<p style="text-align: justify;"><strong>Massima</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La libertà di testare fino all’ultimo attimo di vita - e quella, correlata, di ricevere per via successoria quanto spettante - corrispondono entrambe ad un inviolabile principio di ordine pubblico che i privati non possono compromettere in alcun modo (né diretto, né indiretto) con pattuizioni capaci, all’opposto, di vincolare </em>ex ante<em> ed in modo irreversibile una successione (o una quota di essa, o singoli beni che la compongono) ad una prefissata destinazione soggettiva; tale destinazione deve dunque poter essere revocata dal soggetto della cui successione si tratta, salve le eccezioni peculiarmente (ed espressamente) previste dalla legge, mentre il soggetto che </em>naturaliter<em> ne sarebbe il beneficiario non può rinunziarvi anzitempo o disporre, del pari anzitempo, dei pertinenti diritti.</em></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Crono-articolo</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Diritto romano (vedi articolo dedicato in Cittadinanza consapevole)</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1865</strong></p> <p style="text-align: justify;">Nella codificazione <strong>liberale</strong> l'articolo <strong>954</strong> <strong>vieta</strong> la <strong>rinunzia all'eredità</strong> di una <strong>persona vivente</strong> e l'<strong>alienazione dei diritti eventuali</strong> su <strong>detta eredità; </strong>il successivo art. <strong>1118</strong> sancisce poi in via generale il <strong>divieto di stipulazione</strong> intorno ad una <strong>successione non ancora aperta</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1942</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il codice civile all’<strong>art.458 </strong>dichiara<strong> nulla</strong> ogni <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/1472.html">convenzione</a> <strong><a href="http://www.brocardi.it/dizionario/840.html">con cui taluno dispone</a></strong> della <strong>propria <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/834.html">successione</a></strong>, ed altresì <strong>nullo</strong> ogni atto col quale taluno <strong>disponga</strong> dei <strong>diritti che gli possono spettare</strong> su una <strong>successione non ancora aperta</strong>, o <strong>rinunzia</strong> ai medesimi. Da notare come il <strong>progetto definitivo</strong> del <strong>libro delle successioni</strong> dapprima riportasse, <strong>una sola norma</strong> del codice abrogato (l'<strong>art.954</strong> sui c.d. <strong>patti rinunciativi</strong>, riprodotta nell'art. 70 del progetto definitivo) mentre nella stesura definitiva il legislatore del codice civile conferisce al <strong>divieto</strong> dei <strong>patti successori</strong> una <strong>portata assai più generale</strong> (includendovi anche i patti <strong>istitutivi</strong> e quelli <strong>dispositivi</strong>). Significativo, in tema di <strong>patti successori c.d. rinunciativi</strong>, l’<strong>art.557</strong> che, in tema di <strong>successione necessaria</strong>, vieta ai <strong>legittimari</strong> – durante la <strong>vita</strong> del <strong>soggetto della cui successione si tratta</strong> – di <strong>rinunciare <em>pro futuro</em></strong> all’<strong>azione di riduzione</strong> per eventuale <strong>lesione</strong> della <strong>quota di legittima</strong>. Rilevante altresì l’art.<strong>771</strong> in tema di <strong>nullità della donazione</strong> di beni <strong>non presenti</strong> nel patrimonio del donante, e dunque di <strong>beni futuri </strong>(tra i quali appunto quelli che <strong>si riceveranno per via successoria</strong>), nonché l’<strong>art.791</strong> che prevede la <strong>possibilità</strong> per il <strong>donante</strong> di disporre <strong>la reversibilità a sé medesimo</strong> dei <strong>beni donati</strong> in caso di <strong>premorienza del donatario</strong>. Degno di nota anche <strong>l’art.1412</strong> sul <strong>contratto a favore di terzo</strong> con effetti <strong>posticipati alla morte dello stipulante</strong>. Importante infine anche l’<strong>art.2284</strong> c.c. che prevede la possibilità per i <strong>soci</strong> di <strong>accordarsi</strong> sulla <strong>sorte della partecipazione</strong> in caso di <strong>morte di uno dei soci</strong> medesimi.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1947</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 aprile esce la sentenza della Cassazione n.526 che si occupa di un <strong>particolare caso di patto successorio</strong>, quello in qualche modo previsto dall’<strong>art.2284</strong> c.c. in tema di <strong>società di persone</strong> e di <strong>morte di uno dei soci</strong> nel corso del <strong>rapporto sociale</strong>. La norma consente ai soci di accordarsi preventivamente (“<strong><em>salva contraria disposizione del contratto sociale</em></strong>”) sulla <strong>sorte</strong> della <strong>partecipazione</strong> del detto socio che <strong>venga a mancare</strong>, e tra le <strong>varie clausole configurabili</strong> vi è quella c.d. <strong>di consolidazione o accrescimento</strong>, nella cui <strong>versione “<em>pura</em>”</strong>, in caso appunto di <strong>morte</strong> di <strong>uno dei soci</strong> in costanza di <strong>rapporto sociale</strong>, la relativa quota di partecipazione <strong>si accresce</strong> in capo agli <strong>altri soci</strong>, <strong>senza</strong> che agli eredi del socio defunto la quota medesima <strong>venga liquidata</strong>. Per la Corte si tratta di un <strong>patto successorio vietato</strong>, dal momento che i soci <strong>si accordano <em>ex ante</em></strong> in sede di <strong>atto costitutivo</strong> nel senso di <strong>disporre</strong> di <strong>una parte della successione di quello di essi</strong> che dovesse <strong>perdere la vita</strong> <strong>durante il rapporto sociale</strong>, attribuendo <strong>la pertinente quota sociale</strong> non già agli <strong>eredi</strong> del socio che morirà, ma <strong>agli altri soci superstiti</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1949</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 21 aprile esce la sentenza della Cassazione n.973 che si occupa di un <strong>particolare caso di patto successorio</strong>, quello in qualche modo previsto dall’<strong>art.2284</strong> c.c. in tema di <strong>società di persone</strong> e di <strong>morte di uno dei soci</strong> nel corso del <strong>rapporto sociale</strong>. La norma consente ai