Cass. pen., VI, ud. dep. 07.02.2022, n. 4149
MASSIMA
Non ricorrono profili di nullità o di inutilizzabilità dei risultati di intercettazioni telefoniche nel caso di spostamento del luogo di intercettazione in altro luogo o ambiente, se questo è funzionale alla captazione di un determinato incontro in ambientale. Si ammette, pertanto, lo spostamento del luogo di captazione in caso di trasferimento di cella o di casa, ovvero di acquisto di diverso veicolo.
Costituiscono fonte diretta di prova della colpevolezza dell’imputato gli indizi raccolti nel corso delle intercettazioni telefoniche – anche di quelle captate fra terzi, dalle quali emergano elementi di accusa nei confronti dell’indagato -, i quali non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni qualora siano: gravi, cioè consistenti e resistenti alle obiezioni e quindi attendibili e convincenti; precisi e non equivoci, cioè non generici e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto verosimile; concordanti, cioè non contrastanti tra loro e con altri dati o elementi certi. Resta salvo l’obbligo del giudice di valutare il significato delle conversazioni intercettate secondo criteri di linearità logica.
In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità se non per ragioni di manifesta irragionevolezza ed illogicità.
L’offerta in vendita dello stupefacente non solo è espressione di un serio proposito negoziale, in quanto agganciata ad attuali ed obiettivi dati quantitativi e a precisi importi finanziari, ma denota altresì la disponibilità sia pure non attuale della droga, per tale intendendosi la possibilità di procurarsi lo stupefacente ovvero di smistarlo in tempi ragionevoli e con modalità che garantiscono il cessionario.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo di ricorso proposto dalla difesa di TAMARISCO Domenico è manifestamente infondato e comunque è ripropositivo delle medesime argomentazioni proposte dinanzi ai giudici di merito e disattese con argomentazioni lineari e logiche, che non si prestano pertanto ad un nuovo sindacato in sede di legittimità.
In particolare era stato osservato nel corso del giudizio di merito che il decreto autorizzativo delle intercettazioni presso “Villa Adele” non conteneva alcuna delimitazione ad un ambiente specifico all’interno del fabbricato della famiglia TAMARISCO in cui le operazioni di intercettazione dovevano essere svolte e, al contempo, evidenziava che insistevano più unità immobiliari all’interno del civico corrispondente alla suddetta abitazione, laddove il medesimo decreto autorizzativo indicava il contesto ambientale, compreso all’interno del suddetto immobile, in cui collocare lo strumento captativo sulla base di un accertamento demandato alla PG operante in sede di esecuzione delle operazioni di installazione delle apparecchiature. Nella fase incidentale cautelare poi il Gip aveva del pari evidenziato come nel provvedimento autorizzativo non ricorreva alcuna limitazione al perimetro di captazione all’interno del suddetto immobile, né alcuna limitazione ad una specifica unità abitativa presente in un manufatto dotato di unico muro perimetrale e di due ingressi comuni, risultando invero l’autorizzazione estesa all’abitazione nella disponibilità di TAMARISCO Bernardo e risultando la proprietà dell’intero complesso sito in Torre Annunziata Via Roma 145 riconducibile alla madre dei fratelli Tamarisco e pertanto anche a ciascuno di essi.
- Va poi evidenziato che la giurisprudenza di legittimità esclude che ricorrano profili di nullità o di inutilizzabilità dei risultati di intercettazioni telefoniche nel caso di spostamento del luogo di intercettazione in altro luogo o ambiente, se questo è funzionale alla captazione di un determinato incontro in ambientale e quindi ammette lo spostamento del luogo di captazione in caso di trasferimento di cella o di casa, ovvero di acquisto di diverso veicolo (sez.2, n.19146 del 20 Febbraio 2019, Cicciari Gaetano, Rv.275583; sez.6, n.15396 del 11 Dicembre 2007, Sitizia e altri, Rv.239634; sez.5, n.5956 del 6 Ottobre 2011, Ciancitto, Rv. 252137).
