Cass. pen., III, ud. dep. 11.01.2023, n. 557
PRINCIPI DI DIRITTO
La costituzione su un bene immobile di un vincolo di destinazione, ai sensi dell’art. 2645-ter c.c., non incide sulla disponibilità del bene stesso in capo al proposto (ove accertata ai sensi dell’art. 2 ter della L. n. 575 del 1968), né, quindi, sulla sua confiscabilità, in quanto il predetto vincolo non comprime i diritti del proprietario sul bene, se non nei limiti della destinazione impressa.
I beni costituenti il fondo patrimoniale possono essere aggrediti dal sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, gravando sui medesimi un mero vincolo di destinazione che non attiene alla titolarità del diritto di proprietà, e quindi, al tema dell’appartenenza del bene a persona estranea al reato sicché i beni costituenti il fondo patrimoniale rimangono nella disponibilità del proprietario o dei rispettivi proprietari e possono essere sottoposti a sequestro e a confisca in conseguenza dei reati ascritti ad uno dei conferenti
Il vincolo di destinazione di cui all’art. 2645-ter c.c. non osta al sequestro di cui all’art. 321, comma 2, c.p.p. finalizzato alla confisca ex art. 12-bis D.Lgs. n. 74 del 2000, non trasferendo la proprietà del bene in capo al beneficiario e non trattandosi, pertanto, di bene appartenente a persona estranea al reato, fermo restando l’opponibilità ai terzi del vincolo di destinazione impresso.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- I primi quattro motivi di ricorso, che si trattano congiuntamente perché oggettivamente connessi, sono infondati.
Correttamente il Tribunale ha ritenuto non ostativo al disposto sequestro il vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c. gravante sugli immobili di proprietà dell’indagata in favore del B. , evidenziando che un siffatto vincolo non comprime i diritti del proprietario sulla res se non nei limiti della destinazione alla medesima impressa.
Va osservato che l’art. 2645-ter c.c., introdotto dal D.L. n. 273 del 2005 art. 39-novies, comma 1, , convertito con modificazioni dalla L. n. 51/2006, dispone: “Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell’art. 1322, comma 2, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall’art. 2915, comma 1, solo per debiti contratti per tale scopo”.
Effetto essenziale della creazione del vincolo di destinazione è, dunque, la netta separazione dei beni vincolati dal restante patrimonio del conferente: a seguito della trascrizione dell’atto istitutivo del vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c., quest’ultimo diviene opponibile ai terzi, con la conseguenza che i beni “vincolati” e i loro frutti sono sottratti alle azioni esecutive che non dipendano da debiti assunti proprio con riferimento al vincolo stesso (creandosi, così, un patrimonio separato rispetto a quello generale di cui il soggetto sia titolare). La trascrizione dell’atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c. dà vita ad una separazione cd “unilaterale” che, costituendo eccezione alla regola generale di cui nell’art. 2740 c.c. (ciascun soggetto risponde delle proprie obbligazioni “con tutti i propri beni presenti e futuri”) riveste il carattere della relatività: il vincolo non preclude l’espropriazione forzata da parte dei creditori qualora il debito sia stato contratto per scopi conformi alla finalizzazione, con disposizione analoga a quella dettata in tema di fondo patrimoniale dall’art. 170 c.c.; l’efficacia dichiarativa della pubblicità del vincolo è riferita genericamente ai “terzi”, potendosi ricomprendere in tale categoria non solo i creditori personali del conferente, ma anche i terzi subentranti nella titolarità dell’immobile.
La giurisprudenza civile di questa Corte ha precisato che attraverso il negozio costitutivo si realizza l’effetto giuridico di destinazione, mediante il quale si dispone del bene sottopostovi, imponendo la funzionalizzazione del diritto dominicale, che non viene trasferito ad altri, al perseguimento delle finalità volute, in questo caso di tutela della persona portatrice di disabilità (cfr. Cass. civ., sez. 6 – 5, ordinanza n. 3735 del 04/02/2015). E si è, altresì, evidenziato che “l’atto di costituzione del vincolo sui propri beni ai sensi dell’art. 2645-ter c.c., non determina il trasferimento della loro proprietà nè la costituzione su di essi di diritti reali in senso proprio (cfr. Cass. civ., Sez.3, Sentenza n. 29727 del 15/11/2019, Rv. 655834 01).