soci di accordarsi preventivamente (“<strong><em>salva contraria disposizione del contratto sociale</em></strong>”) sulla <strong>sorte</strong> della <strong>partecipazione</strong> del detto socio che <strong>venga a mancare</strong>, e tra le <strong>varie clausole configurabili</strong> vi è quella c.d. <strong>di consolidazione o accrescimento</strong>, nella cui <strong>versione “<em>pura</em>”</strong>, in caso appunto di <strong>morte</strong> di <strong>uno dei soci</strong> in costanza di <strong>rapporto sociale</strong>, la relativa quota di partecipazione <strong>si accresce</strong> in capo agli <strong>altri soci</strong>, <strong>senza</strong> che agli eredi del socio defunto la quota medesima <strong>venga liquidata</strong>. Per la Corte si tratta di un <strong>patto successorio vietato</strong>, dal momento che i soci <strong>si accordano <em>ex ante</em></strong> in sede di <strong>atto costitutivo</strong> nel senso di <strong>disporre</strong> di <strong>una parte della successione di quello di essi</strong> che dovesse <strong>perdere la vita</strong> <strong>durante il rapporto sociale</strong>, attribuendo <strong>la pertinente quota sociale</strong> non già agli <strong>eredi</strong> del socio che morirà, ma <strong>agli altri soci superstiti</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1951</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 17 marzo esce la sentenza della Cassazione n.685 che – ribadendo il proprio <strong>precedente orientamento</strong> - si occupa di un <strong>particolare caso di patto successorio</strong>, quello in qualche modo previsto dall’<strong>art.2284</strong> c.c. in tema di <strong>società di persone</strong> e di <strong>morte di uno dei soci</strong> nel corso del <strong>rapporto sociale</strong>. La norma consente ai soci di accordarsi preventivamente (“<strong><em>salva contraria disposizione del contratto sociale</em></strong>”) sulla <strong>sorte</strong> della <strong>partecipazione</strong> del detto socio che <strong>venga a mancare</strong>, e tra le <strong>varie clausole configurabili</strong> vi è quella c.d. <strong>di consolidazione o accrescimento</strong>, nella cui <strong>versione “<em>pura</em>”</strong>, in caso appunto di <strong>morte</strong> di <strong>uno dei soci</strong> in costanza di <strong>rapporto sociale</strong>, la relativa quota di partecipazione <strong>si accresce</strong> in capo agli <strong>altri soci</strong>, <strong>senza</strong> che agli eredi del socio defunto la quota medesima <strong>venga liquidata</strong>. Per la Corte si tratta di un <strong>patto successorio vietato</strong>, dal momento che i soci <strong>si accordano <em>ex ante</em></strong> in sede di <strong>atto costitutivo</strong> nel senso di <strong>disporre</strong> di <strong>una parte della successione di quello di essi</strong> che dovesse <strong>perdere la vita</strong> <strong>durante il rapporto sociale</strong>, attribuendo <strong>la pertinente quota sociale</strong> non già agli <strong>eredi</strong> del socio che morirà, ma <strong>agli altri soci superstiti</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1959</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 22 maggio esce la sentenza della Cassazione n.1556 che ritiene <strong>nulli</strong>, oltre ai <strong>patti successori ex art.458</strong> c.c. ad <strong>efficacia immediata e “<em>reale</em>”</strong>, anche quelli a mera <strong>efficacia obbligatoria</strong>, in cui <strong>l’oggetto “<em>ereditario</em>”</strong> del <strong>patto nullo</strong> è una <strong>obbligazione</strong> (istitutiva, dispositiva o rinunciativa).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1964</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 10 aprile esce la sentenza della Cassazione n.835 che ritiene <strong>nulli</strong>, oltre ai <strong>patti successori ex art.458</strong> c.c. ad <strong>efficacia immediata e “<em>reale</em>”</strong>, anche quelli a mera <strong>efficacia obbligatoria</strong>, in cui <strong>l’oggetto “<em>ereditario</em>”</strong> del <strong>patto nullo</strong> è una <strong>obbligazione</strong> (istitutiva, dispositiva o rinunciativa).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1975</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 16 aprile esce la sentenza della Cassazione n.1434 che – ribadendo il proprio <strong>precedente orientamento</strong> - si occupa di un <strong>particolare caso di patto successorio</strong>, quello in qualche modo previsto dall’<strong>art.2284</strong> c.c. in tema di <strong>società di persone</strong> e di <strong>morte di uno dei soci</strong> nel corso del <strong>rapporto sociale</strong>. La norma consente ai soci di accordarsi preventivamente (“<strong><em>salva contraria disposizione del contratto sociale</em></strong>”) sulla <strong>sorte</strong> della <strong>partecipazione</strong> del detto socio che <strong>venga a mancare</strong>, e tra le <strong>varie clausole configurabili</strong> vi è quella c.d. <strong>di consolidazione o accrescimento</strong>, nella cui <strong>versione “<em>pura</em>”</strong>, in caso appunto di <strong>morte</strong> di <strong>uno dei soci</strong> in costanza di <strong>rapporto sociale</strong>, la relativa quota di partecipazione <strong>si accresce</strong> in capo agli <strong>altri soci</strong>, <strong>senza</strong> che agli eredi del socio defunto la quota medesima <strong>venga liquidata</strong>. Per la Corte si tratta di un <strong>patto successorio vietato</strong>, dal momento che i soci <strong>si accordano <em>ex ante</em></strong> in sede di <strong>atto costitutivo</strong> nel senso di <strong>disporre</strong> di <strong>una parte della successione di quello di essi</strong> che dovesse <strong>perdere la vita</strong> <strong>durante il rapporto sociale</strong>, attribuendo <strong>la pertinente quota sociale</strong> non già agli <strong>eredi</strong> del socio che morirà, ma <strong>agli altri soci superstiti</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1992</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 19 novembre esce la sentenza del Tribunale di <strong>Vercelli</strong> che torna ad occuparsi di un <strong>particolare caso di patto successorio</strong>, quello in qualche modo previsto dall’<strong>art.2284</strong> c.c. in tema di <strong>società di persone</strong> e di <strong>morte di uno dei soci</strong> nel corso del <strong>rapporto sociale</strong>. La norma consente ai soci di accordarsi preventivamente (“<strong><em>salva contraria disposizione del contratto