Corte Costituzionale, sentenza 07 novembre 2022 n. 224
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, ottavo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica), in combinato disposto con l’art. 24 della legge 26 luglio 1984, n. 413 (Riordinamento pensionistico dei lavoratori marittimi), nella parte in cui tali norme non consentono la neutralizzazione del prolungamento previsto dall’art. 24 della medesima legge n. 413 del 1984 per il calcolo della pensione di vecchiaia in favore dei lavoratori marittimi che abbiano raggiunto il diritto a pensione quando il suddetto prolungamento determini un risultato sfavorevole nel calcolo dell’importo della pensione spettante agli assicurati.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
5.– Va, innanzitutto, rigettata l’eccezione di inammissibilità proposta dall’INPS. Il giudice a quo ha compiutamente descritto la fattispecie concreta e ha svolto un’argomentazione non implausibile a sostegno della necessità di applicare la disposizione censurata e, conseguentemente, della rilevanza delle questioni sollevate.
Pertanto, il vaglio della prospettazione dell’INPS e la definizione dell’esatta portata del principio di neutralizzazione e della sua riferibilità ai soli periodi lavorativi successivi alla maturazione del requisito minimo contributivo e retribuiti in misura inferiore ai precedenti si sostanzia in un argomento di merito, relativo alla pretesa non fondatezza delle questioni.
6.– Nel merito le questioni sono fondate.
7.– La giurisprudenza di questa Corte ha più volte esaminato il problema della neutralizzazione dei contributi in ipotesi nelle quali determinati vantaggi previdenziali si risolvevano in un deteriore trattamento pensionistico.
7.1.– La questione si è posta in caso di contributi successivi all’accredito di quelli minimi necessari al conseguimento del diritto a pensione e con diverse pronunce questa Corte ha precisato che la contribuzione aggiuntiva al perfezionamento del requisito minimo contributivo vale ad incrementare il livello della prestazione pensionistica, ma non può compromettere il livello già maturato (sentenze n. 433 del 1999 e n. 264 del 1994).
7.2.– Pertanto, quando la contribuzione aggiuntiva comporta un depauperamento del trattamento pensionistico, questa deve essere esclusa dal computo della base pensionabile indipendentemente dalla natura dei contributi, siano essi obbligatori, volontari o figurativi; in particolare, il principio di neutralizzazione è stato applicato in relazione all’art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982, che individua la retribuzione pensionabile dei lavoratori dipendenti e che è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo in riferimento a varie fattispecie di contribuzione aggiuntiva, rispetto al requisito contributivo minimo, quando essa abbia determinato un peggioramento della pensione rispetto a quella virtualmente spettante a colui che abbia già maturato il diritto.
7.3.– La neutralizzazione è stata riconosciuta operante in caso di contribuzione volontaria per il conseguimento della pensione di vecchiaia, sottolineandosi che l’effetto del depauperamento pensionistico è tanto più paradossale «ove si consideri la finalità propria della contribuzione volontaria che, per ovviare agli effetti negativi, ai fini previdenziali, della mancata prestazione di attività lavorativa, mira a far raggiungere i requisiti minimi di anzianità contributiva per il diritto a pensione ed a “mantenere costante e intangibile in capo al lavoratore, ai fini del pensionamento, il livello retributivo attinto in tutto l’arco della sua attività lavorativa” (sent. n. 574 del 1987)» (sentenza n. 307 del 1989).
Con la sentenza n. 428 del 1992 lo stesso principio è stato esteso ai contributi volontari per il conseguimento della pensione di anzianità.
Il meccanismo di calcolo di cui all’art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982 è stato vagliato anche in relazione ai contributi obbligatori derivanti da attività lavorativa meno retribuita; si tratta delle ipotesi in cui «il lavoratore, già in possesso del requisito della anzianità contributiva minima, abbia subìto, in coincidenza con il periodo di riferimento (le ultime 260 settimane di contribuzione) o nel corso di esso, una riduzione della retribuzione contributiva di tale misura da non essere compensata dal corrispondente incremento dell’anzianità contributiva e tale da determinare, quindi, una riduzione del trattamento pensionistico complessivo rispetto a quello che sarebbe stato liquidato se, in quei periodi di minor reddito lavorativo, egli non avesse né lavorato né versato alcuna contribuzione» (sentenza n. 264 del 1994) e, anche in tal caso, questa Corte ha ritenuto irragionevole e ingiusta la riduzione della pensione a fronte di maggior apporto contributivo e di maggior lavoro.
Parimenti irragionevole e ingiusta è stata considerata la riduzione pensionistica quando derivi da contributi figurativi del lavoratore dipendente sottoposto ad integrazione salariale (sentenza n. 388 del 1995) o da contributi dovuti per il trattamento di disoccupazione, sottolineandosi, quale ratio del principio di neutralizzazione, che «[s]arebbe intrinsecamente irragionevole un meccanismo che, per la fase successiva al perfezionamento del requisito minimo contributivo, si tramutasse in un decremento della prestazione previdenziale, in antitesi con la finalità di favore che la norma persegue, nel considerare il livello retributivo, tendenzialmente più elevato, degli ultimi anni di lavoro» tanto più che «[l]’irragionevolezza riscontrata è lesiva, in pari tempo, dei diritti previdenziali del lavoratore, che, con riguardo alla norma censurata, questa Corte riconduce agli artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost.» (sentenza n. 82 del 2017).
