Massima
Prevedere la successione nella titolarità dei propri beni significa non lasciare interamente alla legge gli effetti patrimoniali della propria dipartita: dovendosi tuttavia tenere conto, in ogni caso, della legge stessa per quanto riguarda i successibili necessari, ai quali può però lasciarsi una cosa determinata – un legato – in sostituzione della quota di legittima; per chi non “deve” essere erede, è proprio il legato lo strumento che consente al testatore di beneficiare il terzo post mortem in via automatica e a titolo particolare, secondo modelli predefiniti dal codice ovvero anche seguendo prototipi atipici, assunti validi perché idonei al perseguimento di interessi meritevoli di tutela.
Crono-articolo
Diritto romano (vedi articolo dedicato in Cittadinanza consapevole)
1865
Nella codificazione liberale, il legato viene disciplinato in norme sparse, sovente in modo (dal punto di vista della tassonomia codicistica) congiunto e quasi “intrecciato” con la disciplina dell’eredità; tuttavia gli articoli da 862 a 878 sono esplicitamente dedicati agli effetti dei legati ed al relativo pagamento, con particolare riguardo al legato di rendita vitalizia o di pensione (art.866), al legato di determinate quantità da soddisfarsi in termini periodici (art.867), al legato di cosa indeterminata (art.870 e seguenti) – ed in specie al legato di cosa generica, riferita esclusivamente a beni mobili – e al legato alternativo (art.874 e ss.). Ancorché non previsto al codice, il legato “atipico” in sostituzione di legittima verrà tuttavia riconosciuto ed assunto meritevole di tutela dalla giurisprudenza. Per quanto riguarda l’acquisto del legato, rileva in particolare l’art.862, laddove prevede che qualunque legato puro e semplice attribuisce, dal giorno della morte del testatore il diritto al legatario, trasmissibile ai suoi eredi, di conseguire la cosa legata, espressione questa (“diritto … di conseguire”) che rende dubbia la necessità dell’accettazione, da una parte della dottrina assunta imprescindibile proprio in virtù di tale formulazione normativa.
1896
Il 21 giugno viene varata la legge n.218 che conferisce ai Prefetti la competenza ad autorizzare le Provincie, i Comuni e le Istituzioni pubbliche di beneficenza ad accettare lasciti e donazioni e ad acquistare beni stabili.
1934
Il 24 dicembre viene varato il R.D. n.2316, recante testo unico delle leggi sulla protezione ed assistenza della maternità ed infanzia, il cui art.1, comma 4, stabilisce che l’acquisto di beni stabili da parte dell’Opera nazionale per la protezione della maternità e dell’infanzia, Ente morale neo istituito di cui al comma 1, e l’accettazione di lasciti o doni di qualsiasi natura o valore che importino aumento di patrimonio, sono autorizzati con decreto del Ministro per l’interno, osservate le norme contenute negli artt. 1, 2, 3, 5, 8, 9, 10 e 12 del regolamento 26 luglio 1896, n. 361. Anche per poter accettare o comunque acquisire legati occorre dunque la ridetta autorizzazione del Ministero dell’Interno.
1940
Il 28 ottobre viene varato il R.D. n.1443, nuovo codice di procedura civile, il cui art.749 disciplina la c.d. actio interrogatoria, quale procedimento giusta il quale – onde scongiurare situazioni di incertezza – si chiede al giudice la fissazione di un termine entro il quale una persona deve emettere una dichiarazione o compiere un determinato atto.
1942
Il 16 marzo viene varato il R.D. n.267, nuovo codice civile (entrato in vigore il 21 aprile), che disciplina il legato agli articoli 649 e seguenti. Importati gli articoli 320 comma 3, 374 n.3, 394 e 424 che – con riferimento rispettivamente ai minori soggetti a potestà, ai minori ed interdetti soggetti a tutela, ad emancipati e ad inabilitati soggetti a curatela – prevedono, a differenza del regime ordinario alla cui stregua il legato si acquista ipso iure e senza bisogno di accettazione, una disciplina posta a presidio dei medesimi quali soggetti incapaci, onde è prevista tout court l’accettazione di legati soggetti a pesi o condizioni. Il legato è contenuto nel testamento, che è negozio formale, ma all’art.654, quando ha ad oggetto cose generiche – che come tali vanno individuate – esso opera un lascito eccezionalmente “per relationem” rispetto alla volontà del testatore formalmente manifestata: il riferimento ai “beni” senza ulteriore predicato lascia peraltro intendere che, a differenza di quanto accadeva nel vigore del codice del 1865, può trattarsi anche di cose generiche immobili. Il precedente art.17 prevede l’autorizzazione per l’acquisto di legati da parte delle persone giuridiche, con norma che sarà interpretata quale condizione legale per l’acquisto del legato medesimo, senza necessità che intervenga una accettazione da parte dell’ente. Importante, per i legati immobiliari, l’art.2648, che ne impone la trascrizione sulla base di un estratto autentico del testamento, nonché – per quanto concerne la forma – l’art.1350 n.5, secondo il quale la rinunzia ai diritti immobiliari (e, dunque, al legato immobiliare) esige la forma scritta ad substantiam; significativo anche l’art.827 c.c. in tema di immobili vacanti, dichiarati di spettanza dello Stato. L’art.551 prevede poi il c.d. legato in sostituzione di legittima, ormai “tipico”, mentre l’art.1478, comma 2, assume che in caso di vendita di bene altrui, il compratore acquista la proprietà del bene (con effetti reali) nel momento in cui il venditore la acquista a propria volta dal terzo. Poiché poi, ai sensi dell’art.1872, comma 2, la rendita vitalizia può disporsi anche per testamento, si configura in forza di tale norma il legato appunto di rendita vitalizia. Infine, ai sensi dell’art.2821 non si può costituire ipoteca per testamento, lasciando il dubbio se – giusta appunto il testamento – si possano costituire garanzie diverse, come il pegno o la fideiussione, e se possa imporsi, giusta appunto un legato, l’obbligo (senza effetti reali immediati) di costituire ipoteca.
1948
La Costituzione repubblicana prevede, all’art.42, comma 4, che è la legge a stabilire le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità, sancendo dunque in materia una riserva di legge statale, come confermato all’art.117, che non parla di ordinamento civile tra le materie demandate alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni.
1954
Il 3 aprile esce la sentenza della Cassazione n. 1040 alla cui stregua la rinuncia al legato è un atto non soggetto ad oneri di forma, salvo il solo caso in cui abbia ad oggetto immobili o diritti immobiliari, laddove è imposta la forma scritta ad substantiam in virtù dell’ar.1350 c.c. Per la Corte il legato si acquista peraltro ipso iure, senza bisogno di accettazione e dunque automaticamente a favore del legatario, salva rinunzia.
Il 16 luglio esce la sentenza della Cassazione n. 2532 che si occupa del legato c.d. alternativo, assumendolo come appartenente al novero delle obbligazioni alternative, distinguendosi come tale tanto dal legato con facoltà alternativa che dal legato di cose generiche.
Il 9 ottobre esce la sentenza della Cassazione n. 3541 alla cui stregua al legato di alimenti di cui all’art.660 c.c. si applicano tutte le norme dettate dal codice in tema di alimenti, ad eccezione dell’art.440 in tema di cessazione, riduzione o aumento della prestazione periodica a titolo di alimenti (che in caso di legato resta dunque sempre la medesima), salvo che vi sia una chiara indicazione del testatore nel senso dell’applicabilità di tale norma, e dell’art.441 (in tema di concorso di obbligati in un determinato grado, poziore o posteriore a seconda del grado di parentela).
1955
Il 3 ottobre esce esce la sentenza della Cassazione n. 2762 che si occupa della peculiare fattispecie di cui all’art.655 c.c., ovvero del legato di cosa da prendersi in un certo luogo, alla cui stregua, secondo un criterio soggettivo che rimarrà minoritario, laddove all’apertura della successione la res legata non si trovi nel luogo indicato dal testatore per la relativa custodia, va in ogni caso valutata la volontà del testatore nello spostarla dal luogo di abituale custodia, onde se il legato è di regola inefficace, potrebbe in taluni casi non esserlo laddove si accerti che la volontà del testatore – che ha per l’appunto spostato la res legata – non si è sostanziata nella intenzione di privare di effetti il legato in parola.
1957
Il 4 aprile esce esce la sentenza della Cassazione n. 1156 alla cui stregua il legato di alimenti ex art.660 c.c., giusta esplicito richiamo del codice alle prestazioni di cui all’art.438 c.c., ha efficacia da intendersi subordinata alla sussistenza dello stato di bisogno dell’onorato legatario, e configura un debito di valore, non di valuta.
1964
*Il 25 settembre esce esce la sentenza della Cassazione n. 2418 alla cui stregua il legato di alimenti ex art.660 c.c., configura un debito di valore, non di valuta.
*Il 2 ottobre esce esce la sentenza della Cassazione n. 2481 alla cui stregua il legato di alimenti ex art.660 c.c., configura un debito di valore, non di valuta.
1968
Il 4 ottobre esce la sentenza della Cassazione n.3101, alla cui stregua la norma di cui all’art.659 c.c. in tema di legato a favore del creditore – onde se il testatore, senza fare menzione del proprio debito preesistente, dispone un legato a favore del creditore, il legato non si presume fatto per soddisfare il legatario creditore del proprio (preesistente) credito – va interpretata nel senso per cui, laddove all’apertura della successione il debito pregresso sia estinto, il lascito è da considerarsi in ogni caso valido. Al contrario, la dottrina tenderà a considerarlo non valido (e costitutivo piuttosto di un nuovo credito).
1971
Il 7 maggio esce la sentenza della II Sezione della Cassazione n. 1297 secondo la quale, in tema di legato di debito ex art.659 c.c., non è applicabile in via analogica l’art.2034 c.c., e dunque va considerato ripetibile quanto prestato a titolo di obbligazione naturale sulla scorta di legato disposto dal testatore, per l’appunto, al fine di soddisfare una obbligazione naturale. In sostanza, per la Corte laddove il testatore sia obbligato naturale di un terzo e disponga a favore di questi con un legato di debito ex art.659 c.c. facendo menzione di tale obbligazione, quanto prestato in esecuzione del lascito può essere oggetto di ripetizione (da parte dell’erede onerato), non potendosi assumere applicabile in via analogica l’art.2034 c.c., in quanto il legato di debito presuppone un debito civile del testatore, e non già una obbligazione “meramente” naturale.
*Il 5 giugno esce esce la sentenza della Cassazione n. 1683 che ribadisce come il legato si acquisti ipso iure, senza bisogno di accettazione e dunque automaticamente a favore del legatario, salva rinunzia.
