<p style="text-align: justify;"><strong>Massima</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Mentre non è irragionevole rinvenire - (quanto meno) “</em>in nuce<em>” - ipotesi di obbligazioni </em>propter rem<em> in ambito romanistico, certamente medioevale è la figura del c.d. onere reale, di origine feudale e germanica (</em>Gewere<em>); l’affiorare </em>ex post<em> di quest’ultimo ha peraltro imposto la non facile ricerca di una qualche differenziazione tra i due “</em>simil-tipi<em>”, per lo più fondata sul contemporaneo difetto (obbligazione </em>propter rem<em>) o sulla coeva presenza (onere reale) di una qualche forma di garanzia inerente a quella </em>res<em> – normalmente un fondo - che di ciascuno costituisce il concreto “</em>oggetto<em>” e che finisce con l’identificare il debitore delle pertinenti prestazioni.</em></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Articolo</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">La tematica degli oneri reali e delle obbligazioni <em>propter rem</em>, nonostante le apparenze “<em>nominalistiche</em>” di ascendenza latineggiante, non appare direttamente riconducibile al Diritto Romano, quanto piuttosto – e propriamente, massime per i primi (c.d. “<em>oneri reali</em>”) - al diritto medioevale germanico.</p> <p style="text-align: justify;">Le obbligazioni <em>propter rem</em> compendiano una figura che si pone a metà strada tra i diritti “<em>reali</em>” assoluti e quelli “<em>personali</em>” obbligatori, facendosi luogo ad una obbligazione “<em>ambulatoria</em>” che consente di identificare il debitore della prestazione (ed il pertinente creditore) attraverso la titolarità, in un dato momento, di un determinato diritto “<em>reale</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">A differenza del diritto reale “<em>puro</em>”, laddove grava un dovere di astensione su tutti i terzi i quali - tutti per l’appunto, in veste di soggetti “<em>passivi</em>” - possono violarlo omettendo il chiesto contegno astensivo e ponendo in essere un comportamento lesivo del diritto reale medesimo, quale situazione giuridica “<em>attiva</em>” del pertinente titolare; nella obbligazione <em>propter rem</em> il titolare “<em>attivo</em>” di un diritto reale è, ad un tempo, anche titolare “<em>passivo</em>” di un obbligo che può violare solo lui, conculcando – giusta inadempimento - l’interesse protetto del proprio creditore.</p> <p style="text-align: justify;">Nel Diritto Romano si rinvengono due fattispecie in qualche modo riconducibili allo schema dell’obbligazione <em>propter rem</em>, quantunque la giurisprudenza dei <em>prudentes</em> non abbia mai raggiunto (né del resto avrebbe forse potuto raggiungere) punte di raffinatezza giuridica tali da riconoscerle come tali.</p> <p style="text-align: justify;">Nella responsabilità c.d. “<em>nossale</em>”, il soggetto che ha attualmente “<em>in potestate</em>” lo schiavo o il figlio – in una situazione dunque analoga a quella di un diritto “<em>reale</em>” - risponde dei danni cagionati dallo schiavo o dal figlio, con conseguente ambulatorietà della pertinente obbligazione, dal lato passivo, in una con il connesso circolare della ridetta <em>potestas</em>.</p> <p style="text-align: justify;">Del pari, nella situazione tutelata dall’<em>actio acquae pluviae arcendae</em>, il proprietario di un fondo sul quale si trovano opere o manufatti che impediscono il deflusso delle acque piovane – titolare dunque di un diritto reale – è il soggetto obbligato a ristabilire il normale deflusso delle acque stesse, potendo come tale essere convenuto con la ridetta <em>actio</em> proprio perché soggetto cui “<em>appartiene</em>” il fondo che ne ostacola il regolare corso, con conseguente “<em>ambulatorietà</em>” della pertinente prestazione nel caso in cui alieni a terzi il fondo stesso.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Venendo agli oneri reali, occorre ancora una volta muovere dal concetto di c.d. diritto reale, laddove esso implica - sul crinale passivo - il dovere “<em>negativo</em>” di tutti i consociati (diversi dal titolare del ridetto diritto reale) di astenersi da contegni che implichino una immissione nella sfera che circoscrive il rapporto tra tale titolare e la res di “<em>appartenenza</em>”; contegni di terzi che, laddove posti in essere, possono innescare una pretesa esercitabile dal menzionato titolare giusta c.d. <em>actio in rem</em>.