8.– La peculiarità delle norme previdenziali non consente però l’applicazione del principio della neutralizzazione al di fuori di uno specifico giudizio di legittimità costituzionale, così da richiedere un intervento puntuale sulla normativa applicabile in considerazione della specificità delle situazioni coinvolte (sentenza n. 82 del 2017).
9.– La difesa dell’INPS contesta che nella specie si sia in presenza di una applicazione dell’istituto della neutralizzazione che ritiene riferibile al prolungamento contributivo previsto nell’art. 25 della legge n. 413 del 1984; disposizione questa che, nel disciplinare il passaggio all’INPS della Cassa nazionale per la previdenza marinara, al fine di omogeneizzare le anzianità contributive dei marittimi al sistema generale di previdenza, ha previsto per i periodi di imbarco antecedenti al 1° gennaio 1980 un prolungamento contributivo del 40 per cento della durata dei periodi stessi.
10.– Sull’art. 25, richiamato dalla difesa dell’INPS, si è invero pronunciata questa Corte con la sentenza n. 427 del 1997, che ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, nei commi primo e quarto, sempre in combinato disposto con l’art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982, nella parte in cui tali norme non consentivano che la pensione di vecchiaia venisse calcolata escludendo dal computo, ad ogni effetto, il prolungamento previsto dal medesimo art. 25 della legge n. 413 del 1984, qualora l’assicurato avesse maturato i requisiti per detta pensione e il calcolo, inclusivo del prolungamento, portasse ad un risultato sfavorevole.
In questo diverso caso, rimanendo fermo l’importo complessivo delle retribuzioni percepite, queste si redistribuiscono su periodi del 40 per cento più lunghi rispetto ai giorni di effettiva navigazione, con conseguente diminuzione della base pensionistica costituita dalla media retributiva degli ultimi cinque anni.
Il meccanismo di funzionamento dell’art. 25 è pertanto lo stesso dell’art. 24 e riguarda quei marittimi che, superata la soglia minima per il diritto a pensione, non abbiano raggiunto il massimo dei periodi utili alla pensione e che rimangono comunque penalizzati dalla estensione dei periodi contributivi.
10.1.– Infatti, come si evince dagli atti parlamentari relativi al disegno di legge governativo (Atto Senato 341), la misura forfettaria dell’aumento del 40 per cento previsto dall’art. 25 della legge n. 413 del 1984 per i periodi di navigazione anteriori al 1° gennaio 1980 crea un effetto non dissimile per i periodi successivi al 31 dicembre del 1979 a cui si riferisce invece il prolungamento contributivo della norma oggi censurata, in quanto la differenza consiste soltanto nell’essere tale beneficio non più forfettizzato (nella misura del 40 per cento), ma computato con riferimento alle ferie e festività in concreto maturate da ciascun marittimo.
Dagli atti parlamentari risulta poi di tutta evidenza la volontà del legislatore di attribuire un beneficio ai marittimi con la norma censurata ed anche dal tenore della stessa, che parla espressamente di prolungamento dei periodi contributivi, si evince come l’art. 24 della legge n. 413 del 1984 non sia una norma meramente definitoria della nozione di retribuzione dei marittimi, come sostenuto dalla difesa dell’INPS.
10.2.– Del resto, anche la contrattazione collettiva prevede che i sabati, domeniche, festività e ferie siano autonomamente compensati ove non goduti ed inoltre il quinto comma dell’art. 24 richiama espressamente l’istituto della neutralizzazione, ma lo riferisce solo a quanti abbiano superato il periodo massimo di contribuzione utile; né rileva ai fini della presente decisione l’eccezione di inammissibilità dell’INPS nell’ipotesi che l’interessato abbia potuto ricevere negli ultimi tempi una retribuzione inferiore.
11.– Pertanto, entrambe le disposizioni, gli artt. 24 e 25 della legge n. 413 del 1984, sono ispirate alla medesima ratio e, quindi, è irragionevole ed è in contrasto con l’art. 3 Cost. che le norme censurate, benché siano volte a colmare uno svantaggio (come la difficoltà di conseguire il minimo contributivo per l’accesso al trattamento pensionistico), si traducano in un danno e producano l’effetto di depauperare il trattamento pensionistico a cui l’assicurato avrebbe virtualmente diritto.
12.– Il combinato disposto dell’art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982 e dell’art. 24 della legge n. 413 del 1984 viola, altresì, gli artt. 36 e 38, secondo comma, Cost., poiché non rispetta la giusta proporzione tra attività di lavoro prestato, relativa retribuzione, e quantificazione della prestazione pensionistica.
13.– Si deve dichiarare, pertanto, l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982, in combinato disposto con l’art. 24 della legge n. 413 del 1984, nella parte in cui tali norme non consentono la neutralizzazione del prolungamento previsto dall’art. 24 della legge n. 413 del 1984 per il calcolo della pensione di vecchiaia in favore dei lavoratori marittimi che abbiano raggiunto il diritto a pensione, quando il suddetto prolungamento determini un risultato sfavorevole nel calcolo dell’importo della pensione spettante agli assicurati.