*Il 7 luglio esce la sentenza della Cassazione n.2132, alla cui stregua la norma di cui all’art.659 c.c. in tema di legato a favore del creditore – onde se il testatore, senza fare menzione del proprio debito preesistente, dispone un legato a favore del creditore, il legato non si presume fatto per soddisfare il legatario creditore del proprio (preesistente) credito – va interpretata nel senso per cui, laddove all’apertura della successione il debito pregresso sia estinto, il lascito è da considerarsi in ogni caso valido. Al contrario, la dottrina tenderà a considerarlo non valido (e costitutivo piuttosto di un nuovo credito).
1972
*Il 21 febbraio esce esce la sentenza della Cassazione n. 513 alla cui stregua la rinuncia al legato è un atto non soggetto ad oneri di forma, salvo il solo caso in cui abbia ad oggetto immobili o diritti immobiliari, laddove è imposta la forma scritta ad substantiam in virtù dell’ar.1350 c.c.
1975
Il 19 maggio viene varata la legge n.151 di riforma del diritto di famiglia, la quale – nel modificare l’art.320 c.c. – prevede per i minori soggetti a potestà la necessità di accettazione del legato tout court, e non solo nel caso in cui esso sia soggetto a pesi o condizioni, prevedendo un regime (stranamente) più severo rispetto agli altri casi di incapacità.
1980
Il 21 gennaio esce la sentenza della Cassazione n. 484 secondo la quale la consapevolezza in capo al testatore della altruità del bene legato – che fa scattare la operatività dell’art.651, evitando la nullità del legato medesimo – può evincersi anche dall’atto di compravendita con il quale il testatore ha alienato il bene stesso, risultando per l’appunto consapevole che il bene legato è ormai bene “altrui”.
Il 10 marzo esce la sentenza della Cassazione n.1590, alla cui stregua la norma di cui all’art.659 c.c. in tema di legato a favore del creditore – onde se il testatore, senza fare menzione del proprio debito pregresso, dispone un legato a favore del proprio creditore, tale legato non si presume fatto per soddisfare il legatario onorato del ridetto credito pregresso – va interpretata nel senso per cui ciò che è richiesto al fine di identificare la funzione solutoria del legato (e non già costitutiva di un nuovo ed autonomo credito) è la menzione del debito che il testatore già ha nei confronti del creditore legatario, in mancanza della quale – nondimeno – non si è per la Corte necessariamente al cospetto di un intento liberale palesato dal testatore, potendo piuttosto il lascito essere comunque finalizzato all’estinzione del debito pregresso, massime allorché ne abbia il medesimo importo.
1985
Il 4 aprile esce la sentenza della Cassazione n.4306, alla cui stregua la norma di cui all’art.659 c.c. in tema di legato a favore del creditore – onde se il testatore, senza fare menzione del proprio debito pregresso, dispone un legato a favore del proprio creditore, tale legato non si presume fatto per soddisfare il legatario onorato del ridetto credito pregresso – va interpretata nel senso per cui ciò che è richiesto al fine di identificare la funzione solutoria del legato (e non già costitutiva di un nuovo ed autonomo credito) è la sola menzione del debito che il testatore già ha nei confronti del creditore legatario, in mancanza della quale il lascito si presume fatto a titolo di liberalità (e, appunto, costitutivo di un nuovo credito).
1987
Il 5 agosto esce esce la sentenza della II Sezione della Cassazione n. 6727 alla cui stregua il legato di alimenti ex art.660 c.c., giusta esplicito richiamo del codice alle prestazioni di cui all’art.438 c.c., ha efficacia da intendersi subordinata alla sussistenza dello stato di bisogno dell’onorato legatario. Si tratta di un legato non cedibile, non compensabile e non rinunciabile né transigibile, a differenza per la Corte del legato di mantenimento, che è invece soggetto a transazione.
1988
Il 21 giugno esce la sentenza della Sezione lavoro della Cassazione n.4238, alla cui stregua la norma di cui all’art.659 c.c. in tema di legato a favore del creditore – onde se il testatore, senza fare menzione del proprio debito pregresso, dispone un legato a favore del proprio creditore, tale legato non si presume fatto per soddisfare il legatario onorato del ridetto credito pregresso – va interpretata nel senso per cui ciò che è richiesto al fine di identificare la funzione solutoria del legato (e non già costitutiva di un nuovo ed autonomo credito) è la sola menzione del debito che il testatore ha nei confronti del creditore legatario, in mancanza della quale – nondimeno – non si è necessariamente al cospetto di un intento liberale palesato dal testatore.
1990
*Il 26 gennaio esce esce la sentenza della II Sezione della Cassazione n. 459 che ribadisce come il legato si acquisti ipso iure, senza bisogno di accettazione e dunque automaticamente a favore del legatario, salva rinunzia.
Il 2 febbraio esce la sentenza della Sezione lavoro della Cassazione n.706, alla cui stregua la norma di cui all’art.659 c.c. in tema di legato a favore del creditore – onde se il testatore, senza fare menzione del proprio debito pregresso, dispone un legato a favore del proprio creditore, tale legato non si presume fatto per soddisfare il legatario onorato del ridetto credito pregresso – va interpretata nel senso per ciò che è richiesto al fine di identificare la funzione solutoria del legato (e non già costitutiva di un nuovo ed autonomo credito) è la sola menzione del debito che il testatore già ha nei confronti del creditore legatario, anche se implicita. Sotto altro profilo, la Corte ammette che il legato di debito possa compendiare anche in una datio in solutum, con prestazione diversa rispetto a quella prevista nel rapporto obbligatorio originario tra testatore e legatario; la fattispecie di cui all’art.1197 ha natura contrattuale, e ciò non è contraddetto per la Corte dalla natura apparentemente unilaterale del legato dacché l’onorato legatario (già) creditore manifesta il proprio consenso contrattuale giusta mancato rifiuto al legato medesimo. Peraltro, così come in genere nella prestazione in luogo di adempimento (datio in solutum ex art.1197 c.c.), non rileva che la cosa legata “sostitutiva” abbia un valore diverso rispetto a quello della prestazione oggetto della originaria obbligazione.
1991
Il 4 dicembre esce la sentenza della II Sezione della Cassazione n. 13036 alla cui stregua – a differenza di quanto accade con l’eredità – l’acquisto del legato, automatico ed ipso iure, non è soggetto al termine di prescrizione decennale di cui all’art.480 c.c.
1992
Il 14 aprile esce la sentenza della II Sezione della Cassazione n.4527 alla cui stregua il legato in sostituzione di legittima, al pari di ogni altro legato, si acquista automaticamente senza accettazione in capo al legatario, che può rinunziarvi con effetto dismissivo di un diritto già acquisito, con la conseguenza onde, laddove si tratti di un diritto immobiliare, per la rinuncia occorre la forma scritta ad substantiam.
1994
Il 20 aprile esce la sentenza del Tribunale di Catania alla cui stregua, posto che il legato di cosa dell’onerato ex art.651 c.c. non è immediatamente traslativo della proprietà della res ma ha efficacia solo obbligatoria, nell’ipotesi di inadempienza dell’onerato è ammissibile il ricorso, da parte del beneficiario, all’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre prevista dall’art. 2932 c.c.
1995
Il 2 febbraio esce esce la sentenza della II Sezione della Cassazione n. 1261 che ribadisce come il legato si acquisti ipso iure, senza bisogno di accettazione e dunque automaticamente a favore del legatario, salva rinunzia. Un principio che per la Corte vale anche laddove il legato sia in sostituzione di legittima, configurandosi in questo caso la rinuncia al legato quale condizione risolutiva del pertinente acquisto che, laddove immobiliare, impone per la ridetta rinuncia la forma scritta ad substantiam ex art.1350, n.5, c.c.
1997
Il 15 maggio viene varata la legge n.127, recante misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo, il cui art.13, al comma 1, dispone che l’articolo 17 del codice civile e la legge 21 giugno 1896, n. 218, sono abrogati; che sono altresì abrogate le altre disposizioni che prescrivono autorizzazioni per l’acquisto di immobili o per accettazione di donazioni, eredità e legati da parte di persone giuridiche, associazioni e fondazioni. Secondo il comma 2 del medesimo articolo 13, le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle acquisizioni deliberate o verificatesi in data anteriore a quella di entrata in vigore della legge 127 medesima.
2000
Il 22 giugno viene varata la legge n.192 che, nel modificare la precedente legge n.127.97, amplia la non necessità per gli enti di essere autorizzati, tra l’altro, all’acquisto di legati, includendovi anche gli enti non riconosciuti e dunque che non siano persone giuridiche.
*Il 3 luglio esce esce la sentenza della II Sezione della Cassazione n. 8878 alla cui stregua la rinuncia al legato è un atto non soggetto ad oneri di forma, salvo il solo caso in cui abbia ad oggetto immobili o diritti immobiliari, laddove è imposta la forma scritta ad substantiam in virtù dell’ar.1350 c.c. La Corte ribadisce poi come il legato si acquisti ipso iure, senza bisogno di accettazione e dunque automaticamente a favore del legatario, salva rinunzia.
Il 12 luglio esce la sentenza della V Sezione della Cassazione n. 14685 secondo la quale la consapevolezza in capo al testatore della altruità del bene legato – che fa scattare la operatività dell’art.651, evitando la nullità del legato medesimo – può evincersi anche dall’atto con il quale il testatore ha conferito in una società il bene stesso, così palesando di voler disporre per legato di un bene (ormai) “altrui”.
2001
*Il 12 luglio esce la sentenza della Sezione lavoro della Cassazione n.9467 che, in tema di c.d. legato di debito ex art.659 c.c., ammette che esso possa compendiarsi anche in una datio in solutum, con prestazione diversa rispetto a quella prevista nel rapporto obbligatorio originario tra testatore e legatario; la fattispecie di cui all’art.1197 ha natura contrattuale, e ciò non è contraddetto per la Corte dalla natura apparentemente unilaterale del legato dacché l’onorato legatario (già) creditore manifesta il proprio consenso contrattuale giusta mancato rifiuto al legato medesimo. Peraltro, così come in genere nella prestazione in luogo di adempimento (datio in solutum ex art.1197 c.c.), non rileva che la cosa legata “sostitutiva” abbia un valore diverso rispetto a quello della prestazione oggetto della originaria obbligazione.
Il 18 ottobre viene varata la legge costituzionale n.3 che, nel riformare il Titolo V della Carta, annovera all’art.117 novellato, comma 2, lettera l, l’ordinamento civile – ricomprendente le successioni – come materia riservata alla legislazione esclusiva dello Stato.
2004
Il 22 luglio esce la sentenza della II Sezione della Cassazione n.13785 alla cui stregua – inserendosi nel solco dell’orientamento, anche dottrinale, tutt’affatto maggioritario – per l’acquisto del legato non occorre accettazione, pur potendosi annettere effetti a questo eventuale atto laddove posto in essere dal soggetto onorato (primo fra tutti, l’impossibilità ormai di rinunciare al legato medesimo).
