Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 30 luglio 2021 n. 21983
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano violazione dell’art. 352 c.p.c., art. 117 disp. att. c.p.c., art. 24 Cost., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Si dolgono che la corte di merito abbia deciso “senza che il Relatore facesse la prevista esposizione dei fatti di causa”, laddove la “discussione orale avanti al Giudice di Appello” deve “essere preceduta obbligatoriamente dalla relazione del Consigliere cui essa è affidata dal Presidente, trattandosi di momento importante per la strategia difensiva, perché permette di sapere in anticipo quale sia l’insieme dei fatti ritenuti rilevanti dal relatore, consentendo così di interloquirvi, correggendone, se del caso, l’impostazione o integrandola od anche solo trascurandola, per dar maggior peso alle altre questioni non trattate”.
Lamentano essere stato “concesso, interrompendo lo svolgimento delle difese orali, appena 1 minuto… alla difesa delle parti appellanti di ulteriore discussione prima di toglierle la parola, praticamente costringendo il legale a terminare la sua arringa illico et immediate dopo circa appena 10 minuti dall’inizio della stessa”, sicché “la limitatezza del tempo concesso dalla Corte, con un preavviso di appena 1 minuto per la conclusione di un discorso ancora non compiuto ha rappresentato un vulnus dei poteri difensivi garantiti alla difesa dalla Costituzione, specie laddove la materia imponeva una trattazione pur sobria, ma di un certo respiro storico ed Europeistico”.
Il motivo, oggetto di espressa rinunzia in udienza da parte dei difensori dei ricorrenti, è inammissibile per sopravvenuta carenza d’interesse.
Trattasi di rinunzia che, non importando disposizione del diritto in contesa, costituisce mera estrinsecazione della linea di difesa adottata nell’esercizio della discrezionalità tecnica spettante nell’impostazione della lite al difensore, che nell’espletamento del mandato sceglie in piena autonomia la condotta tecnico-giuridica ritenuta più confacente agli interessi del proprio rappresentato (cfr. Cass., 17/3/2006, n. 5905; Cass., 23/1/1995, n. 722; Cass., 16/2/1989, n. 934; Cass., 12/12/1986, n. 7387), non essendo pertanto richiesta alcuna specifica autorizzazione al riguardo da parte di quest’ultimo. Con il 2 motivo i ricorrenti denunziano violazione dell’art. 2054 c.c., artt. 122 e 144 Cod. ass., art. 132 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Con il 3 motivo denunziano violazione degli artt. 11 e 117 Cost., art. 267 TFUE, artt. 122 e 144 Cod. ass., art. 2054 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
Si dolgono che con “una serie di apodittiche affermazioni, tra loro quasi tutte inconciliabili”, deponenti per una “motivazione largamente al di sotto del minimo costituzionale”, la corte di merito abbia nell’impugnata sentenza prestato “incondizionata adesione” all'”orientamento giurisprudenziale tralatizio, per il quale la vittima di un sinistro da circolazione veicolare in Italia può vantare azione diretta, nei confronti dell’assicuratore della responsabilità civile del veicolo responsabile, solo se il sinistro sia avvenuto su strade pubbliche o su aree a queste equiparate”, pervenendo conseguentemente ad escluderne l’esperibilità “nel caso in esame, caratterizzato da un investimento di un bambino da parte del camper dell’appellata M.T. , in un luogo privato, tra il giardino e la rampa di accesso del garage dell’abitazione degli attori…, sul quale non vigeva la copertura assicurativa obbligatoria di cui all’art. 122 CdA”, non potendo il medesimo “equipararsi in alcun modo “a strada pubblica, non avendovi libero accesso un numero indeterminato di persone””.
Lamentano essersi dalla corte di merito del tutto apoditticamente escluso che tale orientamento giurisprudenziale sia in contrasto con quanto affermato dalla Corte di Giustizia nella sentenza resa nella causa C-162/2013 e nelle pronunzie successive, la dove è pervenuta a delineare una nozione di “circolazione dei veicoli” estesa a “qualunque uso di un veicolo che sia conforme alla funzione abituale dello stesso”.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.
È rimasto nel giudizio di merito accertato che il 16/5/2008, alla guida del camper tg. (omissis), di proprietà della figlia T. e assicurato per la r.c.a. con la società Vittoria Assicurazioni s.p.a., mentre effettuava le manovre per farlo uscire -tramite una rampa-dal box garage privato e posizionarlo nello spazio cortilizio dell’inerente e recintata abitazione privata in vista della relativa immissione nella pubblica Via Carrettuzza n. 40 nel Comune di Cappella Maggiore, il sig. M.F. ha mortalmente investito il nipotino P.D. (all’epoca di poco più di 1 anno) figlio della (altra) figlia L. .
