Corte di Cassazione, III sezione – sentenza 31 maggio 2024 n. 15352
PRINCIPIO DI DIRITTO
“Va salvaguardato il principio della necessaria sussistenza, ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale ai sensi dell’art. 2059 c.c., (ove, come nella specie, non venga in rilievo un’ipotesi di reato, né, in particolare, una specifica fattispecie risarcitoria tipizzata ex lege), di una lesione di diritti inviolabili della persona, costituzionalmente tutelati, il quale, a sua volta, si innesta sul paradigma strutturale dell’illecito aquiliano, i cui elementi costitutivi, in base all’art. 2043 c.c., (e alle altre norme che prevedono ipotesi di responsabilità oggettiva), consistono nella condotta, nel nesso causale tra condotta ed evento di danno, connotato quest’ultimo dall’ingiustizia, determinata dalla lesione, non giustificata, di interessi meritevoli di tutela, e nel danno che ne consegue (c.d. “danno conseguenza”).
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2059 e 2697 cod. civ., 113, comma 2, cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che l’inadempimento contrattuale non può dare luogo a danni non patrimoniali se non nel caso di lesione di diritti fondamentali indisponibili e che l’art. 1226 presuppone l’accertamento dell’esistenza di un danno, che non può ritenersi in re ipsa.
- Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione 132 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la “necessarietà” del compenso per il disagio arrecato dal ritardo aereo costituisce affermazione apodittica, priva di valenza esplicativa ai fini della distinzione dall’evento ritardo dalla sua eventuale conseguenza dannosa.
- Il primo motivo è fondato.
Va premesso che non è oggetto di impugnativa l’applicazione alla fattispecie in esame, da parte del giudice del merito, della Convenzione di Montreal del 1999. Il giudice del merito, affermando che il ritardo aereo è sicuramente una fonte di disagio risarcibile, quale forma di responsabilità risarcitoria esistente in re ipsa, e richiamando il parametro del disagio in sede di apprezzamento della congruità della somma liquidata, ha commesso tre errori di diritto.
In primo luogo, il giudice del merito ha confuso evento di danno e danno conseguenza. Il ritardo aereo non è un danno conseguenza risarcibile, è l’evento di danno, corrispondente all’inadempimento della compagnia aerea, rispetto al quale, secondo il nesso di causalità giuridica ai sensi dell’art. 1223 cod. civ., deve valutarsi la sussistenza di una conseguenza pregiudizievole, suscettibile di risarcimento. L’accertamento del ritardo aereo non è ancora quindi l’accertamento del danno risarcibile. Una volta accertato l’inadempimento, deve apprezzarsi se sussista un pregiudizio risarcibile.
In secondo luogo, il danno risarcibile è stato riconosciuto come in re ipsa, il che vuol dire pretermettere la necessaria distinzione fra danno evento e danno conseguenza, appena richiamata. Riconoscere l’esistenza di un danno in re ipsa significa, infatti, affermare che l’evento di danno di per sé è meritevole di risarcimento, senza apprezzare se quell’evento abbia prodotto conseguenze pregiudizievoli, e dunque ignorando il nesso di causalità giuridica.
In terzo luogo, stimando risarcibile il mero disagio, il giudice del merito ha violato il principio di diritto secondo cui il danno non patrimoniale derivante dalla lesione dei diritti inviolabili della persona è risarcibile a condizione che l’interesse leso abbia rilevanza costituzionale, che la lesione dell’interesse sia grave (nel senso che l’offesa superi la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale), che il danno non sia futile (e, cioè, non consista in Corte di Cassazione – copia non ufficiale 5 meri disagi o fastidi) e che, infine, vi sia specifica allegazione del pregiudizio, non potendo assumersi la sussistenza del danno in re ipsa (Cass. n. 33276 del 2023, la quale ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, nel riconoscere a un passeggero la compensazione pecuniaria di cui al Regolamento CE n. 261 del 2004, gli aveva negato il risarcimento del danno non patrimoniale conseguente all’impossibilità di partecipare alle esequie del padre, a causa della cancellazione del volo).