sociale</em></strong>”) sulla <strong>sorte</strong> della <strong>partecipazione</strong> del detto socio che <strong>venga a mancare</strong>, e tra le <strong>varie clausole configurabili</strong> vi è quella c.d. <strong>di consolidazione o accrescimento</strong>, nella cui <strong>versione “<em>pura</em>”</strong>, in caso appunto di <strong>morte</strong> di <strong>uno dei soci</strong> in costanza di <strong>rapporto sociale</strong>, la relativa quota di partecipazione <strong>si accresce</strong> in capo agli <strong>altri soci</strong>, <strong>senza</strong> che agli eredi del socio defunto la quota medesima <strong>venga liquidata</strong>. Per il Tribunale non si tratta, come tralatiziamente affermato dalla Cassazione, di un patto successorio vietato per frizione con l’art.458 c.c., quanto piuttosto di <strong>accordo</strong> in contrasto con il <strong>divieto del patto tontinario</strong>, una c.d. “<strong><em>assicurazione sulla vita a ripartizione</em></strong>” alla cui stregua – secondo <strong>l’atteggiarsi</strong> della pertinente <strong>fattispecie</strong>, quando <strong>venuta alla luce</strong> (viene fatto ufficialmente risalire <strong>XVII secolo</strong> e precisamente al <strong>1653</strong>, ideato dal banchiere e governatore di Gaeta <strong>Lorenzo De Tonti</strong> che, recatosi in <strong>Francia</strong>, propose al <strong>cardinale Mazzarino</strong> questa peculiare e <strong>“<em>primitiva</em>”</strong> <strong>forma </strong>di <strong>assicurazione sulla vita</strong>) – <strong>ciascun</strong> contraente, dietro pagamento di una <strong>somma prestabilita</strong> (normalmente variabile in base all’età) si vede corrispondere una <strong>rendita vitalizia immediata</strong>: da tale momento si innesca <strong>una sorta di “<em>roulette assicurativa</em>”</strong>, in base alla quale <strong>chi sopravvive</strong> <strong>agli altri contraenti</strong> <strong>incassa</strong> via via anche <strong>le rate di rendita altrui</strong>. Una sorta dunque di “<strong><em>società reale</em></strong>” che – pur destando da subito <strong>perplessità</strong> – è stata <strong>inizialmente giudicata conforme al sistema</strong>, fino al <strong>1912</strong>, anno in cui in Italia è nato il <strong>monopolio statale</strong> sulle <strong>assicurazioni sulla vita</strong>. Le clausole di accrescimento o consolidazione configurano dunque, per il Tribunale, una forma larvata di <strong>patto tontinario</strong> vietato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1995</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 16 febbraio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.1683 che ribadisce come nei <strong>patti successori vietati</strong> la <strong>morte</strong> è la <strong>causa del trasferimento</strong>; proprio per questo la dottrina li distingue dai <strong>c.d. atti <em>post mortem</em></strong>, nei quali il trasferimento ha una <strong>causa diversa dalla morte</strong> di un soggetto, e la morte funge solo da <strong>parametro cronologico</strong> di <strong>produzione degli effetti</strong>, compendiando un <strong>termine</strong> o l’<strong>evento di una condizione</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2000</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 maggio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.5870 che <strong>esclude</strong> dall’area di operatività <strong>dell’art.458</strong> c.c. la <strong>mera promessa verbale</strong> di <strong>nominare erede</strong> un <strong>determinato soggetto</strong>, dacché la disposizione vieta i <strong>contratti</strong> che abbiano ad oggetto la <strong>successione</strong> di taluno, e <strong>non già</strong> le <strong>mere promesse unilaterali</strong> (che <strong>non sono patti</strong>), come tali <strong>prive di valore giuridico</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2006</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 14 febbraio viene varata la <strong>legge n.55</strong> recante <strong>modifiche al codice civile</strong> in materia di <strong>patti di famiglia</strong>, che incide in modo <strong>innovativo</strong> sull’<strong>art.458</strong> c.c. dichiarando <strong>nulli</strong> i patti successori “<strong><em>fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768-bis e seguenti</em></strong>” e dunque proprio nei casi dei c.d. <strong>patti di famiglia</strong>, che finiscono per produrre un <strong>temperamento</strong> al tradizionale divieto.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2009</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 30 giugno esce la sentenza del Tribunale di <strong>Napoli</strong>, onde il <strong>patto successorio istitutivo</strong>, <strong>nullo</strong> ai sensi dell’art. 458 c.c., ricorre nell’ipotesi di <strong>convenzione</strong> avente ad oggetto la <strong>disposizione di beni</strong> afferenti ad una <strong>successione non ancora aperta,</strong> vale a dire di <strong>accordo</strong> che costituisca <strong>attuazione dell’intento</strong> delle parti, rispettivamente di <strong>provvedere in tutto o in parte alla propria successione</strong> e di <strong>acquistare un diritto sui beni della futura proprietà</strong> a titolo di <strong>erede</strong> o <strong>legatario</strong>; tale accordo, laddove di natura <strong>obbligatoria</strong>, deve essere inteso a <strong>far sorgere un vero e proprio <em>vinculum iuris</em></strong> di cui la <strong>successiva disposizione testamentaria</strong> costituisce <strong>l’adempimento</strong>; conseguentemente deve essere <strong>esclusa</strong> la sussistenza di un <strong>patto successorio</strong> quando tra le parti <strong>non sia intervenuta alcuna convenzione</strong> e la persona della cui eredità trattasi abbia <strong>solo manifestato verbalmente</strong> all’interessato o a terzi <strong>l’intenzione di disporre dei propri beni in un determinato modo</strong>, atteso che tale <strong>promessa verbale</strong> non crea <strong>alcun vincolo giuridico</strong> e non è quindi idonea a <strong>limitare la piena libertà del testatore</strong> che è il <strong>vero oggetto</strong> della <strong>tutela legislativa</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 19 novembre esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.24450 alla cui stregua configurano un <strong>patto successorio</strong> - per definizione <strong>non suscettibile di conversione in un testamento</strong>, ai sensi dell’<strong>art. 1424</strong> c.c., in quanto in <strong>contrasto</strong> col <strong>principio</strong> dell’ordinamento, <strong>di ordine pubblico</strong>, onde il testatore è <strong>libero di disporre dei propri beni</strong> fino al momento della <strong>morte</strong> - sia le <strong>convenzioni</strong> aventi ad oggetto una <strong>vera istituzione di erede</strong> rivestita della <strong>forma contrattuale</strong>, sia quelle che abbiano ad oggetto <strong>la costituzione, trasmissione o estinzione</strong> di <strong>diritti</strong> relativi ad una <strong>successione non ancora aperta</strong>, tali da far sorgere un <strong><em>vinculum iuris</em></strong> di cui la <strong>disposizione ereditaria</strong> rappresenti <strong>l’adempimento.