- Infondato è il secondo motivo di ricorso che assume vizio di motivazione in ordine alla riconosciuta responsabilità di TAMARISCO in riferimento all’episodio di offerta in vendita di sostanza stupefacente, ipotesi riconosciuta sulla base della interpretazione di intercettazioni 5 Corte di Cassazione – copia non ufficiale ambientali, captate appunto all’interno dell’abitazione del TAMARISCO allorquando il ricorrente, a seguito della scarcerazione, aveva riattivato i contatti con alcuni referenti ai fini della ripresa di una attività di commercializzazione di sostanze stupefacenti. A fronte dei rilievi concernenti la cripticità del linguaggio utilizzato nelle interlocuzioni e la autenticità del significato attribuito a taluni dialoghi, come meglio verranno precisati, depurati dalle espressioni che il perito trascrittore ha ritenuto non intelligibili, la giurisprudenza di legittimità ha espresso alcuni principi fondamentali. In primo luogo è stata riconosciuta “agli indizi raccolti nel corso delle intercettazioni telefoniche … fonte diretta di prova della colpevolezza dell’imputato che non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni, qualora siano: a) gravi, cioè consistenti e resistenti alle obiezioni e quindi attendibili e convincenti; b) precisi e non equivoci, cioè non generici e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto verosimile; c) concordanti, cioè non contrastanti tra loro e, più ancora, con altri dati o elementi certi” (sez.1, n.37588 del 18.6.2014, Amaniera ed altri, Rv.260842). Tale orientamento si riferisce anche alle intercettazioni captate fra terzi, dalle quali emergano elementi di accusa nei confronti dell’indagato, le quali possono costituire fonte di prova della sua colpevolezza senza necessità di riscontro ai sensi dell’art.192 comma terzo, cod.proc.pen., fatto salvo l’obbligo del giudice di valutare il significato delle conversazioni intercettate secondo criteri di linearità logica (sez.5, n.48286 del 12 Luglio 2016, Cigliola, Rv.268414; sez.5, n.40061 del 12 Luglio 2019, Valorosi Maurizio, Rv. 278314).
Il giudice di legittimità ha inoltre affermato che in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (sez.U„ n.22471 del 26 Febbraio 2015,Sebbar, Rv 263715) se non per ragioni di manifesta irragionevolezza ed illogicità (sez.2, n.50701 del 4 Ottobre 2016, D’Andrea e altri, Rv 268389; sez.3, n.44938 del 5 Ottobre 2021, Gregoli Michele, Rv.282337).
- Ciò premesso il giudice di appello ha indicato in termini estremamente puntuali il contenuto delle intercettazioni ambientali indizianti fornendo al contempo adeguata interpretazione, trasfusa in una motivazione provvista di lineare costrutto logico argomentativo, dei passaggi più rilevanti ai fini del riconoscimento della ipotesi delittuosa in contestazione. In particolare il giudice distrettuale, correggendo alcune considerazioni svolte dal giudice di primo grado che si era avvalso del contenuto dei brogliacci, ha invero evidenziato come il TAMARISCO, nel corso delle interlocuzioni 6 Corte di Cassazione – copia non ufficiale captate in ambientale, non si era limitato a riannodare i rapporti con i propri interlocutori ai fini di saggiare i prezzi della droga correnti sul mercato e a proporre ipotetiche e vantaggiose intraprese nella commercializzazione dello stupefacente, peraltro da definire nel dettaglio a fronte di sostanza stupefacente da rinvenire presso mercati esteri, ma aveva manifestato, in termini univoci, di essere pronto ad approvvigionarsi di un quantitativo decisamente rilevante di cocaina (venti macchine) e di essere pronto a cederlo ad un corrispettivo unitario determinato cui l’interlocutore era pronto a fare fronte nell’immediato (“mi da i 10, i 15 cosi, dammi i soldi e vattene”). In tale ottica il giudice di appello evidenziava come gli interlocutori, dopo avere manifestato in un primo colloquio una unità di intenti in ordine alla questione dell’hashish (“sul campo del fumo ci siamo”), avevano evidenziato una disponibilità del TAMARISCO Domenico alla commercializzazione di un quantitativo di stupefacente che, in relazione alle somme di denaro indicate in una successiva intercettazione (“io non posso dire….ottanta, novantamila euro….e sono lavori…Mimmù 36 per me è buono”) doveva interpretarsi quale una offerta in vendita di una importante partita di cocaina. All’uopo il giudice di appello forniva non illogica interpretazione delle espressioni criptiche utilizzate attraverso il riferimento a “cosi” o a “roba” in contrapposizione alla droga leggera chiamata “fumo”, alla entità delle somme di denaro cui gli interlocutori facevano riferimento e al rischio di riportare condanne molto severe nel caso in cui gli affari andassero male (“l’ultimo ha pigliato 17 anni”), per individuare la tipologia e l’entità della partita di droga da commercializzare. A tale proposito in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (sez.U, Sebbar, cit.) se non per profili di manifesta irragionevolezza.