Questa Corte ha pur dato rilievo alla circostanza del gravissimo ritardo. Si è, infatti, affermato che in caso di viaggio ferroviario con gravissimo ritardo e in pessime condizioni, spetta al passeggero il risarcimento, per inadempimento contrattuale, dei danni non patrimoniali derivanti dalla lesione – purché seria, grave e tale da non tradursi in meri disagi, fastidi, disappunti, ansie e generiche insoddisfazioni – delle libertà costituzionali di autodeterminazione e di movimento, senza che la specifica previsione normativa di un indennizzo correlato alla cancellazione o all’interruzione o al ritardo del servizio ferroviario valga di per sé ad escludere la risarcibilità di ulteriori pregiudizi subiti dal viaggiatore […].
Ma, come si evince da tale principio di diritto, il danno non patrimoniale risarcibile non può essere ravvisato nel mero disagio, come ha invece fatto il giudice del merito. Più in generale, deve darsi continuità all’indirizzo di questa Corte, secondo cui, ai sensi della Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 in materia di trasporto aereo internazionale, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge n. 12 del 2004, ove il vettore aereo internazionale si renda responsabile del ritardo nella consegna al passeggero del Corte di Cassazione – copia non ufficiale 6 proprio bagaglio (art. 19 della Convenzione), la limitazione della responsabilità risarcitoria dello stesso vettore, fissata dall’art. 22, n. 2, della Convenzione nella misura di mille diritti speciali di prelievo per passeggero, opera in riferimento al danno di qualsiasi natura patito dal passeggero medesimo e, dunque, non solo nella sua componente meramente patrimoniale, ma anche in quella non patrimoniale, da risarcire, ove trovi applicazione il diritto interno, ai sensi dell’art. 2059 c.c., quale conseguenza seria della lesione grave di diritti inviolabili della persona, costituzionalmente tutelati (Cass. n. 14667 del 2015; n. 4996 del 2019).
Come in particolare affermato da Cass. n. 14667 del 2015, va salvaguardato «il principio della necessaria sussistenza, ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale ai sensi dell’art. 2059 c.c., (ove, come nella specie, non venga in rilievo un’ipotesi di reato, né, in particolare, una specifica fattispecie risarcitoria tipizzata ex lege), di una lesione di diritti inviolabili della persona, costituzionalmente tutelati, il quale, a sua volta, si innesta sul paradigma strutturale dell’illecito aquiliano, i cui elementi costitutivi, in base all’art. 2043 c.c., (e alle altre norme che prevedono ipotesi di responsabilità oggettiva), “consistono nella condotta, nel nesso causale tra condotta ed evento di danno, connotato quest’ultimo dall’ingiustizia, determinata dalla lesione, non giustificata, di interessi meritevoli di tutela, e nel danno che ne consegue” (c.d. “danno conseguenza”; cfr., tra le altre, la citata Cass., sez. un., n. 26972 del 2008)».
In dottrina si è criticamente osservato che tale indirizzo interpretativo non considera che la fattispecie tipizzata risarcitoria ex lege è presente (da cui la non necessità di attingere alla fonte costituzionale) ed è l’art. 22 della Convenzione di Montreal che, secondo la Corte di giustizia (Corte giust. 6 maggio 2010, C-63/09 ed altre), contempla non solo il danno patrimoniale, ma anche il «danno morale».
Di contro, va obiettato che l’art. 22 […] fissa esclusivamente il limite della responsabilità risarcitoria. Tale limite, per la Corte di giustizia, sussiste anche per il danno morale, il che presuppone che, secondo il giudice euro-unitario, sia riconoscibile anche il danno morale ma, dato che l’art. 22 non indica gli elementi costitutivi della relativa fattispecie, limitandosi a presupporne l’esistenza nell’ordinamento, inevitabilmente deve farsi capo ai diritti nazionali, cui deve intendersi la disposizione convenzionale rinvii, per l’identificazione delle condizioni di risarcibilità del danno non patrimoniale.
- L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo motivo.
- Poiché non sono necessari ulteriori accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito. Il fatto accertato dal giudice del merito è quello del mero disagio. Per quanto sopra osservato, non corrisponde al mero disagio un danno risarcibile, per cui la domanda va rigettata.
- Il consolidarsi della giurisprudenza determinante nel corso dei vari gradi processuali costituisce ragione di compensazione delle spese, sia per i gradi di merito che per il giudizio di legittimità.