2008
*L’11 novembre esce la sentenza della I Sezione della Cassazione n.26955 alla cui stregua il legato in sostituzione di legittima, al pari di ogni altro legato, si acquista automaticamente senza accettazione in capo al legatario, che può rinunziarvi con effetto dismissivo di un diritto già acquisito, con la conseguenza onde, laddove si tratti di un diritto immobiliare, per la rinuncia occorre la forma scritta ad substantiam.
2010
*Il 22 giugno esce esce la sentenza della II Sezione della Cassazione n. 15124 che ribadisce come il legato si acquisti ipso iure, senza bisogno di accettazione e dunque automaticamente a favore del legatario, salva rinunzia.
2011
Il 29 marzo esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n.7098 alla cui stregua in tema di legato in sostituzione di legittima, il legittimario in favore del quale il testatore abbia disposto – ai sensi dell’articolo 551 c.c. – un legato avente ad oggetto un bene immobile, qualora intenda conseguire la legittima, deve rinunciare al legato stesso in forma scritta ex articolo 1350 c.c., comma 1, n. 5, risolvendosi la rinuncia in un atto dismissivo della proprietà di beni già acquisiti al suo patrimonio. Per la importante pronuncia non sono condivisibili le opposte considerazioni di chi, sulla scorta del tenore letterale dell’art.551, assume che – potendo il legittimario “scegliere” il legato in sostituzione della quota di legittima spettantegli (così peraltro rinunciando alla quota di eredità “necessaria” cui avrebbe diritto) – la relativa volontà concorrerebbe con quella del testatore in tal senso, onde in caso di rinuncia si configurerebbe non già la dismissione di un diritto già acquisito a titolo di legato, quanto piuttosto il mancato acquisto del legato stesso (che, come tale, non necessiterebbe della forma scritta ad substantiam nel caso si tratti di legato immobiliare). Per la Corte, nella fattispecie del legato in sostituzione di legittima di cui all’art.551 c.p. si producono una serie di effetti: ai sensi del comma 1, l’acquisizione del legato preclude al legatario potenziale legittimario di chiedere la quota di legittima che gli spetterebbe se vi rinunciasse (la rinuncia al legato si configura infatti come condizione risolutiva per poter chiedere la legittima); ai sensi del comma 2, il perfezionamento della fattispecie di acquisto del legato preclude altresì al legatario potenziale legittimario di invocare un supplemento (salva espressa autorizzazione in tal senso contenuta nel testamento) laddove il valore dell’oggetto del legato – già acquisito – risulti per avventura inferiore alla quota di legittima che sarebbe spettata in caso di rinuncia al legato stesso. Da questo punto di vista, l’espressione di cui al comma 2 dell’art.551 c.c. onde il legittimario “se preferisce conseguire il legato, perde il diritto di chiedere il supplemento” va interpretata nel senso che la perdita del diritto ad acquisire il supplemento (e la quota di legittima) deriva non già da una manifestazione di volontà (che si avvince a quella espressa dal testatore) di acquisire il legato, non essendo questa necessaria in quanto il legato si acquisisce automaticamente quando si apre la successione del de cuius, ma dalla mancata rinuncia al legato stesso, già entrato nel patrimonio del legatario (potenziale successore necessario); corollario di questa affermazione è che laddove il legato abbia ad oggetto beni o diritti immobiliari, la rinuncia abdicativa non può che rivestire la forma scritta, ai sensi dell’art.1350, n.5, c.c. Da questo punto di vista, in tema di acquisto del legato il principio generale resta cristallizzato all’art.649 c.c. (automaticità del ridetto acquisto; non necessità dell’accettazione), mentre l’art.551, ed anche il relativo comma 2 che disciplina la eventuale perdita del supplemento per il successore necessario che non rinunci al legato già entrato nel proprio patrimonio, costituiscono dal punto di vista sistematico una coerente applicazione del ridetto principio, da combinarsi con il canone della forma scritta a pena di nullità di ogni atto che comporti perdita di un diritto reale immobiliare, ai sensi dell’art.1350, n.5, c.c. Si tratta dunque per le SSUU di fare applicazione dei principi generali del codice civile, il cui progetto definitivo annoverava un art.244 (onde l’accettazione e la rinuncia al legato avrebbero potuto effettuarsi espressamente e tacitamente) che è stato alfine soppresso così confermando proprio l’applicazione, anche al legato in sostituzione di legittima, del principio generale di automatico acquisto e di quello, connesso, di necessità della eventuale rinuncia in forma scritta ad substantiam in caso di legato immobiliare. La Corte è edotta peraltro della contrarietà di parte della dottrina a questa opzione ermeneutica, facendosi leva sulla discriminazione che affiorerebbe tra chiamato “necessario” all’eredità e legatario “in sostituzione di legittima”, quest’ultimo restando nella sostanza un legatario beneficiario di una disposizione testamentaria a titolo particolare (e non già universale) sottoposta alla condizione risolutiva-potestativa della rinuncia al legato stesso, ma proprio questa diversità è alla base della diversa disciplina che presidia, rispettivamente, l’accettazione ex ante dell’eredità e la rinuncia ex post al legato “in sostituzione”. Proprio la dottrina (minoritaria) che parla di discriminazione intende il legato in sostituzione di legittima come una particolare forma di attribuzione della quota di legittima, facendone discendere il “mancato acquisto” del legato sostitutivo e la connessa informalità di tale mancato acquisto laddove immobiliare (a differenza della necessaria formalità della rinuncia abdicativa immobiliare); al contrario, per la Corte il legato in sostituzione di legittima costituisce una alternativa – che il testatore può prevedere – alla attribuzione “ordinaria” della quota di legittima, che sottrae il legatario “in sostituzione” alla comunione ereditaria, ma anche alla responsabilità per i debiti ereditari ultra vires, onde l’attribuzione a titolo particolare va assunta in qualche modo svincolata dal valore della quota ereditaria “necessaria” ordinariamente spettante al pertinente legittimario. Il legatario “in sostituzione” non è dunque assimilabile al chiamato all’eredità, ed è una circostanza che è confermata dal fatto che nessuno dubita, su altro crinale, che il legittimario pretermesso acquista la qualità di chiamato all’eredità solo dopo il passaggio in giudicato dell’azione di riduzione da lui eventualmente spiccata, ciò confermando a fortiori come il legatario in sostituzione di legittima ex art.551 c.c. non sia in realtà ab ovo un chiamato all’eredità, almeno fino al momento in cui egli, rinunciando al legato sostitutivo, realizza l’evento oggetto di una condizione risolutiva potestativa che è ex lege in facoltà di realizzare, così divenendolo ex post e retroattivamente.
2015
Il 19 novembre esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.23666, alla cui stregua il credito scaturente da legato del quale sia controversa la validità, quale credito litigioso, legittima in ogni caso il legatario all’azione revocatoria contro l’atto dispositivo del debitore onerato, a tal fine dovendosi ritenere il credito stesso sorto nel momento di apertura della successione e non nel momento in cui è divenuto liquido ed esigibile.
2016
Il 31 ottobre esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.22020 onde, in tema di legato in sostituzione di legittima, qualora oggetto dello stesso sia la remissione di un credito che vede il legittimario beneficiario debitore, e che derivi da una sentenza non ancora definitiva perché appellata dal legittimario (debitore) medesimo, sussiste l’interesse di quest’ultimo all’accertamento dell’esistenza e dell’ammontare del credito a lui rimesso dal testatore, al fine di poter esercitare la facoltà di scelta tra il legato e la quota di legittima.
2017
Il 9 giugno esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.14503 alla cui stregua la volontà di rinunziare al legato di beni immobili, per cui è necessaria la forma scritta ad substantiam ai sensi dell’art. 1350 c.c., avendo natura meramente abdicativa può essere dichiarata pure con l’atto di citazione – per relativa natura recettizio e con effetti anche sostanziali – il quale, provenendo dalla parte che, con il rilascio della procura a margine o in calce, ne ha fatto proprio il contenuto, soddisfa altresì il requisito della sottoscrizione, sicché l’atto (abdicativo) risponde al requisito formale, senza che assuma rilievo la relativa trascrizione, in quanto volta soltanto a renderlo opponibile ai terzi.
Il 20 giugno esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.15240, che si occupa di una fattispecie in cui la de cuius ha legato ad una Casa di Riposo gestita da un Comune del Friuli alcuni terreni corredati di fabbricati rurali, nonché una villa padronale, il tutto vincolato ad un divieto perpetuo di alienazione e alla condizione che tale immobile fosse adibito a casa di riposo “per signori decaduti e per poveri”. La Corte ribadisce in primis come la disposizione dell’art. 1379 c.c. con riguardo alle condizioni di validità del divieto convenzionale di alienare (limite temporale di durata; rispondenza ad apprezzabile interesse di una parte) si applichi, quale espressione di un principio di portata generale, anche a pattuizioni che come quelle contenenti un vincolo di destinazione, seppur non puntualmente riconducibili al paradigma del divieto di alienazione, comportino comunque limitazioni altrettanto incisive del diritto di proprietà (Cass. nn. 12769/99 e 3082/90). Ne deriva per la Corte che qualsiasi vincolo di inalienabilità ritraibile da una destinazione (anche unilaterale) permanente del bene al soddisfacimento di un dato interesse si traduce nell’indiretta violazione della prefata norma, il cui carattere imperativo è iscritto negli stessi limiti entro cui essa consente il divieto di alienazione; il quale è ammissibile alla duplice condizione che sia “contenuto entro convenienti limiti di tempo” e risponda “a un apprezzabile interesse di una delle parti”. La Corte territoriale nel caso di specie non ha per il Collegio ben governato la noma in oggetto, poiché non ha considerato che un vincolo perpetuo di destinazione – avvinto, nel caso di specie, ad un legato – si traduce in un altrettanto perpetuo limite di circolazione. Infatti, pena l’inadempimento dell’onorato “onerato” dal modus, è consentita in astratto solo l’alienazione del bene col medesimo vincolo (da riprodurre con apposita e analoga clausola, essendo il divieto in oggetto privo di efficacia reale), con la conseguenza di sottoporre il diritto di proprietà ad un’incisiva compromissione, essendone sostanzialmente sterilizzati sine die i connessi poteri dispositivi. La Cassazione afferma allora il principio di diritto onde è nulla, per violazione della norma imperativa dell’art. 1379 c.c. sui limiti del divieto convenzionale di alienazione, l’attribuzione patrimoniale (unilaterale) gratuita di un bene sottoposto senza limiti di tempo ad un dato vincolo di destinazione, imposto dal disponente con clausola modale; infatti, essendo consentita in astratto, pena l’inadempimento dell’onorato “onerato” dal modus, solo la circolazione del bene col medesimo vincolo (da riprodurre con apposita clausola, trattandosi di divieto privo di efficacia reale), il diritto di proprietà risulta sottoposto ad un’incisiva compromissione, essendone sostanzialmente sterilizzati sine die i connessi poteri dispositivi.
