Cass. Pen., II, ud. Dep. 29.09.2021, n. 35721
Nel quadro normativo delineato dal D.Lgs n. 468 del 1997, in materia di compatibilità dell’assegno percepito per l’aver svolto lavori socialmente utili e il trattamento pensionistico erogato dall’INPS, la Corte di Cassazione si pronuncia sulla possibile assimilazione della disciplina dell’impiego subordinato alla disciplina dell’occupazione temporanea in lavori socialmente utili e sulla configurazione di una truffa a danno dell’ente erogatore come conseguenza della presentazione di una falsa attestazione di sussistenza di requisiti idonei alla percezione del sussidio per lavori socialmente utili.
TESTO RILEVANTE DELLA SENTENZA
“E’ del tutto impropria l’assimilazione della disciplina dell’impiego subordinato alla disciplina dell’occupazione temporanea in lavori socialmente utili, che, per la sua matrice assistenziale e la sua finalità formativa, sfugge ad ogni costruzione in termini di sinallagmaticità del rapporto”, per cui gli artifici e raggiri consistevano nelle “false attestazioni circa il fatto di non essere al contempo titolare di pensione diretta, che gli consentivano di essere inserito nelle apposite liste dei lavoratori socialmente utili, godendo così per diversi anni dei relativi sussidi, erogati dall’INPS, ma provenienti dalle casse del Comune di Sciacca, con conseguente danno immediato e diretto per tale ente”; in altri termini, ciò che rileva è l’omessa dichiarazione di percepire un trattamento pensionistico, così ottenendo anche il percepimento dell’assegno per i lavoratori socialmente utili, che non avrebbe potuto percepire se non previa opzione di cui al D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 8 comma 5; La Corte di appello ha pertanto applicato correttamente il principio sancito dalla giurisprudenza di questa Corte secondo il quale “L’occupazione temporanea in lavori socialmente utili non integra un rapporto di lavoro subordinato, in quanto, ai sensi del D.Lgs. 1 dicembre 1997, n. 468, art. 8, poi riprodotto negli stessi termini dal D.Lgs. 28 febbraio 2000, n. 81, art. 4, l’utilizzazione di tali lavoratori non determina “l’instaurazione di un rapporto di lavoro”, ma realizza un rapporto speciale che coinvolge più soggetti (oltre al lavoratore, l’amministrazione pubblica beneficiaria della prestazione, la società datrice di lavoro, l’ente previdenziale erogatore della prestazione di integrazione salariale) di matrice assistenziale e con una finalità formativa diretta alla riqualificazione del personale per una possibile ricollocazione. Ne consegue che, anche in caso di prestazioni rese in difformità dal programma originario o in contrasto con le norme poste a tutela del lavoratore, non si costituisce un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, trovando applicazione solo la disciplina sul diritto alla retribuzione prevista dall’art. 2126 c.c.” (Sez. L, Sentenza n. 22287 del 21/10/2014, Rv. 633048 – 01).
Quanto al motivo secondo il quale nessuna induzione in errore di INPS ci sarebbe stata perché era il medesimo ente a corrispondere sia la pensione che il sussidio per lavoratori socialmente utili, deve essere richiamata la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale “Ai fini della sussistenza del delitto di truffa, non ha rilievo la mancanza di diligenza da parte della persona offesa, dal momento che tale circostanza non esclude l’idoneità del mezzo, risolvendosi in una mera deficienza di attenzione spesso determinata dalla fiducia ottenuta con artifici e raggiri.” (Sez. 2, Sentenza n. 51538 del 20/11/2019, C. Rv. 278230 – 01); del tutto irrilevante, pertanto, è il tema dell’omesso controllo da parte di INPS.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Una volta dichiarato il rigetto del ricorso, sebbene la questione non faccia parte dei motivi presentati, ci si deve però interrogare sulla eventuale prescrizione del reato alla data della presente sentenza. Ciò premesso, questa Corte ha sottolineato che “in tema di frode in danno di enti previdenziali per ricezione indebita di emolumenti periodici, è configurabile il reato di truffa c.d. a consumazione prolungata quando le erogazioni pubbliche, a versamento rateizzato, siano riconducibili ad un originario ed unico comportamento fraudolento, mentre si configurano plurimi ed autonomi fatti di reato quando, per il conseguimento delle erogazioni successive alla prima, sia necessario il compimento di ulteriori attività fraudolente; ne consegue che, ai fini della prescrizione, nella prima ipotesi il relativo termine decorre dalla percezione dell’ultima rata di finanziamento, mentre nella seconda dalla consumazione dei singoli fatti illeciti.”(Sez. 2, Sentenza n. 53667 del 02/12/2016, Bellucci Rv. 269381 – 01); in altri termini, si configura truffa c.d. a consumazione prolungata quando la percezione dei singoli emolumenti sia riconducibile ad un originario ed unico comportamento fraudolento con la conseguenza che il momento della consumazione del reato – dal quale far decorrere il termine iniziale di maturazione della prescrizione – è quello in cui cessa la situazione di illegittimità. (vedi sul punto, Sez. 2, Sentenza n. 57287 del 30/11/2017 Cc., dep. 22/12/2017, Rv. 272250 – 01)
Nel caso in esame il ricorrente ha potuto conseguire il pagamento del sussidio per lavoratori socialmente utili in base alle false dichiarazioni rilasciate nel 1997, 1998 e 1999, continuando a percepirlo fino a marzo 2014, data in cui la situazione di illegittimità è cessata; pertanto, essendo un caso di truffa cd. a consumazione prolungata, è da tale data che decorre il termine di prescrizione, che deve quindi essere fissato al 30 settembre 2021.