La domanda dagli odierni ricorrenti originariamente proposta nei confronti della società Vittoria Assicurazioni s.p.a. di risarcimento dei danni rispettivamente lamentati iure proprio in conseguenza del decesso del congiunto D. è stata nel doppio grado del giudizio di merito rigettata per essere il sinistro occorso nella recintata area cortilizia interna tra il giardino e la rampa di accesso ad autorimessa di abitazione privata.
I giudici di merito hanno al riguardo argomentato dal principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità in base al quale la vittima di un sinistro stradale ha azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile solo allorquando il sinistro sia avvenuto su strade pubbliche o a queste equiparate, per tali ultime intendendosi anche le aree private dove sia consentita la circolazione a un numero indeterminato di persone, alle quali sia data la possibilità -giuridicamente lecita- di accesso da parte di soggetti diversi dai titolari di diritti su di essa, non venendo meno l’indeterminatezza dei soggetti che hanno detta possibilità pur quando essi appartengano tutti ad una o più categorie specifiche ovvero l’accesso avvenga per particolari finalità ed in particolari condizioni.
Nel dare atto che, avendo “acquisito valore di cosa giudicata il capo della sentenza che ha dichiarato l’inammissibilità della domanda di risarcimento proposta in primo grado dagli appellanti nei confronti di M. “, nella specie “non acquisisce rilievo alcuno” invero nemmeno “la circostanza che il contratto stipulato da M.T. prevedesse in concreto anche la copertura per sinistri verificatisi in aree private” in quanto “tale rapporto non è oggetto di valutazione”, nell’impugnata sentenza la corte di merito ha escluso l’applicabilità nella specie della copertura assicurativa per la r.c.a. per essere “il sinistro avvenuto tra il giardino e la rampa di accesso del garage di abitazione privata, area recintata, in alcun modo equiparabile a strada pubblica, non avendovi accesso libero un numero indeterminato di persone”.
Soluzione nell’impugnata sentenza ravvisata non contrastare “con quanto affermato nella pronuncia della Corte di Giustizia Europea resa il 4 settembre 2014 nella causa C-162/13”, là dove risulta in particolare sottolineato che “l’art. 3 § 1 della Direttiva Europea richiamata deve essere interpretato nel senso che rientra nella sua nozione di circolazione dei veicoli “qualunque uso di un veicolo che sia conforme alla funzione abituale dello stesso””, ritenendo la corte di merito che “tale principio… non consente affatto di trarre indicazioni circa l’incompatibilità con la normativa comunitaria delle limitazioni spaziali previste dalla normativa interna in materia di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile”, avendo “la Corte Europea… unicamente affermato che la copertura assicurativa deve estendersi ad ogni “uso conforme alla funzione abituale” del mezzo assicurato, senza affermare neppure indirettamente che la limitazione della copertura assicurativa obbligatoria ai sinistri verificatisi in strada pubblica o area ad essa equiparata sia in contrasto con la normativa comunitaria”.
Nel dare atto che le Sezioni Unite del 2015 hanno precisato che “per l’operatività della garanzia per la r.c.a. è necessario il mantenimento da parte del veicolo, nel suo trovarsi sulla strada di uso pubblico o sull’area ad essa parificata, delle caratteristiche che lo rendono tale sotto il profilo concettuale e, quindi, in relazione alle sue funzionalità, sia sotto il profilo logico che sotto quello di eventuali previsioni normative, risultando, invece, indifferente l’uso che in concreto si faccia del veicolo, sempreché esso rientri in quello che secondo le sue caratteristiche il veicolo stesso può avere”; e nell’osservare che l’applicazione di tale principio può rendere coerente la normativa italiana con la “giurisprudenza Eurounitaria” quanto al concetto di circolazione stradale (anche) ai fini dell’operatività della garanzia per la r.c.a., la Terza Sezione rimettente ha sottolineato, da un canto, come le Sezioni Unite del 2015 non abbiano in effetti ex professo esaminato il principio posto da Corte Giust., 4/8/2014, C-162/13 secondo cui l’art. 3, § 1, Direttiva 72/166/CEE del Consiglio del 24/4/1972 -c.d. 1 Direttiva auto-(relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in fatto di autoveicoli e di controllo dell’obbligo di assicurazione di tale responsabilità) deve essere interpretato nel senso che rientra nella nozione di “circolazione dei veicoli” qualunque uso di un veicolo che sia “conforme alla funzione abituale dello stesso”.
