<p style="text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, V Sezione Penale, sentenza 4 febbraio 2020, n. 4715</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>PRINCIPIO DI DIRITTO</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>In tema di concorso di persone nel reato di omicidio preterintenzionale, nel caso in cui le aggressioni siano multiple e contestuali, nel tempo e nello spazio, ai danni di più vittime (una soltanto delle quali deceda per effetto delle percosse e/o lesioni subìte), configurandosi in concreto come un "fatto collettivo unitario", il contributo rilevante ai sensi dell'art. 110 cod. pen., può consistere nell'agevolazione dell'aggressione contro la vittima, in ragione della superiorità numerica e della concomitante condotta dei concorrenti di neutralizzazione delle difese altrui (concorso materiale), e nel rafforzamento del proposito criminoso dell'esecutore, che si senta spalleggiato ed incoraggiato dalla concomitante azione degli altri (concorso morale). In tal caso, il dolo dei singoli concorrenti ha ad oggetto, nella dimensione monosoggettiva, le sole percosse o lesioni, e non già la prevedibilità dell'evento letale, che, nel delitto preterintenzionale, non è voluto da alcuno, e, nella dimensione plurisoggettiva, la volontà di concorrere nel reato altrui, che può manifestarsi anche come intesa istantanea, o come conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta altrui, o, infine, come semplice adesione all'opera di un altro che ne rimanga ignaro.</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><em>Essendo stato escluso, già dalla Corte territoriale, “un previo accordo tra i cinque giovani”, la Corte di Cassazione ha dunque demandato al giudice del rinvio il compito di stabilire, sulla base della “successione cronologica degli eventi”, se fosse configurabile un concorso di persone di Co. e V. nell’omicidio preterintenzionale di T., sorretto quanto meno dal dolo eventuale; in tal senso sollecitando il giudice del rinvio ad approfondire “se davvero le tre aggressioni furono contestuali (o se quella di Co. precedette le altre due), in che modo l'azione di V. a favore di Co. abbia impedito a Ca. e T. di intervenire in difesa dello Cs. e, ancora, se l'aggressione di Co. e V. ai danni di Cs. possa essere letta come impeditiva a questi di aiutare T. agevolando l'azione di P. e V. o se, essendo iniziata prima, non aveva questa oggettiva e soggettiva finalità”.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Ciò posto, la sentenza impugnata risulta immune da censure, avendo affermato, sulla base della ricostruzione dei fatti già accertata, e valutata nelle diverse scansioni cronologiche, così come demandato dalla sentenza rescindente, che le condotte di Co. e V. integrassero un consapevole contributo, materiale e morale, nel delitto di omicidio preterintenzionale di T., eseguito materialmente da V. e P.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Al riguardo, la Corte territoriale, nella ricostruzione della dinamica dei fatti, ha evidenziato che la notte del 1 maggio 2008, dopo che Co. aveva già posto in essere il fatto qualificato come violenza privata ai danni di P. R. L. (al quale aveva dapprima richiesto una somma di denaro, per poi farsi consegnare delle spille), il gruppo composto dai cinque giovani imputati, giunto in Corticella Leoni, nel centro di Verona, si imbatteva in tre giovani: Cs., Ca. e T.; dapprima Co. si avvicinava a Cs., che stava fumando una sigaretta, chiedendogli di offrirgliene una; al netto rifiuto di quest'ultimo, improvvisamente Co. replicava sferrandogli un pugno al volto; pressoché contestualmente gli altri tre del gruppo si scagliavano contro gli altri due giovani: D.D. contro Ca., V. e P. contro T.; nel frattempo, V., afferrando Cs. per il codino in cui aveva legato i capelli, lo trascinava a terra, dove rovinava anche Co.; lo stesso Ca. veniva spinto a terra da D.D., e colpito con calci e pugni da due persone; entrambe le vittime notavano il T. che giaceva a terra, inerme, mentre V. e P. lo colpivano a calci; appena prima di darsi tutti insieme alla fuga, Co. si avvicinava a Ca. e gli sferrava un pugno al volto, mentre un altro giovane lo spingeva facendolo cadere a terra nuovamente; i cinque giovani, alla fine dell'aggressione, si allontanavano tutti insieme, di corsa, aderendo alla sollecitazione di V., che, come da lui stesso dichiarato (e confermato dal Co.), vedendo il T. per terra, aveva urlato agli altri "basta, basta, andiamo via".