Il 4 agosto esce l’ordinanza della II sezione della Cassazione n. 19646 alla cui stregua qualora il legittimario in favore del quale il testatore abbia disposto un legato tacitativo (sostitutivo di legittima), intenda conseguire la parte dei beni ereditari spettantegli ex lege ed abbia già spiccato azione di riduzione per lesione di legittima, l’onere di rinunciare al legato può essere assolto fino al momento appunto della decisione sulla domanda di reintegrazione della legittima; il potere attribuito al legittimario, che sia destinatario di un legato in sostituzione di legittima, di conseguire la parte dei beni ereditari spettantegli ex lege anziché conservare il legato postula infatti l’assolvimento del ridetto onere, consistente nella rinuncia al legato medesimo (già acquisito) che, integrando gli estremi di una condizione dell’azione (di riduzione), può essere assolto fino al momento della decisione sulla pertinente domanda.
2018
Il 4 luglio esce l’ordinanza della II sezione della Cassazione n.17481 onde, per l’accettazione dei legati da parte dell’Opera nazionale per la protezione della maternità e dell’infanzia (Onmi), non è necessaria la preventiva autorizzazione governativa prevista dal previgente art. 1, 4° comma, r.d. n. 2316 del 1934, abrogato dall’art. 13, 1° comma, l. n. 127 del 1997, e ciò anche quando la relativa disposizione testamentaria sia precedente a tale abrogazione, poiché l’art. 1 l. n. 192 del 2000, di modifica del cit. art. 13, ha esteso la rimozione della summenzionata preventiva autorizzazione alle acquisizioni deliberate o verificatesi in data anteriore all’entrata in vigore della l. n. 127 del 1997, salvi i casi di rapporti già definiti mediante intervenuta autorizzazione prima di detta data. Per la Corte, in tema di legato in favore di ente di assistenza che sia stato soppresso dopo l’apertura della successione e le cui funzioni amministrative e relativo patrimonio siano stati trasferiti ex lege ad altri enti, l’espressa definizione, ad opera del testatore, dello scopo perseguito dal predetto legato, imprimendo un vincolo di destinazione alle somme di denaro derivanti dalla vendita dei cespiti immobiliari che ne sono oggetto, può efficacemente assumere connotazione modale decisiva per l’individuazione dell’ente legittimamente chiamato alla successione, perché deputato ad assolvere tale scopo nel più ampio quadro dei propri fini istituzionali; nella specie, la Corte assume che all’Opera nazionale per la protezione della maternità e dell’infanzia – in favore della quale era stato legato un immobile perché, col ricavato della relativa vendita, venisse realizzata una struttura a tutela della maternità e dell’infanzia – sia succeduto, ai sensi dell’art. 5 l. n. 698 del 1975, il Comune, rientrando tra le attribuzioni di quest’ultimo le funzioni relative agli asili nido e ai consultori familiari.
Il 12 luglio esce l’ordinanza della II sezione della Cassazione n.18502 onde, In tema di legato di cosa dell’onerato che sia coerede, qualora il beneficiario onorato eserciti l’azione di rivendica del bene nei confronti del coerede onerato medesimo, non ricorre un’ipotesi di litisconsorzio necessario nei confronti di tutti gli eredi, dovendo la domanda essere proposta solo contro il suddetto onerato poiché la sentenza, anche se emessa senza la partecipazione al giudizio degli altri successori, non è da assumersi per la Corte inutiliter data.
Questioni intriganti
Cosa occorre rammentare in tema di acquisto del legato e di rinuncia al legato?
- a differenza di quanto accade con l’eredità, che va accettata per produrre effetti (art.470 c.c.), il legato si acquista ipso iure;
- in sostanza, il legatario – soggetto onorato – acquista il legato (e dunque diviene proprietario o creditore) anche senza accettarlo (art.649 c.c.); ciò anche in considerazione del fatto che, con riguardo ai debiti ereditari, egli non risponde “ultra vires”, essendo piuttosto tenuto all’adempimento del legato e di ogni altro onere impostogli dal testatore entro i limiti del valore della cosa legata, ai sensi e per gli effetti di cui all’art.671 c.c.;
- l’acquisto è automatico anche nel caso in cui il legatario non sia a conoscenza del testamento che lo onora; tuttavia, laddove il legato abbia ad oggetto beni immobili, esso va trascritto avvalendosi di un estratto del testamento, ex art.2648 c.c. (in mancanza, viene pregiudicato il principio della continuità delle trascrizioni ex art.2650 c.c., ma l’acquisto del legato non ne è inficiato, né ne risulta a priori inficiata la relativa opponibilità ai terzi, salvo appunto il principio della continuità delle trascrizioni),
- il legatario può tuttavia rinunziare al legato già acquisito, che dunque non prescinde comunque dalla relativa volontà;
- quando si apre la successione, normalmente vi è allora piena coincidenza tra delazione del legatario e pertinente acquisto del legato; fanno eccezione le fattispecie in cui: e.1) l’acquisto del legato sia subordinato ad una condizione sospensiva; e.2) l’acquisto del legato sia subordinato all’evento della nascita, fattispecie nelle quale ad essere onorato è un concepito; e.3) l’acquisto del legato sia subordinato alla istituzione di un ente, laddove onorato è appunto un ente “futuro” o costituendo;
- il fatto che il legatario possa rinunziare al legato può implicare una situazione di incertezza per scongiurare la quale il legislatore – giusta combinato disposto degli articoli 650 c.c. e 749 c.p.c. – ha previsto la possibilità di agire innanzi all’autorità giudiziaria al fine di farsi fissare un termine entro il quale il legatario deve eventualmente rinunciare (in mancanza divenendo definitivo acquirente del diritto pertinente);
- tale possibilità di fare chiarezza è offerta, genericamente, a chiunque vi abbia interesse, e dunque in particolare al legatario “in sostituzione” (che dunque subentra in luogo del primo legatario rinunciante), al sub-legatario o al collegatario;
- l’eventuale accettazione del legato, pur non necessaria per l’acquisto del pertinente diritto, secondo la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie, può comunque intervenire (in modo espresso o anche tacito) producendo in ogni caso taluni importanti effetti, primo fra tutti quello di impedire una successiva rinuncia al legato da parte del soggetto onorato accettante; in sostanza, l’accettazione rende irretrattabile e definitivo l’acquisto del legato già avvenuto ex lege al momento della morte del testatore e dell’apertura della relativa successione;
- l’accettazione (eventuale) del legato non può essere parziale, e – quale actus legitimus – non può essere assoggettata a termine o condizione; può essere impugnata per violenza o per dolo, ma non anche per errore (secondo un regime analogo all’accettazione di eredità);
- il soggetto onorato che abbia espressamente rinunciato al legato non può revocare la propria rinuncia al legato (così tornando ad essere titolare del pertinente diritto), detta rinuncia producendo a propria volta degli effetti che vanno assunti irreversibili, come nel caso in cui, a valle di detta rinuncia, l’onerato sia stato liberato della pertinente obbligazione, ovvero laddove il legatario in sostituzione abbia egli acquistato il pertinente diritto, ovvero ancora laddove il collegatario in accrescimento si sia visto accrescere il proprio diritto in forza della ridetta rinunzia; detta rinuncia implica poi un ulteriore (seppure eventuale) effetto, vale a dire quello di attivare l’istituto della rappresentazione ex art.467, comma 2, c.c., nel caso in cui il soggetto (onerato) istituito erede – al quale “torna” il legato rinunciato dal legatario (onorato) – non possa o non voglia accettarlo;
- se oggetto del legato è l’acquisto della proprietà di una cosa, il soggetto onorato – pur non dovendo accettare, ed ancorché abbia già a qualunque titolo la detenzione della res – deve chiederne il possesso al soggetto onerato; il soggetto onerato non può usucapire la cosa (salva la interversio possessionis da parte sua), ma può esercitare le azioni possessorie in rappresentanza del soggetto onorato beneficiario;
- per quanto riguarda i soggetti incapaci, stante il disposto degli articoli 320 comma 3, 374 n.3, 394 e 424, che parlano di accettazione del legato (tout court nel primo caso, e solo in caso di legato che implichi pesi o oneri negli altri 3), si giustappongono in dottrina 2 tesi: l.1) anche in questo caso l’accettazione non ha l’effetto di far acquistare il legato, che si acquista sempre ipso iure, ma piuttosto di renderne irrevocabili gli effetti di acquisto, conformemente alla disciplina successoria (dottrina maggioritaria); l.2) in queste peculiari fattispecie, per l’acquisto del legato occorre l’accettazione da parte di chi “presidia” il soggetto incapace, derogando ai principi del diritto successorio (dottrina minoritaria);
- il codice civile non disciplina esplicitamente la rinuncia al legato, che viene assunta quale atto unilaterale, non recettizio, normalmente “informale”, salvo il caso in cui riguardi beni immobili o diritti immobiliari;