Per altro verso, che l’affermazione del suindicato principio non esclude la possibilità di “sostenersi, come fatto dalla Corte territoriale”, che “il precedente sovranazionale sia rivolto a delimitare, ai fini in parola, il concetto di uso del veicolo piuttosto che quello dell’area in cui esso viene svolto”.
La Sezione rimettente pone in rilievo che la suindicata pronunzia della Corte di Giustizia del 2014 ha individuato “quale uso del veicolo sia rilevante ai fini dell’obbligo di responsabilità civile “auto””, escludendo altresì che possa al riguardo attribuirsi rilievo alcuno alle “caratteristiche del terreno” su cui l’automezzo è utilizzato. Statuizioni successivamente confermate da Corte Giust., grande sezione, 28/11/2017, C-514/16 (con riferimento a sinistro concernente trattore agricolo “fermo su una pista sterrata di un’azienda agricola”), Corte Giust., 20/12/2017, C-334/16 (con riferimento a sinistro avvenuto su campo militare a ufficiale dell’esercito a bordo di veicolo ivi circolante), Corte Giust., 20/6/2019, C-100/18 (con riferimento ad incendio di automezzo in autorimessa privata).
Nel sottolineare l’impossibilità di prescindere dall’interrelazione delle – pur distinte – discipline ex art. 2054 c.c. e dell’assicurazione per la r.c.a., la Sezione rimettente ha posto la questione se l’art. 122 Cod. ass. possa e debba interpretarsi conformemente alla giurisprudenza Eurounitaria, nel senso che la circolazione su aree equiparate alle strade di uso pubblico debba intendersi come quella effettuata su ogni spazio ove il veicolo possa essere utilizzato in modo conforme alla sua funzione abituale. Al quesito deve darsi risposta positiva.
Atteso che, come osservato dalla Sezione rimettente la disciplina posta all’art. 2054 c.c. e quella in tema di assicurazione obbligatoria per la r.c.a. risultano imprescindibilmente connesse, in quanto “quest’ultima, quale necessariamente desumibile dalla normativa comunitaria, si riverbera sull’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’assicuratore”, va sottolineato come queste Sezioni Unite, chiamate a definirne il concetto ai fini dell’assicurazione obbligatoria di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 1, abbiano già avuto modo di affermare che la circolazione ex art. 2054 c.c. include (anche) la posizione di arresto del veicolo, in relazione sia all’ingombro da esso determinato sugli spazi addetti alla circolazione sia alle operazioni propedeutiche alla partenza o connesse alla fermata, nonché rispetto a tutte le operazioni che il veicolo è destinato a compiere e per il quale può circolare sulle strade.
Hanno altresì precisato che la norma di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 1 non prevede, quale presupposto per l’obbligo assicurativo e quindi per l’operare della relativa garanzia, che il veicolo sia utilizzato in un certo modo piuttosto che in un altro. A tale stregua, sono pervenute a ravvisare nell’utilizzazione del veicolo conforme alla funzione abituale dello stesso il criterio decisivo ai fini della determinazione dell’ambito della copertura assicurativa obbligatoria per la r.c.a., pur senza ex professo esaminare il concetto di circolazione in termini di riferimento spaziale previsto per l’assicurazione obbligatoria (la circostanza cioè dell’essere “il veicolo in circolazione su “strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate”,… non è qui in discussione”: così Cass., Sez. Un., 29/4/2015, n. 8620).
Nel prendere atto dell’orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità in base al quale a quest’ultimo riguardo rilevano non solo le strade di uso pubblico, ma anche le proprietà che ancorché di natura privata siano aperte all’utilizzazione da parte di un numero indeterminato di persone (anche) diverse dai titolari di diritti su di essa cui sia data la possibilità -giuridicamente lecita- di accesso, non venendo meno il requisito dell’indeterminatezza dei soggetti pur quando essi appartengano tutti ad una o più categorie specifiche, nonché quando l’accesso avvenga per particolari finalità ed in particolari condizioni, le Sezioni Unite hanno posto in rilievo che “l’art. 2054 c.c., pur costituendo la trasposizione di una norma del C.d.S. del 1933, non fa specifico riferimento alle norme sulla circolazione stradale, ma impone uno standard comportamentale che è suscettibile di essere riferito a qualsiasi utilitas traibile dal veicolo in conformità alle sue caratteristiche strutturali e funzionali. Il che non vuol dire ancorare l’operatività della garanzia assicurativa alla mera occasione dell’allocazione del veicolo sulla strada pubblica o su area ad essa parificata; quanto piuttosto valorizzare proprio quella interazione tra veicolo e circolazione che è il fondamento della particolare ipotesi di responsabilità “da attività pericolosa” che è quella di cui all’art. 2054 c.c..