</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Tanto premesso quanto alla ricostruzione della dinamica dei fatti, la sentenza impugnata ha dunque ribadito l'esclusione di un previo accordo tra i cinque imputati, in considerazione dell'assoluta casualità dell'incontro con le tre vittime, nondimeno affermando l'esistenza di un'intesa istantanea rilevante ai fini del concorso di persone.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>In particolare, nell'evidenziare che il concorso di D.D. nell'azione materialmente posta in essere da P. e V. è stato affermato sulla base della sua contemporanea aggressione ai danni di Ca., rappresentativa di un'azione che aveva l'effetto di impedire che quest'ultimo corresse in aiuto di Cs. e di impedire a T. di intervenire in aiuto di Ca. e Cs., ha ritenuto che la posizione di Co. e V. fosse appunto identica, sotto il profilo materiale e causale.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>L'intero episodio (l'incontro, la prima aggressione di Co. a Cs., le successive aggressioni di D.D. a Ca., e di V. e P. a T., e la successiva fuga collettiva), durato appena qualche minuto, e svoltosi in un'area delimitata e ristretta, nell'ambito della Corticella Leoni, è stato percepito da tutti i partecipanti, che erano in grado di vedere quanto stava accadendo attorno a loro, e di adeguare il proprio comportamento e le proprie reazioni al contesto; ciò posto, la sentenza ha evidenziato che, allorquando Co. ha sferrato il pugno al volto di Cs., V., lungi dal restare a guardare, o dal dissociarsi, o dall'andare via, è immediatamente intervenuto in soccorso dell'amico, tirando Cs. per il codino, facendolo cadere a terra e colpendolo insieme a Co.; peraltro, a sottolineare la manifesta infondatezza della versione (dedotta con il primo motivo di V.) secondo cui egli si sarebbe limitato a separare i contendenti, milita altresì la circostanza che V., oltre ad aiutare Co. nell'aggressione a Cs., abbia poi dato 'man forte' a D.D., colpendo a calci e pugni anche Ca.; del resto, che l'atteggiamento di V. non fosse assolutamente finalizzato a separare i contendenti, ma inequivocabilmente aggressivo, è confermato dal rilievo che lo stesso imputato è stato condannato con sentenza ormai irrevocabile in ordine al reato di lesioni personali ai danni di Ca. e Cs. contestato al capo B. Lo stesso Co., prima di darsi alla fuga insieme agli altri, sferrava un altro pugno al Ca.; e, nelle medesime frazioni di tempo, V. e P. aggredivano T..</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Ciò posto, la Corte territoriale ha dunque ritenuto che il comportamento di V. e Co. integrasse gli estremi del contributo, materiale e morale, rilevante ai sensi dell'art. 110 cod. pen., quale agevolazione della condotta criminosa altrui, e quale rafforzamento dell'altrui proposito criminoso.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Invero, V., dopo avere percepito quanto stava accadendo, ed aver visto che i suoi compagni stavano aggredendo i tre ragazzi casualmente incontrati, lungi dal dissociarsi, o disinteressarsi, o allontanarsi, ha contributo all'aggressione, prima aiutando Co. nell'aggressione a Cs., e poi aiutando D.D. nell'aggressione a Ca.; in tal modo rendendo le forze degli aggressori sempre maggiori rispetto a quelle di chi cercava di difendersi, in quanto ciascuna vittima veniva a trovarsi in inferiorità numerica, e colpita, sia pure non sempre contemporaneamente, da due aggressori.