</strong> Decidendo il peculiare caso di specie, per la Corte ha natura di <strong>patto successorio</strong> e <strong>non di transazione</strong> - come erroneamente ritenuto dal giudice di merito - la <strong>scrittura privata</strong> con la quale <strong>una sorella</strong> ha acconsentito al <strong>trasferimento</strong> in favore dei <strong>fratelli</strong> della <strong>proprietà di immobili appartenenti al padre</strong>, a fronte dell’<strong>impegno</strong>, assunto dai medesimi, di versarle una <strong>somma di denaro</strong>, da considerare, in relazione allo specifico contesto, come una <strong>tacitazione</strong> dei <strong>relativi diritti</strong> quale <strong>erede legittimario</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2010</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 febbraio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n. 3345, secondo la quale la <strong>clausola statutaria</strong> che attribuisce ai <strong>soci superstiti di una società di capitali</strong>, in caso di <strong>morte</strong> di uno di essi, il <strong>diritto di acquistare</strong> - secondo un <strong>valore da determinarsi</strong> in base a <strong>criteri prestabiliti</strong> - dagli <strong>eredi del <em>de cuius</em></strong> la <strong>partecipazione</strong> già appartenuta a quest’ultimo e <strong>pervenuta <em>iure successionis</em></strong> agli eredi medesimi, <strong>non viola</strong> il <strong>divieto di patti successori</strong> di cui all’art. 458 c.c., in quanto il <strong>vincolo</strong> che ne deriva a carico reciprocamente dei soci è destinato a <strong>produrre effetti solo dopo</strong> il verificarsi della <strong>vicenda successoria</strong> e <strong>dopo il trasferimento</strong> (per legge o per testamento) della partecipazione <strong>agli eredi</strong>, con la conseguenza onde la <strong>morte di uno dei soci</strong> costituisce soltanto il <strong>momento a decorrere dal quale</strong> può essere esercitata <strong>l’opzione per l’acquisto</strong> suddetto, <strong>senza</strong> che ne risulti <strong>incisa</strong> la <strong>disciplina legale</strong> della <strong>delazione ereditaria</strong> o che si configurino gli estremi di un (vietato) <strong>patto di consolidazione delle azioni fra soci</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2011</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 29 dicembre esce la sentenza della I sezione della Cassazione n. 30020 onde <strong>non viola il patto successorio</strong> la <strong>clausola statutaria</strong> di società a responsabilità limitata che sancisca il <strong>divieto del trasferimento delle quote per causa di morte</strong> se non <strong>a favore del coniuge e dei discendenti in linea retta</strong> dei soci fondatori e il <strong>subentro</strong> dei <strong>soci superstiti</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2014</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 20 ottobre esce la sentenza del Tribunale di <strong>Udine</strong> che si occupa della <strong>clausola</strong>, contenuta in un <strong>contratto di mutuo</strong>, ove si prevede che <strong>il mutuatario sia liberato</strong> dall’eventuale <strong>debito residuo</strong> alla data della <strong>morte del mutuante.</strong> Per il Tribunale detta clausola <strong>non costituisce</strong> violazione del <strong>divieto dei patti successori</strong>, trattandosi di un <strong>negozio <em>inter vivos</em></strong> di <strong>remissione di debito</strong> <strong>immediatamente produttivo di effetti</strong> e <strong>non</strong> di un <strong>negozio <em>mortis causa</em></strong>.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2015</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 25 febbraio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n. 3819. che dichiara <strong>nulla</strong> la <strong>rinuncia preventiva</strong> alla <strong>quota di comproprietà</strong> derivante da una <strong>futura eventuale successione</strong> in quanto costituente <strong>patto successorio vietato</strong> dalla legge.</p> <p style="text-align: justify;">Il 27 novembre esce la sentenza della II sezione della Cassazione n. 24291 secondo la quale l’<strong>assunzione tra fratelli dell’obbligo di conguaglio</strong> per la <strong>differenza di valore</strong> dei <strong>beni loro donati in vita</strong> dal genitore <strong>non vìola</strong> il divieto di patti successori, <strong>non</strong> concernendo i <strong>diritti spettanti sulla futura successione <em>mortis causa</em></strong> del genitore.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2016 </strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 6 aprile esce la sentenza del Tribunale di <strong>Pordenone</strong> che si occupa della donazione c.d. <strong><em>cum praemoriar</em></strong> (subordinata cioè alla <strong>premorienza del donante</strong>); essa <strong>non costituisce</strong>, per il Tribunale, un <strong>contratto <em>mortis causa</em></strong>, che come tale sarebbe <strong>nullo</strong> per violazione dell’art. 458 c.c., rappresentando piuttosto <strong>una normale</strong> (e, quindi <strong>consentita</strong>) <strong>donazione tra vivi</strong> sottoposta a <strong>termine</strong> e <strong>condizione</strong>, con la sola <strong>particolarità</strong> che <strong>l’evento</strong> è dato dalla <strong>(pre) morte del donante</strong>; una donazione, quella con <strong>questa foggia</strong>, la cui <strong>validità</strong> va per il Tribunale <strong>affermata</strong> ogni volta in cui <strong>la morte costituisce non già la causa dell’attribuzione</strong>, quanto piuttosto un <strong>evento condizionante</strong> la produzione degli <strong>effetti definitivi</strong>, senza impedire la <strong>produzione di effetti prodromici e preliminari</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 15 