Corte Costituzionale, sentenza 15 febbraio 2022 n. 33
Vanno dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1-quater, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, dal Tribunale di sorveglianza di Messina con l’ordinanza indicata in epigrafe.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto nel giudizio a mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato, ha eccepito l’inammissibilità delle questioni per difetto di rilevanza, sulla considerazione che alla data dell’ordinanza di rimessione (6 dicembre 2019) appariva ampiamente prevedibile che l’invocata pronuncia di questa Corte sarebbe rimasta priva di effetti nel giudizio a quo, essendo oggettivamente impossibile che essa intervenisse prima del termine di fine pena del condannato istante (24 febbraio 2020: termine, in fatto, già spirato nel momento in cui l’ordinanza di rimessione è pervenuta a questa Corte, stante il ritardo con il quale la cancelleria del giudice a quo ha provveduto alla sua trasmissione).
L’eccezione non è fondata.
Per costante giurisprudenza di questa Corte, dall’art. 21 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, nel nuovo testo approvato con delibera del 22 luglio 2021 (corrispondente al precedente art. 18, in vigore alla data dell’ordinanza di rimessione), si desume un principio generale di autonomia del giudizio incidentale di costituzionalità, che, come tale, non risente delle vicende di fatto successive all’ordinanza di rimessione concernenti il rapporto dedotto nel giudizio principale: sicché la rilevanza delle questioni rispetto alla decisione del processo a quo deve essere vagliata ex ante, con riferimento al momento della prospettazione delle questioni stesse (ex plurimis, sentenze n. 127 del 2021, n. 270 e n. 85 del 2020).
Nella specie, l’incidente di legittimità costituzionale è scaturito dalla richiesta del condannato di concessione di misure alternative alla detenzione in relazione a una pena in quel momento non ancora interamente espiata, con conseguente obbligo del giudice rimettente di verificare la concedibilità delle misure richieste, tenuto conto della preclusione stabilita dalla norma censurata.
A fronte di ciò, la circostanza che, nelle more del giudizio di legittimità costituzionale, il condannato abbia finito di espiare la pena – stante anche l’esiguità della frazione di essa ancora ineseguita – non elide, di per sé, comunque sia, la rilevanza delle questioni (con riguardo a fattispecie similare, sentenza n. 7 del 2022).
3.– Le questioni sono, tuttavia, inammissibili per una diversa ragione, rilevabile ex officio, legata all’insufficiente descrizione della fattispecie concreta e al difetto di motivazione sulla rilevanza.
Il giudice rimettente riferisce che l’istante nel procedimento a quo è stato condannato, con sentenza divenuta irrevocabile, a tre anni e sei mesi di reclusione per tre diversi reati: sequestro di persona aggravato, violenza sessuale aggravata e lesioni personali aggravate. Di questi, però, uno solo – la violenza sessuale aggravata – è ostativo alla concessione dei benefici penitenziari ai sensi della norma censurata.
In simile situazione, sarebbe stato onere del rimettente verificare e specificare a quale, o a quali, di tali reati era imputabile la modesta frazione di pena residua (due mesi e diciotto giorni di reclusione) che – sempre secondo quanto riferito dal rimettente stesso – l’interessato doveva ancora scontare alla data dell’ordinanza di rimessione (è da supporre, a seguito dello scomputo del periodo di tempo trascorso in custodia cautelare o agli arresti domiciliari prima della condanna definitiva).
La giurisprudenza di legittimità è, infatti, da tempo costante nel ritenere che, nel caso di cumulo, materiale o giuridico, di pene inflitte per diversi titoli di reato, alcuni dei quali soltanto compresi nell’elenco dell’art. 4-bis ordin. penit., occorre procedere allo scioglimento del cumulo, venendo meno l’impedimento alla fruizione dei benefici penitenziari qualora l’interessato abbia già espiato la parte di pena relativa ai reati ostativi (ex plurimis, con riguardo al cumulo materiale, Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza 18 giugno-20 luglio 2021, n. 28141; Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza 11 dicembre 2020-7 aprile 2021, n. 13041; con riguardo al cumulo giuridico, conseguente, in particolare, all’applicazione della disciplina del reato continuato, Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza 29 novembre-7 dicembre 2016, n. 52182; Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza 31 marzo-26 luglio 2016, n. 32419): con l’ulteriore precisazione che, a questi fini, deve ritenersi scontata per prima la pena più gravosa per il reo, ossia quella riferibile ai reati che non consentirebbero l’accesso ai benefici (tra le altre, Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza n. 28141 del 2021; Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza 28 ottobre 2015-22 febbraio 2016, n. 6817).
Tale indirizzo giurisprudenziale recepisce le indicazioni fornite da questa Corte con la sentenza n. 361 del 1994, la quale, dichiarando non fondata nei sensi di cui in motivazione la questione al riguardo sollevata, ha escluso che la disciplina dell’art. 4-bis ordin. penit. abbia creato uno status di detenuto pericoloso destinato a permeare di sé l’intero rapporto esecutivo, a prescindere dallo specifico titolo di condanna concretamente in esecuzione.
La lacunosità, su questo punto, dell’ordinanza di rimessione impedisce, dunque, di verificare l’effettiva rilevanza delle questioni: il che, per costante giurisprudenza di questa Corte, ne determina l’inammissibilità (ex plurimis, ordinanze n. 136 del 2021, n. 147 e n. 108 del 2020, n. 64 del 2019). Le questioni sarebbero, infatti, prive di rilievo ove la frazione di pena ancora da scontare fosse imputabile ai soli reati non ostativi.
4.– Le questioni vanno dichiarate, pertanto, inammissibili.