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Analogamente Co., che, dopo aver aggredito Cs., ha proseguito nell'azione violenta, colpendo anche Ca., con una condotta che appare indice inequivocabile della dimensione collettiva dell'azione violenta; lo stesso Co., poi, risulta essersi avvicinato a V. e P., essendo accanto a loro allorquando T., a terra, veniva colpito con calci; con una condotta che, pur senza essere sfociata in un'aggressione materiale diretta, è stata ritenuta agevolativa e rafforzativa del proposito criminoso dei due esecutori materiali (V. e P.), che in tal modo hanno percepito la situazione di superiorità e prevalenza numerica.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Sicché tali comportamenti sono stati ritenuti, con apprezzamento di fatto immune da censure di illogicità, e dunque insindacabile in sede di legittimità, un contributo causale all'azione violenta posta in essere da V. e P. ai danni di T., sia sotto il profilo del rafforzamento del proposito criminoso, sia sotto il profilo dell'agevolazione dell'esecuzione: l'azione congiunta e contemporanea degli altri tre componenti del gruppo ai danni degli amici di T., infatti, non soltanto ha avuto l'effetto di consolidare nei due aggressori (V. e P.) la spinta violenta, essendosi essi sentiti spalleggiati ed incoraggiati dalla concomitante azione degli altri, ma ha altresì agevolato l'aggressione nei confronti del T., che, rimasto solo contro due persone, essendo gli altri amici impegnati nelle rispettive colluttazioni, si trovava in condizioni di minorata difesa.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Sulla base di tali elementi, dunque, la sentenza impugnata ha affermato che l'azione illecita, avviata proprio da un gesto aggressivo e lesivo del Co., si è manifestata, nel suo concreto sviluppo, e prescindendo dalle strumentali, benché legittime, parcellizzazioni valutative proposte nella lettura alternativa dei ricorrenti, come una "azione di gruppo", in cui ciascuno ha svolto un ruolo preciso ed ha contribuito all'esito finale: neutralizzare i tre avversari ed agevolare il comportamento di ciascuno di essi contro il rispettivo contendente.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Nel rilevare che la ricostruzione dei fatti accertata ha escluso che le condotte degli odierni imputati siano suscettibili di essere valutate in maniera atomistica e parcellizzata, quali singole aggressioni autonome tra loro, quasi fossero monadi incomunicabili, la Corte territoriale ha, invece, evidenziato che, pur essendosi sviluppata da una iniziativa di Co., l'azione violenta è stata unitaria, collettiva, di gruppo, non soltanto perché contemporanea e concomitante, ma anche perché i singoli autori non si sono limitati ad aggredire un'unica persona, ma hanno indirizzato la propria violenza anche nei confronti degli altri giovani del gruppo casualmente incontrato, e divenuti oggetto di una inattesa ed incontrollabile manifestazione di brutalità e sopraffazione.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Ciò posto, a parere della Suprema Corte, la motivazione della Corte territoriale appare immune da censure, essendo conforme ai consolidati insegnamenti di questa Corte in tema di concorso di persone nell'omicidio preterintenzionale: in tema di concorso di persone nel reato, le norme sulla partecipazione non soffrono alcuna specifica eccezione riguardo all'omicidio preterintenzionale, essendo sufficiente, anche in relazione a tale reato, che sia dimostrato il concorso dei vari soggetti attivi - non importa se morale o materiale - nell'attività diretta a percuotere o ledere senza volontà di uccidere e che tra tale attività e l'evento letale posto a loro carico esista un rigido rapporto di causalità, rappresentando questo elemento il presupposto richiesto dal legislatore per il mutamento del titolo del reato (Sez. 1, n. 4789 del 13/01/1997, Marchitelli, Rv. 207576); pertanto, è configurabile il concorso di persone nell'omicidio preterintenzionale quando vi è la partecipazione materiale o morale di più soggetti attivi nell'attività diretta a percuotere o ledere una persona senza la volontà di ucciderla e vi sia un evidente rapporto di causalità tra tale attività e l'evento mortale (Sez. 5, n. 12413 del 30/10/2013, dep. 2014, G, Rv. 262539; Sez. 5, n. 1751 del 14/10/2004, dep. 2005, Tomaccio, Rv. 230836).