luglio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n. 14566 che assume configurare <strong>patto successorio</strong>, vietato dall’art. 458 c.c., <strong>l’accordo</strong> col quale i contraenti <strong>si attribuiscono le quote di proprietà di un immobile</strong> oggetto dell’<strong>altrui futura successione <em>mortis causa</em></strong>, pattuendo di <strong>rimanere in comunione</strong> ai sensi dell’<strong>art. 1111, 2º comma</strong>, c.c.; a nulla rileva, quanto al <strong>giudizio di invalidità ex art. 458</strong> c.c., il <strong>collegamento</strong> tra tale <strong>scrittura privata</strong> ed il <strong>negozio traslativo</strong> concluso <strong>con lo stesso <em>de cuius</em></strong>, né la di lui <strong>consapevole adesione</strong> ad un <strong>precedente patto successorio dispositivo</strong>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 12 settembre esce la sentenza della XII sezione del Tribunale di Napoli secondo cui la clausola di un contratto di assicurazione che prevede l’intrasmissibilità del diritto all’indennizzo nel caso in cui l’assicurato muoia prima della concreta liquidazione dell’indennità stessa non riguarda l’oggetto del contratto, né il rischio garantito, ma rappresenta una limitazione della responsabilità dell’assicuratore. Una simile clausola è vessatoria e, quindi, ai sensi dell’art. 36, comma 1, cod. consumo, è da dichiararsi nulla, anche se munita di “doppia sottoscrizione”, ferma restando la validità del contratto. La dottrina ha evidenziato come, nel caso di specie, siano individuabili cinque diversi profili di nullità e in particolare: 1) un caso di esonero illegittimo di responsabilità dell’assicuratore per inadempimento; 2) la violazione dell’art. 458 c.c.; 3) l’inosservanza dell’obbligo di trasparenza del contenuto contrattuale; 4) l’illegittima deroga ai principi in tema di condizione meramente potestativa; 5) in ogni caso, la violazione di norme imperative.</p> <p style="text-align: justify;">Il 29 ottobre esce la sentenza del Tribunale di <strong>Roma</strong> onde il <strong>mandato <em>mortis causa</em></strong> conseguente all’<strong>intestazione fiduciaria</strong>, con indicazione da parte del <strong>mandante</strong> (<strong>futuro <em>de cuius</em></strong>) al <strong>mandatario fiduciario</strong> di <strong>trasferire i beni</strong> a chi sia stato <strong>indicato come beneficiario, </strong>con trasferimento da operarsi <strong>successivamente</strong> alla <strong>morte del mandante </strong>medesimo, è <strong>illegittimo ed invalido</strong>, in quanto <strong>in violazione dei patti successori</strong> ai sensi e per gli effetti dell’art. 458 c.c.</p> <p style="text-align: justify;">Il 15 novembre esce la sentenza della III sezione del Tribunale di Verona onde la disposizione testamentaria che attribuisca il patrimonio mobiliare del <em>de cuius</em> ad uno solo tra gli eredi non può essere considerata come inequivoca revoca della designazione di tutti gli eredi, genericamente indicati, come beneficiari di una polizza vita previamente stipulata.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2019</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 19 marzo viene presentato al Senato il ddl. S. 1151 che prevede una delega molto ampia per una riforma del diritto civile. Per quanto di interesse in questa sede, il progetto riformatore incide anche sull’istituto della riserva riconosciuta ai legittimari dal momento che la dottrina ha da tempo attenzionato tale istituto da due e concorrenti angoli prospettici. Ostacolo alla circolazione dei beni di provenienza donativa, inadeguatezza se non eccessività della riserva rispetto alle nuove esigenze avvertite da modelli di famiglia allargata o composita.</p> <p style="text-align: justify;">Il disegno di legge delega si propone di trasformare la riserva da diritto sulla quota del patrimonio a diritto al “valore” di una quota patrimoniale. Tale disposizione dovrebbe poi avere ripercussioni anche sull’azione di reintegrazione, dal momento che l’erede non potrebbe più vantare diritti sul singolo bene, ma solo su una quota di patrimonio.</p> <p style="text-align: justify;">Sotto altra prospettiva, la delega lascia fermo il divieto dei patti dispositivi dei diritti spettanti da una successione non ancora aperta, ma prevede comunque la possibilità di stipulare patti sulle successioni future. In particolare, è esplicito il riferimento a patti tramite i quali si conviene in ordine alla “devoluzione dei beni del patrimonio ereditario in essi determinati ai successori ivi indicati” ed a patti tramite i quali i successibili rinunciano “irrevocabilmente alla successione in generale o in particolari beni, restando inderogabile la quota di riserva prevista dagli articoli 356 e seguenti”.</p> <p style="text-align: justify;">Si prevede dunque l’introduzione nell’ordinamento successorio di patti istitutivi, tramite i quali sarebbe consentito attribuire in vita beni determinati ai vari successibili ed altresì di patti rinunciativi, tramite i quali alcuni successibili, potrebbero rinunciare ad ogni pretesa successoria o comunque ad una pretesa su beni determinati.</p> <p style="text-align: justify;">La dottrina ha subito rilevato come risulti in tal modo aperta la strada ad un governo su base contrattuale della vicenda successoria e conseguentemente marginalizzato il ruolo del testamento quale unica ed esclusiva espressione dell’autonomia privata in ordine alla devoluzione del patrimonio della persona.</p> <p style="text-align: justify;">Considerato che la prospettiva di riforma prevede altresì la possibilità di stipulare accordi in vista di matrimoni e unioni personali, è da ritenere che tali accordi potranno ospitare anche patti istitutivi e soprattutto patti rinunciativi, consentendo una circolazione ‘mirata’ della ricchezza che, ad esempio, tenga conto di plurime esperienze matrimoniali e di figli nati da diverse relazionali.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Questioni intriganti</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quale è il fondamento del divieto di patti successori?