</p> <p style="text-align: justify;">E’ in ambito feudale, e dunque nel medioevo, che affiora dall’esperienza germanica (ed in particolare dalle antiche consuetudini germaniche: si parla in proposito di <em>servitus iuris germanici</em>) una figura giuridica che si compendia nella disponibilità di un fondo secondo un titolo “<em>reale</em>” che tuttavia reca seco anche doverose prestazioni di fare o di dare nei confronti di terzi, i quali ultimi non sono più dunque solo tenuti ad un comportamento omissivo, ma possono pretendere dal titolare del diritto reale tali prestazioni, vantando – a guisa di contraltare – una sorta di contro-diritto reale giustapposto, gravante a loro favore su quel medesimo fondo.</p> <p style="text-align: justify;">Le prestazioni di dare o di fare sono “<em>ambulatorie</em>” (proprio come nell’obbligazione <em>propter rem</em>) e dunque circolano assieme al fondo considerato, il relativo titolare potendo essere chiamato in giudizio dai propri creditori attraverso un’azione che è tuttavia anch’essa “<em>reale</em>”, e non già personale, in quanto strettamente avvinta al fondo, che costituisce la garanzia, ancora una volta “<em>reale</em>”, del pertinente adempimento.</p> <p style="text-align: justify;">Per questo motivo, non è mancato chi ha scorto nell’onere reale una forma peculiare di obbligazione <em>propter rem</em> caratterizzata – oltre che dalla consueta assunzione della qualità di soggetto passivo del rapporto in capo al titolare della disponibilità di un dato fondo - dal relativo “<em>incorporare</em>”, ad un tempo, una garanzia reale, incidente sul fondo che ne sia gravato, a favore dei creditori delle prestazioni di dare o di fare nelle quali l’”<em>onere</em>” si compendia.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">* * *</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">In dottrina, non manca chi riconduce l’onere reale al diritto romano, osservando come ne ricalchino lo schema determinate figure di diritto pubblico come i <em>munera patrimoniorum</em>, le <em>obligationes</em> <em>alimentariae praediorum</em>, i <em>tributa</em> e gli <em>stipendia</em>.</p> <p style="text-align: justify;">Su questo crinale, l’onere reale sarebbe appunto una figura romanistica derivante dalla privatizzazione di determinati oneri che, in una prima fase, presentano una connotazione pubblicistica di ascendenza latamente “<em>proto-tributaria</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">Per altra opzione invece l’onere reale siccome affiorato con foggia medioevale sarebbe del tutto irriducibile, in termini di pertinente genesi, al Diritto Romano e ai relativi schemi concettuali, non potendolo concepire né come <em>obligatio</em>, stante l’inerenza alla <em>res</em> che lo contraddistingue e l’estinguersi dell’obbligo quale conseguenza della distruzione del fondo o della cessazione del relativo possesso in capo al soggetto passivo; né come <em>servitus</em>, stante – massime - il relativo contenuto “<em>attivo</em>” ed “<em>in faciendo</em>” e la relativa divisibilità.</p> <p style="text-align: justify;">Quello che è certo è che l’onere reale – tipico esempio del quale sono i censi e le decime – trova il proprio <em>humus</em> genetico nel contesto della degenerazione del concetto e dello stesso regime della proprietà, tipiche del c.d. Tardo Antico e dell’Alto Medioevo, con lo “<em>sfumare</em>” progressivo, dunque, del concetto di appartenenza e con il relativo perdere di assolutezza.</p> <p style="text-align: justify;">Il fatto che la ricchezza fondiaria tenda a concentrarsi in poche mani, il progressivo invalere di forme collettive di godimento e la congerire di limiti e vincoli di ogni sorta che prendono a circondare l’antico <em>dominium</em> “<em>assoluto</em>” fanno sì che la rigorosa tipicità degli <em>iura in re aliena</em> di ascendenza romanistica si stemperi in una serie di figure che la dottrina definisce “<em>amorfe</em>” ed “<em>elasticamente modellate sulla spinta delle esigenze della prassi economica del tempo</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">Significativa, in ambito germanico, la figura della <em>Gewere</em> (parola etimologicamente legata ad una radice <em>wern</em> che sta per vestire e dunque richiamante, in qualche modo, le c.d. “<em>investiture</em>”), capace di riassumere in sé ogni possibile immagine di diritto “<em>reale</em>” siccome caratterizzato dal “<em>godimento</em>” di un dato bene ed idoneo a ricomprendere in sé tanto la proprietà piena, quanto ogni altro tipo di potere siccome implicante, di per sé, l’uso e appunto il godimento di una cosa, secondo un concetto elastico, duttile e giocoforza giuridicamente approssimativo, ma proprio per questo capace di adattarsi a qualunque possibile contenuto di “<em>appartenenza</em>”.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Collegamenti</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><em>Actiones in rem</em> – <em>Actiones in personam</em> – Responsabilità nossale – <em>Actio acquae pluviae arcendae – Servitus – Obligatio - Gewere</em></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"></p>