<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, I Sezione Penale, sentenza 2 aprile 2020, n. 11202</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>PRINCIPIO DI DIRITTO</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Nell’ambito dell’accesso alle misure alternative alla detenzione, invocate dinnanzi al Tribunale di Sorveglianza dal soggetto condannato per taluno dei reati contro la Pubblica Amministrazione, la vigenza sopravvenuta (anche in un momento che precede la decisione sull’istanza del condannato) della disciplina introdotta dalla Legge n. 3/2019, recante modifiche sfavorevoli in tema di accesso alle misure alternative, non assurge a ius superveniens e, pertanto, non può estinguere l’efficacia dei provvedimenti sospensivi dell’esecuzione della pena detentiva, resi nel vigore della normativa più favorevole, in ossequio al consolidato principio processuale “tempus regit actum”.</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)</em></strong></p> <p style="text-align: justify;">Richiamando l’orientamento emerso in taluni dei propri arresti più recenti (Sez. I, n. 25212 del 3/5/2019, rv. 276144; Sez. I, n. 39609 del 19/7/2019, rv. 276946), la Corte di Cassazione ha ritenuto che, ai fini della ricostruzione del diritto intertemporale applicabile, non risulti decisiva <em>la individuazione della - pur riaffermata - natura processuale delle disposizioni di legge che regolamentano, in via generale, la fase della esecuzione, atteso che <strong>a venire in rilievo è il portato del principio generale per cui un atto (processuale) validamente compiuto secondo la legge vigente al momento della sua venuta in essere è “insensibile” alle modifiche di disciplina posteriori. </strong></em><strong>Tale assunto, ritiene la Corte, vale a fortiori per le ipotesi in cui <em>la modifica legislativa (posteriore) sia tesa ad introdurre limitazioni a diritti o facoltà che da quell'atto derivavano (su tale aspetto, v. in particolare Sez. I, n. 39609 del 2019, in parte motiva). Da tale elaborazione dogmatica deriva, ulteriormente, che lì dove l’atto processuale in questione vada ad inserirsi in una “sequenza” (qui rappresentata dalla correlazione funzionale tra emissione del provvedimento di esecuzione con contestuale sospensione, domanda di misura alternativa e decisione sulla medesima) è l'intera sequenza a doversi svolgere secondo i contenuti della legge esistente al momento in cui il primo atto della "fattispecie complessa" è stato posto in essere.</em></strong><em> Ciò esclude, pertanto, che la legge posteriore - come si è detto, sfavorevole - alla emissione di un ordine di carcerazione rimasto sospeso ai sensi dell'art. 656 c.p.p., comma 5, integri una condizione legittimante la revoca di siffatto provvedimento, così come ritenuto nel caso in esame dal Tribunale di Napoli.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Christian Curzola</em></p>