiretta, non può comunque mai eccedere il limite, fissato dall’articolo 1102 c.c., del diritto degli altri comproprietari di fare parimenti uso della cosa.
- Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1372 e 1599 c.c. in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa trascurando, quanto alla prima disposizione, che il contratto sarebbe stato «tutt’ora efficace ex art. 1372 c.c., non essendo stato sciolto né per mutuo consenso né per altre causa» e, quanto alla seconda disposizione, che, per il principio emptio non tollit locatum, il contratto concluso tra la Manas s.r.l. e la Blu s.p.a. sarebbe stato opponibile ai condomini che erano entrati a far parte del condominio acquistando la propria unità immobiliare dalla Manas s.r.l. dopo la stipula di detto contratto.
43.1. La censura relativa alla violazione dell’articolo 1372 c.c. è priva di pregio; qui non è in discussione l’efficacia del contratto tra la Manas s.r.l. e la H3G s.p.a., bensì il diritto della Manas s.p.a di fare del lastrico solare un uso indiretto che, secondo l’accertamento della Corte di merito, impedisce il diritto degli altri condomini di fare parimenti uso di tale lastrico ai sensi dell’articolo 1102 c.c.
43.2. La censura relativa alla violazione dell’articolo 1599 c.c., che concerne la statuizione di accoglimento della domanda dei condomini sigg.ri Br., Mu. e Ce., va invece giudicata fondata. Va premesso che nell’impugnata sentenza il contratto de quo è stato qualificato come contratto di locazione e su tale qualificazione negoziale operata dalla Corte territoriale non vi è censura dal parte dei ricorrenti.
Va ancora premesso che, come emerge anche dalla narrativa dell’impugnata sentenza (pag. 3, rigo 3), il contratto sottoscritto da Manas s.r.l. e Blu s.p.a. aveva data certa e che, per altro verso, non risulta – né viene dedotto nel ricorso per cassazione della Manas s.r.l. (né nel ricorso per cassazione della H3G s.p.a.) -che detto contratto sia stato trascritto nei registri immobiliari. Ciò posto, il Collegio rileva che – a prescindere dalla distinzione tra contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale e contratto di locazione (che, per quanto illustrato nel § 30, non implica differenze di disciplina ai fini che rilevano in questa sede) -nella specie trova applicazione, alla luce di principi di diritto enunciati nel § 38, il disposto dell’articolo 1599 c.c.
L’impugnata sentenza risulta pertanto errata là dove ha accolto la domanda dei sigg.ri Br., Mu. e Ce. senza verificare se ai medesimi fosse opponibile, ed in quali limiti, il contratto con cui la Manas s.r.l. ha concesso alla Blu s.p.a. (cui è poi succeduta la H3G s.p.a.) il diritto di installare un ripetitore su una porzione del lastrico solare del fabbricato.
Ai fini di tale verifica era necessario accertare se i sigg.ri Br., Mu. e Ce. avessero acquistato da Manas s.r.l. la loro unità immobiliare (e, con la stessa, la pertinente quota millesimale del lastrico che la medesima Manas s.r.l. aveva concesso ad aedificandum alla Blu s.p.a.), se tale acquisto fosse successivo alla stipula del contratto tra la Manas s.r.l. e la Blu s.p.a (per gli effetti di cui ai commi primo e terzo dell’art. 1599 c.c.) e se essi si fossero impegnati nei confronti dell’alienante Manas s.r.l. a rispettare il medesimo (per gli effetti di cui al comma quarto dell’art. 1599 c.c.)
- Il ricorso della Manas s.r.l. va quindi, in definitiva, accolto limitatamente al terzo motivo, in relazione alla denuncia di violazione dell’articolo 1599 c.c.
- Il ricorso della H3G s.p.a. si articola in quatto motivi.
45.1. Con il primo motivo la H3G s.p.a. deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1103 e 1105 c.c. in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa disconoscendo il diritto della condomina Manas s.r.l. di stipulare un contratto di locazione avente ad oggetto una porzione del lastrico solare condominiale. La doglianza risulta sovrapponibile a quella svolta nella prima parte del primo mezzo del ricorso della Manas s.r.l. (cfr il § 41.1 che precede), giacché, in sostanza, lamenta la violazione del principio che ciascun condomino può esercitare poteri gestori sulla cosa comune.
45.2. Il secondo motivo del ricorso della H3G s.p.a. censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 1106 c.c., con riferimento alla clausola del regolamento di condominio che ha riconosciuto l’esistenza del diritto a mantenere l’impianto sul tetto comune del fabbricato. Con il mezzo di impugnazione in esame la H3G s.p.a. propone una doglianza analoga a quella svolta nella seconda parte del primo mezzo del ricorso della Manas s.r.l. (cfr il § 41.2.1 che precede), contestando, in sostanza, l’interpretazione del regolamento condominiale operato dalla Corte d’appello, là dove questa ha escluso che il riferimento al diritto di servitù contenuto in tale regolamento potesse riferirsi all’impianto in contestazione (cfr. pag. 5, rigo 8, della sentenza: «la clausola del regolamento di condominio, che menziona l’esistenza di una servitù sul tetto del caseggiato, non è riferibile all’impianto in contestazione»).
45.3. Con il terzo motivo del ricorso della H3G s.p.a. – sostanzialmente sovrapponibile al secondo motivo del ricorso della Manas s.r.l. – si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1102 c.c. in cui la Corte ligure sarebbe incorsa ritenendo che la presenza del ripetitore fosse incompatibile con i limiti posti da tale disposizione all’uso individuale della cosa comune; nel motivo si argomenta che la collocazione del ripetitore non modificherebbe la destinazione funzionale del lastrico solare, né pregiudicherebbe l’uso del medesimo da parte degli altri condomini.
45.4. Con il quarto motivo del ricorso la H3G s.p.a. deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1126 e 2056 c.c., con riferimento all’art. 115 c.p.c, in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa rigettando la domanda da lei proposta nei confronti della Manas s.r.l. per il risarcimento del danno conseguito alla rimozione delle apparecchiature. In particolare, nel mezzo di ricorso si attinge l’argomentazione dell’impugnata sentenza secondo cui la H3G s.p.a. non avrebbe fornito la prova del danno lamentato e si censura il mancato ricorso, da parte della Corte ligure, ai poteri giudiziali di liquidazione equitativa del danno.
45.6. Tutti i suddetti motivi, e quindi l’intero ricorso della H3G s.p.a., risultano assorbiti dall’accoglimento del terzo mezzo del ricorso della Manas s.r.l., che impone la cassazione con rinvio dell’impugnata sentenza.
- In conclusione deve accogliersi il terzo mezzo del ricorso principale della Manas s.r.l., rigettati gli altri, con assorbimento del ricorso incidentale della H3G s.p.a. L’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, che si atterrà ai principi di diritto enunciati nel paragrafo 38 e regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.