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>occorre <strong>tutelare</strong> la <strong>libertà del testatore</strong>;</li> <li>egli deve <strong>scegliere</strong> che <strong>destinazione</strong> dare <strong><em>post mortem</em></strong> al proprio patrimonio <strong>fino all’ultimo istante</strong> e <strong>senza condizionamenti</strong>;</li> <li>ripugna sotto il profilo <strong>sociale</strong> che una <strong>persona vivente</strong> disponga <strong>anzitempo</strong> ed in modo <strong>irrevocabile</strong> dei propri <strong>diritti</strong> per il periodo in cui non ci sarà più (o che <strong>altri</strong>, che egli <strong>ha inteso beneficiare</strong>, lo facciano <strong>anzitempo in sua vece</strong>, <strong>rinunziando</strong> ai pertinenti diritti o <strong>disponendone</strong> quando egli <strong>è ancora in vita</strong>);</li> <li>la <strong>piena libertà di testare</strong> fino all’<strong>ultimo momento di vita</strong> è <strong>principio di ordine pubblico</strong>, come tale <strong>non derogabile </strong>dall’<strong>autonomia privata</strong>, onde si tratta di <strong>accordi nulli</strong> che <strong>non possono</strong> essere fatti oggetto di <strong>conversione ex art.1424</strong>c.;</li> <li>l’accordo <strong>è vietato</strong> perché ha ad oggetto <strong>un trasferimento <em>mortis causa</em></strong>, e dunque <strong>la morte di un soggetto</strong> è la <strong>causa</strong> del <strong>trasferimento divisato</strong> dalle parti con l’accordo (proprio per questo) <strong>nullo</strong>; la fattispecie è – almeno sul piano <strong>teorico</strong> – <strong>diversa</strong> nei c.d. <strong>atti <em>post mortem</em></strong>, laddove la morte di un soggetto <strong>non è la causa</strong> di un trasferimento (che trova dunque la propria funzione economico-individuale <strong><em>aliunde</em></strong>), ma soltanto il <strong>momento cronologico</strong> di <strong>produzione concreta degli effetti</strong> dell’accordo di trasferimento, quale <strong>termine</strong> ovvero quale <strong>condizione</strong>;</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quante categorie di patti successori possono tradizionalmente isolarsi?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>patti <strong>istitutivi</strong>: interviene un accordo – <strong>non importa</strong> se a titolo <strong>oneroso</strong> o <strong>gratuito</strong> - tra il soggetto <strong>A</strong> e il soggetto <strong>B</strong>, in forza del quale il primo <strong>nomina erede</strong> il secondo, o <strong>dispone con testamento</strong> <strong>a relativo vantaggio</strong>, ovvero <strong>si obbliga</strong> (senza dunque effetti immediati) ad <strong>istituirlo erede</strong> (successione a titolo universale) ovvero a <strong>beneficiarlo di un legato</strong> (successione a titolo particolare), tanto che il patto abbia ad oggetto <strong>un singolo cespite</strong>, ovvero <strong>una quota del patrimonio</strong> o ancora <strong>tutto il patrimonio</strong> del disponente; il patto potrebbe anche intervenire tra <strong>A</strong> ed il <strong>terzo C</strong>, pur avendo ad oggetto <strong>l’istituzione di B come erede</strong> ovvero il <strong>beneficio per lui di un legato</strong>, quand’anche con effetti meramente <strong>obbligatori</strong>;</li> <li>patti <strong>dispositivi</strong>: l’accordo (o l’”<strong><em>atto</em></strong>”, che in questo caso <strong>può dunque</strong> essere <strong>anche unilaterale</strong>) <strong>lascia fuori</strong> il soggetto <strong>della cui successione si tratta</strong> (la successione <strong>non è ancora aperta</strong> ed il <strong>futuro <em>de cuius</em> è ancora in vita</strong>), intervenendo tra <strong>chi presuntivamente ne sarà erede</strong> ed <strong>un terzo</strong>, tanto che coinvolga <strong>l’intera eredità</strong>, ovvero <strong>una quota</strong> della medesima, ovvero ancora <strong>singoli beni</strong>; nel caso di <strong>disposizione a titolo gratuito</strong> la nullità è <strong>a doppio titolo</strong>, essendo <strong>nulla</strong> la <strong>donazione di beni futuri</strong> (non presenti nel patrimonio del donante) ex <strong>771</strong> c.c.; anche per i patti dispositivi è nulla, oltre alla versione <strong>ad efficacia reale</strong> (e dunque <strong>immediata</strong>), anche la versione a <strong>mera efficacia obbligatoria</strong>;</li> <li>patti rinunciativi: l’accordo (o l’”<strong><em>atto</em></strong>”, che in questo caso <strong>può dunque</strong> essere <strong>anche unilaterale</strong>) può coinvolgere il futuro <strong><em>de cuius</em></strong>, nei confronti del quale il presunto futuro erede rinuncia alla eredità teoricamente spettantegli (<em>in toto</em>, <em>pro quota</em> o limitatamente a singoli beni); ovvero può coinvolgere <strong>un terzo a beneficio del quale</strong> il <strong>presunto futuro erede</strong> opera la rinuncia: tipico l’esempio c.1) del <strong>legittimario</strong> che <strong>rinuncia <em>pro futuro</em> all’azione di riduzione</strong> per il caso di <strong>eventuale lesione</strong> della relativa <strong>quota di legittima</strong> (qui la rinuncia <strong>è vietata</strong>, quale <strong><em>species</em></strong> a <em>genus</em>, dall’<strong>557</strong> c.c.); c.2) della rinuncia a favore del <strong>chiamato in subordine</strong> rispetto a chi rinuncia; c.3) della rinuncia a favore del <strong>coerede in accrescimento</strong>, che della rinuncia può <strong>avvantaggiarsi</strong> in virtù proprio dell’accrescimento; anche per i patti dispositivi è nulla, oltre alla versione <strong>ad efficacia reale</strong> (e dunque <strong>immediata</strong>), anche la versione a <strong>mera efficacia obbligatoria</strong>;</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali problemi pone in particolare il patto successorio nullo di natura “obbligatoria”?</strong></p> <p style="text-align: justify;">Tutto dipende dalla <strong>consapevolezza o meno</strong> in capo al <strong>soggetto obbligato</strong> di <strong>eseguire</strong>, attraverso <strong>l’adempimento</strong> dell’obbligazione, un <strong>patto successorio nullo</strong>:</p> <ol style="text-align: justify;"> <li>chi adempie <strong>è consapevole</strong> della <strong>nullità</strong> del patto dal quale discende <strong>l’obbligazione</strong> che va eseguendo: la consapevolezza <strong>rompe il nesso</strong> tra l’atto adempitivo <strong>e la nullità del patto</strong> dal quale discende l’obbligazione che si adempie, onde l’atto adempitivo viene assunto <strong>valido</strong>;</li> <li>chi adempie <strong>non è consapevole</strong> della <strong>nullità del patto</strong> dal quale discende <strong>l’obbligazione</strong> che va eseguendo: la mancata consapevolezza <strong>lascia in piedi</strong> il nesso tra l’atto adempitivo e la nullità dell’atto dal quale discende l’obbligazione che si adempie ed in simili casi: b.1) laddove il <strong>patto successorio obbligatorio</strong> sia <strong>istitutivo</strong> e il <strong>testatore</strong>, <strong>per onorare</strong> l’obbligo assunto, <strong>istituisca</strong> taluno erede, si configura un <strong>errore di diritto sul motivo </strong>ex<strong>624</strong> c.c., che rende il testamento <strong>annullabile</strong>; per un’altra tesi <strong>più radicale</strong> il testamento sarebbe invece <strong>radicalmente nullo</strong> per <strong>motivo illecito</strong> ex <strong>art.626</strong> c.c.; b.2) laddove il patto successorio obbligatorio sia <strong>dispositivo o rinunciativo</strong> e il soggetto obbligato, <strong>per onorare</strong> l’obbligo assunto, <strong>disponga</strong> della propria futura successione o <strong>vi rinunzi</strong>, si configura un <strong>errore di diritto</strong> ex <strong>art.1429, n.4</strong>, c.c., che rende <strong>l’atto <em>inter vivos</em> annullabile</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali istituti o figure giuridiche sono a rischio di nullità per violazione del divieto dei patti successori?