Hanno ulteriormente sottolineato che, dovendo ” il “veicolo”… essere considerato, in tutte le sue componenti e con tutte le caratteristiche, strutturali e funzionali, che, sia sotto il profilo logico che sotto quello di eventuali previsioni normative, ne consentono l’individuazione come tale ai sensi del C.d.S.“, costituisce “circolazione del veicolo” ai sensi dell’art. 2054 c.c. “l’uso” che di esso si compia su aree destinate alla circolazione -sempreché sia quello che secondo le sue caratteristiche il veicolo può avere”, con la conseguenza che “la copertura assicurativa deve riguardare tutte le attività cui il veicolo è destinato e per cui lo stesso circola su strada di uso pubblico o su area equiparata” (v. Cass., Sez. Un., 29/4/2015, n. 8620).
Hanno dunque statuito che per l’operatività della garanzia per r.c.a. è necessario che il veicolo, nel trovarsi sulla strada di uso pubblico o sull’area ad essa parificata, mantenga le caratteristiche che lo rendano tale in termini concettuali, e, quindi, in relazione alle sue funzionalità, non solo sotto il profilo logico ma anche delle eventuali previsioni normative, risultando invece indifferente l’uso che in concreto se ne faccia, sempreché esso rientri nelle caratteristiche del veicolo medesimo, la copertura assicurativa dovendo riguardare tutte le attività cui il veicolo è destinato e per cui lo stesso circola su strada di uso pubblico o su area equiparata.
Orbene, emerge evidente come già in base a tali criteri risulti invero superata la possibilità di escludersi l’applicabilità dell’azione diretta come affermato, con riferimento alla L. n. 990 del 1969, artt. 1 e 18, da Cass. n. 8090 del 2013 in relazione a sinistro verificatosi sulla rampa di accesso ad un garage, in ragione del ravvisato -a prescindere dalla natura pubblica o privata dell’area di relativa collocazione- numero determinato di persone aventi titolo (v. Cass., 3/4/2013, n. 8090. Cfr. altresì Cass., 6/6/2006, n. 13254, con riferimento ad area cortilizia interna adibita a servizio dei condomini. Per l’affermazione, in applicazione di tale principio, della copertura assicurativa relativamente ad area di parcheggio per gli utenti di ipermercato v. Cass., 23/7/2009, n. 17279).
La qualità di proprietario o comproprietario o avente diritto ad altro titolo, e le particolari finalità e particolari condizioni dell’accesso e dell’utilizzazione escludono infatti il venir meno del requisito di indeterminatezza in argomento (cfr., con riferimento a cantiere ove potevano accedere coloro che vi lavoravano e chi aveva rapporti commerciali con l’impresa, Cass., 28/6/2018, n. 17017; si pensi altresì all’ospite o a chi sia per errore entrato in un garage condominiale privato e cagioni colposamente un sinistro).
Attesa l’irrilevanza della natura pubblica o privata dell’area di circolazione -anche in fase statica, preliminare o successiva-, nonché del tipo di uso (cfr., con riferimento all’apertura degli sportelli, cfr. Cass. 29/2/2008, n. 5505; Cass., 6/6/2002, n. 8216; relativamente alla posizione di arresto del veicolo sul quale sia in atto il compimento, da parte del conducente, di operazioni prodromiche alla messa in marcia, Cass., 21/9/2005, n. 18618; Cass., 5/7/2004, n. 12284. E già Cass., 24/7/1987, n. 6445) che del mezzo (v. con riferimento anche ai locomobili, ai trattori, ai carri-attrezzi, ai compressori e simili, Cass., 16/6/1953, n. 1783) si faccia (cfr. Cass., Sez. Un., 29/4/2015, n. 8620, e, da ultimo, Cass., 28/5/2020, n. 10024), è allora l’utilizzazione del veicolo in modo conforme alla sua funzione abituale ad assumere fondamentale rilievo costituendo, in luogo di quello del “numero indeterminato di persone”, il criterio di equiparazione alle strade di uso pubblico di ogni altra area o spazio ove sia avvenuto il sinistro.