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>In generale, precisa la Corte, per la configurabilità del concorso di persone nel reato è necessario che il concorrente abbia posto in essere un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l'agevolazione dell'opera degli altri concorrenti e che il partecipe, per effetto della sua condotta, idonea a facilitarne l'esecuzione, abbia aumentato la possibilità della produzione del reato (Sez. 6, n. 1986 del 06/12/2016, dep. 2017, Salamone, Rv. 268972).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Anche con riferimento al dolo di concorso, va innanzitutto rammentato che, come affermato anche nella prima sentenza di questa Corte pronunciata sulla medesima vicenda, l'elemento soggettivo dell'omicidio preterintenzionale è costituito unicamente dal dolo di percosse o lesioni, in quanto la disposizione di cui all'art. 43 cod. pen. assorbe la prevedibilità di evento più grave nell'intenzione di risultato (Sez. 5, n. 40389 del 17/05/2012, P., Rv. 253357); è consolidato, infatti, l'insegnamento secondo cui l'elemento oggettivo del delitto di omicidio preterintenzionale non è costituito da dolo e responsabilità oggettiva né dal dolo misto a colpa, ma unicamente dal dolo di percosse o lesioni, in quanto la disposizione di cui all'art. 43 cod. pen. assorbe la prevedibilità di evento più grave nell'intenzione di risultato (Sez. 5, n. 44986 del 21/09/2016, Mulè, Rv. 268299); pertanto, la valutazione relativa alla prevedibilità dell'evento da cui dipende l'esistenza del delitto "de quo" è nella stessa legge, essendo assolutamente probabile che da una azione violenta contro una persona possa derivare la morte della stessa (Sez. 5, n. 791 del 18/10/2012, dep. 2013, Palazzolo, Rv. 254386).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Tanto premesso con riferimento all'elemento soggettivo del delitto di omicidio preterintenzionale, che coincide con il dolo delle percosse o delle lesioni, nella specie integrato dalla volontà, manifestata da entrambi i ricorrenti, di aggredire i componenti del gruppo di tre giovani casualmente incontrati, va altresì ribadito il principio, già affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui, in tema di concorso di persone nel reato, la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo o, comunque, la reciproca consapevolezza del concorso altrui, essendo sufficiente che la coscienza del contributo fornito all'altrui condotta esista unilateralmente, con la conseguenza che essa può indifferentemente manifestarsi o come previo concerto o come intesa istantanea ovvero come semplice adesione all'opera di un altro che rimane ignaro (Sez. U, n. 31 del 22/11/2000, dep. 2001, Sormani, Rv. 218525); nel reato concorsuale il dolo dei singoli concorrenti non presuppone necessariamente un previo accordo, o la contestuale e reciproca consapevolezza del concorso, essendo sufficiente che ciascun agente abbia conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta altrui (Sez. 6, n. 1271 del 05/12/2003, dep. 2004, Misuraca, Rv. 228424), e ben potendo il reciproco consenso insorgere anche inopinatamente e nel corso della commissione di altro fatto criminoso (Sez. 2, n. 44301 del 19/10/2005, Dammacco, Rv. 232853).