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>il <strong>mandato <em>post mortem</em></strong>, laddove il mandatario si obbliga ad eseguire la <strong>divisata attività giuridica</strong> <strong>dopo la morte</strong> del <strong>mandante</strong>; se si tratta di <strong>mera attività materiale</strong> (mandato <strong><em>post mortem exequendum</em></strong>) si è <strong>al di fuori</strong> dei patti successori, con conseguente <strong>validità</strong> del mandato, come nel tipico caso - rammentato dalla dottrina - delle <strong>istruzioni</strong> fornite al mandatario per procedere alla <strong>tumulazione</strong> del mandante, una volta defunto; se invece si tratta di <strong>attività giuridica</strong>, ed in particolare di una <strong>attribuzione patrimoniale</strong>, si profila un <strong>patto successorio nullo</strong> quando <strong>l’attribuzione</strong> operata dal mandatario nell’interesse del mandante trovi la <strong>propria causa</strong> nella <strong>morte</strong> di quest’ultimo (potendosi configurare un <strong>patto successorio istitutivo</strong> vietato); <strong>non è </strong>vero e proprio<strong> mandato</strong> il c.d. <strong>mandato <em>post mortem</em> in senso stretto</strong>, che <strong>non</strong> è un <strong>contratto</strong> ma, piuttosto, un <strong>atto unilaterale</strong>: sono le ipotesi della <strong>nomina</strong> da parte del testatore di un <strong>terzo incaricato di redigere il progetto di divisione</strong> della propria eredità ex art.<strong>733</strong>c., ovvero della nomina di un <strong>esecutore testamentario</strong> o di un <strong>terzo arbitratore</strong> ai sensi degli articoli <strong>630-632</strong> c.c.;</li> <li>il <strong>negozio fiduciario</strong>, laddove fiduciante e fiduciario – in forza del <strong><em>pactum fiduciae</em></strong> - si accordino nel senso onde, alla <strong>morte</strong> del primo (<strong>fiduciante</strong>), i beni trasferiti al secondo (<strong>fiduciario</strong>) <strong>mentre il primo era in vita</strong> siano trasferiti in proprietà <strong>ad un terzo beneficiario</strong>: sebbene possa profilarsi una <strong>frizione</strong> con il divieto di <strong>patti successori istitutivi</strong>, si tratta di <strong>negozio generalmente assunto valido</strong> (escluse le fattispecie in cui esso si palesi <strong>in frode alla legge</strong>, come nel caso in cui il beneficiario sia un soggetto <strong>incapace di succedere</strong>), muovendo dal presupposto che esso compendia in realtà un <strong>negozio <em>inter vivos</em></strong>, in cui il fiduciario <strong>acquista subito la proprietà</strong> dei beni da parte del fiduciante e, qualora <strong>si renda inadempiente</strong> al <em>pactum fiduciae</em>, è <strong>solo</strong> tenuto al <strong>risarcimento del danno</strong> nei confronti degli eredi del fiduciante;</li> <li>il <strong>contratto a favore di terzo</strong> in cui la <strong>prestazione del promittente</strong> nei confronti del terzo va effettuata <strong>dopo la morte dello stipulante</strong> ex <strong>1412</strong> c.c.: se ne ammette generalmente la <strong>validità</strong>, trattandosi di <strong>disposizione</strong> che ha <strong>effetti immediati a favore del terzo</strong>, con <strong>mero spostamento in avanti</strong> del <strong><em>tempus</em></strong> della <strong>prestazione</strong> del promittente, collegata alla <strong>morte dello stipulante</strong> (che dunque si palesa più <strong>occasione</strong> che <strong>causa</strong> dell’attribuzione); si tratta insomma di un <strong>atto <em>inter vivos</em></strong> con <strong>effetti <em>post mortem</em></strong>, come dimostra il fatto che, se <strong>il terzo premuore</strong> allo stipulante, la prestazione del promittente <strong>si dirige</strong> – alla <strong>morte</strong> <strong>dello stipulante</strong> - nei confronti dei <strong>relativi eredi</strong>, con conferma dell’<strong>efficacia immediata del negozio</strong>; la disciplina prevede – <strong>anche</strong> per il caso in cui il terzo abbia <strong>dichiarato di voler profittare</strong> della prestazione (<em>post mortem</em>) a relativo favore – la possibilità per lo stipulante di <strong>revocare</strong> la disposizione <strong>fino alla morte</strong>, con possibilità tuttavia di <strong>rinunciare per iscritto</strong> a detta <strong>facoltà di revoca</strong>;</li> <li>la <strong>donazione a causa di morte</strong>: il <strong>donante</strong> appone al proprio <strong>atto di liberalità</strong> una <strong>condizione sospensiva</strong>, coincidente con <strong>l’evento</strong> della propria <strong>morte</strong>, e si riserva il <strong>potere di revocare la donazione</strong> stessa; la figura – oltre che per possibile conflitto con il <strong>divieto dei patti successori</strong>, dacché la <strong>morte del donante</strong> viene assunta come <strong>causa</strong> del trasferimento sotteso alla donazione stessa – confligge con il principio di <strong>normale irrevocabilità</strong> <strong>della donazione</strong> (salvi i casi espressamente previsti dalla legge: <strong>ingratitudine</strong> e <strong>sopravvenienza di figli</strong>) e, massime, con la norma che dichiara <strong>vietata</strong> la <strong>condizione meramente potestativa</strong>, ovvero l’<strong>1355</strong> c.c.; quando invece la donazione è <strong>irrevocabile</strong> ed <strong>è fatta con (mero) termine di efficacia</strong> fissato al momento della morte del donante (c.d. donazione <strong><em>cum moriar</em></strong>), si tratta di <strong>atto <em>post