Il criterio discretivo cui assegnare rilievo ai fini della determinazione dell’estensione della copertura assicurativa per la r.c.a. deve dunque rinvenirsi nell’uso del veicolo conforme alla sua funzione abituale. A tale stregua, per l’assicurato-danneggiante (non anche per i terzi: cfr. Cass., 3/8/2017, n. 19368) rimane allora non coperta da assicurazione per la r.c.a. solamente l’ipotesi dell’utilizzazione del veicolo in contesti particolari ed avulsi dal concetto di circolazione sotteso dalla disciplina di cui all’art. 2054 c.c. e alla disciplina posta dal Codice delle Assicurazioni private, non aventi cioè diretta derivazione e specifico collegamento con quella del codice della strada (cfr. Cass., 30/7/1987, n. 6603) concernente l’uso quale mezzo di trasporto, secondo lo scopo che -a prescindere dal tipo di accessibilità del luogo su cui avvenga- “secondo le sue caratteristiche il veicolo stesso può avere” (v. Cass., Sez. Un., 29/4/2015, n. 8620. Cfr. altresì Cass., 29/11/2018, n. 30838; Cass., 19/2/2016, n. 3257; Cass., 21/7/1976, n. 2881).
Ipotesi da ravvisarsi essenzialmente nell’utilizzazione di mezzo non rientrante tra i veicoli disciplinati dal codice della strada (v., con riferimento a scontro tra una autovettura ed uno sciatore su pista da sci, Cass., 20/10/2016, n. 21254; Cass., 30/7/1987, n. 6603) ovvero di utilizzazione anomala del veicolo, non conforme alle sue caratteristiche e alla sua funzione abituale, come allorquando venga ad esempio utilizzato come arma per investire e uccidere persone (cfr., da ultimo, Cass., 3/8/2017, n. 19368. Cfr. altresì, con riferimento al danno derivante da fatto doloso a carico del F.G.V.S., Cass., 17/5/1999, n. 4798).
L’interpretazione estensiva nei suindicati termini della nozione di “circolazione” su “aree… equiparate” alle “strade di uso pubblico” di cui all’art. 122 Cod. ass., oltre che costituzionalmente orientata, si appalesa invero conforme al diritto dell’U.E. (e in particolare alla nozione di circolazione posta all’art. 3, paragrafo 1, Direttiva 72/166/CEE del Consiglio del 24/4/1972 (c.d. “Prima direttiva”, non formalmente attuata dall’Italia essendo stata già data sostanzialmente attuazione ai relativi obblighi con la L. n. 990 del 1969), e ripresa nelle successive Direttiva 84/5/CE del Consiglio del 30/12/1983 (c.d. “Seconda direttiva”, attuata con L. n. 242 del 1990 e con L. n. 20 del 1991), Direttiva 90/232/CEE del Consiglio del 14/5/1990 (c.d. “Terza direttiva”, attuata con L. n. 142 del 1992 – Legge comunitaria 1991, che, come modificata dalla “Quinta direttiva”, all’art. 1 dispone che “l’assicurazione di cui all’art. 3, paragrafo 1” della Prima direttiva “copre la responsabilità per i danni alla persona di qualsiasi passeggero, diverso dal conducente, derivanti dall’uso del veicolo”), Direttiva 2000/26/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16/5/2000 (c.d. “Quarta direttiva”, attuata con D.Lgs. n. 190 del 2003, che ha modificato la Direttiva 1973/239/CEE e la Direttiva 1988/357/CEE), nonché finalmente all’art. 3, § 1, Direttiva 2009/103/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16/9/2009 (c.d. “Quarta direttiva”, indicata come “Direttiva 2009/103″, che ha abrogato le precedenti suindicate quattro Direttive, nonché la Direttiva 2005/14/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11/5/2005, di modifica delle dette precedenti quattro Direttive), secondo cui “Ogni Stato membro adotta tutte le misure appropriate, fatta salva l’applicazione dell’art. 5, affinché la responsabilità civile relativa alla circolazione dei veicoli che stazionano abitualmente nel suo territorio sia coperta da un’assicurazione”) come interpretato dalla Corte di Giustizia (v. Corte Giust., 4/9/2014, C- 162/13, emessa su domanda di pronunzia pregiudiziale ex art. 267 TFUE del giudice sloveno di interpretazione dell’art. 3, paragrafo 1, Direttiva 72/166/CEE in relazione a sinistro cagionato da trattore munito di rimorchio nel cortile di una casa colonica; Corte Giust., grande sezione, 28/11/2017, C-514/16, emessa su domanda di