Così delineati la natura e gli effetti del vincolo di destinazione in esame, è indubbio che esso non incida sulla titolarità del bene vincolato, in quanto non determina né il trasferimento della proprietà in capo al beneficiario né la costituzione su di esso di diritti reali in senso proprio.
Nella specie, quindi, gli immobili oggetto di sequestro, pur gravati da vincolo ex art. 2645-ter c.c., risultano essere di proprietà dell’indagata, non rilevando, di conseguenza, la questione della mancata prova della intestazione fittizia dei beni sollevata dal ricorrente, che si porrebbe nel diverso caso, che qui si ribadisce non ricorre, in cui i beni oggetto di sequestro siano formalmente intestati a terzi ma nella disponibilità dell’indagato.
Questa Corte, del resto, ha già affermato, sia pure in tema di misure di prevenzione patrimoniali ma con analoghe argomentazioni, che la costituzione su un bene immobile di un vincolo di destinazione, ai sensi dell’art. 2645-ter c.c., non incide sulla disponibilità del bene stesso in capo al proposto (ove accertata ai sensi dell’art. 2 ter della L. n. 575 del 1968), né, quindi, sulla sua confiscabilità, in quanto il predetto vincolo non comprime i diritti del proprietario sul bene, se non nei limiti della destinazione impressa (cfr Sez.5, n. 42605 del 23/09/2015, Rv. 265228 – 01).
Ed identico principio è stato affermato da questa Corte anche in relazione all’analogo istituto del fondo patrimoniale, evidenziandosi che “i beni costituenti il fondo patrimoniale possono essere aggrediti dal sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, gravando sui medesimi un mero vincolo di destinazione che non attiene alla titolarità del diritto di proprietà, e quindi, al tema dell’appartenenza del bene a persona estranea al reato sicché i beni costituenti il fondo patrimoniale rimangono nella disponibilità del proprietario o dei rispettivi proprietari e possono essere sottoposti a sequestro e a confisca in conseguenza dei reati ascritti ad uno dei conferenti (cfr Sez. 3 n. 23621 del 17/07/2020, Rv.279824 – 01; Sez. 3, n. 1709 del 25/10/2012, dep. 2013, Cervone, non mass.).
Non coglie nel segno, infine, il richiamo effettuato dal ricorrente alla sentenza di questa Corte, Sez.5 n. 1935 del 18/10/2017; la pronuncia, infatti, è relativa al diverso istituto del sequestro conservativo di cui all’art. 316 c.p.p. (misura ablativa ridisegnata “anche sulla falsariga del sequestro conservativo civile, previsto dall’art. 2905 c.c. e regolato, nella procedura, dall’art. 671 c.p.c.“, avente “natura di pignoramento anticipato”, cfr. Sez. U, n. 38670 del 21/07/2016, Culasso, in motivazione), nella specie disposto, ai sensi del comma 2, in favore della parte civile, a tutela delle obbligazioni civili derivanti dal reato, ed al connesso tema, che qui non rileva, della possibilità per il creditore personale del proprietario di un bene vincolato ai sensi dell’art. 2645-ter c.c. di agire in via esecutiva sullo stesso.
Va, quindi, affermato il seguente principio di diritto: il vincolo di destinazione di cui all’art. 2645-ter c.c. non osta al sequestro di cui all’art. 321, comma 2, c.p.p. finalizzato alla confisca ex art. 12-bis D.Lgs. n. 74 del 2000, non trasferendo la proprietà del bene in capo al beneficiario e non trattandosi, pertanto, di bene appartenente a persona estranea al reato, fermo restando l’opponibilità ai terzi del vincolo di destinazione impresso.
- Il quinto motivo di ricorso è inammissibile.
Il ricorrente è carente di interesse a porre la questione del difetto di prova in ordine alla incapienza patrimoniale e finanziaria dell’indagata; si lamentano, infatti aspetti non invocabili proprio perché inerenti alla posizione di soggetto diverso, quale unico titolare dei beni; del tutto generica è, poi, la doglianza relativa alla questione di proporzionalità della misura.
- Essendo il ricorso per alcuni motivi infondato e per altro inammissibile, esso va rigettato nel suo complesso, con condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen, al pagamento delle spese processuali.