mortem</em></strong> giudicato <strong>valido</strong> perché la causa della donazione resta lo spirito di liberalità del donante (cui corrisponde un’<strong>aspettativa giuridicamente tutelata</strong> del <strong>donatario</strong>), e non già la relativa <strong>morte</strong> (anche se, nel concreto, esso potrebbe <strong>eludere</strong> il divieto dei patti successori <strong>istitutivi</strong>); parimenti è <strong>atto <em>post mortem</em></strong> assunto <strong>valido</strong> la donazione i cui <strong>effetti</strong> sono <strong>subordinati</strong> alla circostanza onde <strong>il donante muore prima</strong> del donatario (c.d. donazione <strong><em>si premoriar</em></strong>), poiché anche in questo caso la causa dell’atto donativo e lo spirito di liberalità del donante (cui corrisponde anche qui un’<strong>aspettativa giuridicamente tutelata</strong> del <strong>donatario</strong>) e non già la relativa <strong>morte</strong> (anche se, nel concreto, anch’esso potrebbe <strong>eludere</strong> il divieto dei patti successori <strong>istitutivi</strong>); non configura certamente patto successorio vietato la fattispecie di cui all’<strong>art.791</strong> c.c. in cui il donante sottoponga il proprio <strong>trasferimento con causa di liberalità</strong> – che ha <strong>effetti immediati</strong> – alla <strong>condizione risolutiva</strong> della <strong>premorienza del donatario</strong>, onde se <strong>il donatario decede anteriormente</strong> al donante, i beni donati <strong>tornano nel patrimonio del donante</strong> stesso (c.d. <strong>reversibilità</strong>);</li> <li>la <strong>sorte</strong> della <strong>partecipazione sociale</strong> in caso di <strong>morte di uno dei soci</strong>, che può essere oggetto di <strong>accordi <em>ex ante</em> tra i soci</strong> medesimi ai sensi dell’<strong>2284 c.c.</strong> in tema di società semplice, richiamato per le <strong>società in nome collettivo</strong> dall’art.2293 e per quelle <strong>in accomandita semplice</strong> (per quanto riguarda il solo socio accomandatario) dall’<strong>art.2322</strong> c.c.; si parte dalla <strong>regola generale</strong> onde, in caso di morte di un socio, laddove <strong>nulla</strong> sia stato disposto dai soci in sede di <strong>costituzione della società</strong>, il rapporto sociale <strong>si scioglie</strong> e gli <strong>eredi</strong> hanno diritto alla <strong>liquidazione della quota</strong>, salvo che i soci superstiti non intendano <strong>liquidare (tutta) la società</strong>, ovvero ancora non preferiscano <strong>continuare la società con gli eredi</strong> del socio mancato, e tali eredi <strong>prestino il consenso</strong> a tale continuazione, configurandosi per tale via, <strong><em>ex post</em></strong>, un <strong>accordo <em>inter vivos</em></strong> che non crea problemi di <strong>validità</strong>. <strong><em>Ex ante</em></strong>, è tuttavia possibile <strong>per i soci</strong>, nel momento stesso in cui <strong>costituiscono la società</strong>, <strong>accordarsi</strong> tra loro per disciplinare la <strong>sorte delle partecipazioni</strong> in caso di <strong>morte</strong> di taluno di loro, profilandosi in tal caso <strong>nell’atto costitutivo</strong> della società: e.1) <strong>clausole di continuazione</strong>: gli eredi del socio defunto hanno la <strong>facoltà</strong> (clausola facoltativa: si tratta di un’<strong>opzione</strong>) ovvero <strong>l’obbligo</strong> (clausola obbligatoria: <strong>proposta irrevocabile</strong> del socio poi defunto, con obbligo pertinente che <strong>si trasferisce</strong> agli <strong>eredi</strong> medesimi) di <strong>continuare la società</strong> con i soci superstiti, ed in quest’ultimo caso – laddove scelgano di <strong>non continuare</strong> la società nonostante il pertinente obbligo assunto – sono <strong>inadempienti</strong> e come tali tenuti a <strong>risarcire il danno</strong>; questo genere di clausole <strong>non si pongono in frizione</strong> con il divieto dei patti successori e sono dunque <strong>valide</strong>; e.2) <strong>clausole di successione</strong>: la società <strong>prosegue con gli eredi</strong> del socio defunto a <strong>prescindere</strong> dal relativo <strong>consenso</strong>, impegnandone la <strong>responsabilità illimitata</strong> (senza consenso) <strong>anche</strong> per le obbligazioni che la società (di persone) ha contratto <strong>anteriormente</strong> al relativo subentro (circostanza che fa dubitare della relativa <strong>validità</strong>, <strong>senza</strong> tuttavia che si ricada nel <strong>divieto dei patti successori</strong>); e.3) <strong>clausole di consolidazione o accrescimento</strong>: all’opposto rispetto a quelle di successione, esse <strong>tagliano fuori</strong> gli eredi del defunto, prevedendo la <strong>continuazione automatica</strong> della società tra i <strong>soli soci superstiti</strong>, <strong>senza</strong> che gli <strong>eredi</strong> del socio defunto possano appunto <strong>scegliere</strong> di far parte (comunque) della società; si distinguono in “<strong><em>impure</em></strong>”, laddove – sulla base delle regole successorie – agli eredi del socio defunto <strong>viene liquidata la quota</strong> del socio medesimo, non affiorando pertanto <strong>alcun problema di patto successorio</strong>; e “<strong><em>pure</em></strong>”, dove invece <strong>la quota sociale “<em>si accresce</em>”</strong> per i soci superstiti <strong>senza</strong> che agli <strong>eredi</strong> del socio defunto venga <strong>liquidata la quota</strong> di pertinenza, che invece <strong>è in frizione</strong> (oltre che eventualmente con il <strong>patto c.d. “<em>leonino</em>”</strong> ex <strong>art.2265</strong> c.c., onde si condividono gli <strong>utili</strong> e non anche le <strong>perdite</strong>, e con quello “<strong><em>tontinario</em></strong>”, una sorta di “<strong><em>roulette assicurativa</em></strong>” che <strong>avvantaggia chi vive</strong> di più rispetto a <strong>chi muore prima</strong>, anche) con il <strong>divieto dei patti successori</strong>, in quanto i soci <strong>si accordano <em>ex ante</em></strong> nel senso di <strong>disporre</strong> di <strong>una parte della successione di quello di essi</strong> che dovesse <strong>perdere la vita</strong> <strong>durante il rapporto sociale</strong>, attribuendo <strong>la pertinente quota sociale</strong> non già agli <strong>eredi</strong> del socio che morirà, ma <strong>agli altri soci superstiti</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p>