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Ancora è stato precisato che, in tema di concorso di persone nel reato, la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo, in quanto l'attività costitutiva del concorso può essere rappresentata da qualsiasi comportamento esteriore che fornisca un apprezzabile contributo, in tutte o alcune fasi di ideazione, organizzazione od esecuzione, alla realizzazione dell'altrui proposito criminoso, talché assume carattere decisivo l'unitarietà del "fatto collettivo" realizzato, che si verifica quando le condotte dei concorrenti risultino, alla fine, con giudizio di prognosi postumo, integrate in unico obiettivo, perseguito in varia e diversa misura dagli imputati, sicché è sufficiente che ciascun agente abbia conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta altrui (Sez. 2, n. 18745 del 15/01/2013, Ambrosanio, Rv. 255260; Sez. 5, n. 25894 del 15/05/2009, Catanzaro, Rv. 243901).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Va, peraltro, evidenziato – chiosa ancora la Corte – che, sia pur con riferimento ad una diversa, benché analoga, fattispecie, in quanto caratterizzata dall'unitarietà del fatto collettivo, è stato affermato che la configurabilità del reato di rissa aggravata da eventi lesivi o morte non è idonea ad escludere la ricorrenza, a carico dei corrissanti non autori materiali della lesione o dell'omicidio, anche del concorso anomalo in uno di questi ulteriori reati, data la loro consapevole partecipazione a un'azione criminosa realizzata con modalità tanto accese da determinare in concreto conseguenze di particolare gravità per l'incolumità personale (Sez. 1, n. 16762 del 03/02/2010, Malgeri, Rv. 246926, che, nell'enunciare tale principio con riferimento a una rissa aggravata dall'uccisione di uno dei partecipi, ha sottolineato che vanno considerate autonomamente la posizione dell'autore materiale dell'omicidio, il quale risponde, indifferentemente, a titolo di dolo, preterintenzione o colpa secondo i principi generali, e quella degli altri corrissanti, che rispondono a titolo di dolo, se del caso anche misto a colpa, qualora siano stati in grado di prevedere, accettandone l'eventualità, almeno un fatto di lesioni, così contribuendo causalmente alla realizzazione dell'evento più grave, pur non previsto, per non aver fatto quanto in loro potere per impedirlo).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Con riferimento, conclude la Corte, alla doglianza proposta da V., secondo cui la sentenza impugnata non avrebbe affrontato la questione dell'applicabilità dell'art. 116 cod. pen., oltre a rilevare che la stessa non risulta devoluta in appello, va ribadito il principio secondo cui la figura del concorso anomalo di cui all'art. 116 cod. pen. non è compatibile con il delitto di omicidio preterintenzionale, posto che in esso l'evento morte non è voluto, in ipotesi, da nessuno dei concorrenti (Sez. 5, n. 12111 del 23/09/1987, Curcio, Rv. 177164); l'ipotesi del concorso anomalo ex art. 116 cod. pen. non è ipotizzabile nell'omicidio preterintenzionale in quanto per la configurabilità di tale forma attenuata di concorso è necessario che il concorrente abbia voluto un reato diverso da quello voluto da altro concorrente e verificatosi nella realtà, mentre nella figura dell'omicidio preterintenzionale la morte non è voluta da alcuno dei concorrenti e tutti hanno voluto le lesioni o le percosse sicché identico per tutti è il titolo di responsabilità (Sez. 5, n. 8394 del 04/06/1981, De Giosa, Rv. 150248; conf. Sez. Un. 30 aprile 1955, Abdullati Rohamod Dirsen; più di recente, Sez. 5, n. 3349 del 02/02/1996, Vanzan, Rv. 204297, secondo cui "l'ipotesi prevista dal secondo comma dell'art. 116 cod. pen. non è applicabile all'omicidio preterintenzionale, in quanto trattasi di una forma attenuata di concorso configurabile solo nella ipotesi in cui il concorrente che si vuole anomalo abbia voluto un reato diverso da quello voluto dagli autori materiali e concretamente attuato. Nell'omicidio preterintenzionale, invece, l'evento mortale non è voluto da nessuno dei concorrenti; mentre tutti vogliono le lesioni o come nel caso in esame – le percosse -, onde tutti devono rispondere della morte che eventualmente consegua alla aggressione voluta").</em></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Francesca Senia</em></p>