- dal punto di vista della natura della rinuncia al legato, si contrappongono fondamentalmente 2 tesi: n.1) per la tesi maggioritaria (massime in giurisprudenza) il legato si acquista ipso iure, e dunque la rinuncia non “blocca” l’acquisto (non producendo gli effetti di un mancato acquisto) ma “elimina” un acquisto già verificatosi, e dunque produce effetti abdicativi (non traslativi), con precipitato risolutorio che opera in via retroattiva onde, intervenuta la rinuncia, il legato non è mai stato acquistato dal soggetto onorato (fictio iuris che tuttavia, almeno dal punto di vista materiale, non esclude la configurabilità di una proprietà “temporanea”), assecondando un regime da questo punto di vista analogo a quello della (del pari retroattiva) rinuncia all’eredità ex art.521 c.c. (il fatto che la rinuncia al legato sia retroattiva viene peraltro confermato dal fatto che, in caso di collegatari, l’accrescimento in capo al collegatario non rinunziante opera sia laddove il collegatario rinunziante non possa accettare il legato, sia nel caso in cui non voglia accettarlo, ai sensi degli articoli 674 e 675 c.c.; risolvendosi in un atto dismissivo di un diritto già acquisito, laddove la rinuncia abbia ad oggetto beni immobili essa necessita di forma scritta ad substantiam, ai sensi dell’art.1350, n.5, c.c.; del resto, ai sensi dell’art.649, comma 1, c.c. il legato si acquista, esplicitamente, senza bisogno di accettazione, “salva la facoltà di rinunzia” da parte dell’onorato, che è dunque una “facoltà” di dismettere qualcosa che è stato già acquisito automaticamente al pertinente patrimonio; lo stesso comma 2 dell’art.649 c.c., laddove afferma che quando oggetto del legato è la proprietà di una cosa determinata o altro diritto appartenente al testatore, la proprietà o il diritto si trasmette dal testatore al legatario al momento della morte del primo, conferma che l’acquisto del legato – anche immobiliare – avviene in via automatica in capo all’onorato legatario nel momento in cui muore il testatore e se apre la successione; n.2) per una tesi minoritaria, affiorata soprattutto in dottrina, la rinuncia al legato non è vera rinuncia (dismissiva di un diritto già acquisito), atteggiandosi piuttosto ad atto che osta all’acquisto del diritto, impedendone il perfezionarsi della pertinente fattispecie; ciò si evince in primis dal disposto dell’art.649 c.c., alla cui stregua l’espressione “salva la facoltà di rinunziare”, riferita al legatario, risulterebbe pleonastica dacché ad ogni diritto si può sempre rinunziare, onde il valore del testo letterale fa propendere per una rinuncia “impeditiva” e non già “abdicativa” o “dismissiva”; altra freccia nell’arco di questa tesi viene ritratta dall’art.827 c.c., alla cui stregua laddove si trattasse di autentica rinuncia “dismissiva” gli immobili legati sarebbero di spettanza del patrimonio dello Stato, mentre essi tornano piuttosto a far parte del compendio ereditario, senza che si riscontri alcuno iato tra l’apertura della successione e la ridetta rinuncia al pertinente legato; ancora, secondo l’art.551, comma 2, laddove il legatario in sostituzione di legittima preferisca conseguire tale legato in luogo della legittima dovutagli, egli perde (oltre alla qualità di erede) il diritto a chiedere un supplemento nel caso in cui il valore del legato sia inferiore alla quota di legittima spettantegli: da tale disposizione si evince che il legato in sostituzione di legittima – dovendosi controbilanciare il potere che il sistema attribuisce al testatore di sostituire una quota “necessaria” di eredità con beni determinati – va accettato, dovendovi contribuire la volontà del legittimario / legatario che, accettando, si priva della facoltà di rinunciare al legato e, ad un tempo, si priva della quota di legittima a lui spettante, onde la rinuncia (quale mancata accettazione) si conferma non già dismissiva di un acquisto già avvenuto, ma piuttosto ostativa di un acquisto ancora non avvenuto;
- alla rinuncia al legato vengono assunte applicabili le norme in tema di rinuncia all’eredità; essa non può essere parziale (dovendo investire l’intero legato) e non può essere soggetta a termini o condizioni (actus legitimus), stante anche il disposto dell’art.675 in tema di accrescimento tra più collegatari (analoga all’art.674 in tema di accrescimento tra coeredi);
- taluni fatti e/o comportamenti implicano volontà del soggetto onorato di conseguire stabilmente il legato, impedendo la rinuncia al medesimo: p.1) accettazione del legato; p.2) mancata rinuncia nel termine all’uopo fissato con actio interrogatoria; p.3) richiesta di immissione nel possesso dei beni legati;
- sul crinale demolitorio, la rinuncia al legato può essere impugnata per violenza e per dolo, ma non anche a titolo di errore; discussa invece è la possibilità di impugnazione per revocatoria da parte dei creditori del legatario rinunziante, ammessa solo da una parte della dottrina che legittima i creditori vittoriosi in revocatoria ad agire in executivis sui beni oggetto del legato, con eventuale residuo peraltro a beneficio dell’onerato, e non già del legatario che vi ha ormai rinunziato, gli effetti della rinunzia venendo paralizzati dalla revocatoria solo limitatamente al quantum occorrente per soddisfare i creditori che l’hanno spiccata;
- secondo una parte della dottrina, la rinuncia al legato va trascritta se il legato è immobiliare, trattandosi di rinuncia ad un diritto già acquisito, giusta annotazione a margine della trascrizione dell’estratto autentico del testamento.
Perché si parla di “adempimento” del legato e cosa occorre rammentare in proposito?
- dal legato può nascere una obbligazione, nel qual caso si parla di legato obbligatorio, che differisce dal legato “reale” perché in quest’ultimo il legatario acquisisce direttamente la proprietà di un bene o altro diritto reale sul medesimo;
- quando il legato è obbligatorio, la pertinente obbligazione viene posta dal testatore a carico di uno o più eredi o legatari (si parla in questo caso di sublegato), in veste di onerati;
- quando tenuto all’adempimento dell’obbligazione, e dunque onerato, è l’erede, la regola generale è che, se questi non ha accettato l’eredità con beneficio di inventario, risponde del legato anche ultra vires, e dunque anche laddove il valore dell’oggetto del legato superi quello della propria quota ereditaria; laddove tuttavia si apra la successione legittima, l’erede accetti puramente e semplicemente e in seguito si scopra un testamento che dispone uno o più legati, l’erede accettante non è tenuto ad adempierli laddove essi superino il valore dell’eredità ovvero comunque arrechino pregiudizio alla propria quota di legittima (art.483 c.c.);
- quando tenuto all’adempimento dell’obbligazione, e dunque onerato, è un legatario, questi risponde del sublegato nei soli limiti del valore della res legata;
- vi sono fattispecie nelle quali all’adempimento del legato non provvede il soggetto onerato, ma altri soggetti: e.1) l’esecutore testamentario; e.2) il curatore dell’eredità giacente;
- salvo che il testatore disponga diversamente, le spese (strettamente necessarie) per la prestazione del legato restano a carico dell’onerato;
- per quanto invece concere i pesi già gravanti sulla cosa legata, occorre ex art.668 c.c. distinguere: g.1) se la cosa legata è gravata da una servitù, da un canone o da altro onere inerente al fondo (si parla in proposito di oneri “reali”), ovvero da una rendita fondiaria, il peso ne è sopportato dal legatario; g.2) se invece la cosa legata è vincolata per una rendita semplice, un censoo altro debito dell’eredità, o anche di un terzo, è l’erede ad essere tenuto al pagamento delle annualità o degli interessi e della somma principale, secondo la natura del debito, ma il testatore può disporre diversamente e dunque addossare anche questi oneri “obbligatori” al legatario.
Cosa si intende per “inefficacia” del legato?
- si tratta di una espressione che si rinviene all’art.673 c.c. e che fa riferimento a due fattispecie;
- da un lato il perimento (cui è equiparato lo smarrimento o il furto) della cosa legata durante la vita del testatore; deve trattarsi, nelle fattispecie di cosa semplice, di un perimento totale, il legatario potendo sempre pretendere la res residua successiva al perimento parziale di una cosa; quando invece sono presenti delle pertinenze, occorre distinguere le ipotesi in cui il bene principale perisca prima dell’apertura della successione (viene meno il vincolo pertinenziale e il legatario non può pretendere le pertinenze) ovvero dopo (in tal caso, il legatario può invece pretendere le pertinenze, essendo cessato il vincolo pertinenziale quando il bene principale è già nel di lui patrimonio). Dal combinato disposto con il precedente art.654 affiora che è “inefficace”, in caso di res perita, il solo legato determinato, o comunque di cosa appartenente ad un genere limitato, ma non anche il legato di cosa generica, stante come “genus numquam perit” e potendo dunque l’onerato reperire altrove beni dello stesso genere di cui alla res legata; secondo i principi generali, occorre poi distinguere il legato di cosa alternativa (che in caso di perimento di una delle cose legate non si estingue, concentrandosi la relativa scelta sull’altra) ed il legato di cose con facoltà alternativa (che invece si estingue in caso di perimento della cosa legata, non residuando facoltà alternativa per il beneficiario legatario); la terminologia di “inefficacia” viene peraltro assunta dalla dottrina impropria, dacché quando la cosa perisce durante la vita del testatore, la successione di questi non si è ancora aperta, e dunque il legato non è stato ancora acquisito al patrimonio dell’onorato, sicché non si è al cospetto di un legato inefficace, quanto piuttosto di un legato nullo (quando viene in essere) per mancanza del relativo oggetto (ovvero la cosa, ormai perita); la trasformazione della cosa legata o la relativa vendita implicano infine revoca tacita del legato, ai sensi dell’art.686 c.c.;
- dall’altro l’impossibilità sopravvenuta di adempiere al legato, secondo i principi generali, a partire dall’art.1218 c.c. sulla responsabilità del debitore onerato; in caso di impossibilità non definitiva, come nelle ipotesi di deterioramento della res dovuta, può ad esempio configurarsi una responsabilità del debitore onerato.
Cosa si intende per legati “tipici”?
