Corte di Cassazione, Sez. V Penale, ud. dep. 14 aprile 2025 n. 14573
PRINCIPIO DI DIRITTO
La commissione del reato in tempo di notte è idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, la circostanza aggravante della cosiddetta “minorata difesa”, se la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate, in assenza di circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Il ricorso non è fondato.
- Come premesso, il difensore si duole della ravvisata circostanza aggravante della minorata difesa, sostenendo che il locale commerciale preso di mira, dotato di impianto di allarme e video-sorveglianza, si trova in pieno centro storico, lungo una via frequentata anche in orario notturno, con passaggio di persone e automobili, sotto tale profilo, lamentando la illogicità della motivazione della sentenza impugnata, per contenere il riferimento a una strada della città diversa da quella nella quale il furto si è consumato, come indicata nel capo di imputazione.
- Con riguardo a tale ultimo aspetto, le deduzioni difensive sono del tutto prive di pregio, incentrandosi su un accertamento in fatto, di cui la Corte di appello ha dato conto; confutando la tesi sviluppata sul punto dalla difesa ricorrente, ha spiegato che la strada in cui è stato commesso il furto non si trova nel centro storico di Firenze ed è scarsamente frequentata in orario notturno.
Nessun rilievo può annettersi, in punto di apprezzamento della minorata difesa, alla circostanza che, nella sentenza, risulti indicato un indirizzo errato, integrante solo un errore materiale, che non dà luogo a vizio di motivazione e non implica un errore nell’apprezzamento della aggravante, poiché gli elementi di fatto dirimenti (luogo posto al di fuori del centro storico della città, lungo un ramo viario scarsamente frequentato in orario notturno da persone ed auto, circostanze che hanno indubbiamente agevolato la commissione del furto) non appartengono alla conoscenza diretta del giudice, ma sono desunti dagli atti.
- In ogni caso, come è stato sottolineato dalla Corte di appello, citando l’arresto delle Sezioni Unite ‘Cardellini’, la commissione del reato in tempo di notte è idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, la circostanza aggravante della cosiddetta “minorata difesa”, se la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate, in assenza di circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto (Cass. Sez. U, n. 40275 del 15/07/2021, Cardellini, Rv. 28209501).
- Nel caso di specie, però, la Corte di appello ha indicato le ulteriori circostanze che giustificano in maniera adeguata la sussistenza dell’aggravante, appunto attraverso il riferimento alle caratteristiche della zona urbana nella quale il furto è stato commesso (pg. 4).
- Dunque, non colgono nel segno le censure difensive che attingono la motivazione della sentenza impugnata, dal momento che la circostanza aggravante della minorata difesa trova adeguato supporto argomentativo nella sentenza impugnata, attraverso il riferimento a dati temporali (ora notturna), spaziali (luogo poco frequentato) e ambientali (un contesto in cui era improbabile l’intervento difensivo altrui), che hanno caratterizzato l’azione aggressiva, idonei ad agevolare la commissione del fatto e a incidere sulla privata difesa, secondo la linea ermeneutica accreditata dall’approdo delle Sezioni Unite, che hanno enunciato il principio di diritto secondo cui, ai fini dell’integrazione della c.d. “minorata difesa”, le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l’agente ha profittato in modo tale da ostacolare la predetta difesa, devono essere accertate alla stregua di concreti e concludenti elementi di fatto atti a dimostrare la particolare situazione di vulnerabilità – oggetto di profittamento – in cui versava il soggetto passivo, essendo necessaria, ma non sufficiente, l’idoneità astratta delle predette condizioni a favorire la commissione del reato. Come è stato panche precisato, non è necessario che tale difesa si presenti impossibile, essendo, invece, sufficiente che essa sia stata soltanto ostacolata. (Sez. 4 n. 34357 del 25/11/2020, Rv. 280052).
- Nel caso di specie, detti elementi sono concretamente riscontrabili nel peculiare contesto spazio-temporale in cui l’azione predatoria è avvenuta, offrendo la motivazione della sentenza impugnata – come si richiede – una solida e razionale giustificazione complessiva circa il valore persuasivo attribuito agli elementi posti a carico e circa l’irrilevanza degli elementi prospettati – nella dialettica delle parti – come antagonisti (sul tema, in particolare, Sez. 6, n. 6582, del 13/11/2012, Rv. 254572; Sez. 2, n. 44048, del 13/10/2009, Rv. 245627; Sez. 1, n. 41110, del 24/10/2011; Sez. 6, n. 8705, del 24/1/2013; Sez. 1, n. 8163, del 10/2/2015; Sez. 5, n. 10411, del 28/1/2013), rispetto alla quale la critica difensiva non ha individuato una reale frattura logica o una reale inefficacia funzionale del percorso argomentativo complessivo, laddove il dubbio che determina l’ingresso di una reale ipotesi alternativa di ricostruzione dei fatti, tale da determinare una valutazione di inconsistenza dimostrativa della decisione, è solo quello «ragionevole» e cioè quello che trova conforto nella buona logica, non certo quello che la logica stessa consente di escludere o di superare (in tal senso Sez. 1, n. 3282, del 17.11.2011, dep. 2012).
- Può dirsi, pertanto, ragionevolmente raggiunta la prova che la possibilità di pubblica o privata difesa ne sia rimasta in concreto ostacolata e che non ricorressero circostanze ulteriori, di qualunque natura, idonee a neutralizzare il predetto effetto.
- Neppure ha pregio il rilievo che fosse presente un impianto di videosorveglianza, la quale non aumenta in concreto la difesa del soggetto passivo che versi in una situazione di obiettiva vulnerabilità, ma rende soltanto possibile una più rapida identificazione del colpevole (Sez. 4 n. 10060 del 14/02/2019, Rv. 275272).
- È manifestamente infondata la generica doglianza relativa al giudizio di bilanciamento delle circostanze. Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto. (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010 Ud. (dep. 18/03/2010), Contaldo, Rv. 245931).