Del tutto logicamente poi il giudice di appello ha ritenuto che l’offerta in vendita dello stupefacente da parte del TAMARISCO non solo fosse espressione di un serio proposito negoziale, in quanto agganciata ad attuali ed obiettivi dati quantitativi e a precisi importi finanziari, ma denotasse altresì la disponibilità sia pure non attuale della droga, per tale intendendosi la possibilità per il TAMARISCO di procurarsi lo stupefacente ovvero di smistarlo in tempi ragionevoli e con modalità che garantiscono il cessionario (sez.4, n.34754 del 20.10.20 Abbate, Rv.280244), in ragione dei riferiti viaggi in Brasile o comunque in ragione dei costanti rifornimenti di stupefacente di cui i TAMARISCO potevano contare attraverso le importazioni dal sud America (7 Corte di Cassazione – copia non ufficiale).
- Infondato risulta altresì il ricorso proposto da RISPOLI Matteo. Quanto al primo motivo di doglianza non possono che richiamarsi i principi sopra enucleati relativi alla interpretazione del contenuto delle intercettazioni telefoniche e ambientali tra presenti al fine di riconoscere la correttezza della motivazione della sentenza impugnata in relazione alla partecipazione contributiva del RISPOLI alla importazione di stupefacente dall’ECUADOR che i sodali avevano organizzato e finanziato dall’Italia nei primi mesi del 2015, mantenendo un referente (IAVARONE) in Ecuador per trattare con i fornitori locali e disponendo della somma di euro 178.200 che veniva consegnata a ROMANO Sergio che già in un precedente viaggio in Sudamerica aveva appreso di dovere consegnare in anticipo il cinquanta per cento del prezzo della fornitura. Il giudice distrettuale riportava inoltre il contenuto di intercettazioni ambientali nel corso del mese di Aprile 2015 da cui erano emersi gli ostacoli all’importazione mediante container situati su imbarcazioni dirette al porto di Salerno. Alla luce di tali premesse, in termini del tutto logici e coerenti alle interlocuzioni richiamate a sostegno dell’editto accusatorio nei confronti del RISPOLI, la Corte di Appello di Napoli riconosceva non solo il coinvolgimento del RISPOLI, quale operatore presso il porto di Salerno nella illecita importazione di droga, ma ne circoscriveva altresì il contributo offerto all’operazione allorquando comunicava al ROMANO, uno dei massimi artefici della importazione, tutto il suo disappunto e la sua preoccupazione per una spedizione al buio, a mezzo di navi dove non fosse possibile conoscere in anticipo l’esatta collocazione “delle borse” all’interno della stiva, in quanto neppure la conoscenza della posizione di partenza del contenitore avrebbe consentito di risalire con certezza all’esatta ubicazione all’arrivo.
5.1 In termini del tutto logici il giudice di appello ha fornito una interpretazione del contenuto dell’intercettazione ambientale (22 Maggio prog.2521) evidenziando il contenuto indiziante a carico del RISPOLI, ponendo in rilievo l’interesse del RISPOLI alla spedizione in considerazione della concitazione del dialogo e del timore evidenziato per la possibile perdita del carico di droga, attribuendo alla interlocuzione un significato coerente al ruolo rivestito dal ROMANO nell’ambito della operazione di importazione e alla espressione “borse”, quali contenitori dello stupefacente (ovvero coincidente con lo stesso stupefacente), escludendo motivatamente alternativi riferimenti interpretativi. Né una tale interpretazione si pone in termini distonici con emergenze processuali acquisite in altri giudizi (il ricorrente si riferisce ad uno specifico contributo dichiarativo del coimputato SCUOTTO in un separato giudizio) laddove il giudice distrettuale ha evidenziato che, sulla scorta degli elementi acquisiti nel presente giudizio, l’operazione era soltanto rimasta in sospesa nell’Aprile 2015 per il problema della individuazione di tratte alternative a quella programmata (Guajaquil/Salerno), mentre l’impossibilità di (8 Corte di Cassazione – copia non ufficiale) perfezionarla si era verificata solo in data 25 Maggio 2015 in coincidenza con l’arresto dei fornitori in Ecuador (pag.7 sentenza impugnata).