- è una espressione che va ricondotta all’ampiezza della autonomia testamentaria, che può in primo luogo attingere al catalogo di legati previsto dalla legge potendo dunque prevedere legati “tipici”;
- legato di cosa generica. Ai sensi dell’art.653 (che fa applicazione del noto brocardo: genus numquam perit), se l’oggetto del legato è determinato solo nel genere e dunque è una cosa generica o una determinata quantità di cose generiche (ad esempio, una somma di denaro), esso è valido anche se nessuna cosa del genere divisato è presente nel patrimonio del testatore al momento in cui redige il testamento, né lo è all’apertura della successione, perché ad esempio il testatore, che aveva la cosa generica quando ha disposto il lascito, la ha poi alienata, e ciò in quanto l’alienazione di cose generiche non implica revoca implicita del legato proprio in forza del principio genus numquam perit.; una fattispecie diversa è quella in cui il legato abbia ad oggetto cose generiche, ma da prelevarsi dal proprio patrimonio, dacché in questo particolare caso l’eventuale vendita delle cose generiche stesse da parte del testatore implica, ai sensi dell’art.654 c.c., proprio la revoca implicita del lascito, sempreché il testatore non provveda medio tempore, prima della dipartita, a reintegrare il proprio patrimonio con una pari quantità di cose del medesimo genere legato. Quando viene legata una quantità di cose generiche, si è al cospetto di un legato ad effetti obbligatori, dacché le res che entrano nel patrimonio del legatario non lo fanno automaticamente, occorrendo previamente l’individuazione delle cose che appartengono al genere prescelto dal testatore, con conseguente, eccezionale possibilità di un testamento (che è negozio formale) per relationem dal punto di vista sostanziale, e che tuttavia proprio per tale ragione necessita, per essere valido, che il testatore esprima la propria volontà in modo inequivocabile, individuando esattamente il genere di appartenenza della res legata, non potendosi ammettere una relatio testamentaria che giunga a rimettere l’individuazione concreta di quanto legato al mero arbitrio del terzo; potendosi trattare anche di beni immobili appartenenti ad un genere (a differenza di quanto previsto dal codice del 1865, che parlava esclusivamente di beni generici mobili), il testatore – proprio a fini di chiarezza ed inequivocabilità – deve specificare nella scheda testamentaria il tipo di immobile legato, sulla scorta di parametri definiti quali l’ubicazione ed il valore di mercato; solo una volta individuato il genere cui appartiene il bene (generico, mobile o immobile) legato, esso va concretamente scelto: tale scelta è affidata all’onerato, al legatario o ad un terzo, sulla scorta dei criteri fissati all’art.664 c.c. (salvo che il testatore abbia dettato specifici parametri di scelta all’interno del genere);
- legato di cosa non del testatore o solo parzialmente del testatore. Ai sensi dell’art.651 c.c., il legato di cosa altrui e, dunque, consapevolmente non appartenente al testatore nel momento in cui egli redige la scheda testamentaria è nullo (comma 1); ma non lo è allorché il testatore sia invece consapevole dell’altruità della res legata (ed anche quando non sappia a chi effettivamente essa appartiene), consapevolezza afferente al momento del testamento e che può arguirsi (oltre che dal testamento stesso) da qualunque atto scritto anteriore o successivo al testamento medesimo: si configura in queste fattispecie (il testatore sa dell’altruità della cosa legata) il legato di cosa dell’onerato o di un terzo; quello che conta è dunque che il testatore sappia che la cosa che sta legando non appartiene al proprio patrimonio (quand’anche il proprietario la venda prima dell’apertura della successione, e financo quando il testatore non conosca l’identità del proprietario della res legata): in questi casi l’onerato è obbligato a procurarla al legatario, ovvero a pagargliene il giusto prezzo, configurandosi un legato ad effetti obbligatori; la fattispecie può anche dar foggia ad un legato ad effetti reali, allorché il testatore leghi una cosa che assume propria, ma che in realtà non lo è (il legato sarebbe nullo, in quanto egli non ha consapevolezza della altruità della cosa stessa), e tuttavia se la procuri prima dell’apertura della successione, facendola entrare nel proprio patrimonio con effetti acquisitivi immediati in capo al legatario; quando il testatore ha inteso consapevolmente legare una cosa che non gli appartiene, l’onerato è tenuto ad adoperarsi per acquistare la proprietà del bene legato che, una volta acquisita, non entra tuttavia con effetti reali ed in modo automatico nel patrimonio del legatario (come avviene invece nel caso di vendita di cosa altrui, in caso di relativo acquisto da parte dell’alienante: art.1478, comma 2.c.c.), dovendo piuttosto l’onerato neo-proprietario della res operare un trasferimento ad hoc al beneficiario legatario che, trovando causa esterna (nel testamento) ed essendo unilaterale e dovuto, configura un vero e proprio “pagamento traslativo”; l’onerato si atteggia a debitore con facoltà alternativa, con obbligo avente ad oggetto una cosa in natura che, in caso di perimento non imputabile, lo libera dal pertinente debito (trattasi infatti di obbligazione con facoltà alternativa, e non già di obbligazione alternativa tout court); al fine di adempiere, l’onerato può alternativamente: c.1) procurarsi la proprietà del bene legato e ritrasferirlo con apposito atto adempitivo del legato al legatario; c.2) procurare l’acquisto della proprietà del bene direttamente in capo al legatario (ad esempio con vendita da parte del proprietario, al quale egli paga il prezzo in luogo del legatario); c.3) pagare al legatario il “giusto” prezzo (valore venale al momento dell’adempimento) del bene legato, laddove il terzo proprietario del bene intenda speculare sull’obbligazione gravante in capo all’onerato, approfittando per invocarne un prezzo eccessivo in rapporto al valore della res legata; c.4) rimborsando al legatario le spese di acquisto di un bene che egli abbia autonomamente acquistato dal terzo proprietario. Se l’art.651 c.c. riguarda la fattispecie in cui la res legata è interamente di un terzo, il successivo art.652 si occupa del differente caso in cui la medesima res legata sia solo parzialmente del terzo, essendone a propria volta il testatore parzialmente proprietario, o comunque titolare di un diritto reale su di essa; trattandosi, nella sostanza, di una fattispecie di comunione della res legata, il testatore può come è ovvio liberamente disporre della propria quota (“parte” in senso giuridico) o porzione di res, attribuendola anche giusta legato, mentre laddove voglia attribuire l’intera cosa (che tuttavia lambisce solo in parte il proprio patrimonio) scatta – per la porzione che non gli appartiene – l’art.651 c.c.; laddove il bene oggetto di legato, ed in comunione con un terzo, sia l’unico oggetto di tale comunione, laddove non risulti la volontà del testatore di legare la res nella relativa interezza, il legatario subentra nella quota spettante al testatore se il bene, all’apertura della successione, sia ancora in comunione con il terzo, ovvero nei beni specificamente attribuiti al testatore in sede di divisione medio tempore intervenuta; la fattispecie si fa più complessa laddove il bene, al momento della redazione della scheda testamentaria e dunque della previsione del legato, faccia parte di una comunione con il terzo più ampia, della quale facciano parte anche altri beni (come nel tipico caso della comunione ereditaria): in questa ipotesi, laddove il bene legato sia stato attribuito al testatore medio tempore, in sede di divisione della comunione con il terzo, il legato resta valido, mentre laddove sia stato attribuito dalla divisione ad altro condividente, va verificata la effettiva volontà del de cuius, con particolare riguardo allo stato di consapevolezza del fatto che il bene – in comunione con terzi in sede di redazione del testamento e del legato – possa medio tempore essere attribuito a terzi in forza di assegnazione per divisione, consapevolezza per la dottrina ragionevolmente presumbile (anche se non automatica) e che se acclarata fa scattare l’art.651 c.c., con obbligo per l’onerato di procurare il bene al legatario onorato;
- legato di cosa del legatario o acquistata dal legatario. Secondo l’art.656, il legato è nullo se – al momento della redazione da parte del testatore della scheda testamentaria che lo contiene – la cosa è già del legatario e resta tale all’apertura della successione (morte del testatore), non potendosi attribuire al legatario beneficiario una cosa che è già sua quando appunto si apre la successione (dubbi si pongono laddove tale proprietà in capo al legatario venga meno per risoluzione del relativo titolo, come nel caso dell’acquisto con patto di riscatto ovvero dell’intervento di una condizione risolutiva); se invece in tale momento la cosa legata, già di proprietà del legatario al momento in cui il testamento è stato scritto, appartiene ormai al testatore stesso, all’onerato o ad un terzo, il legato è valido allorché risulti dal testamento (quando la cosa legata è ancora di proprietà del legatario) che il legato stesso è stato disposto in previsione del fatto che la res legata passi di mano ed entri, medio tempore, nella proprietà del testatore, dell’onerato o del terzo, previsione che può affiorare dal solo testamento e palesa la consapevolezza del testatore di voler lasciare al legatario una cosa che sarà propria o che apparterrà all’onerato o al terzo. Può accadere, quale fattispecie particolare, che il legatario non sia proprietario della cosa al momento in cui il testatore lo beneficia nel testamento, ma lo diventi successivamente, prima dell’apertura della successione e dunque della morte del testatore: circostanza in cui scatta l’art.657 c.c.; laddove il legatario abbia acquistato la res legata dal testatore medesimo, tanto a titolo oneroso che gratuito, il legato viene assunto senza effetto, dacché l’alienazione da parte del testatore della cosa legata implica revoca tacita del legato, anche laddove acquirente ne sia il legatario, ai sensi dell’art.686 c.c., che richiama appunto l’art.657 c.c.; l’art.686 c.c. ammette la possibilità di ricercare una diversa volontà del testatore rispetto a quella, presunta, di revoca tacita del legato, che tuttavia è dubbia nella peculiare fattispecie in cui acquirente della cosa legata sia stato proprio il legatario, massime poi nell’ipotesi di cessione a titolo gratuito (es., donazione), sol che si consideri come – vivente il testatore – l’atto gratuito sostituisca inter vivos quello che sarebbe ex post un atto gratuito mortis causa (il legato appunto); diversa è invece l’ipotesi in cui il legatario abbia acquistato medio tempore la res legata da un terzo: se è acquisto a titolo gratuito, il legato è senza effetto (il legatario è già beneficiario di atto gratuito inter vivos da parte del terzo), mentre se è acquisto a titolo oneroso, il legatario ha diritto al rimborso del prezzo che ha pagato al terzo laddove ricorrano le condizioni di cui all’art.651 (consapevolezza in capo al testatore che la res legata appartiene al terzo), con conseguente surrogazione reale del legatario dalla res legata (che è ormai già in relativa proprietà) al prezzo che ha pagato per acquistarla (la norma non si applica laddove l’acquisto a titolo oneroso dal terzo abbia luogo senza pagare un prezzo, come – esemplificativamente – nei casi di transazione o di permuta), con conseguente trasformazione di un acquisto a titolo oneroso in uno a titolo gratuito;
- legato di cosa non presente nell’asse ereditario. Normalmente la res legata appartiene all’asse ereditario e di essa il testatore dispone appunto beneficiando il legatario, la volontà testamentaria dovendo di regola (e salvo che non risulti altrimenti) essere interpretata nel senso della disposizione di cose appartenenti al soggetto testante e futuro de cuius; allorché tuttavia la cosa legata specifica non sia presente nell’asse ereditario al momento in cui si apre la successione ovvero, se individuata solo nel genere, vi sia presente in limitata quantità, il legato non ha effetto, ovvero comunque ha effetto solo per la quantità esistente nell’asse medesimo (art.654 c.c.); le ragioni per le quali la res legata non si trova nel patrimonio del testatore al momento dell’apertura della successione possono essere le più varie, potendo anche trattarsi di res che non si trova “più” nel patrimonio del testatore, per esservi in realtà appartenuta al momento della redazione della scheda testamentaria, dovendo in simili ipotesi distinguere, per la dottrina: e.1) la fattispecie in cui la res che si trovava nel patrimonio del testatore non vi si trova più perché perita per cause naturali: qui il legato, ormai privo di oggetto, va assunto nullo; e.2) la fattispecie in cui la res che si trovava nel patrimonio del testatore non vi si trova più per ragioni riconducibili alla volontà del testatore, nel qual caso occorre di volta in volta verificare se scatta la fattispecie di legato di cosa del terzo (art.651) ovvero quella di revoca tacita del legato (art.686 c.c.); non manca tuttavia chi assume l’art.651 c.c. incompatibile con la fattispecie in esame, considerando come il testatore che – dopo aver scritto la scheda testamentaria ed aver disposto il lascito – aliena la cosa a terzi palesi di essere consapevole della altruità della res legata medesima ex post rispetto alla disposizione, con conseguente operatività della revoca tacita ex art.686 c.c.;