pronunzia pregiudiziale ex art. 267 TFUE del giudice portoghese di interpretazione dell’art. 3, paragrafo 1, Direttiva 72/166/CEE in relazione a sinistro cagionato da trattore fermo su pista sterrata ma con il motore acceso per azionare una pompa per lo spargimento di erbicida che provocò uno smottamento schiacciando una lavoratrice dell’azienda agricola); Corte Giust., 20/12/2017, C-334/16, emessa su domanda di pronunzia pregiudiziale ex art. 267 TFUE del giudice spagnolo di interpretazione dell’art. 3, paragrafo 1, Direttiva 72/166/CEE in relazione a sinistro avvenuto per ribaltamento di veicolo militare fuoristrada a ruote in una zona di un campo di manovre militari destinata al transito di mezzi cingolati; Corte Giust., grande sezione, 4/9/2018, C-80/17, emessa su domanda di pronunzia pregiudiziale ex art. 267 TFUE del giudice portoghese di interpretazione dell’art. 3, paragrafo 1, Direttiva 72/166/CEE in relazione a sinistro cagionato dal figlio del proprietario impossessatosi senza autorizzazione del veicolo parcheggiato nel cortile di casa senza avviare le pratiche di relativo ritiro dalla circolazione; Corte Giust., 20/6/2019, C-100/18, emessa su domanda di pronunzia pregiudiziale ex art. 267 TFUE del giudice spagnolo di interpretazione dell’art. 3, paragrafo 1, Direttiva 72/166/CEE in relazione a sinistro cagionato dall’incendio del circuito elettrico di veicolo parcheggiato da più di 24 ore nel garage privato di altro soggetto).
Interpretazione adeguatrice della norma di diritto interno a quella di diritto Europeo, al fine di conseguire il risultato da quest’ultima perseguito, in adempimento dell’obbligo posto all’art. 189, comma 3, Trattato CEE, e quindi all’art. 249, comma 3, Trattato UE (cfr. Corte Giust., 15/5/2003, C-160/01; Corte Giust., 13/11/1990, C-106/89; Cass., Sez. Un., 5/2/2013, n. 2595; Cass., Sez. Un., 16/3/2009, n. 6316, Cfr. altresì Cass., 25/11/2019, n. 30263; Cass., 3/3/2017, n. 5381; Cass., 8/2/2016, n. 2468: Cass., 11/9/2015, n. 17993; Cass., 11/12/2012, n. 22577; Cass., 15/10/2010, n. 21278; Cass., 8/10/2007, n. 21023).
Rimane conseguentemente esclusa la necessità di farsi luogo alla relativa disapplicazione diretta, difettandone invero i presupposti (cfr. Cass., 17/1/2019, n. 1068; Cass., 27/1/2017, n. 2046; Cass., 6/5/2015, n. 9127; Cass., 15/12/2010, n. 25320; Cass., Sez. Un., 19/05/2008, n. 12641. Cfr. altresì Corte Giust., 14/12/1995, C312/93).
Va sotto altro profilo sottolineato, avuto riguardo alla questione sollevata dalle parti e dal P.G. -nelle sue conclusioni scritte- in ordine alla natura e portata innovativa o meramente interpretativa della disposizione di cui all’art. 1, comma 3, Sezione II, dell’Allegato A (secondo cui “L’impresa assicura anche la responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione, dalla sosta, dalla fermata, dal movimento del veicolo e da tutte le operazioni preliminari e successive equiparate alla circolazione in qualsiasi area privata, ad esclusione…”), del Decreto (Ministero dello sviluppo economico) 11 marzo 2020, n. 54 (“Regolamento recante la definizione del “contratto base” di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, di cui al D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 22, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221“), e alla relativa applicabilità o meno nella specie, come debba escludersi che essa assuma rilievo in argomento.
Trattasi infatti di regolamento adottato D.P.R. n. 400 del 1988, ex art. 17, comma 3 (e non già ex comma 2 o comma 3), (recante “Disciplina dell’attività di governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri”), e pertanto non già di atto normativo bensì di mero atto amministrativo generale (cfr. Cass., 5/3/2007, n. 5062; Cass., 22/2/2000, n. 1962; Cass., Sez. Un., 28/11/1994, n. 10124), come tale in ogni caso insuscettibile di derogare a fonti normative.
Alla fondatezza, nei suesposti termini, del 2 e del 3 motivo consegue la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Milano, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.