5.2 Quanto poi al secondo argomento con il quale si assume il vizio motivazionale per la incerta collocazione temporale del contributo agevolatore fornito dal RISPOLI, da ritenersi inidoneo e tardivo a fronte di spedizione divenuta impossibile in epoca antecedente allo stesso, erra il ricorrente a evocare l’applicazione dei principi sul reato impossibile, laddove la Corte di appello ha ben rappresentato come il campo di applicazione di tale istituto è confinato all’ipotesi in cui l’oggetto dell’accordo criminoso sia inesistente fin dall’origine o in termini assoluti, mentre nella specie la spedizione dello stupefacente non solo era stata preparata nel dettaglio mediante la raccolta e la spedizione del denaro al referente in Ecuador, ma la esistenza della droga da importare era da ricondurre all’affidabilità dei fornitori dall’ECUADOR che già in precedenza avevano assicurato ingenti rifornimenti e avevano intrattenuto con i corrispondenti italiani affari proficui per entrambe le parti, peraltro espressi in note di apprezzamento (conversazione del 19 Febbraio 2015 n.2067 tra Romano e Tamarisco). A nulla vale obiettare che il contributo del RISPOLI sarebbe comunque risultato inconcludente o tardivo laddove, a fronte di concorso nel reato tentato, rileva la idoneità causale degli atti compiuti per il conseguimento dell’obiettivo delittuoso nonché la univocità della loro destinazione da apprezzarsi con valutazione “ex ante” in rapporto alle circostanze di fatto ed alle modalità della condotta, al di là del tradizionale “discrimen” tra atti preparatori e atti esecutivi (sez.5, n.7341 del 21 Genaio 2015, Sciuto, Rv.262768; sez.2, n.24166 del 20 Marzo 2019, Coscioni Giuseppe, Rv.276537). Nella specie peraltro, come correttamente evidenziato dalla Corte di appello nella sentenza impugnata, non solo il contributo del RISPOLI si era inserito sinergicamente nel corso dell’esecuzione di un programma criminoso giunto quasi al suo epilogo, ma in epoca anteriore alla notizia del venire meno della spedizione per fatto non dipendente dalla volontà dei corrispondenti italiani.
5.3 Infondato risulta altresì il terzo argomento sviluppato nel medesimo articolato, secondo cui mancherebbe la dimostrazione dell’esistenza in “rerum natura” della partita di stupefacente da importare. Il giudice distrettuale ha invero fornito conto, con motivazione priva di sostanziale censura da parte del ricorrente, che la spedizione era stata organizzata sulla base di schemi collaudati, che lo IAVARONE manteneva i rapporti con i fornitori equadoregni che già in precedenza si erano congratulati per lo spessore e la forza contrattuale dei rispettivi sodalizi, che in precedenza il gruppo facente capo ai fratelli TAMARISCO aveva curato l’importazione di rilevanti quantitativi di stupefacente e che era stata versata la metà del prezzo di acquisto, per il valore di oltre euro 170.000 a fronte di una fornitura di droga che, sulla base del 9 Corte di Cassazione – copia non ufficiale contenuto di talune intercettazioni, doveva stimarsi pari a circa cinquanta chilogrammi di cocaina. A fronte di tali emergenze con motivazione non manifestamente illogica la Corte di Appello ha riconosciuto non solo che l’accordo criminoso avesse per oggetto un quantitativo determinato di sostanza stupefacente ma che la serietà ed affidabilità delle parti negoziali, in uno con la presenza di un referente in Ecuador (lo Iavarone), con la predisposizione di tutte le operazioni preliminari e propedeutiche al trasporto in Italia della droga, fornisse certezza sulla serietà dell’offerta dello stupefacente e sulla disponibilità dello stesso da parte dei fornitori (sez.3, n.26505 del 20 Maggio 2015, Bruzzaniti, Rv.264396).
- Infondati risultano altresì i motivi di ricorso di entrambi gli imputati concernenti il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Va rilevato poi che ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, come più volte ribadito da questa Corte, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così sez. 3, n. 23055 del 23.4.2013, Banic e altro, rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale). A tale proposito il giudice distrettuale ha escluso il beneficio con motivazione coerente con il suddetto insegnamento richiamando i criteri codificati all’art.133 cod.pen. con riferimento alla particolare gravità delle condotte ascritte agli imputati, e all’assenza di elementi di meritevolezza in favore di entrambi, a nulla rilevando il pentimento manifestato in giudizio dal RISPOLI.
- I ricorsi vanno pertanto rigettati e i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese processuali.