- legato di cosa da prendersi in un certo luogo. Il testatore può disporre di determinate cose indicandole non in maniera diretta, ma attraverso il luogo in cui esse sono custodite, ai sensi e per gli effetti dell’art.655 c.c. che configura un testamento per relationem in cui la relatio è solo formale, con fattispecie nella quale campeggia (con valore custodito) l’indicazione del luogo in cui si trova la res legata. Un discorso a parte va fatto per l’ipotesi in cui la res legata sia stata rimossa dal luogo indicato dal testatore: f.1) se la res legata – o parte di essa – è stata rimossa in modo definitivo dal luogo indicato nella scheda testamentaria, il legato non ha effetto; f.2) se invece è stata rimossa in via soltanto temporanea, il legato resta efficace; quando la res legata sia stata spostata dal testatore stesso, l’orientamento maggioritario in dottrina e giurisprudenza assume irrilevanti i motivi dello spostamento stesso, considerando in via oggettiva (e non, dunque, nel relativo “colore” soggettivo) lo spostamento ed attribuendo ad esso automaticamente gli effetti di cui all’art.655 c.c.; il profilo soggettivo riaffiora nella differente ipotesi in cui la res sia stata sposata da un terzo, giacché laddove il testatore ne sia stato consapevole e non abbia, nondimeno, ripristinato la situazione di custodia della res nel luogo da lui originariamente indicato (circostanza nella quale il legato resta pienamente efficace), si presume che egli abbia fatto proprio, anche in termine di sottrazione di effetti al legato, il contegno del terzo ridetto;
- legato di credito e di liberazione dal debito. Il testatore può disporre per testamento, a titolo di legato, anche della propria posizione di creditore, sostanzialmente in 2 modi distinti, ai sensi dell’art.658 c.c.: g.1) legato di liberazione dal debito: g.1.1.) nel caso in cui il testatore sia creditore del legatario, il legato di credito si risolve in un legato di liberazione dal debito del legatario verso di lui e, in prospettiva, nei confronti degli eredi, con effetti diretti all’apertura della successione; deve trattarsi di un credito/debito che sussiste all’apertura della successione, potendo peraltro la liberazione del legatario riguardare tutti i debiti che quegli ha verso il testatore: se non è disposto altrimenti, il legato vale solo per i crediti esistenti al momento in cui il testatore redige la scheda testamentaria e che persistono appunto fino all’apertura della successione; g.1.2) si ha legato di liberazione dal debito anche qualora creditore non sia il testatore, ma un terzo, onde il testatore intende con il proprio lascito liberare il legatario onorato dal debito che egli ha verso terzi, impegnando l’onerato ad adempiere in luogo del legatario medesimo, ovvero a procurargli la remissione del debito; g.2) legato di credito: g.2.1) nel caso in cui il credito oggetto del legato appartenga al testatore e sia vantato nei confronti di terzi, questi può beneficiarne il legatario: si tratta nella sostanza di una cessione del credito mortis causa, e non a caso la dottrina assume in gran parte applicabile proprio la disciplina della cessione del credito ai sensi degli articoli 1260 e seguenti c.c. (per esplicita disposizione dell’art.658, comma 2, l’erede in questi casi è soltanto tenuto a consegnare al legatario i titoli del credito legato che si trovano presso il testatore); il legato di credito è valido per la sola parte di credito esistente nell’asse ereditario all’apertura della successione, dovendosi in caso contrario assumere che nulla è dovuto al legatario, in applicazione dell’art.654 c.c.; del pari, nulla è dovuto al legatario nel caso in cui il testatore abbia medio tempore riscosso il credito legato e sia divenuto nuovamente creditore del proprio debitore, giacché in questi casi è comunque mutato il credito, che è l’oggetto dell’originario legato, a nulla rilevando l’oggetto di tale credito (ovvero la prestazione dovuta) laddove divenga oggetto di altro, analogo credito; g.2.2.) se il credito oggetto del legato non appartiene al testatore, ma ad un terzo, esso è valido nei limiti di cui all’art.651 (con particolare riguardo alla consapevolezza del testatore che, per l’appunto, si tratta di credito appartenente ad un terzo), onde all’apertura della successione l’onerato deve procurarsi il credito dal terzo originario titolare e ritrasferirlo al legatario, ovvero corrispondere a quest’ultimo il giusto prezzo;
- legato a favore del creditore e legato di debito. La figura è disciplinata all’art.659, che distingue 2 fattispecie autonome: h1.) il legato di debito, che si configura quando il legato onora un creditore del testatore rendendolo legatario, ha un oggetto in tutto coincidente a quello del credito di quest’ultimo ed ha dunque uno scopo sostanzialmente solutorio; h.2) il (normale) legato a favore del creditore del testatore, laddove il lascito non è collegato al credito già vantato dal legatario nei confronti del testatore, presentando un oggetto indipendente da quel credito; stando all’art.659 c.c., se il testatore, senza fare menzione del debito, fa un legato al suo creditore, il legato non si presume fatto per soddisfare il legatario del proprio (antecedente) credito, onde in difetto di specifica menzione il legato al creditore si presume come lascito indipendente dal debito già esistente e non inteso a soddisfare il pertinente credito. Laddove il testatore menzioni un proprio debito nei confronti del legatario che sia in realtà inesistente, al fine di non far sapere che sta operando una liberalità a favore del terzo, il legato si considera valido appunto a titolo di liberalità, secondo l’ordinario regime; se invece la menzione del debito pregresso è fatta per errore, la disposizione è annullabile laddove ricorrano i presupposti di cui all’art.624 c.c. in tema di errore testamentario. La natura solutoria del legato di debito sembra non arrecare al legatario (già) creditore alcun vantaggio (se si esclude un rafforzamento – in vista della pertinente soddisfazione – dell’interesse sotteso alla pregressa obbligazione, giusta ulteriore titolo del proprio credito attribuito al legatario già creditore), e tuttavia viene assunto valido dal punto di vista sistematico in considerazione della circostanza onde esistono, più in generale, legati che non apportano alcun vantaggio al legatario (come nel caso in cui il valore economico del legato sia integralmente assorbito da un onere o modus, ovvero da un sublegato); peraltro, il lascito può valere rinuncia alla (eventualmente maturata) prescrizione da parte del debitore testatore, ovvero ancora rinuncia ad un eventuale termine o ad una eventuale condizione favorevoli al debitore testatore, o trasmutazione di un debito originariamente infruttifero in un debito fruttifero per il legatario, o anche (secondo parte della dottrina) conversione di un debito naturale in un debito civile; il legato di debito, che ha funzione solutoria, non va confuso con il riconoscimento di debito operato nel testamento, che accerta senza attribuire, e stando alla giurisprudenza e alla dottrina maggioritarie può anche compendiare una (contrattuale, con accettazione a mezzo mancato rifiuto) datio in solutum ex art.1197 c.c., con prestazione diversa rispetto a quella oggetto del debito originario;
- legato di prestazioni periodiche e legato di alimenti. Affiora dall’art.670 c.c. la figura del c.d. legato di prestazioni periodiche, allorché l’onorato viene reso creditore non già di una prestazione una tantum, quanto piuttosto appunto di una serie di prestazioni periodiche in denaro o in altre cose (generalmente fungibili), così facendosi luogo ad una obbligazione di durata con fonte testamentaria; secondo l’art.670, comma 1, c.c. il primo termine decorre dalla morte del testatore (il codice si dà cura di precisare che il legatario acquista il diritto all’intera prestazione dovuta con riguardo a ciascun termine ancorché sia in vita solo al principio di esso, e dunque anche se dovesse mancare durante la pendenza di ciascun termine), potendo tuttavia esigere la corrispondente prestazione solo alla scadenza di ciascun termine; fa eccezione solo il legato di alimenti, che – a differenza di qualunque altro legato avente ad oggetto una prestazione periodica – il legatario può esigere già all’inizio di ciascun termine (art.670, comma 2, c.c.); peraltro il legato di alimenti trova una propria, specifica disciplina all’art.660 c.c., alla cui stregua esso comprende le prestazioni (alimentari appunto) di cui all’art.438 c.c., salvo che il testatore abbia diversamente disposto, con necessaria subordinazione di efficacia del legato medesimo allo stato di bisogno dell’onorato legatario, e con applicazione più o meno integrale delle norme in tema appunto di alimenti; trattasi di legato compendiante un debito di valore (e non di valuta), che non è né pignorabile né sequestrabile; sono dunque i bisogni di vita primari del beneficiario legatario che determinano l’oggetto del legato di alimenti – che in ciò differisce dal c.d. legato di mantenimento, essendo pure quest’ultimo avvinto allo stato di bisogno dell’onorato legatario, senza tuttavia essere limitato al soddisfacimento dei bisogni primari di quest’ultimo e palesando piuttosto una foggia contenutistica più ampia, ricomprendente tutto ciò rientra nelle esigenze di vita (anche non primarie) del beneficiario del lascito – con misura variabile da individuarsi di volta in volta sulla base dei parametri dettati dall’art.438 c.c.. Tra i legati di prestazioni periodiche rientra anche il legato di rendita vitalizia di cui all’art.1872, comma 2, c.c., potendo quest’ultima costituirsi anche per testamento, con oggetto corrispondente ad una somma di denaro o ad altre cose fungibili, da prestarsi per tutta la vita del beneficiario alle singole scadenze indicate dal testatore; in questo caso, si tratta di una rendita predeterminata dal testatore che prescinde dallo stato di bisogno dell’onorato legatario c.d. vitaliziato, mutando dunque il regime della corrispondente obbligazione pecuniaria che – a differenza di quella alimentare – è di valuta (non di valore), compensabile, trasferibile, sequestrabile, pignorabile, rinunciabile e transigibile;
- legato di cose alternative. A differenza del legato di prestazioni periodiche, quello che ha ad oggetto cose eterogenee o prestazioni alternative (nella sostanza, una obbligazione alternativa) presuppone la concentrazione attraverso la scelta operata dall’onerato (salvo che il testatore non abbia rimesso tale scelta al legatario onorato o ad un terzo), che sceglie appunto quale cosa o quale prestazione deve essere, una tantum, attribuita all’onorato beneficiario: anche in questo caso l’oggetto del legato è determinabile per relationem, essendosi dunque al cospetto di un caso eccezionale di disposizione testamentaria – come tale formale ad substantiam – il cui contenuto sostanziale è appunto determinato attraverso una relatio, sostanziantesi nel rinvio ad una scelta successiva rispetto alla redazione della scheda testamentaria; soltanto nel caso in cui si tratti di legato alternativo di cosa generica l’onerato è da assumersi vincolato, nella scelta, ai criteri di cui all’art.664 c.c. (qualità non inferiore alla media), mentre nel caso in cui si tratti di legato alternativo tra cose (o prestazioni) eterogenee l’onerato può anche scegliere quella meno favorevole per il legatario, rimanendo la relativa scelta irretrattabile ed insindacabile; la scelta di regola è atto non formale, salvo che abbia ad oggetto l’attribuzione di beni immobili, circostanza in relazione alla quale la dottrina predica la necessità tanto della forma scritta quanto della trascrizione della scelta ridetta.
Cosa si intende per legati “atipici”?
- è una espressione che va anch’essa ricondotta all’ampiezza della autonomia testamentaria, la quale può anche forgiare legati non esplicitamente previsti dalla legge, ma in ogni caso assunti validi, potendo dunque prevedere legati “atipici”;
- deve comunque trattarsi di legati con oggetto possibile e lecito, costituendo nella sostanza il legato un prototipo “riempibile” dall’autonomia privata anche con contenuti diversi rispetto a quelli già previsti dal legislatore, nei limiti appunto della possibilità e della liceità;
- per quanto concerne le garanzie reali, tende ad essere assimilabile il discorso in senso negativo che si fa ex lege per l’ipoteca (che non può essere costituita per testamento dal debitore futuro de cuius, a mente di quanto espressamente vieta l’art.2821 c.c.) a quello che si fa per il pegno (per il quale non si riscontra nel codice una norma analoga specifica): la par condicio creditorum impone che tutti i creditori siano trattati in modo equanime, onde non è ammesso che il debitore possa operare, attraverso il proprio testamento, dei favoritismi costituendo una garanzia reale (ipoteca o pegno) a favore del creditore X e non del creditore Y; parte della dottrina osserva nondimeno come qualunque debitore, fino a che è in vita, è nelle condizioni di far assistere taluni dei propri crediti, e non altri, da garanzie reali, onde se è vietato costituire per testamento una ipoteca (e, per estensione, un pegno), nulla vieta che il testatore possa prevedere un legato attraverso il quale imporre ad un proprio erede di costituire appunto ipoteca (o disporre pegno) a favore di un proprio creditore, giacché pur traendo fonte indiretta dalla disposizione testamentaria, in simili ipotesi la garanzia reale trova la fonte diretta in un atto inter vivos, atteggiantesi ad adempimento del legato (atipico) di garanzia reale siccome appunto disposto dal testatore;
- per quanto concerne le garanzie personali, si assume configurabile in dottrina il legato di fideiussione, efficace laddove sia indicato l’importo del credito da garantire o l’importo massimo della fideiussione che lo garantisce, con riguardo ad un credito che esiste all’apertura della successione (laddove non esista quando viene meno il testatore, il legato viene assunto comunque valido laddove il testatore medesimo vi abbia apposto un termine finale); d.1) in proposito, certamente ammissibile, su questo crinale, è il legato “obbligatorio” di fideiussione: il testatore impone al soggetto onerato di costituirsi fideiussore a favore del soggetto onorato legatario, proprio creditore, quale legato di contratto che fa nascere appunto – giusta disposizione unilaterale mortis causa – in capo all’onerato l’obbligo di stipulare un contratto di (o comunque di far luogo a) una fideiussione che avvantaggia l’onorato (qui in veste di debitore) munendolo appunto – nei riguardi del proprio (terzo) creditore – di una garanzia fideiussoria (contratto a favore di terzo), ovvero che avvantaggia direttamente il proprio creditore in veste di onorato beneficiario del legato fideiussorio; d.2) più dubbia è invece l’ammissibilità del legato “reale” di fideiussione, che costituisce direttamente la garanzia personale in capo al soggetto onorato (sia esso il debitore garantito, ovvero il creditore che beneficia della garanzia stessa);
- per quanto concerne l’attività giuridica demandata all’onerato in favore dell’onorato legatario (c.d. legato di attività giuridica), vanno distinti: e.1) i legati di attività giuridica (negoziale) bilaterale, o legati di contratto, giusta i quali l’obbligo gravante sull’onerato è quello di concludere un contratto con il legatario onorato (ad esempio, e per chi la considera un contratto, una fideiussione); e.2) i legati di attività giuridica (negoziale) unilaterale, o legati unilaterali, come il legato di prelazione (o prelazione testamentaria), onde l’onerato viene vincolato dal testatore – laddove si decida in futuro a stipulare un dato contratto – a preferire, coeteris paribus, l’onorato legatario come controparte contrattuale; ancora sono legati unilaterali quello che obbliga l’onerato a convalidare un contratto annullabile concluso con il legatario, a riconoscere a relativo favore un debito, a concedere sempre a relativo favore una ipoteca o una fideiussione, a rinunciare ad un diritto che vanti nei relativi confronti, o ancora a ratificare un contratto che lo avvince al legatario e che è stato stipulato da un falsus procurator. Particolarmente importanti i legati negoziali unilaterali rinunciativi, che si sostanziano nell’obbligo imposto dal testatore all’onerato di rinunciare ad un proprio diritto vantato nei confronti del legatario onorato, che può essere tanto un diritto che discende all’onerato dall’eredità, quanto anche di un diritto proprio dell’onerato medesimo ed autonomo rispetto alla trasmissione ereditaria; ovviamente l’onerato può rinunciare ad un proprio diritto – attualmente esistente nel proprio patrimonio – mortis causa, e dunque fondamentalmente per decisione del testatore, solo laddove si tratti di diritto la decisione alla cui rinuncia non spetti esclusivamente a lui medesimo e solo, più in generale, laddove tale rinuncia sia possibile e lecita: un diritto che si compendi in una libertà fondamentale dell’individuo non è rinunciabile neppure mortis causa, così come non è rinunciabile il diritto di proprietà su un bene (mobile o immobile) con lo scopo di farlo divenire res derelicta (e dunque non a favore dell’onorato legatario), né è rinunciabile da parte dell’erede onerato il diritto di prelazione “reale” di cui all’art.732 c.c. (c.d. retratto successorio nei confronti dell’erede che voglia alienare a terzi la propria quota); è invece possibile oggetto di rinuncia – in forza di un legato – il diritto dell’onerato a far valere una prescrizione maturata (o comunque un termine) a proprio favore, il diritto alla ripetizione di indebito, un diritto di credito, un diritto di garanzia reale o personale ovvero ancora un diritto reale di godimento, tra cui in particolare una servitù, con riguardo al quale ultimo la dottrina, se ammette un legato “obbligatorio” di rinuncia alla servitù (all’apertura della successione, l’onerato – titolare del fondo dominante – è obbligato a rinunciare alla servitù a favore del legatario onorato e già proprietario del fondo servente gravato dalla servitù medesima), esclude invece la validità di un legato “reale” di tal foggia (all’apertura della successione, l’onerato – titolare del fondo dominante – perde automaticamente, per rinuncia nella sostanza disposta dal testatore, il proprio diritto di servitù nei confronti del legatario onorato, già titolare del fondo servente gravato da servitù), nel quadro più generale di assunta inammissibilità delle rinunce testamentarie a diritti reali di godimento, pur non mancando tuttavia chi (seppure con tesi minoritaria) ammette anche il legato rinunciativo di servitù con efficacia reale, sulla scorta di quanto previsto in tema di legato di liberazione dal debito (che grava ab origine sull’onorato legatario) dall’art.658 c.c., trattandosi in entrambi i casi di beneficiare il legatario giusta liberazione di un peso (debito pregresso, ovvero servitù gravante sul proprio fondo);
- per quanto concerne l’attività materiale “pura” demandata all’onerato in favore dell’onorato legatario (c.d. legato di attività materiale), è sufficiente per la relativa validità che il comportamento materiale cui viene vincolato l’onerato sia possibile, lecito, determinato o comunque determinabile; può trattarsi di un contegno materiale positivo (normalmente si tratta di un servizio, come impartire all’onorato un arte, insegnargli una professione o un lavoro e così via) ovvero negativo (come nel caso in cui l’onerato sia vincolato a tollerare un comportamento dell’onorato legatario, ovvero ad astenersi dal raccogliere i frutti sul fondo di lui, ovvero ancora ad astenersi dal riscuotere un credito che vanta nei relativi confronti); il legatario, in veste di creditore, può pretendere dall’onerato il comportamento o l’attività prescritti nella scheda testamentaria, potendo in mancanza invocare i danni che talvolta sono forfettariamente previsti ex ante dal testatore giusta previsione di una penale.
Cosa occorre rammentare in particolare del c.d. legato in sostituzione di legittima?
- si tratta di un legato che il testatore dispone a favore di uno dei legittimari in sostituzione della quota di legittima a lui spettante; in sostanza, il testatore prevede per uno dei legittimari l’attribuzione di beni determinati in sostituzione di una quota “necessaria” di eredità normalmente spettantegli;
- come tutti i legati, esso – secondo la tesi più accreditata – si acquista di diritto nel momento in cui si apre la successione (mentre gli altri legittimari debbono accettare l’eredità);
- vi è però una facoltà alternativa che l’art.551 c.c. attribuisce in questo caso al legatario, potendo questi rinunciare al legato e chiedere la quota di legittima a lui spettante;
- la rinuncia del beneficiario del legato in sostituzione di legittima costituisce dunque l’evento di una condizione risolutiva apposta all’attribuzione a titolo di legato; dal punto di vista della forma di tale rinuncia, laddove il legato abbia ad oggetto beni immobili, la giurisprudenza tradizionale (confortata dalle SSUU del 2011) propende conseguentemente per la necessità della forma scritta ad substantiam, funzionale a presidiare la certezza dei traffici immobiliari;
- il legato in sostituzione di legittima è tuttavia una figura che è stata invocata – all’opposto – da chi assume che nel legato la rinuncia non è dismissiva di un diritto già acquisito, quanto piuttosto ostativa all’acquisto del diritto pertinente, in quanto il legatario in sostituzione di legittima deve far concorrere la propria volontà accettando il legato che lo onora e che, ad un tempo, gli sottrae una quota “necessaria” di eredità tacitandolo (per volontà del testatore) con beni determinati; abbracciare questa tesi implica che la rinuncia ad un legato, ostando semplicemente all’acquisto del pertinente diritto (e non giù fungendo da rinunzia abdicativa ad un diritto immobiliare già acquisito), non necessita della forma scritta ad substantiam; si tratta di una tesi dottrinale minoritaria, che invoca a titolo corroborante anche il comma 2 dell’art.551, laddove si afferma che se il legittimario “preferisce” conseguire il legato, perde il diritto di chiedere un supplemento nel caso in cui il valore del legato che ha “preferito” (con scelta esplicita, e dunque con imprescindibile accettazione) sia inferiore alla quota di legittima, senza acquistare la qualità di erede (il testatore può tuttavia espressamente attribuire al legittimario optante per il legato in sostituzione di legittima il diritto di invocare il ridetto supplemento).